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1. Introduzione. La carenza di farmaci: cause e contesto.
Negli ultimi anni e soprattutto nell’ultimo periodo, segnato dalla pandemia di COVID-19, il
problema della carenza di farmaci (“drug shortage”) è emerso con forza e urgenza crescente.
Ad oggi, la lista ufficiale dei farmaci carenti pubblicata da AIFA (Agenzia Italiana del
Farmaco) raggruppa circa 1500 prodotti farmaceutici.
La complessità del fenomeno e delle interconnessioni tra le cause che ne sono alla base,
giustificano, a livello globale, una crescente preoccupazione.
Bati pensare, che dal punto di vista pratico, l’aumento del numero di prodotti farmaceutici
carenti sta causando considerevoli difficoltà da parte dei farmacisti (ospedalieri e non), che
sono chiamati a contrastare la carenza trovando soluzioni alternative clinicamente efficaci ed
economicamente sostenibili.
Questo sforzo è necessario per evitare pesanti impatti sui pazienti, come:
▪ “Migrazione sanitaria” per avere accesso alle cure;
▪ Insuccesso del trattamento;
▪ Interruzioni del trattamento (omissione delle dosi di medicinale talvolta con
▪ conseguenze gravi);
▪ Sostituzione con alternative meno efficaci o più costose (che potrebbero essere
▪ non sempre rimborsate);
▪ Rischio di un aumento di reazioni avverse (ADR).
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) definisce carente “un medicinale non reperibile
sull’intero territorio nazionale, in quanto il titolare dell'autorizzazione all'immissione in
commercio (AIC) temporaneamente non può assicurarne una fornitura appropriata e
continua.”
Dunque, quando si parla di “carenza” ci si riferisce a:
▪ una mancanza temporanea del farmaco dovuta, ad esempio, a problemi produttivi e/o
distributivi (tali condizioni tendono generalmente ad esser risolte nel breve/medio
termine);
▪ un’interruzione permanente della fornitura del farmaco a seguito, ad esempio, di un
ritiro dal mercato da parte del titolare dell’autorizzazione all’immissione al
commercio.
La carenza di un farmaco non è da confondersi con la sua momentanea indisponibilità sul
mercato a seguito di “distorsioni distributive”, legate al fenomeno dell’importazione parallela.
Nell’UE, l’importazione parallela (parallel trade) si verifica quando i grossisti di farmaci
acquistano i prodotti negli stati membri dove viene praticato un prezzo più basso,
rivendendoli in altri paesi europei dove hanno un costo maggiore. In caso di riduzione dei
margini sia le farmacie che i grossisti potrebbero essere portati a guardare con interesse alla
distribuzione parallela per aumentare i ricavi. Questo genera anche il cosiddetto “traffico
inverso”, illegale nei paesi dell’Unione Europea, che avviene quando i magazzini di
distribuzione farmaceutica ottengono medicinali dalle farmacie del territorio anziché dalle
aziende produttrici o da altri magazzini. Questi fenomeni distorsivi possono essere alla base di
temporanea indisponibilità di farmaci.
Rappresentativo è il caso del pramipexolo, farmaco per il trattamento del morbo di Parkinson,
che può essere acquistato in Italia ad un prezzo 5 volte inferiore di quanto viene venduto in
Germania. Dato il forte interesse economico, la diretta conseguenza è che il farmaco in Italia è
divenuto sostanzialmente irreperibile.
L’emergenza Coronovirus non ha fatto altro rendere evidenti alcuni rischi già presenti nella
supply chain di molti farmaci.
Infatti, nella primavera del 2020, quando l’emergenza legata al COVID-19 entrava nel vivo,
molti stati membri dell’UE hanno rilevato preoccupanti carenze di alcuni medicinali. In
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particolare, tra questi erano compresi quelli utilizzati nelle terapie intensive (es. anestetici,
miorilassanti, antibiotici) e quelli utilizzati per combattere le infezioni da coronavirus.
Emblematico è stato il caso della idrossiclorochina (commercializzato dalla Sanofi con il
nome di Plaquenil). Questo principio attivo, originariamente utilizzato come antimalarico e
contro alcune malattie croniche come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico,
durante l’emergenza di COVID-19 è stato impiegato in emergenza per il trattamento delle
infezioni da SARS-CoV-2 (COVID-19). In poche settimane, in tutta Italia sono aumentate le
segnalazioni di forti difficoltà nel reperire in farmacia questo farmaco.
Il caso della idrossiclorochina scoppiato nella primavera 2020 è stato particolarmente
enfatizzato dai mass media e quindi è arrivato a coinvolgere in maniera netta l’opinione
pubblica.
Aldilà della situazione assolutamente straordinaria ed emergenziale che si è creata in
particolar modo nella primavera 2020, la pandemia di COVID-19 ha sicuramente contribuito
a far sì che la problematica relativa alla disponibilità di farmaci e al loro elevato costo sia
diventato argomento centrale del dibattito pubblico e politico dell’UE e degli USA.
Le cause del fenomeno sono complesse, profonde e di diversa natura. Solo a prima vista, la
carenza di farmaci, può essere interpretata come una indisponibilità di materiale o come una
incapacità/impossibilità del produttore di recapitare il farmaco sul mercato.
In realtà, la carenza di farmaci è legata a un mix di aspetti economici/geo-economici, di
business e di produzione/fornitura.
Figura 1: i fattori che contribuiscono alle carenze di farmaci
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I fattori scatenanti sono molteplici:
▪ Problematiche legate alla produzione.
Ad esempio, vi può essere la difficoltà a reperire una materia prima. Oppure, la non
conformità le norme di buona fabbricazione (Good Manufacturing Practice, GMP) o
la scoperta di un difetto qualitativo in un lotto di produzione, potrebbero avere come
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D. Tolomeo, JD K. Hirshfield, D. L. Hustead, Engage with Health Authorities to Mitigate & Prevent Drug
Shortages, 2020.
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risultato il ritiro dalla distribuzione sul mercato o il richiamo del farmaco.
Esemplificativo è il caso dei farmaci iniettabili e sterili, perché caratterizzati da
processi di produzione particolarmente complessi. Inoltre, si consideri che ad oggi gli
acquirenti finali (pazienti e operatori sanitari) dispongono di informazioni limitate per
poter valutare il sistema di qualità di una azienda produttrice e poter collegare il
farmaco ai siti produttivi dove è stato prodotto. La mancanza di informazioni non
permette ai mercati (specialmente quelli più maturi) di premiare le aziende con solidi
sistemi di qualità e/o penalizzare i produttori che non investono in modernizzazione
dei siti e impianti produttivi. Di conseguenza, i produttori potrebbero essere spinti a
ridurre i costi minimizzando gli investimenti in materia di qualità, con il conseguente
rischio di problemi che potrebbero causare interruzioni della fornitura.
▪ Problematiche di business ed a carattere regolatorio.
Tendenzialmente un ridotto numero di produttori è pronto ad investire risorse su
farmaci “datati”, spesso meno redditizi. Fattori come scarsi incentivi finanziari e
modifiche ai requisiti normativi, potrebbero disincentivare le aziende alla produzione
di alcuni farmaci (es. generici “datati”). In particolare, il settore dei farmaci generici è
caratterizzato da una fortissima competitività che si gioca quasi esclusivamente sul
costo finale e che causa una grande incertezza disincentivando gli investimenti. È stato
evidenziato che, recentemente, troppo spesso i contratti commerciali sono
caratterizzati da una “corsa al ribasso”. (1)
Inoltre, in presenza di margini di profitto ristretti, i costi necessari alla garanzia del
rispetto delle norme di buona fabbricazione potrebbero non essere più coperti. Oppure,
le ridotte risorse messe a disposizione per la gestione della qualità e degli affari
regolatori potrebbero portare alla sottomissione di documentazione incompleta e
quindi al ritardo dell’autorizzazione all’immissione in commercio.
Infatti, si consideri che quando una azienda chimco-farmaceutica intende aumentare la
propria capacità produttiva, modificando un sito produttivo esistente o costruendone
uno nuovo, dovrà ottenere l’autorizzazione di diverse autorità regolatorie (soprattutto
nei mercati più “restrittivi” come USA o UE). Inoltre, se un nuovo produttore volesse
entrare in un mercato come quello europeo o statunitense per andare a sopperire alla
carenza di un farmaco, dovrà sviluppare e sottoporre alle autorità regolatorie una
corposa documentazione prima di ricevere l’autorizzazione all’immissione al
commercio.
Infine, la disponibilità di un farmaco potrebbe essere influenzata anche da metodi di
distribuzione restrittivi, come accordi commerciali che rendono il farmaco di un certo
produttore disponibile solo ad alcuni sistemi sanitari.
▪ Inatteso incremento delle richieste di un determinato farmaco.
Quando un titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio entra in un nuovo
mercato, la domanda relativa al farmaco potrebbe essere erroneamente sottostimata.
Lo squilibrio tra domanda e offerta, potrebbe causare delle carenze temporanee.
L’aumento della richiesta potrebbe essere legato a fenomeni sociali. Ad esempio,
emblematico è il fenomeno dell’incremento del consumo di antibiotici, che dal 2000 al
2015 ha segnato un +39%. (3)
A tal proposito, ad esempio, l’antibiotico piperacillina/tazobactam (PIP/TAZO) è
soggetto a carenza globale dal 2018 ed è attualmente attenzionato da AIFA. (2)
▪ Emergenze sanitarie nei paesi di produzione.
Diverse sedi di produzione di medicinali sono situate al di fuori dell’UE e alcune si
trovano in paesi che presentano sistemi regolatori immaturi o inaffidabili. Come
abbiamo recentemente imparato, improvvisi focolai epidemici possono mettere la
fornitura di principi attivi o intermedi provenienti da paesi esteri. Simile effetto può
scaturire anche a seguito di calamità naturali (inondazioni, terremoti, esplosioni