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Parte prima
Le aggregazioni aziendali e i gruppi di imprese
Capitolo I
Il fenomeno delle aggregazioni aziendali
1. Considerazioni preliminari allo studio delle aggregazioni di
imprese.
Lo sviluppo dei sistemi economici è sempre stato accompagnato
dalla formazione di accordi e dalla nascita di coalizioni tra unità
economiche che tramite tali strumenti hanno ritenuto di poter raggiungere
meglio i propri obiettivi.
Un impulso decisivo allo sviluppo di forme di collaborazione è
venuto dal mutamento intervenuto negli ultimi decenni con riguardo alle
caratteristiche e condizioni di competitività dei mercati. Difatti, in primo
luogo, da un regime di concorrenza relativamente stabile, si è passati ad una
concorrenza di tipo globale guidata principalmente da imprese
multinazionali e caratterizzata da strategie fortemente aggressive; in
secondo luogo, l’innovazione tecnologica legata ai sistemi di produzione, di
comunicazione ed all’information technology ha costituito un altro
importante elemento di trasformazione dei processi produttivi. L’insieme di
tali fattori ha contribuito alla nascita di forme collaborative, intese come
ricerca comune e sinergica di un costante miglioramento delle condizioni e
delle modalità di produzione, nonché di ricerca della dimensione aziendale
più adeguata.
Peraltro, ulteriore elemento nel quale si ravvisa una causa indiretta di
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incentivazione alla collaborazione ed alla cooperazione tra imprese è
connesso alle politiche pubbliche di intervento statale, volte a sostenere e a
promuovere lo sviluppo di taluni settori.
Va sottolineato, infine, che nella contrapposizione tra la crescente
instabilità delle condizioni dell’ambiente e la continua ricerca di stabilità
dell’impresa emerge un forte impulso alla collaborazione, quale percorso
idoneo a facilitare la sopravvivenza e lo sviluppo.
Di conseguenza, all’impresa si pone il problema della ricerca di un
giusto equilibrio tra la salvaguardia della propria autonomia gestionale e
decisionale e la capacità di sfruttamento delle opportunità di cooperazione
con i vari attori del sistema economico.
1.1 La concentrazione aziendale.
Affrontare la tematica delle concentrazioni aziendali significa
indagare sulle cause e sulle circostanze che stimolano le aziende ad ampliare
l’estensione delle combinazioni economiche svolte.
Sotto il profilo dell’estensione, le combinazioni economiche che le
imprese decidono di avviare possono essere molto differenti sia per
dimensione, sia per numerosità e varietà. La dottrina, a tal riguardo, al fine
di poter esprimere un giudizio completo sul fenomeno, propone l’adozione
di più parametri coerenti con lo scopo della misurazione1 e idonei a cogliere
i diversi aspetti nei quali si concretizza l’attività d’impresa.
Il tema della misurazione delle dimensioni aziendali costituisce
un’importante premessa per la migliore comprensione dei piani di sviluppo
e di crescita dell’impresa e riveste significativi aspetti operativi. Le
dimensioni di un’impresa possono essere desunte da informazioni attinenti
alla componente personale-organizzativa, all’assetto tecnico, all’assetto
istituzionale e al patrimonio, alla posizione di mercato, all’estensione delle
combinazioni parziali, al ruolo complessivamente svolto nella realtà
1 Così Passaporti B., I gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Milano,
1994, 3; Onida P., Le dimensioni del capitale di impresa, Milano, 1951, 20.
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economica del Paese.
Nella realtà, generalmente, le imprese di piccole dimensioni sono
caratterizzate da una limitata estensione delle coordinazioni parziali svolte
internamente, mentre le imprese di grandi dimensioni sono caratterizzate da
elevati livelli di estensione delle combinazioni produttive; tale estensione
può essere di tipo orizzontale, ove riferita alla numerosità ed alla
disomogeneità delle combinazioni prodotto – mercato attuate, oppure di tipo
verticale, se attiene alla completezza delle fasi o dei passaggi del ciclo
produttivo svolti internamente.
La ricerca di dimensioni economiche convenienti, ossia atte ad
ottimizzare il rapporto tra le risorse investite e i risultati ottenibili è spesso
soddisfatta dalla crescita dell’impresa e dal raggiungimento di grandi
dimensioni cui si accompagnano economie interne non altrimenti ottenibili2.
I vantaggi economici propri della grande dimensione sono, pertanto,
riconducibili alla possibilità di sfruttare «economie di scala», «economie di
raggio d’azione» ed «economie di transazione».
La prima ragione alla base di ciascun processo di concentrazione si
riscontra nella mutazione del sistema di valori e, in particolare, nella
dimensione dei costi, nell’aumento dei ricavi, ovvero nella tendenza al
conseguimento di profitti maggiormente soddisfacenti. A tal proposito, la
realtà economica manifesta l’esistenza di unità di varie dimensioni, risultato
di un calcolo economico che tiene conto di tutte le variabili preminenti e che
palesa, di conseguenza, i vantaggi propri di differenti metodi di acquisti e di
produzione3.
2 A tal proposito, Galassi G., Concentrazione e cooperazione
interaziendale, Milano, 1969, 68, ed autori ivi indicati, sostiene che la ricerca delle
dimensioni ottime è inerente al fenomeno della concentrazione aziendale quando “l'ottimo
si persegue in corrispondenza di vaste dimensioni”.
3 Cfr. Onida P., Economia d’azienda, Torino, 1968, 314, secondo il quale i
vantaggi e le economie interne ed esterne, comunemente giudicati propri di una certa
dimensione aziendale, si manifestano in definite condizioni, mancando le quali cessano o
mutano in svantaggi e diseconomie. Non è, pertanto appropriato affermare, per ciascun
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La grande dimensione, in ragione della rilevanza delle risorse
materiali, umane e finanziarie complessivamente disponibili, può operare in
modo più proficuo, con maggiori convenienze e complessivamente con
maggiore potere contrattuale e di condizionamento sull’ambiente
circostante, di quanto non sia consentito ad imprese medie e piccole. Di
conseguenza, il riconoscimento dei vantaggi legati alla grande dimensione
giustifica il vasto e crescente interesse con cui le imprese guardano a
percorsi di crescita.
Alcuni dei motivi che spiegano le «economie dimensionali» sono
rintracciabili nella maggiore specializzazione dei fattori produttivi,
irrealizzabile a dimensioni minori in ragione della indivisibilità dei fattori
medesimi, acquisibili solo in misure definite; un’ulteriore spiegazione
comune delle economie dimensionali riguarda possibili economie reali di
specializzazione del lavoro d’impresa, ma primariamente si sottolineano le
economie strettamente monetarie, quali quelle connesse ai grandi acquisti ed
ai costi di distribuzione4.
Al tempo stesso, tuttavia, è convinzione diffusa che la grande
impresa sia maggiormente soggetta a cicliche crisi strutturali legate ai rischi
di gigantismo e burocratizzazione, cui si è soggetti con l’aumento della
complessità dei sistemi di coordinamento e controllo, e ai rischi di mercato
derivanti da sovradimensionamento che conferisce rigidità
all’organizzazione privandola della flessibilità necessaria a mutare
rapidamente al fine di rispondere agli eventuali cambiamenti del mercato e
dell’ambiente di operatività5.
In un simile contesto ambientale, caratterizzato dalla crescita
settore economico o per un dato settore in ogni condizione, che una determinata dimensione
aziendale comporta maggiore economicità comparata rispetto ad altre.
4 Cfr. Galassi G., Concentrazione e cooperazione interaziendale, cit., 69,
ed autori ivi indicati.
5 Sul tema si veda Vicari A., Nuove dimensioni della concorrenza, Milano,
1989.
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dimensionale, si inserisce il fenomeno delle alleanze, degli accordi, delle
coalizioni e dei patti interaziendali, quale soluzione idonea a superare le
rigidità proprie della grande dimensione e le debolezze della piccola
dimensione.
La tendenza ad aggregarsi è stata negli ultimi decenni una costante
che ha riguardato settori differenti, sistemi economici contraddistinti da
diversi gradi di sviluppo, aree geografico – politiche profondamente
disomogenee. Nel nostro Paese, in particolare, la struttura del sistema
industriale appare molto articolata e complessa essendo composta
prevalentemente da piccole e medie imprese e, pertanto, il sistema risulta
caratterizzato da fenomeni di cooperazione e collaborazione, quali le reti, i
distretti e le costellazioni.
Negli ultimi anni le operazioni di fusione e di acquisizione hanno
riguardato diversi settori produttivi, dal farmaceutico al petrolifero, al
bancario, all’assicurativo, al settore della telefonia, all’automobilistico e ad
altri ancora. Tuttavia, i vantaggi derivanti da tali processi di concentrazione,
come, ad esempio, l’apprezzamento della quotazione dei titoli di società
coinvolte in operazioni di merger and acquisition, non riescono a perdurare
nel tempo, in quanto, invero, non esiste una reale correlazione tra l’attività
societaria volta alla concentrazione e l’andamento dei prezzi dei titoli, che
risulta maggiormente condizionato dalle prospettive di redditività delle
aziende, dai livelli dei tassi di interesse e da quelli dei cambi.
In definitiva, è opportuno sottolineare che non tutte le operazioni di
concentrazione vanno a buon fine; al contrario, molte di esse incontrano
difficoltà e resistenze che dimostrano come sia talvolta impossibile
combinare culture imprenditoriali e attitudini manageriali diverse nonché
stili, tradizioni, modelli storici di comportamento differenti.
1.2 La collaborazione tra imprese.
Le imprese collaborano tra di loro secondo modi e forme differenti,
coordinando e rapportando reciprocamente le proprie iniziative. Le possibili
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forme collaborative possono essere caratterizzate da vincoli il cui peso e la
cui durata possono essere differenti per le singole imprese che, ad ogni
modo, non perdono la loro autonomia; di fatto, ognuno conserva il proprio
soggetto economico che concorre, assieme ai soggetti economici delle altre,
alla formazione delle scelte e all’assunzione delle decisioni.
In tal senso, esistono diverse tipologie di collaborazioni tra imprese.
In riferimento al contenuto specifico, si distinguono collaborazioni «nel
fare» e «nel non fare» ed anche collaborazioni nella modalità di
comportamento; in merito alla possibilità di aderire o meno ad un rapporto
di collaborazione, invece, queste si distinguono in «volontarie» e in
«obbligatorie»6. A tal proposito, è utile chiarire che pur essendo
riconosciuto formalmente l’esercizio del diritto di aggregazione alla volontà
dell’impresa, quest’ultima, in talune circostanze, è costretta ad aderire ad
accordi che concretamente si concluderebbero a prescindere dalla
partecipazione della stessa.
Le collaborazioni possono avere ad oggetto una singola operazione,
un processo o anche l’intera gestione; si distinguono anche collaborazioni di
breve durata ed accordi di tipo permanente. Ad ogni modo, tutti gli accordi
sono caratterizzati da vincoli che si definiscono in relazione ai processi
produttivi che tendono a congiungere o ad integrare, alle condizioni di
negoziazione e alla loro espressione in forme aventi contenuto giuridico
valido tra le parti e, infine, alla durata. Questi vincoli, in generale, tendono
ad essere tanto più definiti quanto più breve risulta essere la durata
dell’accordo.
Peraltro, è possibile distinguere, a seconda del tipo di aziende
collaboratrici, «accordi orizzontali», che coinvolgono imprese concorrenti
appartenenti allo stesso settore di mercato, ed «accordi verticali» che si
instaurano tra imprese, collocate lungo la medesima catena di produzione,
6 Cfr. Scialpi L., Collaborazione economica delle imprese e dei settori
produttivi, in Il nuovo management, n. 1/2001, 27ss.; Galassi G., Concentrazione e
cooperazione interaziendale, cit.
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che svolgono fasi diverse e successive di un unico e complementare
processo produttivo. Le collaborazioni tra imprese possono, talvolta, essere
accompagnate da relazioni di tipo patrimoniale; in questo caso l’intesa tra
due (o più) aziende è avvalorata dalla partecipazione dell’una nel capitale
dell’altra.
Le relazioni patrimoniali rilevanti sono principalmente quelle
assicurate da partecipazioni permanenti di controllo e di collegamento. In
questo modo, le aziende coinvolte, pur mantenendo la propria individualità
come unità economico – produttive e la propria autonomia giuridica, danno
vita a sistemi economici complessi, detti gruppi, all’interno dei quali si
manifesta un’unitaria volontà di governo, riconducibile ad un soggetto
economico sovraordinato a quelli delle singole imprese aggregate.
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Capitolo II
I gruppi aziendali: modalità di formazione e
tipologie
1. La formazione dei gruppi
La ricerca delle cause di natura economico – aziendale che
conducono alla formazione dei gruppi richiede una chiara definizione del
concetto di gruppo dal quale sia possibile derivare le potenzialità e le
sinergie che differenziano questa forma da altre analoghe, quali l’azienda
multi – divisionale ed altre tipologie di unione di imprese.
Il fenomeno è stato per lungo tempo oggetto di indagine nell’ambito
degli studi economico-aziendali7. Taluni Autori hanno visto nel gruppo un
7 Tra la numerosa dottrina che ha approfondito il tema, si rimanda a
Coronella S., Le diverse procedure operative per la creazione dei gruppi aziendali:
considerazioni critiche, in Riv. Dott. Comm., n. 2/2009, 275; Abate E. – Virgilio A., Le
aggregazioni aziendali: guida all’applicazione degli IFRS, Milano, 2008; Caputo F., Le
aggregazioni aziendali, il controllo ed il principio contabile internazionale IFRS 3, Bari,
2008; D’Amico L., La formazione dei gruppi: aspetti economico aziendali, in Marchi L. -
Zavani M., Economia dei gruppi e bilancio consolidato. Un’interpretazione degli
andamenti economici e finanziari, Torino, 2004, 3ss.; Aprile C. – Ghini P., Gruppi
d’impresa e bilancio consolidato: aspetti economici e contabili, la nuova disciplina
societaria, Milano, 2003, passim; Caratozzolo M., Il bilancio consolidato di gruppo. Profili
economici e giuridici, Milano, 2002, 37; Andrei - Azzali - Bisaschi - Fellegara, Le
aggregazioni di impresa, Milano, 1999; Azzini L., I gruppi. Lineamenti economico –
aziendali, Milano, 1991; Ferrando P.M., Gruppo e teoria dell’impresa. Ipotesi