1. Gli aspetti civilistici
1.1 I principali riferimenti normativi
La disciplina della fusione è il risultato di importanti
interventi innovativi compiuti sul testo originariamente
concepito dal legislatore del 1942.
Un primo rilevante intervento, è stato realizzato me-
diante le modifiche apportate agli articoli da 1 a 16 d.lgs.
16 gennaio 1991, n. 22, in attuazione della “terza” diretti-
va in materia societaria, n. 78/855 del 9 ottobre 1978,
nonchØ in attuazione della “sesta” in relazione all’istituto
della scissione, il tutto secondo la delega conferita
all’uopo al Governo con la legge 26 marzo 1990, n. 69.
Nonostante la materia fosse stata profondamente ri-
formata dal citato decreto legislativo, la prassi da tempo
aveva manifestato l’esigenza di semplificazione del pro-
cedimento di fusione, che nell’assetto disegnato dal legi-
slatore nel 1991, appariva caratterizzato da un’eccessiva
complessità.
Proprio per questo la disciplina della fusione è stata
oggetto, ad opera della legge 24 novembre 2000, n. 340,
di un ulteriore intervento legislativo diretto a semplificare
talune fasi del procedimento di fusione.
Ma tale intervento risultò essere modesto e le inno-
vazione apportate fino ad allora si mostrarono insufficien-
ti, tanto è vero che l’art. 7 della legge delega, per la rifor-
ma del diritto societario, n. 366, del 3 ottobre 2001, ha di-
sposto che la riforma della disciplina della fusione doves-
se essere diretta anche a semplificare talune fasi del relati-
vo procedimento, rimarcando quindi le esigenze passate.
In tale direzione si è mosso il d.lgs. 17 gennaio 2003, n.6,
in attuazione della legge delega per la riforma del diritto
societario, anche se per certi aspetti si è dimostrato limita-
tivo, in quanto la riforma si è dovuta destreggiare negli
stretti vincoli della normativa comunitaria.
In tema di semplificazione, quindi, si è ritenuto o-
perare su due piani
1
:
- semplificazione del procedimento, per le fusioni
cui partecipano società il cui capitale è rappresentato da
azioni;
- semplificazione del procedimento, per le fusioni
cui non partecipano società il cui capitale è rappresentato
da azioni.
Inoltre non mancano altre disposizioni innovative
dirette a disciplinare aspetti non considerati nØ dalla disci-
plina comunitaria nØ da quella nazionale.
Recentemente, dal 1 luglio 2011, è entrata in vigore
la direttiva 2011/35/UE recante disposizioni in materia di
fusione di società per azioni, che abroga alcune norme
contenute nella precedente direttiva 78/855/CE. Il nuovo
provvedimento è stato emanato nell'ottica di armonizzare
le disposizioni vigenti nei singoli Stati membri, di limitare
i costi per le società attraverso l'introduzione di elementi
1
MONARCA P., “La fusione nazionale dopo le riforme”, in Corriere tri-
butario, vol. 27, fasc.7, 2004, pagg. 521 e segg.
di semplificazione, nonchØ di rafforzare la tutela dei sog-
getti coinvolti come azionisti, creditori e lavoratori, ricon-
fermando in tal senso l'importanza riconosciuta all'infor-
mazione adeguata ed alla tutela dei diritti. L'intento del
legislatore europeo è di adeguare le varie discipline a una
politica tributaria uniforme.
In relazione all’ambito di applicazione, la suddetta
direttiva si limita a disciplinare le operazioni di fusione,
riguardanti società per azioni, che avvengono mediante
l’incorporazione in una società di una o piø società o la
costituzione di una nuova società.
Agli Stati membri è riconosciuta la possibilità di
non applicare la direttiva alle società cooperative oppure
al caso in cui una o piø delle società incorporande siano
oggetto di una procedura concorsuale. Analogamente a
quanto disposto dal legislatore nazionale la partecipazione
alla fusione non è consentita alle società in liquidazione
che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo.
Nel ripercorrere le disposizioni contenute nella di-
rettiva e per favorire la comprensione, si è ritenuto di pro-
porre nei casi di interesse un raffronto tra le norme nazio-
nali ed il contenuto della direttiva, ponendo particolare at-
tenzione alle divergenze.
2
2
CERADINI C. - GARBIN M., “Fusione di società: Direttiva
2011/35/UE”, in Guida alla Contabilità e bilancio, fasc. 12, 2011, pagg. 60 e
segg.
1.2 La natura giuridica della fusione
In merito alla natura giuridica della fusione si è
sempre verificato in dottrina un ampio dibattito, con il
succedersi nel tempo di diverse teorie, fino anche al con-
tributo apportato dalla Riforma del diritto societario del
2003.
1.2.1 La teoria estintivo-successoria
L’opinione tradizionale concordava nel ritenere che
la fusione costituisse un fenomeno estintivo-costitutivo di
tipo successorio, che si sostanziasse in un effetto estintivo
delle società coinvolte nella fusione e in un effetto costitu-
tivo di una nuova realtà societaria.
La fusione in questo modo era classificata come un
fenomeno di successione universale analogo a quello che
si verifica in caso di successione mortis causa.
3
In tal modo la fusione veniva configurata fattispecie
estintiva successoria, comportando l’estinzione della so-
cietà incorporata, in caso di successione per incorporazio-
ne, ovvero l’ estinzione di tutte le società fuse, in caso di
fusione propria, con la successione in capo alla società ri-
sultante dalla fusione di tutti i rapporti giuridici facenti
capo alle società estinte.
3
CIVERRA E., “La fusione come fenomeno successorio”, in Le società,
vol. 25, fasc.2, 2006, pagg. 195 e segg.
1
Deve considerasi come la teoria in commento abbia
preso forma in un periodo contesto economico dove
l’istituto assumeva un carattere ancora marginale: noto-
riamente, il fenomeno delle fusioni societarie ha iniziato a
manifestarsi soltanto nella prima metà del diciannovesimo
secolo.
1.2.2 La teoria modificativo-estintiva
Contro tale ricostruzione, a partire dagli anni sessan-
ta dello scorso secolo, la dottrina aveva sostenuto che la
funzione pratica dell’istituto della fusione risiedeva nel
rafforzamento e nella modifica dell’assetto organizzativo
delle società partecipanti.
In tal modo l’aspetto essenziale del fenomeno veni-
va ad essere incentrato sull’intento di operare una modifi-
cazione delle strutture coinvolte.
A fronte di tale conclusione non vi era concordia in
dottrina in ordine alla permanenza o meno dell’effetto e-
stintivo in relazione alle società partecipanti alla fusione,
nel caso di fusione propria, ovvero in relazione alla socie-
tà incorporata, in caso di fusione per incorporazione.
Parte della dottrina, infatti, pur sottolineando il ca-
rattere modificativo, non negava l’effetto estintivo, da
considerasi però non causa del subingresso della società
risultante dalla fusione nei rapporti giuridici facenti capo
alle società estinte, bensì effetto di tale subingresso e
2
quindi della modifica diretta all’unificazione delle struttu-
re societarie.
1.2.3 La teoria della mera modificazione
Altra parte della dottrina, invece, osservava la sola
fattispecie modificativa delle strutture societarie coinvolte
nell’operazione di fusione, ritenendo inutile ricorrere al
concetto dell’estinzione.
In forza al procedimento di fusione, le società parte-
cipanti modificherebbero la propria struttura in modo tale
da uniformarsi del tutto al modello rappresentato dalla so-
cietà incorporante, in caso di fusione per incorporazione,
ovvero al modello rappresentato da una nuova società, in
caso di fusione propria.
A seguito di ciò si avrebbe una sovrapposizione di
strutture in tutto e per tutto identiche.
1.2.4 Le novità introdotte dalla Riforma del di-
ritto societario
In tale quadro interpretativo è intervenuta la riforma
del diritto societario che ha riformulato la disposizione del
primo comma dell’art. 2404-bis c.c., il quale ora dispone
che la società che risultata dalla fusione o quella incorpo-
3
rante assumono i diritti e gli obblighi delle società “parte-
cipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti,
anche processuali anteriori alla fusione”.
Tale espressione sostituisce il vecchio riferimento
alle società “estinte”, rafforzando la teoria della natura
modificativa della fusione. Questa conclusione è desumi-
bile non solo dalla soppressione del riferimento letterale,
ma anche dal fatto che la nuova norma, nell’affermare che
le società partecipanti alla fusione “proseguono” in tutti i
loro rapporti anteriori alla fusione, sancisce una totale
continuità sostanziale dell’impresa e della relativa attivi-
tà.
4
Da ultimo, tale tesi ha ricevuto l’avallo della Su-
prema Corte
5
, la quale, in revisione del suo pregresso
consolidato orientamento, ha sancito, in base all’art. 2504-
bis c.c., primo comma, nel testo novellato dal d.lgs.
6/2003, il principio per cui la fusione tra due società non
determina l’estinzione della società incorporata, nØ crea
un nuovo soggetto di diritto, ma attua l’unificazione me-
diante l’integrazione reciproca delle società partecipanti
alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evo-
lutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che
4
D’ARRIGO M., “La fusione delle società (Parte 1)”, in Il nuovo diritto
delle società, vol. 8, fasc. 22, 2010, pagg. 9 e segg.
5
GAETA M.M., “La fusione per incorporazione non è vicenda interrutti-
va del processo – commento all’Ordinanza Cass. Sez. Unite, 8 febbraio 2006,
n.2637” - in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, vol. 82, fasc.
5, 2007, pagg. 401 e segg. e CORSINI F., “La fusione societaria non è piø
causa di interruzione del processo”, in Rivista di diritto societario, fasc. 2,
2007, pagg. 153 e segg.
4
conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto orga-
nizzativo. L’intento del legislatore è inteso ad apportare
una netta modifica della disciplina della fusione, per la
quale non si possono ravvisare i presupposti di applica-
zione retroattiva.
6
1.3 Le forme di fusione - Art. 2501
L’art. 2501 c.c., al primo comma, disciplina che “La
fusione di piø società può eseguirsi mediante la costitu-
zione di una nuova società, o mediante l’incorporazione in
una società di una o piø altre”. La disposizione, pur a-
prendo la sezione dedicata all’operazione della fusione,
non offre alcuna definizione dell’istituto, rectius alcuna
qualificazione; seguendo tale impostazione, il legislatore
italiano ha preferito non specificare le possibili forme di
fusione ma si è limitato “solo” a prevederne la possibilità
di esecuzione.
Per contro, è stato riscontrato che le classificazioni
dogmatiche sono compito dell’interprete, non del legisla-
tore, il quale dovrebbe limitarsi a dettare le regole, la-
sciando ad altri la costruzione delle categorie concettuali.
7
6
DE NADAI M., “La fusione per incorporazione dopo la riforma societa-
ria: ancora effetti estintivi?”, in Giurisprudenza commerciale, vol. 36, fasc. 4,
2009, pagg. 689.
7
D’ALESSANDRO F., citato in Commentario al codice civile Artt. 2484-
2510, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pagg.727.
5
Con la direttiva 78/855/CEE il legislatore comuni-
tario ha meglio specificato le possibili forme di fusione, e
al terzo articolo, detta che “Ai sensi della presente diretti-
va si intende per fusione mediante incorporazione
l’operazione con la quale una o piø società, tramite uno
scioglimento senza liquidazione, trasferiscono ad un’altra
l’intero patrimonio attivo e passivo mediante
l’attribuzione agli azionisti della o delle società incorpora-
te di azioni della società incorporante e, eventualmente, di
un conguaglio in denaro non superiore al 10% del valore
nominale delle azioni attribuite o, in mancanza di valore
nominale, della loro parità contabile”. La direttiva prose-
guendo, al quarto articolo, disciplina che “Ai sensi della
presente direttiva si intende per fusione mediante costitu-
zione di una nuova società l’operazione con la quale piø
società, tramite il loro scioglimento senza liquidazione,
trasferiscono ad un’altra società che esse costituiscono
l’intero patrimonio attivo e passivo mediante attribuzione
ai loro azionisti delle azioni della nuova società e, even-
tualmente, di un conguaglio in denaro non superiore al
10% del valore nominale delle azioni attribuite o, in man-
canza di valore nominale, della loro parità contabile”.
In merito alla mancata classificazione dogmatica da
parte del nostro legislatore è da precisare che con il prov-
vedimento del 1991 è stato evitato di recepire la defini-
zione di fusione indicata negli articoli 3 e 4 della direttiva
comunitaria, perchØ frutto sostanzialmente della conce-
zione patrimonialistica dell’ordinamento tedesco e ritenu-
ta non vincolante per l’interprete.
6
Quindi da un punto di vista giuridico le forme attra-
verso le quali può eseguirsi una fusione sono:
- fusione mediante costituzione di una nuova socie-
tà, detta anche fusione propria;
- fusione mediante incorporazione.
Nel primo caso le società A e B si fondono per dar
luogo alla nuova società C. Nel secondo caso, la società A
incorpora direttamente la società B, che si estingue.
Con la fusione propria due o piø imprese si estin-
guono costituendo una nuova società nella quale conflui-
ranno i patrimoni delle società estinte. I soci delle società
partecipanti alla fusione riceveranno, in cambio delle a-
zioni possedute delle società che si estinguono, azioni del-
la nuova società mediante un rapporto “ragionato” sulle
consistenze patrimoniali delle imprese partecipanti alla fu-
sione denominato rapporto di concambio o di scambio.
Nella fusione per incorporazione tra due imprese, la
società incorporante rimane in vita, mentre la società in-
corporata si estingue, con l’effetto che il patrimonio si tra-
sferirà all’incorporante. Ai soci dell’incorporata, in sosti-
tuzione delle proprie azioni, vengono assegnate azioni
dell’incorporante, in base ad un rapporto di concambio.
La fusione per incorporazione di due società, delle
quali la prima A controlli la seconda B, si definisce, inol-
tre, diretta, quando la controllante A incorpora la control-
lata B e inversa allorchØ invece la controllata B incorpora
la controllante A.
Nella prassi si parla invece di fusione a cascata
quando la società A incorpora la sua controllata società B,
che a sua volta incorpora la controllata C.