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A tal proposito, questa tesi intende riflettere proprio sull impatto che i
soggetti della rete possono avere nei confronti di un bambino con
Sindrome Down e su come questo possa incidere sulle dinamiche
relazionali e sul processo d integrazione. In particolare, nel primo
capitolo vengono descritti gli aspetti generali concernenti la Sindrome
Down e come essa possa influenzare i vari tipi di sviluppo.
Nel secondo capitolo, invece, viene messo in evidenza il ruolo della
famiglia in presenza di un figlio Down e la principali difficolt che i
genitori devono affrontare. Infatti, la nascita di un figlio Down
rappresenta un evento dirompente per la famiglia. Tale avvenimento
pone problemi complessi, costringendo i genitori, il piø delle volte, a
revisioni delle aspettative, trovandosi infatti con un figlio molto
diverso dalle loro speranze e portatore di angosce per il futuro.
Quindi, la presenza di un bambino Down nel nucleo familiare richiede
un processo adattivo condizionato da molteplici fattori, biologici e
culturali. Oltre a quella familiare, una importante nicchia del bambino
Ł rappresentata dalla scuola e dalla cerchia dei pari. Infatti, nel terzo
capitolo viene analizzata la tematica dell integrazione scolastica
dell alunno Down, introdotta come il risultato di un evoluzione
legislativa verso una maggiore integrazione che ha avuto il suo
culmine nella Legge Quadro n. 104 del 5 febbraio 1992. In tal caso,
7
affinchØ si realizzi una vera e propria integrazione dell alunno Down
nella scuola, bisogna che essa si debba preparare alla sua presenza,
adattando i programmi ed attuando un percorso educativo
individualizzato rispondente ai suoi bisogni particolari e che gli
consenta di raggiungere gli obiettivi prefissati. Entra in campo allora
la figura dell insegnante di sostegno, il cui ruolo fondamentale Ł
quello di fungere da punto di raccordo fra il bambino Down, la classe
e gli insegnanti, e fra la scuola e la famiglia. Infatti, assumer il ruolo
di mediatore relazionale quell insegnante di sostegno, che in
collaborazione con gli insegnanti curricolari, sar in grado di
promuovere la qualit delle dinamiche relazionali t ra il bambino
Down e il gruppo-classe. A questo proposito, Ł maturato il
presupposto di conoscere meglio le strategie che tutto il team docente
pu attivare per tessere le reti di socializzazione tra l alunno Down e
la classe, tra cui: Apprendimento cooperativo e Tutoring .
Dall integrazione scolastica viene analizzato, nel quarto capitolo,
l inserimento nel mondo del lavoro che rappresenta non solo lo
strumento essenziale dell autosufficienza ed il tramite primario della
socializzazione, ma anche l elemento fondamentale della realizzazione
di se stessi, della risoluzione delle problematiche dell autostima e
dell identit . L’avvio di una attivit lavorativa, il recupero parziale di
8
una vita di relazioni, determinano per il giovane Down le occasioni
per un inserimento piø generale nel contesto sociale e costituiscono un
elemento importante al fine della sua crescita psicologica e
relazionale. Il lavoro rappresenta, inoltre, la logica conclusione di tutta
l attivit di inserimento, socializzazione e riabil itazione svolta nelle
et evolutiva.
In questa tesi, volendo analizzare tutte le reti primarie che possono
influenzare il processo di integrazione del bambino Down, viene posta
maggiore attenzione all integrazione scolastica. A tal proposito viene
elaborata un Unit di Apprendimento che si prefigge di favorire
l integrazione del bambino Down all interno del gru ppo-classe,
promuovendo la consapevolezza e la valorizzazione delle diversit e
un educazione fondata sulla solidariet e rispetto reciproco.
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Capitolo primo
CARATTERISTICHE GENERALI DELLA
SINDROME DOWN
1.1 Che cos Ł la Sindrome Down
La Sindrome Down (SD) Ł una anomalia dello sviluppo associata a
ritardo mentale 1. Pur essendo gi stata identificata nel Sedicesimo
secolo, ha avuto il suo inquadramento nosologico solo nel 1866 ad
opera di John Haydon Langdon Down, l illustre medico inglese da cui
prende il nome. Egli ha dedicato tutta la sua vita allo studio e alla cura
di bambini con anomalie psichiche, e per primo ha descritto le
caratteristiche di un gruppo di bambini con ritardo mentale e tratti
orientaleggianti del viso, definendoli come affetti da idiozia
mongoloide . Tale termine, tuttavia, Ł oggi considerato inappropriato
e discriminatorio concordemente da genitori ed esperti. Pertanto,
concernemente ai suoi studi, egli not alcune cara tteristiche comuni a
degli individui con ritardo mentale, come i capelli lisci, un naso
piccolo, un viso largo e gli occhi a mandorla 2. Evidentemente,
J.Down ai suoi tempi non poteva fare altro che un rapporto clinico,
1
MCCLURG E., (1986) Il vostro bambino down, Ed. Armando, Roma, 1991, p. 11
2
ZAMBON H., (1996) La persona con Sindrome di Down, ED. Il Pensiero Scientifico, Roma, p.
21
10
ovvero l esposizione dei piø importanti e frequenti sintomi, non
essendo assolutamente disponibili conoscenze genetiche. Difatti, nel
complesso dei sintomi osservati e descritti, sono risultati significativi
per il dottor Down la morfologia del viso e, soprattutto, il deficit
dell intelletto. Il merito di J. L. Down va comunque in parte condiviso
con le osservazioni di altri autori. Infatti, negli stessi anni, Seguin,
esperto in pedagogia, pubblicava a New York un libro sull Idiozia e
il suo trattamento con il metodo fisiologico , all interno del quale
individu il cretinismo furfuraceo . Nel 1883, Shu ttleworth,
considerato uno degli esperti della sindrome, definiva questi bambini
come non finiti , osservando che, di solito, erano gli ultimi nati della
fratria. Considerando gli anni in cui Ł stata identificata tale sindrome,
si potrebbe immaginare che le sue origini siano molto giovani, ma
alcuni manufatti, addirittura antecedenti l era Cristiana, sembrano
spostarne la comparsa molto piø indietro nel tempo. Solo molti anni
piø tardi, nel 1959, Ł stata scoperta la vera causa di tale patologia per
merito di un genitista francese, Jerome Lejeune. Egli ha identificato
nelle cellule dei soggetti affetti da SD, la presenza di un cromosoma
soprannumerico nella coppia 21, associando a tale patologia
un origine di tipo genetica. Per questo, da allora a tale patologia Ł
stato attribuito anche il nome di Trisomia 21 . Ci rca nel 95% dei
11
casi, la causa di questa anomalia genetica Ł dovuta dalla mancata
disgiunzione dei cromosomi durante una delle divisione meiotiche che
portano alla formazione dei gameti di un genitore; ne consegue che il
zigote avr un assetto di 47 cromosomi, con un crom osoma 21
soprannumerico in tutte le cellule dell individuo affetto, anzichØ il
normale numero diploide di 46 cromosomi tipici della specie umana.
La presenza di un cromosoma in piø nella coppia 21 in tutte le cellule
dell individuo viene definita trisomia libera (Figura 1). In tal caso,
circa nell’ 85-90 % dei casi di trisomia 21 libera il cromosoma
soprannumerario Ł di origine materna e nel 10-15 % dei casi Ł di
origine paterna. Altri due forme di separazione cromosomica
imperfetta sono responsabili delle rimanenti nascite Down. Una, nota
come traslocazione, si verifica nel 3-4 % dei casi quando il
cromosoma in piø si spezza durante la divisione cellulare, trasloca e si
attacca ad un altro cromosoma. Tuttavia la trasloc azione non
determina automaticamente la Sindrome Down, ma in molti casi pu
verificarsi senza provocare nessun effetto visibile nel bambino. Infatti,
molte persone normali presentano questa alterazione cellulare che Ł
per loro del tutto benigna 3. La terza forma di trisomia 21, il
mosaicismo, Ł estremamente rara e si verifica solamente in circa l 1 %
3
MCCLURG E., (1986) op. cit. p. 12.
12
FIGURA 1. Trisomia 21 libera , cariotipo 47. XY
(+21)
di tutte le nascite con Sindrome Down. In questa forma di trisomia 21,
la divisione cellulare avviene in modo difettoso dopo la fecondazione.
Quindi, l analisi cromosomica dimostrer allora la presenza di una
trisomia 21 a mosaico, perchØ coesistono due linee cellulari, una
trisomica ed una non alterata 4.
Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato una relazione tra l et
dei genitori e l incidenza di nascite Down. In effetti, vi Ł un et
materna, a partire dai 35 anni, in cui l incidenza della Sindrome Down
Ł in costante aumento. Nonostante non si hanno alcune certezze sul
perchØ l et materna sia correlata alla nascita Down, alcuni scienziati
hanno ipotizzato alcune teorie per chiarire l aumentato rischio. Tra le
4
FERRI R., (1996) Il bambino con la Sindrome Down, tecniche di intervento nei primi anni, Ed.
Il pensiero scientifico, Roma, p. 1.
13
differenti teorie Ł stato riscontrato che poichØ una donna nasce con
tutti gli ovuli necessari ad avere figli, quando ella ha trentacinque anni
anche i suoi ovuli hanno trentacinque anni, il che pu significare che
hanno superato la loro migliore fase di sviluppo e sono diventati meno
capaci di funzionare normalmente 5. Altre ipotesi sono state formulate
per spiegare l incrementato rischio di anomalie cromosomiche in
relazione all aumento dell et della madre. Una di queste prende in
considerazione il fatto che le donne con et avanza ta sono esposte per
un periodo maggiore a fattori ambientali, come agenti chimici e
radiazioni, che potrebbero danneggiare il loro materiale genetico degli
ovuli e causare la Sindrome Down. Secondo alcuni studi anche l et
paterna incide sulle nascite Down; infatti, Ł stato rilevato che la
difettosa separazione cromosomica nello spermatozoo, avviene
maggiormente in uomini con piø di quarantanove anni. Per quanto
l incidenza della Sindrome Down accresci con l aume ntare dell et
genitoriale, rimane comunque da sottolineare che nessuna et , per
quanto giovane sia, Ł indenne in assoluto da tale rischio. Infatti, alcune
ricerche hanno rilevato un notevole aumento delle nascite Down
anche nelle madri e padri ventenni o anche piø giovani. Un ulteriore
fattore di rischio di nascite Down Ł stato riscontrato quando i genitori
5
MCCLURG E., (1986) op. cit. p. 12
14
hanno concepito gi precedentemente un figlio affet to da Sindrome
Down. In tal caso, la probabilit di avere una seco nda gravidanza con
la stessa anomalia Ł dell 1% circa, almeno che il primo feto non
avesse una Sindrome Down da traslocazione , la probabilit risulter
maggiore.
1.2 La Diagnosi Prenatale della SD
Recentemente si sono diffusi una larga scala di test diagnostici
prenatale che valutano, unitamente alla predittivit legata all et della
madre, il rischio di avere un bambino con Sindrome Down o affetto da
altre anomalie cromosomiche. La certezza diagnostica che un feto sia
affetto da un anomalia cromosomica, infatti, Ł ottenibile soltanto
mediante test diagnostici invasivi, esaminando le cellule embrionali, al
fine di determinarne il cariotipo mediante la villocentesi o
un amniocentesi. La villocentesi, detta anche prelievo dei villi coriali,
si esegue dalla 9 -10 settimana di gestazione in p oi e consiste nella
biopsia di una piccola quantit di tessuto placenta re. Per quel che
concerne l amniocentesi, invece, consiste in un prelievo di circa 20 ml
di liquido amniotico che contiene cellule di sfaldamento della cute del
feto, su cui viene fatta l analisi cromosomica. L a mniocentesi si
effettua in genere dalla 15 settimana di gestazion e. Entrambe si
eseguono inserendo un ago sottile attraverso la parete addominale sino
15
ad attraversare la parete uterina, penetrando poi direttamente nella
placenta (villocentesi) o nel sacco gestazionale (amniocentesi). Gli
esami invasivi come amniocentesi e villocentesi hanno un grado di
attendibilit assoluta, ma comportano un rischio di perdita precoce
abortiva dell’1%. Un ulteriore test diagnostico invasivo Ł la
cordocentesi che viene effettuata dalla 18 settimana di gestaz ione in
poi. La cordocentesi si esegue introducendo un ago attraverso la parete
addominale materna, prelevando una piccola quantit di sangue fetale
dai vasi del cordone ombelicale. Analogamente ai precedenti test
diagnostici invasivi, la cordocentesi Ł un esame che deve essere
effettuato solo in casi di eccessiva necessit perc hØ Ł presente un
rischio di aborto molto elevato, pari al 2% circa (Figura 2). Per la
diagnosi del Down si dispone anche di metodiche non invasive, che
permettono di analizzare il feto «dall esterno», senza rischi di
alterazioni o danni per la madre o per il nascituro.
FIGURA 2. Tecniche di Diagnosi Prenatale Invasiva
VILLOCENTESI
(9 -10 settimana)
Rischio di aborto 1%
AMNIOCENTESI
(15 -18 settimana)
Rischio di aborto 1%
CORDOCENTESI
(18 -20 settimana)
Rischio di aborto 2%
16
Le metodiche di diagnosi prenatale non invasive, attualmente piu in
uso, sono l Ecografia, la valutazione della Translucenza nucale, il
Tritest e il Bitest. L Ecografia, nata negli anni 60 , rappresenta il
primo strumento di indagine prenatale che ha rivoluzionato il concetto
di assistenza alla gravidanza. Essa si basa sulla capacit dei tessuti di
riflettere particolari onde sonore chiamati ultrasuoni. Quindi, permette
di avere un immagine dell interno dell utero e de l feto. La possibilit
di rilevare un anomalia dipende dalla dimensione e dalla posizione del
feto e dell utero, dalla quantit di liquido amniot ico e dallo spessore
della parete addominale materna; perci Ł possibile che tali anomalie
possano sfuggire all esame ecografico. Nell ambito dello screening
ecografico per il riconoscimento della Sindrome Down ha assunto,
oggi, particolare rilievo lo studio della Translucenza nucale (NT).
Essa Ł un esame ecografico che consiste nella misurazione dello
spessore di edema sottocutaneo a livello della nuca del feto. Un
aumentato spessore della translucenza nucale pu as sociarsi ad una
maggiore frequenza di anomalie cromosomiche (in particolare la
sindrome di Down) o ad altri difetti strutturali del feto. Questo esame
viene effettuato tra la 10 e la 14 settimana di g estazione. Per quel
che concerne il Tritest, consiste in un prelievo di sangue che la
gestante pu effettuare tra la 15 e 17 settimana di gravidanza. Esso
17
permette di valutare la presenza di tre sostanze prodotte in parte dalla
placenta ed in parte dal fegato del feto: l alfafetoproteina, l estriolo
non coniugato e la beta-gonadotropina corionica. I risultati ottenuti
vengono inseriti in un computer che, con un apposito programma, li
elabora prendendo in considerazione alcuni parametri come: l et
materna, il peso corporeo della madre, la settimana di gestazione
datata ecograficamente, la presenza di patologie materne, e
un eventuale gravidanza gemellare. Successivamente, un elaborazione
di tutti questi dati fornir un numero che esprimer la probabilit della
gestante di poter avere un figlio affetto da Sindrome Down. Il Tritest
non d alcuna certezza, ma permette di identificare quelle donne che
potrebbero decidere di sottoporsi ad un’ amniocentesi, avendo un
rischio piø elevato di partorire un bambino Down. Il Bitest e’
sostanzialmente sovrapponibile al Tri-test, infatti si tratta anche in
questo caso di una stima di rischio. Esso ha il vantaggio di poter
essere eseguito piø precocemente tra la 11 e la 14 settimana di
amenorrea. Il risultato dipender dall analisi dell’ et mater na
rapportata al dosaggio di due ormoni: la Gonadotropina Corionica e la
Plasma Proteina Associata alla Gravidanza (PAPP-A). In tal caso, la
Gonadotropina Corionica aumenter in caso di malatt ie cromosomiche
mentre la PAPP-A diminuir .