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Le origini e la diffusione del Banditismo
Il banditismo sembrerebbe riflettere la disgregazione degli elementi costitutivi
della società, e dunque l’ascesa di classi e strutture sociali nuove e la resistenza
di quelle tradizionali alla distruzione del proprio modo di vivere. Secondo
Hobsbawm,
1
a volte indica la fine di un’epoca storica e l’inizio di un’altra, in
alcuni casi anticipa movimenti sociali più importanti, come le rivolte contadine.
La situazione ideale perché questo fenomeno si sviluppi è quella in cui si hanno
dei fattori locali complessi, con variazioni regionali notevoli, dovute in parte alle
condizioni geografiche, a quelle amministrative e alla struttura economica e
sociale del paese. I banditi prosperarono in zone isolate e inaccessibili come la
montagna, le pianure con scarse vie di comunicazione o strade in cui i viaggi
erano scomodi e lenti.
Il banditismo è un fenomeno comune a tutta l’area del Mediterraneo tra
il XVI e il XVII secolo e riflette il declino delle condizioni di vita dei
contadini dell’epoca. È infatti in quelle società rurali dove si aveva scarsa
richiesta di mano d’opera che dovrebbero essere ricercate le sue origini. In
questo tipo di ambiente vi era eccedenza di uomini che, dunque, almeno per
un certo periodo potevano allontanarsi dalla campagna, ed erano costretti a
cercare altre fonti di sostentamento.
Il banditismo catalano, particolarmente virulento, ebbe il suo epicentro
nelle zone periferiche e di frontiera, come si può rilevare dagli studi di Joan
Reglà. Molti nobili, per proteggere le loro terre e riscuotere i tributi, si
circondarono di gruppi d’uomini, alla testa dei quali vi era il cap de
4
quadrilla, appartenente alla piccola aristocrazia rurale: infanzones e signori
di piccole giurisdizioni. Perfetti conoscitori del territorio, essi potevano
controllare chiunque vi transitasse. Come signori delle giurisdizioni avevano
nelle loro mani l’esercizio della giustizia, in alcuni casi anche la potestà sui
loro vassalli e utilizzavano la violenza come strumento di potere. Tra signori
e banditi si era stabilita una relazione complessa; il signore offriva loro aiuto,
protezione e un salario, i banditi, in cambio, formavano il suo esercito
personale, che partecipava alle guerre private, per questo motivo erano
conosciuti anche come homes d’armes.
2
Gente senza un lavoro iniziò a far
parte delle quadrilles, che attiravano soprattutto sbandati senza mezzi di
sopravvivenza. Il nobile, quando reclutava personale per il suo esercito, non
si preoccupava delle origini dei suoi uomini; essi non sempre erano plebei,
ma potevano anche essere figli di piccoli nobili rurali.
I riferimenti più antichi alle bande risalgono agli anni 1340-1342.
Bruniquer, nelle sue Rúbriques,
3
racconta che nel maggio del 1340
bandolejaven i nobili di Santcliment contro quelli di Guerau de Clascar.
Proprio nelle lotte tra i nobili di Nyèr e di Cadells si possono individuare le
origini del banditismo in Catalogna. Infatti, tra le prime fazioni del
Principato, famose sia per i loro nomi sia per la perseveranza nella loro
rivalità, che durò secoli, ci furono i Nyerros e i Cadells, originarie dei
Pirenei. I Nyerros appartengono alla zona del Conflent -parte del Rosselló,
oggi appartenente alla Francia- e i Cadells alla zona di Puigcerdà -Cerdanya.
Il primo nome conosciuto dei Cadells è quello di Ramond, che
nell’aprile del 1222 ottenne dei privilegi come signore sovrano del Rosselló e
della Cerdanya. L’origine del nome Cadell è leggendaria. Si racconta che la
Baronessa avesse rifiutato l’elemosina ad una mendicante che aveva molti
1
Hobsbawm, Eric J. : I banditi. Il banditismo sociale nell’età moderna, Torino, 1971, pp. 15-17
2
Serra i Barceló, Jaume: Els bandolers a Mallorca (XVI i XVII), Mallorca, 1977, p. 12
5
figli, e che quest’ultima, maledicendola, le avesse detto: “Podáis vos cadellar
como las perras”
4
. La Baronessa, che era incinta, partorì sette figli e,
terrorizzata, diede ordine di buttarli nelle acque del Segre, ma qualcuno li
salvò e quando i figli avevano tre anni, il barone di Aransa, padre dei
bambini, li presentò alla moglie, che morì per lo spavento.
Nyerro significa maiale allevato e fatto ingrassare per la mattanza. Le
famiglie di Nyerros e Cadells, s’insultavano a vicenda gridando i loro nomi,
attribuendo loro il significato originario, intendendo nyerro per maiale e
cadell per cane.
La rivalità tra queste due famiglie sembra risalire al IX secolo. La zona
di Ausona -nota oggi col nome di “plana de Vic”- fu liberata dai mori alla
fine del IX secolo. Nell’ 875 il suo liberatore, il conte Wilfredo il Velloso,
ridiede a Vic la sede episcopale, dando al vescovo Godmaro e alla chiesa di
San Pedro libertà dai vincoli feudali. Nell’anno 1000 il vescovo di Vic,
Arnulfo, cedette parte della signoria al fratello Mirón, con la clausola di
pagare tributi obbligatori al Prelato della diocesi. Mirón tramandò la
giurisdizione con la stessa clausola ai Moncada. Guillermo Mirón de
Moncada adempì agli obblighi di feudatario pagando i tributi alla chiesa, ma
così non fece il figlio Guillermo, il quale nel 1209 non si volle riconoscere
feudatario della sede episcopale di Vic e si appropriò dei diritti signoriali che
il vescovo, Guillermo de Tavertet, avrebbe dovuto percepire. Il vescovo,
quindi, scomunicò Guillermo de Moncada.
Per cercare di risolvere la questione, entrambe le parti si rivolsero
all’arcivescovo di Tarragona, Narciso Rocaberti. Questi raccolse i pareri di
tre giudici, uno dei quali ordinò al Moncada di assoggettarsi al Prelato e di
3
Reglà, Joan: El bandolersime català del barroc, Barcellona, 1966, p. 37
4
cit. in Sau, Victoria: El catalán, un bandolerismo español, Barcellona, 1973, p.43
6
“restituire” ciò che aveva “rubato”, riparando così i danni causati. Guillermo
de Moncada accettò la sentenza, ma lo fece col solo scopo di farsi togliere la
scomunica, poiché ancora un anno dopo non aveva mantenuto la sua
promessa, e dovette intervenire il nuovo re, Pietro II il Cattolico, che mise
fine alla disputa costringendo Guillermo a “riparare” all’ingiustizia. È da
pensare che i Moncada avessero problemi economici, giacché la loro
condotta sembrava dettata dal desiderio di sottrarre al vescovo alcuni tributi
che questi riscuoteva da tutta la signoria.
A porre fine alla disputa sarà Guillermina Moncada, che nel 1295 si
sposò con l’infante Pietro d’Aragona, fratello del re Jaime II. Un patto tra i
due fratelli prevedeva che l’uno sarebbe stato erede dell’altro in caso di morte
senza successione. Ma, quando, un anno dopo, l’infante Pietro morì senza
eredi, Guillermina rifiutò di riconoscersi feudataria del vescovo, che in quegli
anni era Ramon Anglesola e gli dichiarò guerra. Si ebbe quindi uno scontro
tra due órdenes: la nobiltà e il clero, rappresentati rispettivamente dai
Nyerros e dai Cadells. Guillermina dichiarò guerra ai villaggi di San Pedro,
San Vicente e San Feliu, così che il vescovo fu obbligato a servirsi di un
esercito per difendersi. I tre villaggi si posero dalla parte della chiesa, vi
furono addirittura degli abitanti che si lamentarono di non aver potuto
partecipare alla difesa perché impegnati nel lavoro. Con Guillermina si
schierarono invece gli abitanti di Manlleu, che erano vassalli del conte di
Centellas, il cui capo era Bernardo Cadell.
Dalla parte del vescovo passò Geliberto de Neros, signore di Nyèr.
Definite le due fazioni, gli altri nobili si schierarono con gli uni o con gli
altri, ingrossando le file dei contendenti, al punto che la lotta coinvolse tutta
la nobiltà. La guerra durò un anno, fino a quando il re Jaime II non scrisse al
veguer, rappresentante della Corona, perché in nome suo proteggesse il
vescovo. Nel 1300 Guillermina de Moncada, accompagnata dai sostenitori
7
del conte di Foix, dichiarò nuovamente guerra alla chiesa, rappresentata in
questo momento da Berenguer de Bellvis. La guerra tra Guillermina e il
prelato durò dodici anni, fino a quando la contessa, vicina alla morte,
sollecitò attraverso il conte di Foix il perdono del vescovo, in quegli anni
Don Berenguer de Casaguardia. Quando la contessa morì, le sue signorie
divennero proprietà della Corona e, il 3 giugno del 1409, a Vic si firmò la
pace che pose fine a queste lotte. Nelle campagne il malessere era generale: si
sentivano ancora gli effetti della Peste Nera e i raccolti erano scarsi.
Le rivolte contadine del XV secolo, note anche come guerra dei
remenses, alle quali pose fine Fernando II nel 1486 con la Sentenza di
Guadalupe, e con le quali i servi della gleba acquistarono la loro libertà e il
consolidamento materiale e legale di un nuovo ceto di piccoli proprietari,
portarono a una decadenza della piccola nobiltà rurale. Fu così che una
frazione cospicua della nobiltà catalana si trasferì in città, dove vi era più
possibilità di guadagno che non in campagna. Autori come John Elliot hanno
rimarcato l’influenza che ebbe il processo di urbanizzazione nella graduale
estinzione del signore bandito catalano.
5
A Joan Cadell, famoso bandito
d’Arsèguel, che, ancora nel XVI secolo, incarna il prototipo locale di una
nobiltà rurale, poco urbanizzata e isolata nelle montagne, si contrappongono i
nobili di Alentorn, baroni di Seró, signori banditi trasferitisi nella città.
Le dispute tra i nobili, però, non terminarono con il loro inurbamento,
infatti alcune delle contese che ebbero luogo a Barcellona non furono altro
che il proseguimento, in città, di antiche rivalità, come gli scontri, ancora
frequenti nel XVI secolo, tra la fazione di Guillem de Rocaberti e quella di
Jaume de Sentmenat, il quale proprio in questa contesa perse la vita. Fu
questo tipo di rivalità tra signori, risolta con le armi tra le bande che essi
reclutavano, insieme alla frammentazione giurisdizionale del Principato, uno
5
Elliot, J. H.: La revolta catalana, 1598-1640, Barcellona, 1966, pp. 61-62
8
dei fattori più importanti nello sviluppo del banditismo catalano che ebbe la
sua massima diffusione al tempo degli Austria.
Vicens Vives, Reglà ed altri autori, fanno notare come il contrasto tra
una esigua nobiltà di titoli -poche famiglie erano state esenti dagli effetti
delle rivolte e poche si erano potute arricchire con incarichi di prestigio- e la
classe militare, sembra avere come conseguenza da un lato un processo di
concentrazione delle rendite feudali nelle mani di poche famiglie e dall’altro
la conseguente instabilità dei gruppi militari del Principato,
giurisdizionalmente potenti, ma economicamente deboli.
6
Nobiltà “impoverita”, quella catalana non castiglianizzata, costituiva
un ceto periferico, politicamente emarginato. L’assenteismo reale, l’inutile
tentativo di ottenere dalla Corona incarichi e benefici, che toccavano
all’aristocrazia castigliana o al nuovo ceto dei letrados, spesso di estrazione
non militare, diventerà motivo di malcontento sia della classe militare del
Principato sia di altre aristocrazie provinciali dell’Impero degli Austria. Basti
pensare che solo una dozzina di incarichi erano ricoperti da personale
autoctono. Considerando che questi incarichi avrebbero dovuto essere
distribuiti tra cinquecento persone (questo era all’incirca il numero degli
aristocratici catalani), è facile immaginare quale grado di rivalità potesse
crearsi attorno a un posto vacante. Sembrerebbe quindi esserci una stretta
relazione tra le difficoltà ad ottenere un incarico nell’amministrazione
municipale e il banditismo di tipo aristocratico. L’inclinazione alle armi,
l’impossibilità di ottenere incarichi al servizio della monarchia e la miseria in
cui versavano i cavalieri della montagna fecero sì che la situazione di molti
nobili catalani fosse drammatica. Le poche possibilità d’impiegare
“legalmente” le loro energie e la rovina economica fecero di gran parte
dell’aristocrazia una classe sociale irrequieta. Mentre nascevano gli Stati
6
Torres i Sans, Xavier: Els bandolers (s.XVI-XVII), Vic, 1991, p. 106
9
nazionali e decadeva il sistema feudale, i nobili continuarono a mantenere
contingenti armati, residui apparenti di un’epoca che stava morendo. È allora,
che negli eserciti privati fecero la loro apparizione mercenari che cercavano
nelle armi un’alternativa alla miseria.
Ma questa forma di banditismo, pur importante, non è l’unica che noi
possiamo riscontrare all’interno della società catalana. Come appare
documentato da Reglà e Torres esiste un banditismo popolare catalano che
affonda le sue origini nelle classi popolari e le cui motivazioni sono pertanto
diverse da quelle del banditismo aristocratico. È difficile stabilire il momento
preciso in cui le lotte tra fazioni, diventano banditismo sociale, sotto forma di
resistenza a quegli elementi che smantellano l’ordine tradizionale. Nelle
campagne prese a svilupparsi un fenomeno parallelo, per alcuni versi, a
quello delle antiche bande signorili: si formarono cioè delle aggregazioni di
uomini, che, pur entrando sulle prime a far parte delle fazioni aristocratiche,
diedero poi vita a quello che alcuni storici definiscono “banditismo sociale”.
Nei primi anni di regno di Carlo V diminuirono le guerre tra fazioni
nobiliari, un tempo così frequenti da condurre alla formazione di un codice,
che non prevedeva l’intervento dell’autorità reale. Se il re interveniva, lo
faceva nel caso in cui non si giungesse ad un accordo tra i contendenti, in
modo da ottenere la pace, o treva de pau i lleva.
7
Dopo l’editto emanato da Carlo V nel 1539, nel quale si metteva in
evidenza la diffusione del banditismo come fenomeno sociale, ciò che
maggiormente preoccupava l’imperatore non erano più le antiche fazioni
nobiliari, ma le quadrilles che circolavano per il paese. Fu allora che i
contingenti di uomini armati che avevano sempre vissuto combattendo al
servizio di un nobile, trovandosi senza un padrone e incapaci di guadagnarsi
da vivere con un’occupazione onorevole o coltivando la terra, si videro
7
Elliot, J. H., Op. Cit., p. 97
10
stimolati e quasi obbligati a non abbandonare la loro avventurosa esistenza
e
si dedicarono a rubare nelle case di campagna ed assaltare i viandanti. In
questo modo, chi prima militava in un bàndol per difendere i diritti del
proprio signore, si convertì in semplice delinquente. I contadini impoveriti si
organizzarono in quadrilles, ma anche il nobile scontento diventava
facilmente bandito: egli era già in possesso dei mezzi, armi e cavalli, e in
grado di utilizzare al meglio l’ambiente in cui viveva, ed evidenziava
carattere, valore e capacità di comando. Sotto la spinta di mutate contingenze
poteva scegliere di utilizzare questi mezzi, anziché nelle guerre a servizio del
re, a vantaggio proprio e dei suoi seguaci.
Il banditismo era maggiormente radicato nella provincia di Girona,
sebbene le bande agissero anche nella zona costiera. I paesi che diedero i
natali ai più importanti caps de quadrilla sono: Manresa, Berga,
Cardona, Vic, La Bisbal, Besalú, Figueras, Campodrón, Puigcerdà, Seu de
Urgell, Ripoll, Olot e San Joan de les Abadesses. Mentre le fazioni signorili
perdevano parte del loro potere, i banditi iniziavano a rendersi indipendenti.
Il banditismo sociale acquistò delle connotazioni popolari, sociali e
politiche che gli permisero di sfuggire al controllo dei nobili e di convertirsi
addirittura in forma di lotta contro l’autorità del monarca. Si formarono così
due tipi di banditismo, paralleli, che agli inizi del XVI secolo convivevano
aiutandosi l’un l’altro.
Le cause che hanno portato alla nascita e alla diffusione del banditismo
sociale sono diverse. Molteplici fattori ne hanno favorito lo sviluppo, quali la
politica, la geografia della Catalogna, l’economia, la società e la religione.
Gli indirizzi della politica castigliana ebbero un ruolo importante nella
genesi del fenomeno del banditismo. La Catalogna, sotto il dominio degli
11
Austria, non s’identificava con la loro idea di Stato moderno. Dal 1469, anno
dell’unione tra le Corone d’Aragona e di Castiglia, si era creato un distacco
tra lo Stato dei Re Cattolici e gli antichi signori catalani, che lamentavano tra
le altre cose l’assenteismo reale, visto che Fernando trascorse in Catalogna
solo due anni durante il suo regno. Il malcontento tra i nobili era causato
anche dal fatto che la Corona li aveva esclusi da incarichi pubblici di una
certa importanza, e dalla possibilità di arricchirsi attraverso il commercio con
l’America, come aveva fatto con gli hidalgos castigliani. Soltanto in Castiglia
l’emigrazione verso l’America poté funzionare in qualche modo da valvola di
sfogo per la piccola nobiltà impoverita, che così poté ristabilirsi
economicamente.
I nobili catalani erano spesso lasciati in disparte quando si trattava di
assegnare incarichi pubblici. In Catalogna vi era solo un “grande” di Spagna,
il potente duca di Cardona. Ma la metà del Principato era terra di baroni, e
l’eccezione del duca di Cardona non faceva che accentuare la difficile
situazione in cui si trovavano molti aristocratici, praticamente lasciati al loro
destino. Perfino gli alti incarichi ecclesiastici vennero dati ai castigliani,
come i monasteri di Poblet, Santa Creus e Montserrat, che erano amministrati
da monaci non catalani.
La Catalogna, terra arida, con valli nascoste e poche pianure, offre
riparo alle attività illegali. I Pirenei, il Montseny, le Guillaries, le montagne
di Prades, diventarono, durante i secoli XVI e XVII, rifugi e luoghi in cui
operavano i banditi. La struttura sociale di questa zona era basata sul dominio
locale dei piccoli signori che esercitavano sui loro vassalli un forte potere
politico che aveva le sue origini nei furs medievali. La frontiera con la
Francia fu spesso scenario delle rivalità franco-spagnole e delle migrazioni
provenienti dal sud della Francia, soprattutto durante le guerre di religione,
anche se in periodi di pace i due Stati collaborarono contro il banditismo. A
12
volte accadeva, infatti, che banditi catalani fossero arrestati in Francia e in
seguito consegnati alle autorità del Principato. Questo fenomeno migratorio
si può spiegare col fatto che secoli addietro il sud della Francia e la
Catalogna avevano costituito un solo regno e la Peste Nera aveva ridotto
notevolmente la popolazione catalana. I guasconi occuparono le fattorie
abbandonate e apportarono nella società catalana nuovi elementi di tensione:
ben presto alcuni di loro diventarono banditi, ed entrarono a far parte delle
quadrilles.
Quello della masia
8
è un altro elemento da tenere in considerazione,
giacché il banditismo si sviluppò proprio in quelle zone in cui essa costituiva
l’habitat del servo della gleba, soprattutto nella piana di Vic, Moianès,
Lluçanès, Guilleries e Ripollès. Questa costruzione, simile ad una casa
colonica, rappresenta non solo un individuo, ma tutto un clan; a volte le case
mantenevano i nomi dei primi proprietari, anche una volta che, attraverso
matrimoni ed eredità, avevano cambiato padrone, qualunque fosse il suo
cognome, il proprietario seguitava ad essere chiamato con l’espressione ca
en, ossia “casa di”.
Ad abitare le masies erano quelle famiglie che si erano liberate dalla
condizione servile nel 1486, con la Sentenza di Guadalupe, che aveva reso
autonoma la masia, anche se la terra che la circondava continuava ad essere
di proprietà dei signori. Alcune volte la terra diventava proprietà dei
contadini, così che attorno alla masia si formò una classe rurale la cui solidità
sembra confermata anche dall’architettura della costruzione, con muri
costruiti a secco, resistente alle intemperie.
Quando la masia divenne autonoma subì una trasformazione anche
nell’estetica. I contadini, coscienti del fatto che quella era diventata la loro
casa, la ristrutturarono e adornarono con scudi, iscrizioni, etc., che furono in
13
qualche modo una manifestazione della libertà conquistata. La solidità dei
materiali usati per la costruzione si evidenzia nella sua struttura, divisa
in
tre parti. Un ambiente centrale e due laterali. Al suo interno si trova tutto
il necessario per vivere: il magazzino, il granaio nella parte superiore, la
cantina e la stalla. Le masies erano isolate l’una dall’altra e circondate da
grandi distese di terreno.
Dalla seconda metà del XVI secolo si consolidò il concetto di Casa tra
l’aristocrazia. Questo termine non definiva solo uno spazio fisico, ma anche
una comunità di sangue e interessi. Di conseguenza, alcuni possedimenti
erano qualcosa in più di una semplice proprietà: si convertirono in simboli
della struttura sociale.
Quando un nuovo proprietario prendeva possesso di una Casa,
adempiva a un rituale antico di secoli: apriva e chiudeva porte e finestre,
tagliava un tronco d’albero, soffiava dalla mano un po’ di terra, etc. È
significativo notare come molti assalti a possedimenti da parte di quadrilles
nemiche comportassero un anti-rituale. Quando una banda assaliva un
possedimento iniziava a demolire porte e finestre. Delle volte recidevano
alberi e appiccavano fuoco. Per finire attaccavano ciò che c’era di più debole:
le donne, che violentavano e poi uccidevano.
Non bisogna dimenticare che le masies erano luoghi di rifugio, e
alcune di esse erano il nucleo di un territorio signorile. Questo potrebbe
spiegare la violenza degli attacchi.
Nel XVI l’agricoltura non bastava a soddisfare i bisogni della
popolazione, la richiesta di mano d’opera era scarsa e l’industria poco
sviluppata, e il commercio nel Mediterraneo era diminuito con l’apertura
8
Borbonet i Macià, Anna: La Masia, Barcellona, 1966
14
della Spagna verso l’Atlantico. L’espulsione dei mori, fece venir meno quella
garanzia commerciale che era esistita fino al tempo dei Re Cattolici, poiché i
musulmani di Spagna avevano costituito un prezioso tramite commerciale
con l’impero turco. Per di più il Principato non aveva accesso al commercio
col Nuovo Mondo, poiché Isabella così aveva deciso dall’inizio del suo
regno: solo i nativi della Castiglia e di León potevano trarre profitti dai
traffici con l’America. Ancora durante il regno di Carlo V, Barcellona
chiedeva all’imperatore di avere accesso al commercio col Nuovo Mondo, ma
questi lo vietò. I banditi sociali sono fuorilegge rurali, considerati criminali
dall’autorità statale, ma che all’interno della società contadina rappresentano
un tipo di giustizia che non può venire dalla Stato. In una situazione del
genere, era normale che gli uomini, che costituivano la forza lavoro, si
allontanassero, almeno per un certo periodo, dall’economia rurale, per
cercare altri introiti.
L’oro e l’argento provenienti dall’America, che contribuirono a
finanziare la politica internazionale degli Austria, transitavano per le terre del
Principato diretti verso Genova: scaricati a Siviglia, passavano per Madrid,
Saragozza e poi Barcellona, dove erano imbarcati per Genova. Quando i
carros de moneda
9
uscivano da Lérida le quadrilles, le bande, si preparavano
all’assalto. Certi bottini contribuirono al finanziamento delle guerre di
religione in Francia, e il contrabbando di cavalli dalla Spagna alla Francia
permise di equipaggiare gli eserciti calvinisti francesi.
Le relazioni tra banditi ed ugonotti iniziarono prima delle guerre di
religione, difatti, gli ugonotti, spesso comandati dal conte di Foix, nutrivano
ostilità verso la diocesi di Urgell. È probabile che la ricchezza di questa
diocesi costituisse una forte tentazione. I canonici di Urgell, nel 1537,
scrissero al viceré di Catalogna: “Lo primer del present mes -settembre- avem
9
Tribó, Gemma: Perot Rocaguinarda. Bandoler del segle XVII, Barcellona, 1989, p. 35
15
scrit y dat avís a la Sacra Magestat de l’emperador y rey nostre senyor de la
entrada dels gascons e francesos y del que s’és seguit, així de la ruïna y
destrucció del lloch de Arcavell, com de la expulsió de dits inimichs; e per
quant som informats se ha dat aquí altra sinistra informació molt diversa del
que és stat, havem tingut a bé significar a V.I.S. que lo que havem scrit a Sa
Magestat és la pura veritat, que los del vescomdat, juncts ab nostres vassalls e
ab lo cònsul e alguns de aquesta ciutat los han seguit, e los del vescomdat
virilment portaren la devantguàrdia e tot lo estol ab molta gana de pelear. Los
han perseguit fins en la sumitat dels ports e totalment expellits de tots los
confínios de la terra de Sa Magestat”.
10
Durante le guerre di religione francesi, gli ugonotti delle volte si
allearono con i banditi, in modo da formare un blocco comune, che Joan
Reglà definisce come una “quinta colonna”
11
del protestantesimo in Spagna.
Generalmente i più disponibili a un cambio di religione sono i più poveri e i
diseredati, che sperano in un miglioramento, inoltre questo cambio potrebbe
essere un modo di girare le spalle al cattolicesimo, che fino a quel momento
non aveva risolto i loro problemi materiali. D’altra parte, il calvinismo
sosteneva la predestinazione, e colui che sbagliava, anche una sola volta, si
sentiva predestinato e senza possibilità di redenzione. Nel calvinismo
esistevano solo il bene e il male, in modo che coloro che si sentivano già
inclusi tra i cattivi, senza più speranze, e convinti che il loro destino fosse già
segnato, e che quindi erano già condannati, non avevano rimorsi di coscienza
nel darsi alla mala vita. Si creò una certa confusione tra banditi e ugonotti,
tanto che è difficile stabilire dove inizi l’interesse politico e termini quello
religioso, poiché il bandito catalano pur essendo cattolico, sovvenzionò, in
alcune occasioni, le guerre di religione. Aiuti che provenivano dalle rapine
commesse dai banditi ai danni dei carros de moneda destinati a Genova.
10
cit. in Reglà, Joan: Bandolers, pirates i hugonots a la Catalunya del segle XVI, Barcellona, 1969, p. 79
11
Ibid., p. 82
16
Secondo l’imperatore, poiché Francia e Spagna erano in pace, preso
atto della situazione delle frontiere, si sarebbe dovuto porre fine alla
confusione, agli abusi e all’uso indiscriminato delle armi causata da una forte
presenza nella zona di banditi e malfattori.
La pressione degli ugonotti diventò considerevole intorno al 1560. Dal
momento in cui Filippo II ebbe piena coscienza dell’espansione dei focolai
ugonotti nel sud della Francia ordinò agli inquisitori di vigilare la frontiera: il
re era convinto che gli immigrati rappresentassero un pericolo di contagio
ideologico, così, l’8 maggio del 1560 scrisse a García de Toledo: “Ya sabèis
en lo que andan en Francia los errores de la mala secta de Lutero y el peligro
que ay de danyarse essa tierra por la vezindad que tiene con la de Francia, y
aunque para evitar esto se procuran todos los remedios posibles, entre ellos
nos ha parecido será que los inquisidores den una vuelta por los lugares desse
principado y condados que stán a frontera de las tierras de Bandome donde
según tenemos entendido es el mayor mal, para prohibir que no salte en ellos,
y aunque siendo cosa que toca a la religión christiana, de la qual vos sois tan
gran zelador, nos ha parecido mandar hacer ésta por deziros y encargaros que
en esto favorezcáis a los inquisidores en todo lo que fuere menester,
mandando a los vegueres, bayles y otras personas que fuese menester les den
toda la gente, ayuda y favor que les pidieren y huviese menester, y si os
pareciere que conviniese más darles algunos de los soldados que residen en la
frontera que vayan en su compañía y siguimiento, que de toda la buena
dirección deste negocio recibiremos de vos mucho contentamiento y
servicio”.
12
Del 16 settembre 1562 sono le prime concrete misure contro gli
immigrati francesi: il viceré ordina che tutti i francesi entrati in Catalogna dal
primo gennaio del 1561 si procurino un billete o bollari che veniva rilasciato
dalle autorità della loro residenza. Coloro, che entrati nel Principato dopo la
12
cit. in Reglà, Joan: Bandolers, pirates i hugonts a la Catalunya del segle XVI. Op. Cit., p. 66