CAPITOLO PRIMO
I GRUPPI AZIENDALI
1.1 INTRODUZIONE
I gruppi aziendali rappresentano una delle forme più intense di concentrazione
aziendale.
L’espressione “concentrazione aziendale”, può essere intesa in senso stretto o in senso
lato.
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Si ha concentrazione in senso stretto, quando due o più imprese si combinano tra loro
in modo da costituire un’unica entità economica, gestita unitariamente. Nella data
combinazione, le società titolari delle stesse imprese possono perdere la propria autonomia
giuridica - come nelle fusioni per le società incorporate o fuse – ma possono anche
mantenerla – come nei gruppi, negli scorpori e nelle cessioni aziendali.
In senso lato, invece, si ha concentrazione aziendale quando più imprese stipulano – di
solito mediante contratti – accordi diretti ad uniformare taluni aspetti della loro gestione. Si
può trattare dell’aspetto commerciale, di quello tecnico-produttivo o, di quello
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organizzativo.
A titolo meramente esemplificativo, ricordiamo i consorzi, le associazioni in
partecipazione ed i franchising.
1.2 DELIMITAZIONE DEL CONCETTO DI GRUPPO. I GRUPPI
ECONOMICI ED I GRUPPI FINANZIARI.
Abbiamo già accennato (par. 1.1) alla varietà delle forme e delle denominazioni con cui
si presenta nella realtà aziendale il fenomeno delle aggregazioni di imprese.
Si impone, ora, la scelta di un criterio che separi, innanzitutto, le aggregazioni aziendali
diverse dal gruppo da quelle che, invece costituiscono un gruppo; operata tale generale
distinzione, si andrà alla ricerca degli elementi che caratterizzano il gruppo nella realtà
aziendale.
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La nozione di concentrazione in senso stretto coincide con quella contenuta nella legge 10 ottobre 1990,
n.287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
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Più ampiamente, sul concetto di concentrazione aziendale, in L. Azzini, I gruppi. Lineamenti economico-
aziendali, Giuffrè, Milano, 1968.
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Il criterio che nel campo aziendale viene seguito per operare quella generale distinzione,
si basa sulla natura dei legami esistenti tra le diverse imprese costituenti la data
aggregazione, e sull’effetto di tali legami sul modo di operare delle imprese stesse.
È quello che il Cassandro chiama “Criterio dei vincoli che l’aggruppamento pone
all’operare delle imprese, vincoli che incidono sulla struttura delle imprese stesse ed il
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funzionamento dell’aggruppamento”. In tutte le aggregazioni (Confindustria, pools,
cartelli ecc.) il sistema dei vincoli per le imprese partecipanti è gradatamente più intenso,
fino ad arrivare ai gruppi in cui quel sistema raggiunge il massimo.
Nella sua espressione più semplice, un gruppo di aziende è costituito dalla coalizione di
almeno due società con propria personalità giuridica, nella quale una di esse detiene
nell’altra, una quota di capitale sufficiente per consentire il controllo.
E si può trattare nel caso specifico di partecipazioni totalitarie, di maggioranza assoluta
o relativa.
La prima, detta società capogruppo, o società madre, è la società controllante, la
seconda, rappresenta la società controllata o affiliata o sussidiaria.
In prima approssimazione, pertanto, gli elementi formali in presenza dei quali si può
individuare un gruppo sono rappresentati dai seguenti:
1. Più società con propria autonomia giuridica;
2. Possesso di partecipazioni di controllo della società capogruppo nelle società
controllate;
3. Forma di società di capitali, e con maggiore ricorrenza, di società azionaria.
Gli stessi elementi non sono però sufficienti per individuare un gruppo dal punto di
vista sostanziale, nel senso di aggregato di aziende che in modo complementare ed
interattivo costituiscono un’unita economica, al pari della singola impresa.
È necessario, al riguardo, che oltre agli elementi formali, esteriori, materiali, ve ne sia
un altro che, a differenza di questi, è immateriale, ma incide profondamente sulla struttura
e sul funzionamento del gruppo. Si tratta della direzione unitaria delle imprese aggregate,
che coagula gli elementi esteriori ed eleva il gruppo a unità economica, sia pure di secondo
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grado rispetto alla singola azienda, unita economica di primo grado.
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Così, P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, cit., p.62.
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Per unità economica si intende un complesso di elementi fra di loro interdipendenti, i quali non hanno vita
autonoma e non sono concepibili fuori dal complesso, o lo sono in altra funzione o con altro valore.
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Proprio in relazione all’individuazione dei gruppi dal punto di vista formale, che dà
luogo ai gruppi in senso lato, o dal punto di vista sostanziale, che dà luogo ai gruppi in
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senso stretto, si parla per corrispondenza di gruppi finanziari ed economici.
I gruppi economici sono quelli che costituiscono una vera e propria unità economia per
l’intensità dei legami tecno-economici e finanziari che avvincono le imprese aderenti.
Il caso si verifica specialmente nelle integrazioni cosiddette “verticali” in cui le singole
imprese del gruppo attuano per proprio conto, ma in stretta interdipendenza con le altre,
una delle fasi in cui si divide l’intero processo produttivo.
I gruppi finanziari, invece, sono costituiti dall’aggregazione di imprese della più varia
natura, per le quali i legami tecno-economici sono molto tenui o mancano del tutto; le
relazioni che uniscono tali imprese sono di natura meramente finanziaria, che, peraltro, non
mancano mai, in ogni gruppo.
È da precisare, al riguardo, che la classificazione dei gruppi in economici e finanziari,
come d’altronde ogni classificazione, ha comunque carattere relativo in quanto non
permette di abbracciare tutti i tipi di gruppi che concretamente operano nella realtà
aziendale; la quale se ci presenta gruppi tipicamente economici o finanziari, accoglie,
anche, aggregazioni che hanno i caratteri di entrambi, nel qual caso si potrebbe parlare di
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gruppi prevalentemente economici o prevalentemente finanziari.
Qualche annotazione ora sugli elementi esteriori o formali ed in particolare sul possesso
di partecipazioni di controllo, nonché sulla forma societaria delle imprese di gruppo.
Ripetiamo, lo strumento fisiologico di costituzione dei gruppi, capace di incidere
profondamente sulla condotta delle imprese di gruppo è senza dubbio costituito dal
possesso di partecipazioni di controllo.
Secondo l’art. 2359 c.c. è possibile distinguere le seguenti ipotesi di controllo:
1. Controllo interno di diritto;
2. Controllo interno di fatto;
3. Controllo esterno.
Controllo interno di diritto: esso si configura allorquando una società possiede la
maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (a maggior ragione quando la
partecipazione è totalitaria).
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Vedi P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, cit., pp.104-115.
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In tal senso, P.E. Cassandro, I gruppi aziendali, cit., p. 109, che denomina tali tipi di gruppo “gruppi
intermedi o misti”.
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Controllo interno di fatto: una società viene considerata controllata allorquando
un’altra società dispone di un numero di voti in assemblea sufficiente per esercitare un
influenza dominante. Si ha influenza dominante quando, il controllo nell’assemblea della
società dominata è relativamente stabile e duraturo.
Controllo esterno: si tratta di quella circostanza in cui un’impresa viene fortemente
limitata nella sua attività decisoria dalla dipendenza causatale da un particolare accordo o
contratto concluso con altra società. Esso si divide in controllo contrattualistico e
controllo vincolistico.
Nel primo il rapporto di subordinazione si esplica attraverso la conclusione di un
contratto in cui si sancisce la supremazia di un’impresa rispetto ad un’altra.
Il secondo discende da contratti il cui oggetto è dato da rapporti di finanziamento e
fornitura.
Veniamo, ora, alla struttura societaria azionaria la quale ha, forse, rappresentato il
fattore che, più degli altri, ha inciso sullo sviluppo dei gruppi.
È da notare, che in realtà la forma societaria azionaria facilita rispetto alle altre, il
legame finanziario tra le società del gruppo, legame attuato, appunto, attraverso
l’acquisizione delle partecipazioni azionarie da parte della capogruppo nelle controllate.
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Si può affermare che la nascita e lo sviluppo della grande impresa e, quindi, anche, del
fenomeno dei gruppi è legato all’istituto della società per azioni. Società che consente –
attraverso la trasmissibilità dei titoli rappresentativi delle azioni che ne costituiscono il
capitale sociale – di raccogliere i notevoli mezzi finanziari di cui i gruppi necessitano per
meglio raggiungere i loro obiettivi.
Ecco, allora, come un elemento di carattere formale, influenzi e, spesso, determini
fenomeni sostanziali, quali, proprio la costituzione dei gruppi.
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Si veda l’opera di G. Zanda, La grande impresa. Caratteristiche strutturali e di comportamento.
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1.3 LE VIE DI COSTITUZIONE DEI GRUPPI. GLI ASPETTI PATRIMONIALI
E FINANZIARI CONNESSI ALL’ACQUISIZIONE DELLE
PARTECIPAZIONI DA PARTE DELLA SOCIETA’ CAPOGRUPPO.
Le tipiche vie di costituzione dei gruppi sono tre:
a) Acquisto, da parte di una società già esistente, di partecipazioni di controllo in una
o più altre società;
b) Conferimento in una società – che così diviene la società holding – dei pacchetti di
controllo di altre società, da parte dei possessori degli stessi pacchetti;
c) Conferimento, da parte di una società già esistente, in una o più nuove società
operative, delle attività e delle passività ed in genere di rami aziendali esercitati
dalla prima società, in cambio delle partecipazioni costituenti il capitale sociale
delle società conferitarie.
Di queste, la via più ricorrente seguita per la costituzione del gruppo è, senza dubbio, la
prima.
Per effetto dell’operazione di compravendita delle azioni o quote, la società acquirente
diviene la capogruppo, quelle cui si riferiscono le stesse azioni o quote, società controllate.
Le condizioni che spingono alla costituzione del gruppo per mezzo di acquisto di
partecipazioni sono diverse, e tra queste merita segnalare la forza finanziaria dell’impresa
acquirente e l’allargamento dei mercati dove operano le aziende da acquisire.
Per quanto riguarda la prima condizione, è noto che la forza finanziaria dell’impresa
acquirente rappresenta uno strumento che influenza materialmente il passaggio di pacchetti
azionari di controllo, specialmente quando la stessa impresa acquirente ha dimensioni
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notevolmente maggiori rispetto all’azienda acquisita.
L’acquisizione, poi, risulta per vari aspetti facilitata quando vi è una notevole
dispersione della proprietà azionaria dell’acquisenda società, ossia, quando detta proprietà
risulta molto frazionata fra un gran numero di soci, per cui è sufficiente conseguire la
maggioranza relativa per ottenerne il controllo o il dominio.
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In tal senso P.E. Cassandro (I gruppi aziendali, cit., p.159) per il quale: “… se una grande impresa ha
imprescindibile necessità di acquistare una maggioranza azionari in altra impresa, finirà – se la sua forza è
bastevole – col riuscire ad acquistare tale maggioranza”.
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Dal punto di vista finanziario, l’operazione di acquisizione viene, spesso, resa più
conveniente quando si procede alla stessa in più riprese e per acquisti di piccole entità, fino
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a pervenire alla maggioranza assoluta o relativa della data società.
Si cerca di evitare con queste modalità il pagamento dei cosiddetti premi di
maggioranza connessi, appunto, all’acquisizione della maggioranza assoluta o relativa
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della data società.
Ma oltre allo strumento finanziario, una notevole forza di attrazione è esercitata dalle
grandi imprese nei confronti di quelle più piccole, nei casi di allargamento del mercato in
cui operano la stesse.
L’allargamento del mercato determina un inasprimento della concorrenza tra le imprese
che operano nello stesso e quindi un accrescimento delle dimensioni aziendali per porsi in
posizione di preminenza nei confronti degli altri operatori per limitare, quindi, gli effetti
negativi della stessa concorrenza.
Pertanto, l’accrescimento delle dimensioni aziendali rappresenta, spesso nel caso sia
indotta da maggiori dimensioni di mercato, una necessita vitale perché le aziende possano
operare in condizioni di equilibrio economico.
Un esempio notevole di queste acquisizioni è offerto, nel nostro paese, dal settore
bancario, il quale a seguito dell’eliminazione delle barriere economiche fra i paesi della
CEE, ha visto già sul fine degli anni ottanta numerose operazioni di acquisizione di piccole
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banche da parte di istituti più grandi.
Ma se il fattore finanziario e l’allargamento dei mercati costituiscono rilevanti fattori di
compravendita di pacchetti di azionari di controllo, è indubbio che queste operazioni sono,
spesso, rese più facili da altri motivi, come il desiderio del dato soggetto economico di
uscire dal dato settore economico per operare in altri ritenuti più vantaggiosi, la mancanza
di suoi eredi diretti cui affidare la conduzione dell’azienda ecc.
Un altro metodo, seppur poco frequente, è quello di costituzione spontanea di gruppo;
esso si ha quando i titolari dei pacchetti di controllo di date aziende conferiscono in una
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È noto, che quanto più il capitale della data società risulti frazionato tra un vasto numero di soci, tanto più
facile risulta l’acquisizione del controllo , attraverso le scalate ostili, ossia di acquisizioni attuate senza il
consenso del management della società acquisita.
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Sull’entità di questi premi, nel caso di acquisizioni di partecipazioni, si rinvia a L. Guatri, La valutazione
delle aziende. Teoria e pratica a confronto, Egea, Milano, 1990, p. 407 e segg.
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Oltre a numerose operazioni, nello stesso settore, di trasformazione, di fusione e di conferimenti
incoraggiate da norme agevolative attinenti alla tassazione delle eventuali plusvalenze connesse alle stesse
operazioni. Ci riferiamo alla legge 30 luglio 1990, n. 218, “Disposizioni in materia di ristrutturazione e
integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico”, ed al Decreto Legislativo 20 novembre
1990, n. 356 “Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio”.
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società, già esistente o, di solito, di nuova costituzione, che diviene così la società
capogruppo, i pacchetti in oggetto, in cambio di azioni o quote della nuova società.
Tale metodo è utilizzato raramente, in quanto, può comportare una diminuzione del
peso percentuale di alcune partecipazioni nella nuova compagine sociale, rispetto al peso
in assoluto delle stesse partecipazioni al di fuori del gruppo; e quindi nella minore
influenza, in termini di potere decisionale nell’ambito del gruppo, rispetto al controllo della
data società prima dell’aggregazione.
Tra l’altro, la creazione di società holding mediante conferimento di azioni o quote
avviene maggiormente, non tanto per la costituzione dei gruppi quanto per la
trasformazione di gruppi già esistenti.
Detti conferimenti – e le conseguenti trasformazioni – avvengono per diversi motivi tra
i quali ricordiamo:
1. Rendere più stabile il controllo della proprietà azionaria, nel caso essa si
presentasse molto frazionata;
2. Realizzare un’operazione di concentrazione – e la conseguente direzione
unitaria delle aziende coinvolte – senza ricorrere necessariamente all’istituto
della fusione o dell’acquisizione di azienda.
Passiamo, ora, a considerare la fattispecie di costituzione dei gruppi – di cui alla lettera
c) del nostro schema iniziale – caratterizzata dal conferimento, da parte di una società già
esistente, di rami aziendali da essa gestiti in altre società, di solito costituite allo scopo, in
cambio delle azioni o quote costituenti il capitale sociale della stessa società.
Siamo, qui, in presenza di trasformazioni formali di società già esistenti che, da società
operative, commerciali e/o industriali, diventano società finanziarie pure, il cui unico scopo
e quello della gestione delle partecipazioni assunte per effetto del conferimento.
Per altri aspetti, sono questi i casi di più intensa connessione economica, e, quindi, di
complementarità ed interazione, tra le aziende costituenti il gruppo, che fanno apparire
questo come unita economica al pari della singola azienda.
La costituzione dei gruppi presenta aspetti patrimoniali e finanziari, dei quali si
mettono, ora, in evidenza i tratti tipici, cominciando da quelli patrimoniali.
Invero, quando la costituzione del gruppo avviene mediante acquisto di partecipazioni
da parte di una società esistente, si ha, innanzitutto, una modifica della struttura del
capitale dell’impresa acquirente, che diviene la società capogruppo.
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Infatti, nell’attivo di queste società, si forma una voce, che va sotto il nome di
“partecipazioni in società controllate” che indica il costo delle azioni o quote costituenti le
stesse partecipazioni.
Nessuna modifica, d’altra parte, avverrà, per effetto dell’acquisto delle partecipazioni,
nella struttura del capitale della società divenuta controllata, per la quale si è soltanto
verificato il cambiamento del suo soggetto economico.
Qualche annotazione ora inerente ai problemi connessi al finanziamento delle
acquisizioni di partecipazioni di controllo, dirette alla costituzione dei gruppi.
Considerando che dette acquisizioni conducono ad incrementi della dimensione
aziendale, si reputa opportuno che esse siano finanziate mediante aumenti di capitale
proprio, piuttosto che attraverso l’indebitamento.
Si vuol dire, cioè, che proprio in vista di queste operazioni, le società acquirenti
procedono a programmare, e, quindi, ad attuare, aumenti di capitale sociale nella misura
necessaria al finanziamento delle stesse operazioni.
Occorrerà, che la società acquirente, e per essa i soci che rappresentano il soggetto
economico della stessa, abbiano i capitali occorrenti per far fronte alle esigenze finanziarie
richieste dalle programmate operazioni di acquisizione.
Nel caso contrario, e volendo evitare l’ingresso di nuovi soci ai quali cedere
eventualmente una parte del controllo del gruppo, non resta che ricorrere, se il mercato lo
consente, in aggiunta ai limitati aumenti di capitale sociale dei vecchi soci, ad emissione di
obbligazioni.
Rileviamo, infine, che i problemi finanziari relativi all’acquisizione di partecipazioni
non sorgono quando queste sono scambiate con azioni della società capogruppo, già
possedute come azioni proprie, o appositamente create con aumenti di capitale sociale.
Detti scambi di partecipazioni, per i quali occorre stabilire ovviamente il rapporto di
cambio facilitano l’acquisizione di partecipazioni da parte della società capogruppo, per
due ordini di motivi.
Innanzitutto non è richiesta in questi casi la determinazione del valore assoluto delle
partecipazioni acquisite, non trattandosi di un’operazione di cessione in senso stretto, ma di
una cessione in senso lato, costituita, appunto, dallo scambio di beni in natura.
In secondo luogo, lo scambio di partecipazioni dà la possibilità al titolare delle
partecipazioni acquisite dalla società capogruppo, di continuare la propria attività
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