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Perseguendo questi obiettivi, l’impresa migliora anche la propria immagine: una
buona immagine si basa su serietà, affidabilità, credibilità e fiducia, che si esprimono in
un atteggiamento di disponibilità da parte degli interlocutori aziendali. L’immagine che
un individuo ha di un’azienda influenza in maniera determinante le decisioni a essa
relative, si tratti di un consumatore, di un investitore, di un operatore finanziario, di un
dipendente o di un collaboratore.
Si può affermare che l’impresa comunica per migliorare se stessa (la propria
identità) e la propria immagine (l’identità percepita) e ciò al fine di avere un duraturo
successo. Gestire l’immagine significa allora gestire il complesso di relazioni che
l’impresa instaura, in modo diretto o mediato, al suo interno e all’esterno, affinché esse
siano dotate di coerenza interna ed esterna.
L’impresa o, meglio, il sistema gestionale dell’impresa, è composto da un insieme
di risorse (materiali e immateriali) che da sole difficilmente sono in grado di creare un
vantaggio competitivo. Un duraturo e difendibile vantaggio competitivo deriva
principalmente dal modo in cui le risorse risultano tra loro combinate, cioè dalla
consonanza e dal livello di sintonia che esiste tra le risorse. Il rapporto fra risorse e
capacità non è di tipo funzionale predeterminato: più imprese possono disporre delle
medesime risorse in termini di tipo, qualità, eppure sviluppare capacità profondamente
diverse. Le risorse sono importanti nel determinare ciò che l’impresa può fare, ma le
capacità
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aziendali derivano anche dall’abilità dell’impresa stessa di ottenere
coordinamento e collaborazione al suo interno, ovvero dalle capacità relazionali.
Poiché coordinamento e collaborazione interna e relazioni con l’esterno sono il
frutto dell’attività di comunicazione dell’impresa, la difendibilità e l’acquisibilità del
vantaggio competitivo risultano strettamente dipendenti anche dalla capacità dell’impresa
di saper gestire la propria comunicazione, tanto verso l’interno quanto verso l’esterno.
La comunicazione all’interno del sistema impresa è elemento fondamentale nel
determinare le competenze distintive, i punti di forza, il “saper fare” dell’impresa in
quanto favorisce la diffusione, l’elaborazione, la sedimentazione nell’ambito
organizzativo delle capacità e delle competenze distintive.
L’impresa persegue, come ovvio, obiettivi di efficacia ed efficienza sia in campo
interno che esterno ad essa.
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Mentre le risorse costituiscono la fonte delle capacità dell’impresa, le capacità sono la fonte del vantaggio
competitivo; le capacità di un’impresa sono cioè rappresentate da cose che essa è in grado di fare grazie a
insiemi di risorse che operano congiuntamente.
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L’efficacia può essere incrementata, a vantaggio anche dell’efficienza, proprio
attraverso la comunicazione.
In quest’ottica, la comunicazione è elemento fondamentale di compattezza e di
unicità dell’impresa. “L’impresa è sistema: la comunicazione è il legame che consente
comportamenti coordinati dei suoi elementi verso il raggiungimento di fini comuni”. Un
fine comune deve essere conosciuto da tutti e, per essere conosciuto, deve in qualche
modo essere comunicato.
La comunicazione consente di governare il disordine, il caos comunque presente
in un’organizzazione sociale formata da più individui che agiscono come forze
centrifughe. Il caos coincide con l’inefficienza poiché non tutti, nell’organizzazione,
procedono verso un unico obiettivo.
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1.2 La comunicazione e il valore: dalla diffusione alla creazione del valore
La comunicazione non solo diffonde il valore del capitale economico, rendendo
esplicito ai mercati il valore effettivo, ma essa stessa crea valore, incrementando il
patrimonio intangibile dell’impresa.
Il collegamento tra valore dell’impresa e il suo patrimonio intangibile ha assunto
particolare rilievo negli ultimi tempi, allorché alle risorse immateriali è stata riconosciuta
la caratteristica di essere fonte primaria del vantaggio concorrenziale. E’ noto da tempo
che la sopravvivenza e la crescita di qualsiasi impresa si fondano sulla capacità di
sviluppare una superiorità nel gestire il rapporto con l’ambiente organizzando e
accumulando competenze specifiche appropriate ad affrontare la variabilità ambientale e
differenziate rispetto alla concorrenza.
L’idea posta alla base della teoria degli invisibile assets è che nell’impresa
esistono capacità che non si materializzano in impianti, fabbricati e prodotti, ma che sono
intangibili: si tratta del sapere tecnologico, delle conoscenze accumulate sul mercato e sui
consumatori, del controllo e del potere d’influenza esercitato sul sistema distributivo e sui
fornitori, delle competenze del management, della cultura d’impresa e così via.
Le risorse immateriali (da taluni definiti fattori soft perché non possiedono quella
“visibilità” forte in senso fisico) sono le risorse e le capacità aziendali basate
sull’informazione. Quest’ultima o, meglio, la conoscenza, è sempre stata una risorsa
critica ai fini produttivi. Conoscenza e competenza hanno finito con l’incidere
pesantemente non solo sulle modalità di produzione, ma anche sulle strategie delle
imprese e sui rapporti di concorrenza e di cooperazione tra di esse: la caratteristica
fondamentale delle risorse in discorso è quella di costituire il fondamento del potere
competitivo.
Nell’ambito dell’attuale contesto evolutivo (caratterizzato da accentuata selettività
e concorrenzialità) il vantaggio competitivo non si fonda più su generiche capacità
finanziarie e organizzative o su generiche strategie commerciali: a esse si debbono
sostituire capacità e strategie specifiche che consentano all’impresa di sviluppare
competenze distintive in grado di fare la differenza. A queste si debbono aggiungere
altrettanto sviluppate competenze di natura e di carattere interfunzionale volte alla
comprensione, organizzazione e gestione dei processi attraverso i quali si svolge il
governo dell’impresa.
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Poiché le risorse intangibili sono determinanti nell’organizzare l’impresa perché
definiscono modelli e prassi indispensabili per la gestione degli stessi elementi tangibili,
sembra altrettanto rilevante nel perseguimento, nell’ottenimento e nel consolidamento del
vantaggio competitivo, il problema della visibilità dei fattori intangibili. Ciò significa che
oggi è quanto mai necessario non solo sviluppare competenze distintive, ma anche
renderle visibili esplicitandole nel sistema economico – sociale di appartenenza.
Si afferma da più parti che si ha “credibilità strategica e reddituale” quando tutti
coloro che sono interessati alla vita e alle prospettive di un’impresa apprezzano
positivamente il suo operato e le sue scelte strategiche di fondo. Un alto grado di
credibilità è sicura premessa alla trasferibilità del valore creato, mentre nel caso opposto
la trasferibilità è modesta o nulla. La credibilità strategica e reddituale di un’impresa altro
non è se non una percezione positiva che i soggetti hanno di ciò che l’impresa è, nel suo
valore oggettivo. Credibilità strategica e immagine possono essere considerate come il
risultato di un medesimo fenomeno osservato da prospettive diverse.
Se attraverso la credibilità strategica è possibile trasferire al mercato il valore
creato dall’impresa – valore che include il patrimonio intangibile – allora attraverso la
comunicazione è possibile aumentare la credibilità strategica, migliorare l’immagine,
valorizzando l’intangibile. La comunicazione non si limita a diffondere il valore del
capitale economico; essa, avendo la capacità di aumentare la credibilità strategica e
reddituale dell’impresa, di migliorarne l’immagine – entrambe risorse immateriali – può
contribuire alla creazione del valore incrementando il patrimonio intangibile
dell’impresa.
In sintesi, si può affermare che la comunicazione crea e diffonde valore. Essa
contribuisce sia alla crescita, alla diffusione e alla sedimentazione delle conoscenze, sia
allo sviluppo di stima, reputazione, fiducia, cioè di quegli elementi che definiscono
un’immagine aziendale positiva. Per quanto riguarda l’aspetto dello sviluppo delle
conoscenze, occorre sottolineare che l’accumulo di conoscenza in ambito aziendale non
ha alcun senso se non è finalizzato alla creazione di un vantaggio competitivo. Ciò
significa che deve essere attivato il processo comunicativo in modo tale che, partendo
dalla disponibilità di un input si proceda all’elaborazione dello stesso e alla correlazione
fra più dati dando vita all’informazione
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, avente il potere di orientare le decisioni e, poi,
all’accumulazione delle informazioni nel patrimonio conoscitivo dell’impresa.
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L’informazione può essere definita come un insieme di dati elaborati in modo da aumentare la razionalità
di una decisione o di un processo; la comunicazione è , in prima approssimazione, il processo di
trasmissione di tali informazioni da un emittente ad un ricevente, in tale processo, si produce un significato.
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Per quanto riguarda l’immagine dobbiamo dire che quest’ultima non è altro che
l’identità percepita dell’impresa, ovvero ciò che i soggetti ritengono, sentono,
percepiscono circa “l’essere” dell’impresa; le sue capacità, le competenze, il suo modo di
interpretare le sfide ambientali e di rispondere alle aspettative dei suoi interlocutori, la
sua unicità rispetto ad altre imprese, sono tutti elementi che concorrono a definire
l’immagine di un’impresa e che riflettono la sua cultura. Non è possibile scindere i
problemi relativi alla gestione dell’immagine da quelli relativi alla crescita delle
competenze dell’impresa: comunicazione, cultura, immagine e valore sono quindi
strettamente legate.
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1.3 Le aree della comunicazione
L’articolazione più elementare della comunicazione aziendale comprende due
aree: quella della comunicazione interna e quella della comunicazione esterna.
La distinzione si fonda sulla collocazione, rispetto alla posizione dell’azienda, dei
rispettivi pubblici di riferimento: la comunicazione interna agisce prevalentemente sul
pubblico interno all’impresa (sui dipendenti e su tutti coloro che hanno una collocazione
anche gerarchica all’interno dell’impresa) e influisce sui comportamenti e sui processi
decisionali. La sua finalità principale è quella di sviluppare una forza coesiva tra le varie
componenti dell’impresa, affinché i comportamenti e le azioni dei pubblici interni siano
orientati agli obiettivi comuni dell’impresa.
La comunicazione esterna ha come naturali riceventi i sistemi ambientali che si
collocano al di fuori dell’impresa, ma entro i quali l’impresa opera; si tratta dei mercati
dei clienti e dei fornitori, dei poteri pubblici, del mercato del lavoro, di quello finanziario,
dei portatori di capitale e, più in generale dei portatori di risorse.
Nei confronti dell’ambiente esterno la comunicazione attua una funzione assai
simile a quella richiamata per la comunicazione interna. Anche in questo caso si tratta di
ridurre il “disordine” che può esistere tra impresa e ambiente e di integrare, avvicinare
l’impresa ai suoi diversi ambienti di riferimento, svolgendo una funzione collante e
rendendo visibile, trasparente, la propria attività sui diversi mercati.
La distinzione fra comunicazione interna ed esterna deve essere considerata solo
come un primo tentativo d’individuazione delle aree della comunicazione aziendale,
poiché una volta riferita alla realtà moderna dell’impresa, può risultare limitata e
fuorviante, soprattutto in presenza di pubblici che si collocano su posizioni intermedie e
di confine tra interno ed esterno.
Quest’insufficienza esplicativa del criterio interno/esterno è riconducibile a
quattro motivi principali:
a. Alcuni pubblici possono essere collocati in più posizioni, tanto
all’interno quanto all’esterno, e da ciò può risultare ambiguo definirne la
collocazione. Per esempio i clienti e/o i fornitori possono assumere una
duplice posizione: in alcune imprese le relazioni con i mercati a valle e a
monte sono regolate secondo una tipica logica di scambio e vengono
gestite sulla base dei principi della negoziazione. In questo caso si tratta