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CAPITOLO I
LA POPOLAZIONE ANZIANA ED
I SERVIZI DI CARATTERE SOCIO-SANITARIO
1.1 - PREMESSA
Il tema relativo all'assistenza agli anziani è, indiscutibilmente, di estrema attualità.
I rapporti e le analisi relativi al fenomeno, incontrovertibile, dell'invecchiamento della
popolazione dimostrano che la questione ha una notevole rilevanza sotto l'aspetto della
sostenibilità del sistema assistenziale nel suo insieme, sotto il profilo demografico e sotto
l'aspetto della capacità degli enti, pubblici e privati, di organizzare un insieme di servizi ad
hoc, utili per far fronte al fabbisogno di una parte della popolazione italiana sempre più
consistente.
La principale questione connessa al tema dell'invecchiamento è quella che concerne la
scarsità di risorse a disposizione degli attori del sistema sociale e sanitario per far fronte al
fabbisogno degli individui con età superiore ai 65 anni. Dinanzi all'aumento della spesa
socio-sanitaria, in rapporto al PIL, l'efficienza e l'efficacia delle prestazioni fornite dalle
cosiddette “unità di offerta” diventano il punto focale attorno al quale ruota la capacità di
fornire risposte adeguate a soggetti in stato di bisogno. In un contesto di tal fatta, quindi,
anche le residenze sanitarie assistenziali devono essere in grado di acquisire gli strumenti
necessari ad una corretta valutazione delle proprie performance per raggiungere un duplice
scopo: l'impiego razionale ed ottimale delle risorse disponibili e l'erogazione di servizi
sociali ad integrazione sanitaria e sanitari ad integrazione sociale adeguate alle esigenze
espresse, in altri termini, di qualità.
Appare quasi superfluo ribadire che il trend relativo all'invecchiamento della popolazione
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è positivo e, segnatamente, si registra un progressivo aumento non solo degli
ultrasessantacinquenni, ma anche degli ottuagenari.
Il “problema” riguarda non soltanto l'Italia, ma, più in generale, tutti gli Stati europei.
A titolo di esempio, stando ai dati contenuti nel “Rapporto sulla non autosufficienza
2010”, redatto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il nostro Paese fa
registrare, insieme alla Scandinavia, la più alta aspettativa di vita: 80.1 anni, con una
sostanziale differenza tra gli uomini (77.1 anni) e le donne (83.2 anni)
1
. In generale, tutti i
27 membri dell'UE, oggetto dell'analisi del Rapporto, mostrano un trend ascendente della
speranza di vita, avendo fatto registrare un aumento di 2 anni negli uomini e di 3 nelle
donne nel corso del quindicennio 1990-2005.
Fanno da contraltare a questa situazione le classi d'età più giovani (0-14 anni), la
previsione rispetto alla quale è di una costante diminuzione fino al 2050. La situazione
diviene ancor più preoccupante se si prende in considerazione il range d'età 15-64 anni,
ovvero, quello che si riferisce alle persone in età lavorativa: anche in questo caso, infatti,
le ipotesi statistiche che sono state formulate vanno nella direzione di una progressiva
riduzione dei soggetti rientranti in questa coorte.
2
Volendo restringere il campo alla sola situazione italiana, giova rilevare, ai fini di questa
1 - Questa differenza è dovuta, principalmente, a due fattori: uno biologico connesso al più gravoso impegno
delle donne nei confronti della riproduzione, l'altro ambientale determinato dalla minore esposizione ai fattori
intrinseci correlati alle più importanti cause di morte. L'invecchiamento “al femminile” si caratterizza, quindi,
per due diverse condizioni: la vedovanza e la disabilità. La donna, infatti, incorre in un maggior rischio di
vivere le ultime decadi della propria vita da sola e, per di più, in condizioni di disabilità dovute a cause quali la
maggior prevalenza delle patologie croniche ad alta invalidità e lunga durata (demenza, osteoporosi e
osteorartrosi), contrariamente a quanto avviene nel sesso maschile, in cui prevalgono patologie ad alta letalità e
breve durata quali ictus, cerebri, cardiopatia, ischemia e neoplasie; la maggiore resistenza fisica della donna
rispetto all'uomo anche a seguito di eventi traumatici gravi, per una persona anziana, quali la rottura del femore;
la minor capacità aerobica e muscolare della donna rispetto a quella dell'uomo. Per quanto riguarda la
“solitudine” derivante dallo status di vedovanza, mentre l'assoluta maggioranza degli uomini si trova a vivere la
vecchiaia in coppia, solo una minoranza delle donne ne ha la possibilità e, spesso, anche quando vive in coppia,
nella generalità dei casi, ha un marito più vecchio di lei e, quindi, con uno stato di disabilità non dissimile dal
suo. (F. Serini in “Il grado di aziendalità delle residenze sanitarie assistenziali”, Giuffrè Editore, pag. 13).
2 - Rapporto sulla non autosufficienza 2010, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anno 2010, pag. 9.
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dissertazione, che più di 1/5 della popolazione italiana ha più di 65 anni di età e, stando
alle statistiche, rispetto al 1951, allorquando rientravano in quell'età anagrafica solo 8
persone su 100, per il 2051 (cioè solo tra 50 anni) la previsione è che la percentuale si
attesterà al 34,1% allorquando l'età media sarà di 50.1 anni (contro i 41.4 del 2001 ed i 32
del 1951)
3
.
Focalizzando l'analisi demografica per macro-regione (Nord, Centro, Mezzogiorno e Isole)
si ricava che nell'Italia centro-settentrionale, al 1 gennaio 2009, poco più del 13% della
popolazione ha un'età compresa tra 0-14 anni, poco più del 65% tra i 15-64 anni, oltre il
21% ha più di 65 anni. Solo nel Sud e nelle Isole la situazione è leggermente migliore: gli
individui di età compresa tra 0-14 anni sono poco più del 15%, quasi il 67% si trova nella
fascia lavorativa e “solo” il 17-18% sono ultrasessantacinquenni.
Scendendo ancor più nel dettaglio, si rileva che, al 1/1/2009, la regione Lombardia
presenta una situazione leggermente migliore rispetto a quella ascrivibile alla macro-
regione Nord: il 14% dei suoi abitanti si trova nella prima fascia d'età (0-14 anni), il 66,1%
nella seconda (15-64 anni) ed il restante 19,9% nell'ultima (>65 anni).Tuttavia, lo stato
demografico lombardo non differisce da quello nazionale anche se non le si può certo
attribuire la palma di regione con la più alta percentuale di anziani che, invece, spetta alla
Liguria (più di 1 abitante su 4 è ultrasessantacinquenne)
4
.
Lungi dal voler affrontare le motivazioni sociologiche, di malthusiana memoria, alle quali
si potrebbe ricorrere per spiegare il fenomeno della riduzione prospettica delle classi di età
giovani, ovvero, della scelta delle persone che vivono nei cosiddetti “paesi ricchi” di non
3 - Ibidem pag. 10.
4 - Ibidem pag. 10
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sostenere più massicciamente la riproduzione della specie umana
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- scelta che, peraltro,
implica la necessità per il Legislatore di compiere dolorose scelte in materia di politica
previdenziale per garantire il sostentamento degli individui in stato di quiescenza – è
necessario sottolineare che il miglioramento delle condizioni di vita (segnatamente, quelle
igieniche e sanitarie), il progresso scientifico e tecnologico che sono alla base della
longevità pongono una questione di rilevo: garantire agli individui ultrasessantacinquenni
un livello di qualità della vita almeno pari a quello che loro stessi sono stati in grado di
assicurarsi, in condizioni di autosufficienza ed indipendenza, per tutto il corso della
propria esistenza (ad esempio, impedendo un eccessivo ricorso alla loro
“istituzionalizzazione”, onde evitare di recidere i contatti con il proprio ambiente
familiare, latamente inteso). La questione è dirimente: l'indice di dipendenza di una
persona aumenta inevitabilmente con l'aumentare dell'età anagrafica e questo, in un Paese
5 - “[...] In parole povere, le dimensioni di una famiglia sono determinate dalla quantità disponibile di
cibo,anche se ciò non significa che i ricchi abbiano piø figli; anzi, di solito è il contrario, per ragioni che
vedremo piø avanti. Se il primo principio della vita è sopravvivere, il secondo è procreare e, infatti, è costante
nelle popolazioni il desiderio di aumentare di numero, cui si accompagna la preoccupazione per le risorse
disponibili al sostentamento. Il risultato nel corso del tempo è un incessante “stop and go”, per dirla in
termini economici; un po' come fanno le auto imbottigliate in un ingorgo stradale, che accelerano e rallentano
di continuo invece di mantenere una velocità costante di circa sessanta chilometri all'ora. Secondo Malthus, lo
stimolo a riprodursi spinge la popolazione ad aumentare prima che aumentino proporzionalmente anche i
mezzi di sostentamento. Le conseguenze sono immense. Volendo aumentare, le popolazioni si conformano alle
risorse di cui hanno bisogno. Inoltre tendono a moltiplicarsi prima e non dopo aver accumulato scorte extra di
cibo. Lo stesso macroprincipio si applica anche alla singola famiglia, che compirà scelte in apparenza
irrazionali sul numero dei figli che può mantenere, o fino a quando questi figli potranno a loro volta sostenere
la famiglia. Se le popolazioni aumentano prima che siano disponibili le risorse necessarie, ciò significa che,
con piø probabilità, una coppia di genitori decide di avere un altro figlio proprio quando è sicura di cosa
dargli da mangiare – da cui il concetto di sacrificio, l'eventualità di dover abbandonare un figlio perchè
mantenerlo è troppo costoso. Come interpretare, dunque, questa espansione “irrazionale” della famiglia?
Un'ipotesi è che nei momenti di ristrettezza prevalga l'esigenza di allargare la famiglia in previsione futura
piuttosto che pensare a come mantenerla nel presente; piø figli si hanno, maggiore è l'opportunità di trovare o
generare risorse per la famiglia, anche se ciò comporta il rischio di sacrifici in caso di esito negativo. Il che
spiegherebbe anche un'altra verità parallela, per quanto perversa, cioè che le società piø ricche generano
meno figli. Inoltre spiega quanto sia fondamentale, in ciò che Malthus descrive come “periodi di povertà”,
l'impulso vitale a generare altre vite: se ci sembra che la specie stia per morire, cominciamo a riprodurci, così
che la vita possa avere una chance di continuare [...]” (R. R. Smith, Colazione da Socrate, c.e. Ponte delle
Grazie, 2009, pagg. 80-81).
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nel quale le coppie senza figli sono in crescita
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, ha delle conseguenze ben precise in
termini di presa in carico del soggetto non autosufficiente. Il 18,5% degli individui
ultrasessantacinquenni
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(2 milioni e 100 mila persone), infatti, versa in una condizione di
totale mancanza di autosufficienza per almeno una delle funzioni essenziali della vita
quotidiana: camminare, fare le scale, chinarsi, coricarsi, sedersi, vestirsi, fare il bagno,
mangiare, sentire, vedere e parlare
8
.
Gli strumenti a disposizione per poter accertare il bisogno di assistenza della persona e,
quindi, per poter attivare i relativi servizi sono diversi: quelli ascrivibili agli Enti di
previdenza (INPS) mediante il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’indennità di
accompagnamento; quelli utilizzati dalle aziende sanitarie locali (ASL), funzionali ad
un'adeguata fornitura di servizi sanitari e socio-sanitari; quelli ascrivibili all'ente comunale
e consistenti, in particolare, nell'erogazione di servizi sociali.
In un contesto, nazionale ed europeo, caratterizzato, come già detto, da un incremento
continuo dell'aspettativa di vita della popolazione, da un aumento del numero dei soggetti
anziani in condizioni di disabilità e di non autosufficienza e, infine, da una cronicizzazione
delle patologie di tipo geriatrico, il problema di maggiore rilevanza è rappresentato non
tanto dalla capacità degli enti pubblici di fornire prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di
breve periodo, volte all'erogazione di servizi in grado di far fronte alle fasi acute del
bisogno espresso, ma di lungo periodo. In altri termini, si pone l'oneroso problema di
6 - In un decennio, quello compreso tra il 1995 ed il 2005, la quota dei nuclei familiari con cinque componenti
è scesa dal 8,4% al 6,5, mentre aumentano le persone sole e le coppie senza figli. Tutto ciò è dovuto al
profondo cambiamento dei modelli familiari, dovuto anche al massiccio ingresso delle donne nel mercato del
lavoro. Fonte: Camera dei Deputati, XV Legislatura, “Indagine conoscitiva sulle condizioni sociali delle
famiglie in Italia”, presentata il 3 maggio 2007.
7- Indagine ISTAT Multiscopo 2004-2005, “Condizione di salute e ricorso a servizi sanitari”:
8 - Si parla di disabilità allorquando una persona, escludendo le condizioni riferite a limitazioni temporanee,
dichiara di non essere in grado di svolgere le abituali funzioni quotidiane, specificate nel testo, pur tenendo
conto dell'eventuale ausilio di apparecchi sanitari (protesi, bastoni, occhiali) e per ciò stesso è confinata a letto
o costretta a muoversi su una sedia a rotelle o a far fronte alle difficoltà sensoriali che le limitano la vista,
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assicurare una rete di servizi capace di garantire un adeguato sistema di “long term care
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”
(LTC), ovvero, forme di cura che abbiamo un'ampia estensione temporale e che siano prive
di una data di termine predefinita. Un sistema eccessivamente imperniato sulle strutture
ospedaliere, progettate per affrontare l'acuzie, non assicura una risposta soddisfacente in
termini di continuità assistenziale. Il rafforzamento della rete degli interventi e dei servizi,
anche attraverso l'adozione di soluzioni innovative, rappresenta l'unica modalità attraverso
la quale garantire il continuum terapeutico ed assistenziale.
Dal momento che l'assistenza di lungo periodo (LTC) è caratterizzata anche da una
compartecipazione di servizi ospedalieri, può essere utile far riferimento alla definizione di
long term care data dall'Institue of medicine di Washington (1986). Si tratta di “una
varietà di servizi sanitari e sociali forniti dagli individui che necessitano di assistenza su
una base continuativa a causa di disabilità fisica e/o mentale. I servizi possono essere
forniti in istituzione, in casa o in comunità ed includono servizi informali forniti dalla
famiglia o dagli amici come servizi formali forniti da professionisti o da agenzie
10
”.
La domanda di LTC, come si può desumere facilmente dai dati statistici sopra riportati,
farà registrare, negli anni avvenire, un continuo aumento anche in virtù dell'emergere di
una nuova serie di bisogni socio-sanitari che si caratterizzano per la loro cronicità e durata
prolungata: le patologie croniche, in Italia, sono in aumento continuo se è vero che, nel
2007, la percentuale di cittadini affetti da cronicità è passata dal 35,9% al 36,6%. Il dato è
l'udito e/o la capacità di esprimersi verbalmente.
9 - È doveroso precisare che il “long term care” riguarda un insieme di attività di assistenza continuativa a
titolarità pubblica, ovvero, stando al”Rapporto sulla non autosufficienza – anno 2009”, redatto dall'omonimo
Network, si tratta di tutti quegli interventi – servizi alla persona o prestazioni monetarie – che l'ente pubblico
contribuisce, anche solo parzialmente, a finanziare e nei quali ha qualche forma di responsabilità per la
definizione dell'utenza o degli standard di qualità. Nel caso dei servizi, la gestione è sovente responsabilità di
enti privati (per lo più not-for-profit).
10 - Fonte: E. Tarditi, “Benchmarking dell'efficienza nelle Residenze Sanitarie Assistenziali”, Facoltà di
Ingegneria gestionale, Politecnico di Milano, a.a. 2006/2007, pag.6
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ancor più significativo se si considera che l'80,7% della popolazione anziana è colpito da
cronicità e, in particolare, almeno il 35% degli uomini, con più di 60 anni, presenta due o
più malattie croniche, con una situazione che tende ad aggravarsi con il trascorrere dell'età,
soprattutto tra le donne
11
. A quanto detto è da aggiungere che, stando al rapporto annuale
sull'attività di ricovero ospedaliero, realizzato dal Ministero della Salute, relativo all'anno
2004 e diffuso nel 2007, i ricoveri ospedalieri sono stati circa 13 milioni l'anno, per un
totale di 78 milioni e 750 mila giornate di degenza. Queste ultime sono state fortemente
correlate all'età: le classi più anziane hanno raggiunto una media di 6,7 giorni, quelle tra il
65 ed i 74 anni 8, quelle oltre i 75 anni 9. I ricoveri per lungodegenza hanno avuto una
durata media di 26 giorni. La causa principale dei ricoveri è stata individuata nelle malattie
cronico-degenerative, dovute all'invecchiamento della popolazione ed alla centralità delle
strutture ospedaliere come strutture principali per la diagnosi e la cura. Questo stato di
cose, quindi , induce a trovare soluzioni di ampio respiro che possano consentire al sistema
di far fronte alla situazione attuale e futura, destinata certamente ad aggravarsi, riducendo
l'onere terapeutico che, oggi, resta principalmente a carico del network ospedaliero.
Il problema centrale relativo allo sviluppo di un'adeguata rete di servizi sanitari e socio-
sanitari è, senza dubbio, quello relativo alla sostenibilità, ovvero, al costo al quale il nostro
Paese, al pari di altri, deve riuscire a far fronte. Secondo l'Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE),
12
la spesa sanitaria italiana raddoppierà
entro il 2050, passando da un 6,6% del PIL (anno 2005) al 13,2% (2050). Questo, è chiaro,
è destinato ad accadere qualora non verranno attuate misure di contenimento della spesa e
11 - VII Rapporto sulla cronicità, Coordinamento Nazionale Associazioni Malati Cronici – Cittadinanzattiva,
21 giugno 2007.
12 - Organization for Economic Cooperation and Development, “Projecting OECD Health and Long Term
Care Expenditures: What are the Main Drivers?”, table 1, anno 2006, pag. 4.
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di implementazione di politiche di efficienza che dovranno riguardare, giocoforza, tutti gli
attori di sistema e, quindi, anche i singoli gestori delle unità di offerta sanitarie e socio-
sanitarie. L'obbiettivo ultimo del sistema nel suo complesso dovrà essere, quindi, quello di
promuovere strategie volte alla eliminazione degli sprechi e delle inefficienze attraverso,
quindi, la garanzia di prestazioni appropriate, che si traduce nell'assicurare alle persona
servizi sanitari e socio-sanitari non già quantitativamente, ma qualitativamente
soddisfacenti.
Se il variegato settore dei servizi alla persona rappresenta, da un lato, un onere non
trascurabile per ciascun Paese (e per il nostro in particolare, considerato quanto finora è
stato detto a proposito del rapporto tra l'invecchiamento della popolazione, la scarsità delle
nascite, la cronicizzazione delle patologie geriatriche, l'incremento delle disabilità nelle
fasce d'età anziana e le isorisorse), dall'altro, esso continua a rappresentare un potenziale
ed inesauribile volano di sviluppo tecnologico, economico, finanziario ed organizzativo
con conseguenti e positive ricadute in termini di occupazione.
1.2 - ASSISTENZA ALLA PERSONA: QUADRO NORMATIVO E SERVIZI
Il LTC si concreta attraverso l'erogazione di servizi sanitari e socio-assistenziali. Questa
trattazione intende focalizzare l'attenzione su una particolare tipologia di servizi, quelli
offerti all'utenza dalle Residenze Sanitarie Assistenziali, nodo essenziale del sistema socio-
sanitario per quanto riguarda la fascia di popolazione che comprende individui
ultrasessantacinquenni non autosufficienti o parzialmente autosufficienti, non curabili,
comunque, a domicilio. Le strutture residenziali sono ambiti all'interno dei quali è
possibile fornire, in misura differente e tenuto conto della distinzione di cui si dirà più