6
singola impresa e con particolare riferimento all’informativa contabile sottoposta
all’attenzione dei soggetti esterni.
2. Oggetto di osservazione
Oggetto di osservazione del presente lavoro è costituito dal bilancio di esercizio destinato
a pubblicazione. In particolare, considerata la recente adozione dei principi contabili
internazionali, da parte di numerose imprese e gruppi societari, l’argomento sottoposto ad
approfondimento è rappresentato dal passaggio e dalle conseguenze che esso imprime a
livello di singola impresa, sui documenti contabili destinati a pubblicazione, e sulla
mutata portata segnaletica che li caratterizza.
In che modo differiscono i due modelli di bilancio destinato a pubblicazione, l’uno
redatto secondo la normativa italiana e i correlati principi OIC, e l’altro redatto in
conformità ai principi IAS-IFRS? Quali obiettivi e finalità si propongono di soddisfare
nello specifico i due modelli? Quali conseguenze, imprime il passaggio dalla logica di
bilancio civilistico alla logica di bilancio IASB? Considerato che, in funzione delle
finalità si stabiliscono i principi generali di redazione e i criteri di valutazione, quali
impatti determinano questi, sulle risultanti grandezze di reddito di esercizio e di capitale
di funzionamento? Quale portata segnaletica è possibile riconoscere e attribuire alle
grandezze di reddito e capitale emergenti dai due diversi modelli di bilancio destinato a
pubblicazione?
7
Capitolo 1
Il processo di armonizzazione contabile
1.1 Obiettivo
Il processo di armonizzazione contabile internazionale da tempo in atto trae origine dalla
sempre maggiore integrazione dei mercati reali e finanziari mondiali e dalla conseguente
esigenza di comparabilità dell’informativa societaria. È infatti da più parti espressa, in
modo sempre più pressante ed esplicito, la necessità di disporre di un sistema di principi
contabili unitario per la redazione dei bilanci di esercizio destinati a pubblicazione,
affinché le informazioni erogate assumano caratteri di maggiore uniformità e omogeneità
a livello globale, siano comprensibili da una platea di fruitori sempre più ampia e
collocata in diversi Paesi spesso geograficamente molto lontani, e comparabili con quelle
fornite da altri operatori economici a prescindere dallo specifico contesto in cui operano.
Sulla base delle considerazioni esposte, l’obiettivo del capitolo è di:
• individuare le cause di differenziazione tra i diversi sistemi contabili, e comprendere
il loro grado di influenza sulla specifica configurazione assunta dagli stessi;
• fornire una descrizione delle caratteristiche e delle evoluzioni concretizzatesi nel
tempo nei diversi sistemi contabili, in particolare nel contesto internazionale, europeo
e italiano;
• comprendere il significato e le opinioni prevalentemente espresse in letteratura, in
merito ai concetti di armonizzazione e standardizzazione;
• sviluppare alcune riflessioni inerenti il processo di armonizzazione attuato
dall’Unione Europea.
8
1.2 Considerazioni generali sul tema
Ogni singolo Paese si caratterizza per proprie peculiarità sociali, culturali, economiche.
Non fanno eccezione i sistemi contabili, i quali si dimostrano vari ed eterogenei perché
notevolmente influenzati da numerosi fattori interagenti fra loro che si manifestano
secondo modalità e intensità differenti all’interno dei diversi Paesi.
Riquadro 1.1 – Riferimenti bibliografici.
Con l’intensificarsi degli scambi economici a livello mondiale, si è manifestata con vigore sempre
crescente, l’esigenza di intraprendere un processo di armonizzazione e di raggiungere adeguati
livelli di comparabilità dell’informativa societaria. In merito si sono espressi numerosi autori, fra i
quali:
[Bauer, 2003] [Bocchino, 2004] [Bruni, 2004] [Campedelli,1995, 2004] [Cantino- Devalle, 2004]
[Casò, 2003, 2004, 2005, 2006] [Cattaneo, 2002] [D’Angelo, 2001] [Demartini, 2000] [Dezzani,
2006] [Di Cagno- Turco, 2002] [Di Pietra, 2002] [Di Toma, 2001] [Facchinetti, 2004] [Loli- Casò,
2003] [Marchi, 2004] [Marchi- Allegrini, 2003] [Marinelli, 2003] [Moretti, 2004] [Nobes- Parker,
1995] [Picolli 2003] [Pozzoli, 2001] [Provasoli, 2003] [Provasoli- Viganò, 1995] [Reali, 2000]
[Riccomagno, 2004] [Roscini Vitali- Vinzia, 2003] [Rossi, 2003] [Rusconi, 1999] [Sannino, 1999]
[Savioli, 2004] [Tessitore, 2006] [Van Hulle, 1993, 1998] [Venuti, 2006] [Verna, 2002, 2003]
[Viganò, 1990] [Zambon, 1996, 2002] [Zurzolo, 2003].
Numerosi sono stati inoltre, gli interventi normativi disposti da parte dell’Unione Europea e del
legislatore nazionale, nel tentativo di dare soluzione alle esigenze divenute nel tempo sempre più
pressanti:
[Direttiva 78/660/CEE, Direttiva 83/ 349/CEE, Direttiva 2001/65/CE, Direttiva 2003/51/CE]
[Regolamento 1606/2002/CE, Regolamento 1725/2003/CE, e successivi]
[D. Lgs. n. 127/1991, D. Lgs. n. 6/2003, Legge n.306/2002, D. Lgs n. 38/2005, D. Lgs. n.
394/2003]
Altri sono ancora gli organismi che operano a livello sia nazionale che internazionale per
l’avvicinamento dei diversi sistemi contabili e il miglioramento dell’informativa societaria, fra i
quali IASB, FASB, IOSCO, OIC.
Fonte: nostra elaborazione.
Tali esigenze nascono appunto dal fatto che, soprattutto in questi ultimi decenni, le
transazioni e le relazioni economiche fra i soggetti, che in vario modo incidono
sull’andamento e apportano il loro contributo allo sviluppo dell’economia, sono
incrementate in modo esponenziale in termini sia di numerosità, che di volume d’affari.
Notevoli sviluppi sono stati già conseguiti sul piano dell’armonizzazione contabile,
incentivati sia da parte di autorità investite di potere legislativo, sia da parte di organismi
privati professionali. Notevoli sono, ancora, i rapporti di collaborazione e lo sviluppo di
progetti comuni, instaurati fra i diversi soggetti.
9
1.3 Le cause di differenziazione dei sistemi contabili
I sistemi contabili sono costituiti da un insieme di principi, regole e consuetudini che, in
un determinato contesto, caratterizzano la produzione dell’informazione economico-
finanziaria delle imprese [Demartini, 2000, pag. 397]. Essi costituiscono la risultante di
un articolato percorso di formazione e di continua evoluzione nel tempo, al quale
contribuiscono numerosi fattori, e che, per comprenderne il particolare significato,
devono essere osservati alla luce dello specifico contesto del quale fanno parte.
La specifica configurazione assunta dal sistema contabile utilizzato in un determinato
Paese risulta quindi, ampiamente influenzata da un insieme composito di fattori
ambientali, di varia natura, che, attraverso la loro diversa combinazione ed interazione, ne
delineano i tratti fondamentali e l’evoluzione nel tempo [Campedelli, 1996, pag. 16].
Numerosi autori, hanno cercato di individuare quali possano essere ritenuti i fattori
influenzanti, pur riconoscendo l’impossibilità di giungere ad una elencazione completa ed
esaustiva, e soprattutto stabile nei diversi contesti e nel tempo.
Per quanto risulti, appunto, difficile fornire una completa esposizione dei numerosi
elementi, e considerato che essi possono manifestarsi con diversa intensità all’interno di
uno specifico contesto, può tuttavia dimostrarsi utile procedere ad una loro
classificazione, al fine di comprendere, almeno in linea generale, il ruolo assunto dagli
stessi. In linea generale, fra le cause di diversità dei sistemi e della prassi contabili adottati
dai singoli Paesi, si evidenziano infatti fattori di varia natura economica, giuridica e
culturale. All’interno della prima categoria sono riconducili fattori relativi al contesto
economico in generale ed al sul livello di sviluppo, alle caratteristiche del tessuto
aziendale (ovvero alla forma giuridica, alla struttura organizzativa e alla configurazione di
assetto proprietario prevalentemente adottati dalle imprese), oltre alle modalità e agli
strumenti di finanziamento cui le imprese fanno principalmente ricorso, e ancora alle
caratteristiche dei mercati finanziari, il loro grado di evoluzione, efficienza e liquidità.
Fattori di natura giuridica sono rappresentati dalle caratteristiche del sistema giuridico,
dalla presenza o meno di interferenze di natura fiscale sulla normativa civile,
dall’importanza e dal ruolo assunto dalla professione contabile. Di natura culturale sono,
invece, il grado di evoluzione della dottrina contabile, l’attenzione e la rilevanza attribuita
dagli operatori economici all’informativa contabile, il loro livello di preparazione,
l’emergere di nuove tipologie di operazioni per le quali occorre stabilire adeguate
10
modalità di contabilizzazione, oltre ad aspetti prettamente più generali, quali ad esempio,
lo sviluppo socio- culturale, la storia nazionale o la localizzazione geografica. Una simile
classificazione fondata sulla natura dei fattori, pur non negando una sua certa validità, non
si dimostra particolarmente utile alla comprensione della rilevanza attribuibile a tali
fattori, e alla individuazione razionale dell’impatto esercitato dagli stessi sulla definizione
dei sistemi contabili e sulle linee evolutive potenzialmente sviluppabili in futuro. Ogni
singolo fattore, qualunque sia la sua origine, si dimostra meritevole di attenzione, in
quanto assume un proprio ruolo, all’interno del complesso processo di definizione del
sistema contabile, e per questo può essere ritenuto causa di diversità riscontrabili tra le
diverse prassi contabili nazionali; è opportuno tuttavia ricordare che il rilievo di ciascuno
di essi è rappresentato dall’influenza e dalla capacità di modificare le caratteristiche del
modello contabile, le quali si manifestano attraverso forme e con intensità di volta in volta
differenti. A tal fine, alcuni autori si sono accortamente incamminati nel tentativo di
fornire una classificazione di fattori influenzanti, cercando di riconoscere a ciascuno la
propria importanza. Viganò ad esempio, discrimina fattori specifici e generali, a seconda
della loro pertinenza o meno all’ambiente economico, presupponendo che proprio
all’interno di tale ambiente si possano individuare i fattori di maggior valore [Viganò,
1990, pag. 68]. Più fine è l’interpretazione di Zambon, il quale, fornisce una
classificazione dei fattori in base alla loro capacità di influenza [Zambon, 1996, pagg. 57-
69]. Egli suddivide fra:
• fattori causali specifici, ricollegabili esplicitamente alla prassi contabile di un
determinato Paese;
• fattori causali generali, ad influenza diretta e indiretta, aventi portata più generale e
riconducibili al contesto ambientale complessivamente considerato.
Fra i numerosi fattori elencati, che in vario modo impattano sui sistemi contabili e
contribuiscono a delinearne la specifica configurazione, il sistema giuridico, il sistema
finanziario e il tessuto aziendale, assumono particolare rilievo. A prescindere infatti dalla
tipologia di influenza, diretta o indiretta, che può essere loro attribuita, è possibile
riconoscere una forte correlazione esistente tra gli stessi, la quale li porta ad assumere
congiuntamente, un notevole peso sulla configurazione del modello contabile adottato. Se
da un lato le caratteristiche del sistema giuridico, che definiscono la rigidità o la
flessibilità dell’impianto normativo, impattano sulla struttura del sistema contabile,
esprimendo la relazione esistente tra la norma e i principi contabili, e l’importanza e il
ruolo assegnato agli stessi, dall’altro, le caratteristiche dei sistemi finanziari e la
11
configurazione prevalente dell’assetto proprietario delle imprese, ne orientano la portata e
i caratteri dell’informativa erogata, in funzione delle specifiche esigenze avanzate nei
diversi contesti. Si veda a questo proposito la tabella 1.1 che illustra i fattori influenzanti i
sistemi contabili, suddivisi come in precedenza esposto in fattori generali e specifici.
Tabella 1.1 – I fattori di influenza della prassi contabile.
Fattori causali Fattori causali Specifici
Influenza indiretta Influenza diretta
Regime politico Sistema giuridico Teoria economica- aziendale
Mercati finanziari Legislazione fiscale Professione contabile
Tipologia impresa Inflazione Storia della ragioneria
Sistema industriale Ricerca e didattica Piani contabili
Relazioni internazionali
Storia nazionale
Sviluppo culturale
Localizzazione
geografica
Credo religioso
Fonte: Zambon, 1996, pag. 59.
In Europa sono stati identificati due principali modelli di riferimento, cui i sistemi
contabili adottati dai diversi Paesi, sono tendenzialmente riconducibili: il modello di
origine continentale e quello di origine anglosassone. In linea generale, è possibile
individuare una corrispondenza tra la configurazione assunta dai sistemi contabili e le
caratteristiche assunte dalle tre variabili, e soprattutto dal caratteristiche del sistema
finanziario[Cattaneo, 2002, pag. 127]. In particolare, il sistema di derivazione
continentale si individua in quei Paesi in cui i mercati finanziari non si dimostrano
particolarmente evoluti ed efficienti, il reperimento dei capitali si realizza
prevalentemente attraverso i canali dell’intermediazione creditizia, e l’assetto proprietario
delle imprese è costituito da pochi soggetti tipicamente molto stabili, il sistema giuridico
di civil law. Il sistema di derivazione anglosassone, si ritrova al contrario, in Paesi in cui i
sistemi finanziari sono efficienti, le imprese, caratterizzate da un assetto proprietario
diffuso e spesso mutevole, fanno ampio ricorso ai mercati regolamentati, il sistema legale
di common law. Le richieste informative avanzate nei due contesti sono molto diverse fra
loro e talvolta antitetiche, e di conseguenza differenti sono gli interessi che si intendono
tutelare. I due sistemi tendono a fondarsi su presupposti e finalità divergenti, e pertanto
12
anche i criteri di valutazione utilizzati saranno diversi, con la conseguenza che
l’informativa da essi generata risulta non paragonabile.
1.4 Il contesto extraeuropeo
A livello internazionale, numerose sono gli organismi e le autorità che, più o meno
esplicitamente e con maggiore o minor influenza, contribuiscono alla concretizzazione del
processo di armonizzazione contabile internazionale. Fra i tanti, spiccano attualmente per
maggior rilievo, il FASB e lo IASB. Questi, sono infatti, gli organismi più autorevoli,
deputati alla predisposizione dei principi contabili, e, considerati gli ultimi sviluppi,
assumono, un ruolo di sempre più fondamentale importanza nello scenario contabile
mondiale. In particolare lo IASB, alla luce dei nuovi orientamenti europei e della
ristrutturazione che negli ultimi anni lo ha coinvolto, ha accresciuto il proprio
riconoscimento e la propria affermazione, ed è deputato a svolgere il ruolo di primario
standard setter internazionale, considerato il fatto che un numero sempre maggiore di
imprese applicheranno il corpo di principi dallo stesso emanati.
1.4.1 L’impostazione originaria
Gli Stati Uniti d’America e le associazioni professionali
Negli Stati Uniti d’America l’autorità preposta alla regolamentazione dell’informativa
economico- finanziaria erogata dalle imprese è la Securities and Exchange Commission
(SEC). Costituita nel 1934, in seguito al crollo dei mercati borsistici del 1929, ad essa è
attribuito il compito di vigilare sul corretto andamento del mercato dei capitali, il quale
dipende soprattutto dalla qualità e dall’attendibilità delle informazioni che stanno alla
base delle decisioni economiche. La presenza di un sistema giuridico di common law e la
conseguente totale mancanza di una normativa stabilita dal Congresso, rivolta a
disciplinare l’informativa societaria, aveva sostanzialmente lasciato ampia discrezionalità
alle imprese nella predisposizione dei propri bilanci, i quali presentavano un contenuto
informativo estremamente limitato, e talvolta orientati a fornire una rappresentazione
alterata delle condizioni di esistenza dell’impresa, sconfinando in casi di ingannevole
13
comunicazione societaria [Di Pietra, 2002, p. 93]. In aggiunta all’insufficienza
informativa, un altro problematico aspetto derivava dalla mancanza di normativa in
materia, sia a livello federale, che di singolo Stato, il quale era costituito dalla totale
incomparabilità dei conti, perché redatti sulla base di principi contabili molto eterogenei,
predisposti da una numerosità di Associazioni professionali di natura giuridica privata.
L’esigenza di provvedere alla regolamentazione dell’informativa economico- finanziaria,
si rendeva particolarmente necessaria in un contesto economico come quello statunitense,
nel quale le imprese adottavano prevalentemente una struttura di public company,
caratterizzate dalla presenza di una compagine azionaria molto diffusa, e dalla sostanziale
separazione tra assetto proprietario e dirigenza.
Di conseguenza, il Congresso decise di affidare alla SEC, il compito di regolamentare la
materia informativa contabile delle società quotate o che comunque superano determinati
requisiti dimensionali e di diffusione della compagine azionaria, riguardanti la forma ed il
contenuto dei bilanci che esse sono tenute a presentare, nonché le procedure e i principi
contabili da adottare e le modalità di pubblicazione di ogni altra informazione ritenuta
utile per la tutela degli investitori e il corretto andamento del mercato. Nello svolgimento
delle sue attività, la SEC può non solo richiedere alle società la redazione e la
certificazione dei bilanci di esercizio, la pubblicazione di bilanci intermedi e di altri dati e
informazioni di riconosciuta utilità, ma anche prescrivere forma e contenuto dei
documenti informativi, il livello di dettaglio delle voci e i criteri da adottare per la
valutazione degli elementi patrimoniali ed economici [Sannino, 1998, p. 10]. In
conseguenza a tale assegnazione, la SEC ritenne opportuno individuare tramite proprie
raccomandazioni l’insieme dei documenti, gli schemi e i contenuti minimi che le società
devono presentare, ma preferì delegare l’attività di formazione dei principi contabili
applicativi, ad organismi professionali maggiormente dotati di una elevata competenza in
materia contabile. A differenza di quanto avviene in Italia, dove l’informazione societaria
è regolata dalla legge (la quale stabilisce non solo le disposizioni di carattere generale,
bensì individua anche quelli che sono nello specifico i criteri valutativi degli elementi
patrimoniali ed economici, lasciando ai principi contabili di emanazione professionale
una funzione interpretativa e talvolta integrativa, comunque subordinata alle disposizioni
previste dal dettato normativo), negli Stati Uniti, essa è disciplinata da un sistema misto,
caratterizzato dall’interazione dell’attività di regolamentazione legale indiretta esercitata
dalla SEC (la quale è investita di tale potere da parte del Congresso) e dell’attività di
14
predisposizione dei principi contabili da parte di organismi professionali di natura
giuridica privata.
Il soggetto cui la SEC decise di delegare la formulazione dei principi contabili, fu
l’American Institute of Certified Public Accountants (AICPA), la quale costituì per
l’esercizio della sua delega, due Comitati susseguitesi nel tempo, ma la cui esperienza si
può tendenzialmente considerare assimilabile: il Committee on Accounting Procedure
(CAP, rimasto in carica dal 1934 al 1959), e l’Accounting Principles Board (APB, in
carica dal 1959 al 1973). Seppur infatti, l’APB era stato costituito al fine di risolvere le
problematiche emerse dall’operato del CAP e si dimostrasse già consapevole
dell’importanza di ricorrere al metodo deduttivo per la predisposizione dei principi, e
della quindi preventiva definizione di postulati e di principi generali per la redazione del
bilancio, gli sforzi sostenuti da questo comitato non portarono ai risultati sperati.
L’operato dei due comitati si caratterizzò per il ricorso al metodo induttivo ai fini della
statuizione dei principi contabili. Tale metodo procedeva alla risoluzione di specifiche
problematiche attraverso l’osservazione della prassi, per poi pervenire alla definizione
delle regole contabili
1
. La dottrina contabile nord americana si presentava come
descrizione della pratica, esposizione di norme e procedimenti comunemente accolti
[Sannino, 1998, pag. 33], e a causa della mancanza di una struttura teorico- concettuale
sulla base della quale predisporre i principi contabili, venne fortemente criticata, poiché
portava alla formulazione di principi spesso non coerenti fra loro, al riconoscimento di
numerosi trattamenti alternativi, e lasciava infine ampio spazio ai redattori di bilancio per
il perseguimento di interessi particolari. L’utilità di un tale approccio si rivelò di fatto, nel
tempo, piuttosto limitata, ed essendo privo di un supporto teorico, la derivata disciplina
contabile si dimostrava spesso frammentaria, incoerente e talvolta non neutrale. Ciò che
veniva in particolar modo contrastato, era l’impianto metodologico su cui si fondava la
emanazione dei principi contabili, e cominciava a manifestarsi l’esigenza di provvedere
alla formulazione di un quadro teorico finalizzato a definire postulati e principi generali,
sulla base dei quali determinare solo in un momento successivo, coerenti criteri di
valutazione. L’esigenza di ricorrere all’utilizzo del metodo deduttivo ai fini della
predisposizione dei principi contabili, e la sua maggiore validità rispetto al metodo
1
“Secondo l’approccio induttivo la formazione dei principi contabili tiene conto di ciò che avviene
normalmente nella pratica. Di essa ci si serve per discernere quelle procedure delle quali viene fatto
maggiore utilizzo e che, proprio per tale motivo, si preferiscono rispetto alle altre.” Dall’osservazione della
pratica contabile allo scopo di procedere all’opera di selezione, si definiscono i principi contabili da
raccomandare, per poi giungere solo con un passaggio finale successivo all’individuazione delle
proposizioni teoriche e dei principi generali. [Sannino, 1998, pag. 42- 44].
15
induttivo, era giustificata dalla necessità di garantire una certa qualità e attendibilità
dell’informazione, conseguibile solo qualora sia mantenuta la coerenza fra le finalità
informative dei bilanci, principi generali e applicativi. Il sistema contabile nord americano
si caratterizzava, quindi, non solo per la mancanza di un quadro concettuale di
riferimento, ma anche per la presenza di molteplici criteri per la valutazione di un
medesimo elemento patrimoniale o economico, spesso fra loro incoerenti, e che
lasciavano ampia flessibilità ai redattori, i quali potevano adottare il principio che meglio
consentiva loro di perseguire interessi particolari. Tale elasticità era conseguita grazie
all’influenza delle associazioni contabili esercitata nei confronti dei comitati preposti alla
statuizione dei principi, la quale si concretizzava nella capacità di orientare l’adozione di
uno specifico criterio invece di altri, in modo tale da consentire il perseguimento dei fini
perseguiti dai dirigenti aziendali, di cui le associazioni erano rappresentanti. Quando non
si prevedevano più soluzioni per la valutazione dello stesso elemento, si faceva comunque
in modo che il principio presentasse una certa elasticità, così da consentire ai managers il
perseguimento dei propri obiettivi [Sannino, 1998, pag. 152]. Nello specifico, i dirigenti
delle società americane, propendevano verso una politica di stabilizzazione della
situazione reddituale e dei dividendi distribuibili; il perseguimento di una tale equilibrata
situazione si dimostrava particolarmente decisivo in quel contesto, caratterizzato dalla
separatezza tra proprietà e gestione aziendale, e dalla vivacità dei mercati mobiliari, posto
che le informazioni erogate dai bilanci influivano pesantemente sulle possibilità
dell’impresa di reperire le risorse finanziare necessarie allo svolgimento dell’attività
economica, e la determinazione del tasso di remunerazione atteso, in considerazione del
livello di rischio percepito.
Occorre ricordare però, che, se il sistema contabile americano ha seguito certe linee
evolutive, dipendeva sì, da un lato dall’approccio metodologico utilizzato in ambito
professionale, ma dall’altro, anche dalle opinioni prevalentemente enunciate dalla
dottrina. Al contrario di quello italiana, la quale tradizionalmente riconosce
l’imprescindibilità dell’individuazione delle finalità informative del bilancio, quale base
sulla quale definire i criteri valutativi per la composizione e l’interpretazione dello stesso,
considerato che a differenti fini conoscitivi sono associati diversi criteri valutativi, la
dottrina americana intendeva avvalorare la tesi secondo cui fosse possibile individuare un
unico criterio di valutazione utile al soddisfacimento di qualsiasi fine conoscitivo.
Secondo Chambers, infatti, il valore vero attribuibile ai diversi elementi risultava
dall’applicazione del criterio del current cash equivalent, il quale individuava il valore
16
degli elementi come misura del loro equivalente attuale in moneta liquida [Sannino, 1998,
pag.59-60]. Considerata la vastità dei fini e delle esigenze conoscitive apportati dai
diversi interlocutori con cui l’impresa intrattiene i propri rapporti, era necessario garantire
la neutralità dell’informativa contabile, intesa come risultato determinato senza la
preliminare individuazione dei particolari utilizzi cui la stessa può servire. E il metodo del
current cash equivalent, era ritenuto in grado di garantire un buon livello di neutralità,
poiché capace di determinare l’unico valore vero attribuibile agli elementi patrimoniali ed
economici. In altre parole, l’utilità di un quadro concettuale non veniva percepita, perchè
veniva riconosciuta l’unicità dell’informazione, indipendentemente dalle finalità
conoscitive. Le impostazioni adottate dalla professione e dalla dottrina, avevano portato
quindi al configurarsi di un sistema contabile non organicamente definito, che presentava
i limiti precedentemente detti, per il superamento dei quali, si rendeva sempre più palese,
il bisogno di ricorrere ad un tipo di impostazione diverso.
L’International Accounting Standards Commitee
L’International Accounting Standards Commitee (IASC) è stato costituito a Londra nel
1973, ad opera dei rappresentanti della professione contabile di 9 Paesi, quali Australia,
Canada, Francia, Germania Ovest, Giappone, Gran Bretagna, Messico, Olanda e Stati
Uniti. Nei decenni a venire, a mano a mano che il riconoscimento di tale organismo
aumentava nel tempo, si allargava anche la base di partecipazione di altri Paesi, tra i quali
l’Italia, che ne entrò a far parte, tramite la Commissione dei Dottori Commercialisti nel
1980. La costituzione dello IASC era stata stimolata dall’intenzione di favorire
l’armonizzazione delle regole contabili per la redazione dei bilanci destinati a
pubblicazione, mediante l’elaborazione di una serie di principi contabili, che fossero in
grado di ottenere ampio riconoscimento e accettazione a livello internazionale. La
prospettiva internazionale da sempre adottata dallo IASC, oltre al marcato riferimento alla
prassi contabile statunitense, ha orientato il suo operato verso la predisposizione di
principi che rispondessero alle esigenze conoscitive presentate da soggetti economici
operanti a livello internazionale, in particolare dai mercati finanziari, adottando pertanto
la prospettiva di osservazione degli investitori. L’attività svolta dallo IASC, nei primi
anni successivi alla costituzione, si concretizzò nella messa a punto di un insieme di
principi derivanti da un processo di osservazione delle prassi contabili adottate nei diversi
17
Paesi, e selezione di quelle più diffuse e, pertanto, ritenute migliori; tale processo si
basava quindi su un procedimento di statuizione dei principi contabili di tipo induttivo, il
quale traeva le basi fondamentali dall’osservazione della prassi contabile applicata ai casi
concreti. Lo IASC era un organismo di natura giuridica privata e pertanto non dotato di
potere legislativo, per cui l’adozione da parte delle imprese dei principi dallo stesso
emanati, avveniva su base volontaria, in funzione del riconoscimento e dell’accettazione
che erano in grado di ottenere. La ricerca di un ampio consenso, incentivava pertanto il
riconoscimento di numerosi criteri alternativi fra cui scegliere per la rilevazione e la
rappresentazione in bilancio degli elementi patrimoniali ed economici, in modo tale da
rispettare e accogliere i criteri contabili applicati nei diversi Paesi. Questo modo di
procedere, se da un lato incrementava il consenso acquisito a livello internazionale,
portava dall’altro al riconoscimento di diversi criteri contabili per la rilevazione e la
valutazione di un medesimo aspetto contabile, limitando sensibilmente la comparabilità
delle informazioni erogate dalle numerose imprese che adottavano tali principi; inoltre,
l’operato dello IASC, e l’impostazione dei principi da esso emanati, risultavano
fortemente influenzati dalla prassi e dalla cultura contabile di origine anglosassone e
soprattutto statunitense, dimostrata dall’asimmetria di trattamento esistente fra i metodi
contabili statunitensi e quelli adottati negli altri Paesi, secondo la quale, i primi venivano
sempre riconosciuti fra le diverse opzioni valutative, mentre lo stesso non avveniva per
gli altri [Di Pietra, 2002, pag. 156]. Analogamente a quanto era avvenuto nel contesto
statunitense, anche lo IASB, aveva preferito un modo di procedere impostato sul metodo
induttivo, secondo il quale venivano di volta in volta regolati gli aspetti contabili che più
di altri necessitavano di essere disciplinati o destavano maggiore interesse nella realtà
economica del momento; un tal modo di procedere, aveva tuttavia concesso la valutazione
di medesimi elementi, secondo criteri differenti, e conseguentemente portato al
raggiungimento di un livello di armonizzazione meramente formale; la comparabilità
delle informazioni a livello internazionale ne era risultata pertanto fortemente limitata.