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come obiettivo l’armonizzazione, in una prospettiva di progresso delle
condizioni previste in questo settore”.
A tal fine il Consiglio adotta, mediante direttive, le prescrizioni
minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e
delle normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro.
Si precisa, inoltre, che tali direttive devono evitare di porre
vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da
ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
La Carta Comunitaria dei diritti sociali fondamentali, approvata
dal Consiglio di Strasburgo il 9 dicembre 1989, ribadisce il diritto dei
lavoratori a beneficiare di condizioni di sicurezza nell’ambiente di
lavoro e prevede che gli Stati membri adottino provvedimenti adeguati
al fine di proseguire l’armonizzazione nel progresso delle condizioni
esistenti in tale campo.
L’armonizzazione appare necessaria al fine di realizzare il
Mercato Comune Europeo, poiché occorre evitare fenomeni di
distorsione dovuti a differenziazioni di costi causati dalla presenza di
norme meno protettive per la sicurezza dei lavoratori.
Benché la prima direttiva della Comunità Europea in tema di
tutela della salute dei lavoratori risalga al 1959
2
, solo nell’ambito del
terzo programma di azione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro,
accolto con risoluzione del Consiglio del 21 dicembre 1987 attraverso
la direttiva quadro n. 391 del 1989, si concentra l’attenzione sulle
misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro
3
.
2
Cfr. Direttiva n. 221 del 1959 contenente norme fondamentali relative alla protezione sanitaria
della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
3
Cfr. (a cura di) Galantino L., La Sicurezza del Lavoro. Commento ai decreti legislativi 19
settembre 1994 n. 626 e 19 marzo 1996 n. 242, Giuffrè Editore.
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Tale direttiva nasce dall’interesse per il dialogo sociale a livello
comunitario, nazionale e di impresa, sviluppato dalla risoluzione del
21 dicembre 1987 e contiene un corpo di principi destinati a costituire
l’intelaiatura della futura disciplina comunitaria in materia di
protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori: un quadro di
riferimento suscettibile di essere precisato attraverso l’adozione di
successive direttive particolari
4
.
La stessa definisce il proprio campo di applicazione in materia
particolarmente ampia: tutti i settori di attività, privati e pubblici,
risultano coinvolti con limitatissime esclusioni riguardanti comparti
specifici del pubblico impiego (Forze Armate, Polizia, Servizi di
Protezione Civile).
Estremamente significativa è l’assenza di distinzione in ordine
alla dimensione dell’impresa; l’insieme delle prescrizioni della
direttiva sembrano applicabili a prescindere dalla consistenza
dell’organizzazione produttiva del datore di lavoro, ciò ha fatto
dubitare che il legislatore comunitario si sia spinto al di là delle
indicazioni contenute nell’articolo 118A
5
.
La direttiva per la prima volta pone l’accento sulla “nozione
integrale di salute” comprendente sia il benessere fisico ma anche e
soprattutto quello psichico.
La direttiva n. 391/89 si articola in due sezioni, dedicate
rispettivamente agli obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori: le
norme racchiuse nella prima, come è naturale, sono molto più
4
Cfr. (a cura di) Biagi M., Tutela dell’ambiente di lavoro e direttive CEE, Rimini, Maggioli, 1991.
5
Cfr. Biagi M., Dalla nocività conflittuale alla sicurezza partecipata: relazioni industriali e
ambiente di lavoro in Europa verso il 1992, in ID, Tutela dell’ambiente di lavoro.
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numerose e stringenti e rappresentano il nucleo fondamentale della
disciplina comunitaria
6
.
Sul datore di lavoro, innanzitutto, grava l’obbligo
generalissimo, di “garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in
tutti gli aspetti connessi con il lavoro, assumendo le misure necessarie
per la protezione della sicurezza e della salute degli stessi”.
Si tratta di una previsione di latitudine estrema, che sembra
imporre ai destinatari vincoli di comportamento non subordinati.
Il rigore della previsione risulta ulteriormente accentuato dal
sottolineare il carattere personale della responsabilità del datore di
lavoro in relazione agli obblighi della sicurezza.
La responsabilità, infatti, può essere esclusa od attenuata con
riguardo ad eventi eccezionali ed imprevedibili rientranti
sostanzialmente nell’area della forza maggiore, sussiste, invece, a
fronte di violazioni da parte dei lavoratori degli obblighi gravanti sugli
stessi e, soprattutto nei casi in cui il datore di lavoro ricorra a
competenze esterne per organizzare le attività di prevenzione e
protezione dei rischi professionali.
E’ osservazione comune che l’impostazione della direttiva
sembra contrastare con la possibilità, prima della sua adozione
riconosciuta ai datori di lavoro nei diversi ordinamenti, di delegare i
propri poteri e le connesse responsabilità in materia di sicurezza dei
lavoratori, provocando un irrigidimento degli orientamenti
giurisprudenziali in proposito
7
.
La direttiva elenca i principi generali di prevenzione (evitare i
rischi, valutare quelli che non possono essere evitati, combattere i
6
Cfr. Roccella M., Treu T., Diritto del lavoro della Comunità Europea, CEDAM, 2002.
7
Cfr. Montuschi L, La tutela della salute e la normativa comunitaria: l’esperienza italiana, in
RIDL 1990.
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rischi alla fonte, attenuare il lavoro monotono e ripetitivo, ecc…) cui
le misure predisposte dal datore di lavoro devono conformarsi: tra essi
spiccano le indicazioni di dare la priorità alle misure di protezione
collettiva rispetto a quelle di protezioni individuali e di impartire
adeguate istruzioni ai lavoratori.
Nell’apprestamento di tali misure, il datore di lavoro è tenuto ad
un obbligo di aggiornamento scientifico continuo (articolo 6, punto 1).
Sui datori di lavoro gravano doveri specifici in materia di
pronto soccorso, lotta antincendio, evacuazione dei lavoratori; nonché
l’obbligo di consentire, in caso di pericolo grave, immediato ed
inevitabile, che il lavoratore si allontani dal proprio posto di lavoro,
senza essere costretto a subire alcuna conseguenza dannosa ed
ingiustificata (ad esempio provvedimenti disciplinari).
Inoltre, il datore di lavoro ha la responsabilità di effettuare la
valutazione dei rischi per la salute e per la sicurezza, un documento in
collaborazione con il responsabile dei servizio di prevenzione e di
protezione e con il medico competente.
Questo documento contiene i criteri adottati per la valutazione
dei rischi e per le misure di prevenzione e protezione; lo stesso viene
custodito dal datore di lavoro presso l’unità produttiva e rielaborato
ogni qual volta ci siano modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
La valutazione dei rischi costituisce una novità di grande rilievo
rispetto alla legislazione precedente poiché impone al datore di lavoro
di individuare in concreto le caratteristiche della propria realtà
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organizzativa al fine di predisporre per la medesima il più adeguato
modello di prevenzione
8
.
In essa vengono verificate sia le misure generali per la
protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori che i fattori di
eliminazione o riduzione degli stessi alla fonte (in relazione alle
conoscenze acquisite in base al progresso tecnologico), sia il rispetto
dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro e nella
scelta delle attrezzature all’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici
e biologici sui luoghi di lavoro, che l’uso di misure igieniche alla
regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed
impianti.
Nel catalogo degli obblighi dei datori di lavoro, ad ogni modo,
rilievo cruciale sembra essere stato assegnato dalla direttiva a quelli di
informazione, formazione, partecipazione e consultazione dei
lavoratori e deve, altresì, fornire ai lavoratori tutte le informazioni
necessarie, riguardanti i rischi per la sicurezza e la salute, nonché le
misure e le attività di protezione e prevenzione.
In secondo luogo, il datore di lavoro deve garantire che ciascun
lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di
sicurezza e di salute in connessione a svariate circostanze (ad
esempio, al momento dell’assunzione, di un trasferimento o
mutamento di mansioni, del cambiamento dell’attrezzatura di lavoro,
dell’introduzione di nuove tecnologie).
Infatti, il legislatore comunitario individua nell’istituto della
cosiddetta partecipazione equilibrata dei lavoratori e dei loro
rappresentanti alle questioni connesse alla sicurezza sul lavoro, lo
8
Cfr. Grandi M., Pera G., Commentario breve alle leggi sul lavoro, Casa Editrice Don Antonio
Milani, 2005.
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strumento per dare attuazione ai principi generali della direttiva n.
391/89.
Tale formazione, che deve essere, ove necessario,
periodicamente ripetuta, va estesa anche ai rappresentanti dei
lavoratori in materia di protezione della sicurezza e deve avere luogo
durante l’orario di lavoro.
Il datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore
riceva un’adeguata informazione sui rischi per la sicurezza e la salute
connessi all’attività dell’impresa, sulle misure di protezione adottate e
sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta e sulle
procedure di pronto soccorso.
I soggetti obbligati ad assolvere all’obbligo di formazione ed
informazione sono, nell’ambito delle rispettive competenze ed
attribuzioni, il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti, mentre i
soggetti destinatari sono i singoli lavoratori
9
.
Ai lavoratori, infine, è riconosciuto un diritto di consultazione e
partecipazione su tutte le questioni che riguardano la sicurezza e la
protezione della salute durante il lavoro.
Proprio recependo il principio della partecipazione equilibrata
dei lavoratori in materia di sicurezza e della salute durante il lavoro
espresso dalla direttiva n. 391/89, il decreto legislativo n. 626/94
istituisce i rappresentanti per la sicurezza, cioè nuovi soggetti preposti
istituzionalmente alla rappresentanza specifica e settoriale dei
lavoratori in materia di sicurezza sul lavoro.
Tali rappresentanti, in particolare, possono presentare proposte
in materia di sicurezza al datore di lavoro e devono poter disporre, per
esercitare le loro funzioni, di un sufficiente esonero dal lavoro, senza
9
Cfr. Grandi M., Pera G., op. già cit.
Il benessere psico-fisico in base al Decreto Legislativo n. 626/94
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perdita di retribuzione; essi, come pure i lavoratori, possono
presentare ricorso all’autorità competente, qualora ritengano
insufficienti le misure di sicurezza predisposte dal datore di lavoro
10
.
Il datore di lavoro deve, altresì, organizzare all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di prevenzione e
protezione, composto da dipendenti in numero sufficiente che
possiedano le capacità necessarie e dispongano di mezzi e di tempo
adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati.
Tali dipendenti sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento
e di formazione professionale in materia di prevenzione e protezione
dei rischi, anche di natura ergonomia e psico-sociale.
Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei
rischi e delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di
lavoro, ad elaborare le misure preventive e protettive ed i sistemi di
controllo di tali misure, ad elaborare le procedure di sicurezza per le
varie attività aziendali.
Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri
del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Dal lato opposto, la direttiva precisa che è obbligo di ciascun
lavoratore “prendersi ragionevolmente cura della propria sicurezza e
della propria salute, nonché di quella delle altre persone su cui
possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni” (articolo
13).
Questo generalissimo dovere risulta poi articolato in una serie di
prescrizioni specifiche, ad esempio, utilizzare in modo corretto
macchinari, sostanze pericolose ed attrezzature di protezione
10
Cfr. Roccella M., Treu T., op. già cit.
Il benessere psico-fisico in base al Decreto Legislativo n. 626/94
13
individuale, non mettere fuori servizio, cambiare o spostare
arbitrariamente i dispositivi di sicurezza, segnalare immediatamente
qualsiasi situazione da cui possa originare un pericolo grave o
immediato.
L’articolo 16 della direttiva n. 391/89, infine, prevede
espressamente l’adozione di direttive particolari informate ai principi
della direttiva quadro; le cosiddette direttive “figlie” prescrivono
principi minimi di sicurezza facendo specifico riferimento alle diverse
tipologie di attività lavorativa.
Il Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626 recepisce la
direttiva quadro n. 391 del 1989 e contiene norme di carattere generale
attinenti al miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro.
È importante sottolineare come nel sopra indicato Decreto si
indichi che la prevenzione non sia effettuata con riferimento a
specifici rischi ma all’”insieme dei rischi presenti sul luogo di lavoro”,
i quali vengono considerati in una visione di tipo sistemico e, dunque,
richiedono complesse operazioni di programmazione preventiva.
Il Decreto, inoltre, individua il collegamento tra ambiente di
lavoro ed ambiente esterno, al fine di evitare che i rischi tipici del
primo si possano riflettere anche sul secondo.
Il Decreto Legislativo n. 626/94 comprende dieci titoli, dei
quali i primi otto sono atti di recepimento della già citata direttiva n.
391/89 e gli ultimi due riguardano rispettivamente le sanzioni e le
disposizioni transitorie.
Esso prescrive misure per la tutela della salute e della sicurezza
dei lavoratori durante il lavoro in tutti i settori di attività pubblica e
privata con le seguenti rilevanti eccezioni: le Forze Armate, la Polizia
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14
e la Protezione Civile, le strutture Giudiziarie, Penitenziarie, quelle
destinate per finalità istituzionali alle attività di ordine e sicurezza
pubblica, le Università, gli Istituti di Istruzione Universitaria, gli
Istituti di Istruzione ed Educazione di ogni ordine e grado, le
Rappresentanze diplomatiche e consolari, i mezzi di trasporto aereo e
marittimi.
Per tali settori un apposito Decreto Ministeriale fisserà i limiti
di applicabilità della normativa, tenuto conto delle particolari esigenze
connesse al servizio espletato (articolo 1, comma 2)
11
.
Il Decreto Legislativo n. 626/94 ha delineato un nuovo modello
prevenzionistico nel quale la concezione del legislatore in materia di
sicurezza nei luoghi di lavoro viene riportata; quest’ultima è, infatti,
considerata un obiettivo da raggiungere attraverso l’azione coordinata
del datore di lavoro e dei lavoratori, nonché in virtù di una vera e
propria programmazione della sicurezza in relazione alle specifiche
esigenze del singolo ambiente di lavoro
12
.
Il tutto attraverso la prevenzione di procedure tipo, da applicarsi
a qualunque ambiente di lavoro, che servono proprio a garantire che il
programma di sicurezza venga affrontato secondo le linee guida
definite nel Decreto Legislativo n. 626/94, a loro volta espressive dei
principi informatori delle direttive comunitarie attuate per mezzo del
medesimo Decreto
13
.
Una svolta realizzata dal Decreto Legislativo n. 626/94 è data
dal fatto che gli operatori, il datore di lavoro e il lavoratore divengono
i veri protagonisti della sicurezza nei luoghi di lavoro, che nelle
11
Cfr. (a cura di) Galantino L., op. già cit.
12
Cfr. Lai, La sicurezza del lavoro tra legge e contrattazione collettiva, Torino, 2002.
13
Cfr. Guariniello, I profili del Decreto Legislativo n. 626/94, DPL, 1994, n. 4
Cfr. Spadafora, Prime considerazioni sull’attuazione delle direttive comunitarie in tema di
sicurezza e salute dei lavoratori, DL, 1995.
Il benessere psico-fisico in base al Decreto Legislativo n. 626/94
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intenzioni del legislatore deve essere raggiunta e garantita, non solo
attraverso la semplice riduzione e, dove possibile, la completa
eliminazione delle fonti di rischio, ma soprattutto grazie allo sviluppo
di una coscienza personale della sicurezza.
Tale obiettivo è raggiungibile soltanto con l’acquisizione di una
vera e propria cultura della sicurezza e, prima ancora, della
prevenzione, fondata sulla conoscenza, sull’informazione, sulla
programmazione, sulla valutazione dei rischi e sulla loro eliminazione
e, soprattutto, sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione della
sicurezza (articolo 3)
14
.
In questo modo, l’informazione si sostanzia principalmente
nella divulgazione di tutte le notizie di carattere eminentemente
pratico indirizzate a permettere lo svolgimento sicuro delle mansioni
lavorative mentre la formazione è da intendersi come un vero e
proprio processo conoscitivo di interiorizzazione della cultura della
sicurezza consistente in un’attività di trasmissione di nozioni teorico-
pratiche miranti a fornire al lavoratore il bagaglio di conoscenza e di
cultura necessario per svolgere in condizioni di sicurezza una data
attività lavorativa o comunque per ricoprire un determinato ruolo
nell’organizzazione aziendale.
14
Cfr. G. Amoroso, V. Di Cerbo, A. Maresca, Il diritto del lavoro, Volume I, Costituzione, Codice
Civile e Leggi Speciali, Giuffrè Editore.