senso di frustrazione e si trasforma negli anni a seguire in totale disinteresse. Fino a che non si
giunge al voto europeo del 1979 che rappresenta il risveglio dei giovani, il ritorno verso una forma
di attivismo che è poi rinnovato interesse
2
. Su questo punto i politici s’interrogano in un convegno
tenutosi nel marzo del 1979 a Perugia proprio in vista della consultazione elettorale per Strasburgo.
Tema del dibattito è cercare di capire perché l’ideale Europa sia per i giovani in una certa misura
sostitutivo dell’attivismo sessanttottesco. Un convegno che alla fine si limita solo a constatare che
per le nuove generazioni l’Europa rappresenta un buon motivo per tornare alla partecipazione
politica, poiché nella Cee i giovani vedono uno strumento in grado di mutare anche i vertici politici
interni. Vedono cioè nella votazione dell’assemblea di Strasburgo un modo per riscattare la
delusione del ’68.
In secondo luogo c’è un altro elemento che segna ed accompagna l’Italia dalla fine degli anni ’60
fino ai giorni nostri, il terrorismo. Di matrice “nera” e poi “rossa”, con i suoi attacchi più o meno
mirati, destabilizza fortemente la già precaria governabilità del paese. Con il gravissimo attentato di
Piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969), che viene inizialmente attribuito al gruppo degli
anarco-insurrezionalisti e si rivela invece essere poi di matrice “nera”, e poi con il tentato colpo di
stato di Valerio Borghese ( 7-8 dicembre 1970), un atto sempre di matrice “nera” che vede coinvolti
i più alti vertici militari e dello stato italiano in un tentato golpe a emulazione di quello dei
Colonnelli in Grecia, si avvia in Italia la “strategia della tensione”. Il ruolo della stampa risulta
fondamentale per far emergere queste trame politiche sommerse. Il tentato colpo di stato avviene
infatti nel più totale silenzio istituzionale. Solo dopo anni sono le pagine de “L’Espresso” ad
informare gli italiani del pericolo scampato. Si prosegue poi con la nascita delle Br, nel 1970, con la
strage del treno Italicus (4 agosto 1974), con il rapimento (16 marzo 1978) e poi con l’uccisione del
leader Dc Aldo Moro (9 maggio 1978) da parte delle Br e con la strage della stazione di Bologna (2
2
Il “Corriere della Sera” documenta infatti con alcuni articoli le iniziative giovanili rivolte all’Europa, ( seminari e
gruppi di lavoro).
2
agosto 1980)
3
. Colpo su colpo il terrorismo provoca l’irrigidimento dei partiti, che si arroccano su
posizioni sempre più intransigenti, e distrugge la credibilità delle istituzioni dello Stato, che appare
ormai agli occhi della società civile come impotente davanti al terrore dei “nuovi partiti armati”. Ma
più in generale i primi anni ’70 rappresentano un periodo di paralisi economica ed istituzionale per
tutti i paesi e ancora di più per l’integrazione di un’Europa a nove che fatica a crescere. Primo
significativo sintomo di questo raffreddamento dei rapporti all’interno della Comunità europea è la
crisi petrolifera, che investe tutte le società fortemente industrializzate tra il 1972 e il 1973. Nei
confronti dell’aumento del greggio, che in sette anni per decisione dell’Opec duplica il suo prezzo
al barile, ogni paese della Comunità europea attua una linea nazionale, e quindi del tutto
indipendente, di intervento. Agisce cioè per proprio conto. Dopo il fallimento del vertice di
Copenaghen (14-15 dicembre 1974), che elabora solo delle linee generali di risparmio energetico
comune, la stretta dipendenza delle economie nazionali europee costringe ogni paese a dare la
precedenza ai propri problemi economici interni. Proprio nei primi anni ’70 la Ceca per questo
motivo cambia la sua funzione. Si trasforma in una istituzione che serve a liquidare gradualmente la
produzione di carbone dei paesi europei. E’ sempre la Ceca che affronta le conseguenze
economiche di questa ristrutturazione
4
. In venti anni quindi il passaggio dal carbone al petrolio è
totale nei paesi europei. L’Italia nei primi anni ’70 vanta una dipendenza dall’oro nero dell’83 per
cento. Il nostro paese insieme all’Inghilterra raccoglie i frutti più amari delle decisioni Opec
riguardo ai prezzi del greggio.
Tuttavia a destare i nove paesi della Comunità europea dal profondo sonno in cui la crisi economica
li ha relegati è il vertice di Parigi del dicembre 1974. La risposta alle conseguenze paralizzanti
lasciate dalla crisi energetica è il rafforzamento delle istituzioni europee. Il vertice parigino decide
infatti l’istituzionalizzazione dei Consigli europei, che dal ’74 si tengono tre volte l’anno. Gli
incontri tra i capi di stato e di governo dei paesi comunitari, accompagnati dai rispettivi ministri
3
M.L. Salvadori, Storia dell’età contemporanea, Torino, Loescher, 1990, pg 1354.
4
Giuseppe Mammarella e Paolo Cacace, Storia e politica dell’Unione europea, Roma-Bari, Laterza, 1998, pg 160.
3
degli Esteri, che fino a quel momento erano stati dettati dalla necessità ed erano “non-istituzionali”,
diventano adesso istituzione comunitaria a tutti gli effetti. Ma per la nostra trattazione la cosa che
più interessa è la conseguenza che il carattere troppo confederale della riforma porta con sé: la
proposta di attuazione dell’elezione diretta del Parlamento di Strasburgo da parte del governo
francese. “Giscard d’Estaing propose per la prima volta l’elezione a suffragio universale diretto
dell’Assemblea parlamentare europea. La consultazione popolare si sarebbe svolta, secondo regole
da stabilire, a partire dal 1978
5
”. Vero è che l’elezione a suffragio diretto era già prevista nei
Trattati di Roma (art. 138), ma è altrettanto vero anche che proprio per l’avversione del governo
francese l’idea della legittimazione popolare del parlamento europeo non era mai stata presa in
considerazione. La riproposizione del problema da parte francese costituisce il primo passo verso la
votazione del 10 giugno 1979.
5
Ibidem, pg 167.
4
CAPITOLO PRIMO
IL PERCORSO VERSO IL VOTO EUROPEO
Abbiamo detto che il governo francese apre la strada, con la sua proposta, al voto europeo. Ma
numerosi altri eventi storico-politici concorrono alla attuazione dell’art 138 del Trattato di Roma.
Per riuscire a comprenderli è necessario quindi fare un’analisi temporale più ampia, partendo dal
biennio 1975-1976, che coincide con la totale paralisi dell’attività comunitaria. Tutti i leader dei
paesi europei sono infatti in quegli anni impegnati a risolvere i problemi nazionali derivati dalla
crisi economica. I governi d’Europa rispondono all’aumento della disoccupazione dilatando la spesa
pubblica per mantenere alti i livelli dei consumi. Esempio calzante di questo orientamento è l’Italia.
Il governo Andreotti III, che domina la scena politica italiana nel 1976, si pone come obiettivo la
riduzione del deficit della bilancia dei pagamenti e del tasso d’inflazione. Per raggiungere questa
meta viene svalutata la moneta in modo da favorire la produzione e l’esportazione dei prodotti
“made in Italy”. I primi risultati positivi arrivano già a metà del 1977, la bilancia dei pagamenti
torna infatti all’attivo. Ma di lì a pochi mesi si presentano anche gli aspetti negativi: il rallentamento
della produzione industriale e l’aumento (dell’1 per cento) della disoccupazione, fenomeno che
investe in modo particolare i giovani italiani fra i venti e i trenta anni. In profonda crisi sono poi il
settore chimico e quello siderurgico, quei comparti dell’industria italiana che hanno trainato il boom
economico del nostro paese negli anni ’60 e che ora, alla fine degli anni ’70, pagano direttamente il
peso della crisi economica mondiale. L’incapacità della classe politica di risollevare le sorti
economiche del paese e le conseguenti pressioni sociali dei sindacati e della società civile
determinano una “politica di cautela” da parte dei partiti. Nessuna componente partitica vuole
scardinare il fragile equilibrio interno che ormai tra le falle del sistema lascia intravedere
all’orizzonte il pericolo di nuove elezioni anticipate.
A partire dalla seconda metà del 1977 e dai primi mesi del 1978 i paesi europei, compresa l’Italia,
cominciano a venire fuori dalla paralisi della crisi istituzionale della Cee. Un passo importante
5
contro l’involuzione dell’economia è infatti rappresentato dal Consiglio europeo di Copenaghen (7-
8 aprile 1978), nel quale si registra il consenso dei paesi comunitari alla creazione di un sistema
monetario europeo. Solo dopo i consigli di Brema e Bruxelles però prende vita, il 13 marzo 1979, lo
Sme, un meccanismo di cambio monetario comune che mette tutte le valute europee in rapporto di
cambio all’Ecu, l’unità monetaria di riferimento, per evitare e prevedere le oscillazioni delle valute
comunitarie. Lo Sme è approvato immediatamente da Germania, Francia, Danimarca e Benelux,
l’Inghilterra entra nel 1990. L’Italia, travolta dal rapimento e dall’uccisione di Aldo Moro e dalla
precarietà del governo di solidarietà nazionale, in un primo momento rifiuta di far parte dello Sme.
Un rifiuto che dura solo qualche giorno, il tempo che Andreotti s’incontri a Siena con Schmidt.
Inizia infatti, subito dopo l’incontro senese, il dibattito alla Camera e al Senato sull’adesione
italiana al sistema monetario europeo. La mozione, presentata dal democristiano Galloni, ottiene
270 voti favorevoli contro i 225 contrari del Pci e i 52 astenuti del Psi. L’Italia aderisce allo Sme
6
.
Da questo momento il Pci esce dal sostegno esterno alla maggioranza di governo e torna
all’opposizione. Conseguenza di questa mutata situazione politica è la crisi del governo di
solidarietà nazionale presieduto da Andreotti. Uno scossone che porta ad imboccare la strada delle
elezioni anticipate, che s’intrecceranno con la consultazione europea.
Ma facciamo un passo indietro. A determinare la crisi del governo di solidarietà nazionale
concorrono anche altri elementi. Primo fra tutti, come abbiamo già visto, la difficile situazione
economica dell’Italia causata dalla crisi mondiale. Il secondo elemento è rappresentato dagli
scandali finanziari che vengono alla luce in questi anni e che evidenziano l’alto livello di corruzione
presente nella vita pubblica. Parliamo del caso Michele Sindona, del fenomeno delle tangenti ai
partiti da parte delle compagnie petrolifere (1974) e dello scandalo Lockheed. Il caso Michele
Sindona, un finanziere che aveva costruito un impero economico che ruotava intorno agli interessi
di Dc, Vaticano e mafia, desta particolare scalpore nell’opinione pubblica. Lo stato tuttavia cerca
anche di correre ai ripari. Per porre rimedio al fenomeno delle tangenti infatti il Parlamento vara
6
Ibidem, pg 177.
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