VIII
Ovviamente le televisioni, da parte loro, cercano di aumentare
l’intensità degli avvenimenti più seguiti dal pubblico per far lievitare la
disponibilità di spots maggiormente graditi e a tal fine si contendono tra
loro con offerte miliardarie i diritti per la trasmissione degli eventi
maggiori, facendo in tal modo lievitare di molto i prezzi richiesti dai
fornitori di tali spettacoli.
Questi ultimi, a loro volta, tendono a moltiplicare in modo anche
ossessivo il numero degli avvenimenti maggiormente richiesti, senza
curarsi degli effetti negativi sui fisici di coloro che tale spettacolo
effettivamente offrono, certi di poter compensare eventuali défaillance
degli stessi con un incontrollato aumento dei corrispettivi delle loro
prestazioni.
In tal modo le società sportive, che fino a pochi anni fa erano
organizzate in forma molto semplice, dovendo gestire solo programmi
per i loro associati, disposti anche ad autofinanziarsi per svolgere una
attività fisica a puro titolo dilettantistico, sono state costrette a mutare
radicalmente le loro strutture. Esse si sono pertanto dotate di apparati
amministrativi propri delle grandi società di capitali, e di manager capaci
di sfruttare al meglio le possibilità di mercato per migliorare il prodotto
da offrire agli sponsor ed alle televisioni, con la certezza di reperire sul
mercato i fondi necessari per contendere alla concorrenza gli atleti
migliori.
La trasformazione delle società sportive in società commerciali a
tutti gli effetti comporta di per se degli obblighi civili e fiscali non
indifferenti, che non potevano sfuggire allo Stato, più volte intervenuto
in Italia per codificare i nuovi aspetti societari derivanti dal passaggio
dalla fase dilettantistica a quella professionale, ed ancora impegnato
attivamente nell’attuale legislatura alla ricerca di un modello che possa
IX
soddisfare sia le esigenze delle società che quelle degli atleti, senza
trascurare le richieste del pubblico e dei mass-media, pur nell’osservanza
del sistema legislativo.
Risale al 1981 l’emissione della prima legge tendente a
regolarizzare le società professionistiche del calcio, imponendo ad esse
l’obbligo di costituirsi in società di capitali, con tutte le regole derivanti
dall’osservanza del Codice civile, tra le quali la possibilità del
fallimento, ipotesi precedentemente esclusa.
Successivamente tale impostazione venne assunta anche da altre
Federazioni sportive, che obbligarono le loro rappresentate ad assumere
la stessa conformazione societaria dei club calcistici.
Di recente, molti club hanno ritenuto opportuno farsi certificare i
propri bilanci da apposite società di revisione, e tale consuetudine tende
a divenire obbligatoria, in quanto le Federazioni non hanno altro sistema
di verifica dei bilanci e non possono rischiare, pena il pagamento di
penali molto elevate, di interrompere la fornitura degli spettacoli sportivi
ai mass-media e agli sponsor, con i quali sottoscrivono contratti di molti
miliardi.
E’ di oggi la presentazione al Parlamento di un progetto di legge
tendente a comparare dal punto di vista tributario e civilistico le società
sportive dilettantistiche alle associazioni senza fini di lucro, con tutta la
disciplina fiscale ed amministrativa derivante da tale inquadramento, le
cui regole, per altro, non sono state ancora codificate in quanto tale tipo
di società non ha ancora ricevuto una sua definizione.
Con tale provvedimento si potrà pervenire in pochi anni ad un
vero e proprio codice delle società sportive che possa considerare
qualsiasi forma di associazione nata a tal fine.
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Date tali premesse, il presente lavoro cerca di evidenziare le
problematiche proprie delle società sportive, ed in particolare delle
società calcistiche, le quali rappresentano la forza trainante dell’intero
sistema sportivo italiano.
CAPITOLO 1
Le società sportive
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1.1. Inquadramento delle società sportive in Italia
L’aggregazione sportiva è quella che viene costituita
specificamente al fine di assicurare l’attività sportiva a coloro i quali
dimostrano di averne le necessarie attitudini.
Partendo l’attività stessa da un reclutamento dei giovani fin dalle
età minori, è necessario che si formi una organizzazione che la disciplini,
avvalendosi di supporti tecnici ed organizzativi appropriati: di
conseguenza, i fondatori delle società sportive sono solitamente amatori
di una disciplina sportiva o atleti stessi. Con il tempo, le società stesse si
ampliano in correlazione diretta con i successi riportati dagli atleti
associati, allargando sempre più la base, fino a giungere ad una
organizzazione di tipo commerciale.
Al fine di dare delle regole alle discipline sportive praticate, le
società tendono ad associarsi tra loro, fino alla formazione di federazioni
a carattere nazionale che le rappresenti e tracci i programmi tecnici ed
amministrativi per la pratica sportiva.
In Italia lo sport è organizzato dal Comitato Olimpico Nazionale
Italiano, ente di diritto pubblico, cui sono devolute le funzioni di
organizzazione e controllo delle varie discipline sportive. Tali discipline
sono, a loro volta, singolarmente rappresentate da Federazioni Nazionali,
affiliate al C.O.N.I., anch’esse enti pubblici, che predispongono i
programmi per l’attività sportiva, curando la propaganda delle diverse
discipline e dettando le regole per la partecipazione delle singole società.
Le società sportive, oltre ad essere affiliate obbligatoriamente alla
propria Federazione Nazionale, normalmente si associano nelle singole
3
Leghe Nazionali, che vengono costituite almeno nelle discipline più
seguite, alle quali spetta l’organizzazione dell’attività sportiva, e in
particolare dei campionati nazionali, e la gestione dei diritti
radiotelevisivi che destina alle società insieme ai contributi ricevuti dalla
Federazione.
4
1.2. La forma giuridica delle società sportive
L’organizzazione societaria sportiva in Italia può assumere varie
forme ed essere, quindi, inquadrata nel Codice civile a seconda della
struttura che i soci liberamente si danno, nel momento in cui si avviano a
dar corpo e regole al movimento associativo al quale hanno aderito.
I club sportivi possono dunque essere catalogati tra le società per
azioni regolate dagli artt. da 2325 a 2457-bis del Codice civile, tra le
società a responsabilità limitata di cui agli artt. da 2472 a 2497-bis del
C.c., tra le cooperative previste dal Titolo VI del C.c., tra le associazioni
riconosciute, disciplinate dagli artt. da 15 a 35 del C.c., e, infine, tra le
associazioni non riconosciute regolate dagli artt. da 36 a 42 del C.c.
1
.
1.2.1. Le società di capitali
Le società che svolgono attività sportiva in campo professionistico
assumono, in linea di massima, la forma giuridica delle società
organizzate su base capitalistica, come peraltro espressamente stabilito
dai regolamenti della Federazione Italiana Giuoco Calcio, ma non è
infrequente il ricorso a tale organizzazione da parte di società che
svolgono attività sportiva in campo dilettantistico, utilizzando soltanto
atleti dilettanti.
La differenza giuridica tra le società per azioni (S.p.A.) e le società
a responsabilità limitata (S.r.l.) consiste nella diversità del documento di
partecipazione dei soci, dal momento che nella S.p.A. esso è costituito da
azioni, mentre nella S.r.l. “le quote di partecipazione dei soci non
possono essere rappresentate da azioni” (art. 2472 C.c.). Inoltre la S.p.A.
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deve costituirsi con un capitale non inferiore ai 200 milioni di lire,
mentre la S.r.l. deve costituirsi con un capitale non inferiore ai 20 milioni
di lire.
Per il resto l’organizzazione dei due tipi di società è all’incirca
identica.
Entrambi i tipi di società devono assumere la personalità giuridica,
divenendo così enti dotati di capacità giuridica generale, che è
l’attitudine di un soggetto ad assumere giuridicamente tutti i diritti e gli
obblighi conseguenti all’attività del soggetto stesso.
Tale personalità giuridica si acquisisce con l’iscrizione presso
l’ufficio del registro delle imprese, dove va depositato l’atto costitutivo
della società, entro 30 giorni dall'omologazione dello stesso, insieme
all’atto contenente le norme sul funzionamento della società, detto
statuto.
Per le società di capitali si presume sempre uno scopo di lucro; è
una presunzione juris et de jure anche se, come avviene per le società
sportive, negli statuti venga esplicitamente previsto che l’eventuale utile
non possa essere distribuito, ma debba essere interamente reinvestito per
il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva, come espressamente
stabilito dall’art.10, comma secondo, della legge 23 marzo 1981, n. 91,
concernente rapporti tra società e sportivi professionisti.
La scelta in S.p.A. e S.r.l. è rilevante anche ai fini della
responsabilità dei soci nei confronti delle obbligazioni societarie così che
i soci di società di capitali rispondono per gli atti posti in essere dalla
società limitatamente al patrimonio sociale conferito.
1
Cfr. “Bilancio e contabilità d’esercizio delle società sportive”, volume 7°, IPSOA Informatica 1996
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1.2.2. Società sportive organizzate in associazioni
L’associazione può definirsi un’organizzazione stabile di persone,
diretta a perseguire fini non lucrativi per mezzo di una attività comune, i
cui vantaggi possono ricadere sia sui terzi estranei all’associazione sia
sugli stessi associati, fermo restando che per questi ultimi tali vantaggi
non possono essere identificati in utili dell’attività economica.
E’ necessario che le associazioni si muniscano di statuti validi, sui
quali si possa regolamentare la vita associativa; è necessario, altresì,
regolarizzare l’amministrazione nel rispetto delle norme di legge, in
quanto molte associazioni, oltre a svolgere la normale attività
istituzionale verso i soci, svolgono anche attività commerciali.
Le associazioni devono almeno:
- tenere una amministrazione che sia in grado di rappresentare in
modo veritiero e corretto, in qualsiasi momento, la realtà
dell’associazione;
- rispettare le norme fiscali;
- rispettare le norme in materia di lavoro per l’inquadramento dei
collaboratori.
Le associazioni contemplate dal Codice civile sono “riconosciute”
e “non riconosciute” a seconda che abbiano o meno la personalità
giuridica. Differenza sostanziale tra i due tipi di associazioni è che le
prime, in base alle disposizioni dell'art..12 del C.c., acquistano la
personalità giuridica mediante il riconoscimento concesso dal Presidente
della Repubblica.
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La mancanza di personalità giuridica, tuttavia, non significa che
l’associazione non riconosciuta non possa agire o operare dal momento
che la stessa è dotata di una parziale capacità giuridica.
Per l’attività sportiva dilettantistica viene preferita la forma
dell’associazione non riconosciuta, poiché è sicuramente, da un punto di
vista giuridico, l’organizzazione più semplice da realizzarsi e da gestire
e, da un punto di vista economico, quella meno onerosa in fase di
costituzione e di gestione.
1.2.3. Società sportive costituite in società cooperative
Non è molto frequente il caso di società sportive costituite in
società cooperative, ma in alcune zone del Paese, in particolare in Emilia
Romagna e in Lombardia, il movimento cooperativistico è tanto diffuso
da essere assunto anche da quello associazionistico sportivo.
Le società cooperative hanno quale carattere essenziale e
presupposto necessario lo scopo mutualistico secondo le prescrizioni
dell’articolo 2515 del Codice Civile, per il quale l’indicazione
“cooperativa” non può essere usata da società “che non hanno scopo
mutualistico”.
Nelle cooperative il profitto viene realizzato dai soci non solo con
la distribuzione degli utili alla fine dell’esercizio, ma anche con i
particolari profitti cooperativistici, il che porta ad inquadrare il fenomeno
cooperativistico nell’ambito delle società.
Ne deriva che la società cooperativa è quella che più sarebbe
portata ad assumere la qualifica di associazione, se fosse formata dagli
stessi atleti, che potrebbero in tal modo beneficiare dei vantaggi suddetti;
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in realtà i soci sono il più delle volte persone diverse dagli atleti e quindi
viene meno lo scopo mutualistico.
Inoltre, data la variabilità del capitale, non può essere tenuto in
valido riferimento il capitale sociale, che potrebbe scomparire.
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1.3. L’attività economica delle società sportive
Affinché una organizzazione possa essere definita “impresa”, è
necessario verificare che si possano applicare ad essa le caratteristiche
proprie dell’impresa, o meglio dell’imprenditore, secondo la definizione
data dall’art. 2082 del Codice civile: l’imprenditore è colui che esercita
professionalmente una attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi.
Ne discende che l’impresa è:
- un’attività economica
- professionalmente esercitata
- con adeguata organizzazione dei fattori della produzione
- per la realizzazione dei fini economici.
1.3.1. Le società sportive di capitali
Per ciò che concerne le società di capitali non può sorgere alcun
dubbio sull'imprenditorialità della società, insita nella nozione stessa
dell'art. 2247 del C.c., il quale stabilisce che con il contratto di società
due o più persone conferiscono beni e servizi per l’esercizio in comune
di un’attività al fine di dividerne gli utili.
Eventuali dubbi possono sorgere sull’esistenza del presupposto
dell’esercizio di una attività economica e dello scopo di dividere gli utili.
Tuttavia l’esercizio di una attività economica da parte di una società
sportiva organizzata in una società di capitali appare inconfutabile, non
potendosi individuare in altro modo l’attività spettacolistica e quella ad
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essa connessa (anche se è ipotizzabile che una società sportiva possa
costituirsi in una società di capitali con il solo scopo di porre in essere
una attività esclusivamente sportiva e senza ritrarre dalla stessa proventi
di natura commerciale)
2
.
Resta da dimostrare l’esistenza del presupposto legislativo
determinato dallo scopo di dividere gli utili. Ciò perché, oltre alla
possibilità che la società sportiva voglia perseguire scopi non economici,
si verifica l’obbligatorietà ex lege per le società calcistiche di reinvestire
gli utili per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva, secondo
l’art. 10 della legge 91/1981.
La giurisprudenza, tuttavia, non ritiene sussista contrasto con la
norma recata dall’art. 2247 C.c., in quanto l’utile può essere tratto non da
un vantaggio economico diretto ma da una serie di vantaggi
paraeconomici (in particolare fama e prestigio).
1.3.2. Le associazioni sportive
Differenti sono le conclusioni per ciò che concerne il carattere di
impresa delle associazioni sportive, siano o no riconosciute: innanzitutto,
l’oggetto sociale è costituito dall’esercizio della singola disciplina
sportiva che l’associazione intende praticare senza alcun fine di lucro
(attività, quindi, che non è assolutamente economica).
In secondo luogo, ci troviamo davanti alla più assoluta carenza
della professionalità richiesta dalla legge, sia per l’impossibilità delle
società di prendere parte a competizioni che non siano dilettantistiche,
2
cfr.Tozzi, “Le società sportive (natura giuridica e problematiche)”, Rivista del diritto sportivo, 1989
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sia perché i rappresentanti legali delle associazioni svolgono di solito
ben altra attività professionale che non quella di imprenditore sportivo.
Infine, circa la realizzazione di un fine economico, si dice che le
società tendono comunque a realizzare degli incassi, procedendo alla
cessione degli atleti ed all'imposizione di un corrispettivo agli spettatori.
E’ certo che, per i loro particolari fini, le società sportive, come ogni
organizzazione non avente fine di lucro, debbono necessariamente
realizzare degli introiti, necessari all’assolvimento di parte dei fini
istituzionali, senza i quali sarebbero costrette a cessare ogni attività, ma
questo è ben differente che parlare di fine di lucro.
Il fine di lucro assume per le associazioni sportive un ruolo
marginale: spesso il corrispettivo proveniente dalla cessione di un
proprio atleta non è sufficiente a coprire il costo di acquisizione e le
spese sostenute successivamente per la preparazione e l’addestramento
dello stesso atleta. L’unico lucro che la società ne trae è quello morale di
poter vedere un proprio atleta salire ai fasti della maggior gloria sportiva
del Paese.
Non sembra pertanto possibile poter parlare di fine di lucro nella
sua accezione civilistica.
Ben diversamente stanno le cose nell’accezione fiscale: il
legislatore ha, infatti, introdotto, ai fini dell’esenzione dall’imposizione
del reddito delle persone giuridiche, la figura degli enti non commerciali,
non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività
commerciali.
E’ questo il caso delle associazioni sportive, per le quali l’attività
istituzionale, che consiste nella promozione e diffusione della pratica
sportiva, prevale su tutte le altre attività, che in sé considerate potrebbero
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anche essere ricondotte a quelle “commerciali”, ma che hanno un nesso
di strumentalità e di accessorietà alla pratica sportiva vera e propria.
Tra tali attività commerciali appare preminente quella
dell’allestimento, produzione ed offerta di spettacoli sportivi, se
accompagnata dall’emissione del biglietto d’ingresso o
dall’abbonamento, nonché tutte quelle attività direttamente o
indirettamente connesse all’utilizzazione dello spettacolo. Grazie al
fenomeno delle sponsorizzazioni, inoltre, i proventi delle attività
commerciali stanno aumentando sempre di più, anche se,
correlativamente, aumentano anche i costi d’esercizio: di conseguenza,
diventa sempre più importante e complicata la gestione amministrativa
delle associazioni sportive.