5
ammobiliare casa.
3
C’è un’IKEA da intendere come il volto dolce della
delocalizzazione, infatti se pur nel periodo compreso tra il 1997 e il 2001 «la
percentuale della produzione realizzata nei paesi in via di sviluppo è cresciuta
dal 32% al 48%»
4
concentrandosi soprattutto in Asia, l’azienda svedese
«rispetta i diritti umani e ambientali». Perlomeno formalmente.
5
C’è ancora
l’IKEA come religione, con un proprio leader, Ingvar Kamprad, e un proprio
testo sacro: Testamento di un commerciante di mobili.
6
C’è l’IKEA strategia
commerciale costantemente tesa a fornire di se un’immagine pulita, familiare
e limpida. C’è l’IKEA fenomeno mediatico in grado di fare precedere
l‘apertura di qualsiasi nuovo megastore da applausi, critiche, polveroni,
interpellanze comunali.
7
C’è l’IKEA un fenomeno editoriale, se si considera
che il catalogo IKEA nella sua edizione del 2007, con 191 milioni di copie
distribuite in 56 paesi e 27 lingue, supera «la diffusione della Bibbia».
8
C’è
l’IKEA buona madre di tutti i suoi dipendenti, o, come vengono definiti nel
3
«Offrire un vasto assortimento di articoli d’arredamento belli e funzionali a prezzi così vantaggiosi
da permettere al maggior numero possibile di persone di acquistarli» questa è l’idea commerciale
di IKEA in Inter IKEA System B.V., IKEA, Facts & Figurese IKEA Group 2007, cit., pp. 4-5; cfr.
inoltre Read Me, rivista internazionale interna di Ikea, n. 1 marzo 2006.
4
Cfr. Terry Slavin, Trying to assemble a perfect reputation, «The Observer», Londra, 25 Novembre
2001, p.10.
5
Cfr. Inter IKEA System B.V., IKEA, Social and Environmental Responsibility 2007, IKEA Services
AB, aprile 2008; pp. 7-16; Massimo De Luca, Le condizioni di lavoro nella catena di fornitura Ikea.
Case Studies, in http://www.equonomia.it/ricerca.asp?articolo_sezione=2.
6
Ingrid Kamprad, Testamento di un commerciante di mobili, citato per esteso nella biografia
autorizzata di Ingvar Kamprad, scritta da Bertin Torekull, Un design, un destin. La saga Ikea, Michel
Lafon, Parigi, 2000.
7
A titolo di esempio si guardi la rassegna stampa de «La Repubblica» a proposito dell’ apertura del
megastore di Mungivacca, presso Bari. Si sono rintracciati nel periodo compreso tra Marzo e
Maggio 2007 ben 13 articoli che affrontano l’argomento.
8
Oliver Bailly, Jean Marc Caudron, Denis Lambert, Tra mito e silenzi l’ emporio della scaffale
griffato, in «Le monde diplomatique», Dicembre 2006. I tre autori sono rispettivamente un
giornalista free lance, segretario generale e ricercatore della ong belga Oxfan Magazine du Monde,
autrice di una vasta ricerca sull’impatto ambientale e sociale di IKEA.
6
«Report IKEA Italia 2007», «collaboratori che condividono con l’azienda
valori, obiettivi ed entusiasmo».
9
Ma oltre questa storia di felicità esiste anche un’IKEA poco conosciuta. Sono i
lati posti in penombra, che non vengono notati immediatamente poiché
nascosti dagli aspetti più noti, ma che esistono. È questa l’IKEA che
nasconde la sua reale struttura societaria ed è restia a fornire i propri bilanci.
Dietro alle intuizioni, agli aneddoti di vita, ai vizi e alle virtù del suo fondatore,
Ingvar Kamprad, o, Mister IKEA,
10
si nasconde un’IKEA complessa, in cui è
difficile riuscire a stabilire i confini tra le varie scatole societarie che la
compongono e di conseguenza il rapporto tra l’industria di mobili,
ufficialmente in mano alla società Swedwood, i megastore e le reti
distributive. Pochi, in questo dominio i dati certi: IKEA non è infatti una società
per azioni. Se volessimo essere rigorosi dovremmo attenerci a due dati
giuridicamente certi. IKEA, il colosso economico, è un semplice marchio
registrato di proprietà della Inter IKEA Systems, società che controlla le
immagini e le norme dell’IKEA “way of life”. Per il resto l’arcipelago di tutte le
imprese IKEA, come «in una fitta nebbia», è controllato, attraverso una
holding, da una fondazione, la Stichting INGKA Fondation.
11
Ci si rende
subito conto che le due teste sopra menzionate corrispondono a due distinti
domini attraverso i quali opera e sviluppa IKEA: quello strettamente
economico e quello culturale. Quest’ultimo lungi dall’esaurirsi nella semplice e
9
Inter IKEA System B.V., Report IKEA Italia 2007, 2008, pp. 31-33.
10
Nanni Delbecchi, Il signor Ikea, Marsilio 2007.
11
Oliver Bailly, Jean Marc Caudron, Denis Lambert, IKEA, Che cosa nasconde il mito della casa
che piace a tutti?, Anteprima Edizioni, Torino, settembre 2007; Oliver Bailly, Jean Marc Caudron,
Denis Lambert, Tra mito e silenzi l’ emporio della scaffale griffato, cit.
7
fine a se stessa “inondazione” del mondo con batterie di mobili
standardizzati, assume un significato prettamente politico, se si considera la
visione strategica del gruppo svedese: il «miglioramento della vita quotidiana
della maggior parte delle persone».
12
Nell’epoca della globalizzazione delle
economie e dei gusti, IKEA ha assunto una posizione di tipo
«socialdemocratico»: marchio multinazionale certamente, ma a differenza di
tante altre aziende criticate dalle ong, IKEA opera nel rispetto dell’ ambiente e
dei suoi lavoratori. Le crepe, però non mancano e le critiche dei suoi
dipendenti, precari e non, per le condizioni contrattuali e per i turni di lavoro,
ne costituiscono un evidente esempio.
13
Questa tesi mira appunto a studiare tutte queste diverse sfaccettature che
vanno a costituire l’universo IKEA, coniugando due differenti punti di vista: da
quello puramente economico riguardante l’espansione del mercato in mano
all’IKEA, nel mondo e in Italia; a quello culturale nel cui dominio rientra il
messaggio e la conseguente dinamica globalizzante di cui IKEA è profeta.
Questo nella consapevolezza che IKEA è divenuta ormai un vero e proprio
fenomeno e caso economico, sociale e politico. Come afferma la giornalista
Laura Taccani, «IKEA è un caso di costume prima che di marketing e
economia, su cui si interrogano sociologi, architetti e politici».
14
12
Inter IKEA System B-V., IKEA, Facts & Figurese IKEA Group 2007, cit., pp. 4-5.
13
In Oliver Bailly, Jean Marc Caudron, Denis Lambert, Dietro l’immagine di una azienda “etica”,
Ikea in India: un lavoro da smontare, cit. sono riportate numerose testimonianze di lavoratori Ikea
di paesi asiatici dove la multinazionale svedese ha delocalizzato. Non mancano testimonianze di
lavoratori italiani in http://forum.studenti.it/storie-precariato/680483-ikea-food-service.html.
14
Laura Taccani, La storia stile impero, in «La Repubblica delle donne», n. 230, dicembre 2000,
p.85.
8
La prima parte di questo studio è dedicata all’origine di IKEA. Partendo dalla
ricostruzione del miracolo “self made man” di Ingvar kamprad, si cercherà di
porre l’attenzione sulle caratteristiche dell’ambiente sociale e culturale
svedese, elementi che puntualmente si ritrovano nello spirito IKEA. Ritengo
infatti che solo tenendo in considerazione il substrato culturale svedese sia
possibile focalizzare quella dimensione familiare, ecologica e gentile che
rappresenta ancora oggi il tratto caratteristico di un’industria nel frattempo
divenuta un colosso dell’ economia mondiale. Cercheremo di porre l’accento
sulla capacità della neonata IKEA di rompere l’accerchiamento operato dalle
altre aziende del mobile operanti nella Svezia dei primi anni Cinquanta,
attraverso oculate innovazioni in ambito organizzativo e nel marketing.
Esamineremo lo sviluppo dell’azienda attraverso gli anni. Successivamente,
nella seconda parte, andremo ad esaminare i fatturati, l’andamento della
produzione e delle vendite. Nella terza parte porremo l’ attenzione sulle
tecniche del gruppo svedese. Dall’ossessione per il prezzo basso all’IKEA
“way of life”, l’oculata strategia commerciale che in tempi di mobilità e
precarietà diffusa fornisce mobili adeguati al momento storico, non perdendo
mai di vista la tradizionale gentilezza e familiarità di cui IKEA è esempio
tangibile. Nella quarta parte esamineremo la struttura societaria e il ruolo
centri di comando, compresi tra i poli di Delft in Olanda, dove si elaborano le
strategie e Almhult, in Svezia, culla di IKEA; passando attraverso la nebulosa
di fornitori e subfornitori, magazzini e centri di distribuzione sparsi sul globo.
Analizzeremo, in particolare il rapporto tra produzione e distribuzione. La
quinta parte si focalizzerà sulla presenza di IKEA in Italia, considerato che il
nostro Paese è il quarto fornitore di mobili e complementi d’arredo al mondo.
9
Analizzeremo bilanci, espansione, rapporti di proprietà e polemiche striscianti
incontrate in ogni occasione d’apertura di nuovi megastore. Successivamente
nella sesta parte cercheremo di descrivere l’IKEA sociale. Partendo da una
generale definizione di responsabilità dell’azienda, che riprendiamo dalle
teorie dello statunitense A. B. Carrol,
15
andremo a delineare il modo con cui
IKEA ha reagito alle critiche degli anni Ottanta e Novanta circa la posizione
dell’azienda nei confronti dell’ambiente e della tutela dei lavoratori. Vedremo
la capacità di IKEA di cogliere sistematicamente la palla al balzo non solo per
immunizzarsi rispetto a tali argomentazioni («IKEA rispetta le regole» come
afferma Francesca Caferri)
16
ma anche per lanciare una immagine
commerciale di azienda pioniera per il rispetto dell’ambiente e «buona
mamma» tanto con i propri dipendenti quanto nel servizio della popolazione.
Andremo a guardare alle innumerevoli campagne di beneficienza portate
avanti dal colosso svedese e alla partnership con ong affermate, che hanno
contribuito a differenziare la multinazionale svedese da marchi come Nike,
Shell, Wal-Mart, Coca Cola, Nestlè, Mc Donald, spesso oggetto di critiche per
il loro ruolo nell’ambito del sistema di omologazione dei consumi.
17
Cercheremo poi, nel paragrafo dedicato alle conclusioni, di tracciare un
quadro complessivo del gigante IKEA, sforzandoci, sulla base degli elementi
15
A. B. Carrol, The pyramid of corporate social responsibility, Toward the mural management of
organizational stakeholders, «Business Horizons», vol. 34, n.4, pp. 39-48.
16
Francesca Caferri, FENOMENI DI MASSA: La globalizzazione dolce di Mr. IKEA, in «La
Repubblica delle donne», n. 353, maggio 2003, p.70.
17
Si noti che in No Logo, la Bibbia del movimento antiglobalizzazione, IKEA è citata
esclusivamente per la sua capacità di essere riuscita «a trasformare merce anonima in un prodotto
di marca». Nessun accenno di critica sul fronte sociale e ambientale, sulla gestione del personale e
sul suo ruolo nella globalizzazione, a differenza di altre importanti multinazionali. Naomi Klein, No
Logo, Baldini & Castoldi, 2001, p. 40.
10
descritti, di capire le ragioni del suo successo economico e sociale nell’epoca
della società di massa.
11
Capitolo 1
Una storia svedese
1.1 Il contesto socio - culturale svedese
Tutti i grandi marchi multinazionali, proprio perché destinati ad essere
commercializzati ad una platea transnazionale di consumatori, tendono a
cancellare la loro specificità territoriale.
18
Il marchio IKEA rappresenta una
eccezione, se si considera che della “svedesità” ha fatto il proprio tratto
caratteristico. È la stessa IKEA nel sito www.ikea.com (un lungo prospetto
che descrive nel dettaglio – quasi
19
tutti gli aspetti dell’universo
dell’azienda), a parlare di «nostre origini svedesi» ed affermare che «non è
un caso» che il logo di IKEA sia giallo e blu».
20
Nel caso di IKEA è dunque
essenziale una preventiva analisi del contesto ambientale e socio-culturale
che caratterizza il Paese della multinazionale del mobile. Intendiamo
muoverci seguendo lo stesso criterio che Nanni Delbecchi utilizza nella sua
intervista a “Mr. IKEA”. Il giornalista lucchese, unico italiano ad aver
18
Oliver Bailly, Jean Marc Caudron, Denis Lambert, IKEA, Che cosa nasconde il mito della casa
che piace a tutti?, cit., p.40.
19
Il sito www.ikea.com fu mandato in rete nel 1997. Si noti che in esso solo la parte relativa alla
struttura societaria del gruppo IKEA appare molto limitata e vaga. Cfr. Inter IKEA System B.V.,
Informazioni sul Gruppo IKEA,
http://www.ikea.com/ms/it_IT/about_ikea_new/facts_figures/About_IKEA_Group/index.html.
20
Il ricorso ai colori giallo e blu riguarda anche altri aspetti dell’ immaginario IKEA. Ad esempio all’
ingresso di ogni megastore IKEA, sventolano due distinte bandiere: una è quella della nazione in
cui si trova l’ enorme parallelepipedo commerciale, l’altra è la bandiera gialla con croce blu,
emblema della Svezia e simbolo di IKEA in tutto il mondo. Gli stessi megastore sono colorati di
giallo e blu e, per finire, lo stesso catalogo IKEA destinato al prestito ha sulla copertina due soli
colori: il blu e il giallo. Cfr. Inter IKEA System B.V., IKEA 2008, CATALOGO IN PRESTITO, agosto
2007.
12
intervistato Kamprad, fa precedere il suo incontro con il “mitico” fondatore
dell’azienda da una dettagliata descrizione del paesaggio e della società
svedese.
21
Il parallelo tra IKEA e Svezia emerge dallo stesso significato
dell’acronimo IKEA. scrive Francesca Caferri che «nelle intenzioni del suo
fondatore, Ingvar Kamprad, il marchio IKEA era solo un concentrato del suo
mondo: I come Ingvar, K come Kamprad, E come Elmataryd, la fattoria di
famiglia e A come Agunnarryad, il suo villaggio natale»
22
nello Smaland,
regione della Svezia meridionale. Geograficamente lo Smaland è in
prevalenza costituito da un altopiano boschivo, dove il terreno è mescolato a
sabbia e a ciottoli: ciò lo rende sterile, eccetto che nelle zone costiere, oltre
che inadatto all’agricoltura tranne che in poche limitate aree. La provincia
dello Smaland si estende fino al Mar Baltico ed è ricca di laghi e pantani. A
causa della vicinanza con il mare il clima è più secco e le precipitazioni sono
più frequenti rispetto al più rigido Nord.
23
Come tutta l’area scandinava, anche
nello Smaland si assiste ad una notevole differenze tra le ore di luce in
inverno e in estate, oscillanti tra 20 ore e 6 ore di luce nei mesi di punta.
24
21
Nanni Delbecchi, Il signor Ikea, cit. Il viaggio attraverso la Svezia è presentato in forma
romanzata, ma questo, probabilmente aiuta ancora di più a porre l’ accento sulle peculiarità della
regione scandinava. Come dichiara lo stesso autore, l’intervista venne fatta nel marzo 2001,
successivamente fu pubblicata in “Ventiquattro” magazine del Sole24Ore nel maggio successivo,
prima di essere ripresentata nel libro in questione. Cfr, S.D.V. Mr. IKEA, I suppose, in InaltriTermini,
n.27, ottobre 2007, p. 26.
22
Francesca Caferri, FENOMENI DI MASSA: La globalizzazione dolce di Mr. IKEA, cit.
23
Nuova enciclopedia universale Rizzoli Larousse, RCS Rizzoli Libri spa, 1989, p. 785; Touring
Club Italiano, Svezia, ed. Touring Club Italiano, 2005; pp. 5 – 7. Britton Claes, La Svezia e gli
svedesi, Svenska Instituten, 1999, pp.1 – 2; Hans Hellerbg, Svedesi e natura, Stoccolma, Istituto
Svedese, 1999, pp. 14 – 51; Homely Planet, Svezia, Edt srl, 2006, pp. 75 – 86; James Proctor, Neil
Roland, Svezia, Vallardi Editore, 2003, pp.200 – 206.
24
Cfr. Nanni Delbecchi, Il signor Ikea, cit., p. 16; «La notte di mezza estate non è mai del tutto
buia, dovunque ci si trovi nel Paese e fino ad agosto in quasi tutta la Svezia la luce dura fino a
tardi» Hans Hellerbg, Svedesi e natura. cit., p.11
13
Dal punto di vista economico, nel XIX secolo la regione fu soggetta ad una
forte ondata migratoria, soprattutto verso il Nord America, dovuta alle
condizioni di crescente povertà e alla limitatezza delle risorse disponibili. Nel
XX secolo lo sviluppo di un dinamico tessuto imprenditoriale arrestò il
fenomeno migratorio e ne invertì il trend. Lo Smaland divenne una delle
regioni a più alto tasso occupazionale della Svezia attraendo molti svedesi
dal nord del paese.
25
Favorita, senza dubbio, dalla fortissima diffusione della
Chiesa evangelico luterana, la Svezia è stata tra le prime nazioni europee a
riconoscere piena uguaglianza ai suoi cittadini ponendosi all’avanguardia
nella concessione delle libertà politiche e nella distribuzione dei benefici
derivanti dal welfare-state.
26
La socialdemocrazia e la Chiesa luterana hanno
plasmato un paese fortemente dinamico nell’ambito economico, dove il 90%
dell’industria è in mano ai privati e, nello stesso tempo, le politiche
governative all’insegna dell’egualitarismo hanno contribuito a creare un
benessere diffuso e tutelato. Negli anni Novanta, tuttavia, il governo si è visto
costretto a ridurre la spesa pubblica elevata che fino ad allora aveva
sostenuto il welfare-state (soprattutto in ambito sanitario), varando politiche di
austerità che hanno avuto ripercussioni soprattutto nella diminuzione dei
servizi sociali. Nell’ambito sociale invece, il tradizionale rigore tipico dei paesi
25
Istituzionalmente la Svezia è una monarchia costituzionale. Il potere del sovrano, dal 1975, ha
una funzione meramente formale e cerimoniale, naturale sbocco dell’erosione dell’iniziale potere
assoluto iniziata a partire dal 1917 quando, l’allora re Gustavo V fu costretto a cedere porzioni del
suo potere a vantaggio della formazione partitica socialdemocratica, la quale, depuratasi dall’
elemento rivoluzionario, ha retto le sorti della Svezia quasi ininterrottamente fino a pochi anni fa.
Uniche parentesi ai gabinetti retti dai socialdemocratici sono stati pochi mesi del 1936, gli anni
compresi tra il 1976-1982 e tra il 1991-1994. alle legislative del 2006 il partito socialdemocratico è
stato sconfitto e il premier Persson si è dimesso. Cfr. Nuova enciclopedia universale Rizzoli
Larousse, cit. p. 355.
26
Jorgen Weibull, Storia della Svezia, Svenska Instituten, 1996, pp.111 – 147.
14
del nord si è fuso con il classico spirito tollerante.
27
La lettura di Delbecchi
consente di cogliere numerosi aspetti umani e comportamentali che vanno al
di là delle fredde coordinate precedentemente descritte. Emerge un quadro
particolarmente idilliaco, fin dal paesaggio caratterizzato da immense distese
di verde incontaminato intervallate da città geometricamente ordinate in cui,
le costruzioni edilizie sono regolate da leggi che disciplinano il minimo
dettaglio.
28
Gli svedesi vengono poi rappresentati come umanamente
rispettosi, proverbialmente precisi, parsimoniosi, creativi, perfezionisti, attenti
a coniugare le proprie esigenze individuali con il rispetto della natura, abituati
a considerare il lavoro come un valore eppure in grado di coltivare gli aspetti
più frivoli della vita.
29
In ambito sociale i problemi comunque non mancano e
sono quelli tipici della società del benessere: dal tradizionale alcolismo
30
,
tipico dei paesi del Nord, alle nuove forme di depressione e all’incremento del
numero dei suicidi (dovuti molto spesso al mobbing lavorativo)
31
, quella
27
«La Svezia è anche conosciuta per il suo approccio liberale nei confronti del sesso, nel senso di
intelligente educazione al sesso. Senza falsi bigottismi la Svezia infatti è stata per esempio una
delle prime nazioni al mondo ad introdurre l’educazione sessuale nelle scuole».
www.svezia.cc/caratteristiche-della-popolazione-svedese.html - 24k - . Cfr. Britton Claes, La Svezia
e gli svedesi, cit., pp. 10 -11
28
Cfr. Casa e territorio in Scandinavia: Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, verso gli anni '80:
mostra organizzata dall'Ente autonomo per le fiere di Bologna in collaborazione con l'Associazione
italiana prefabbricazione per l'edilizia industrializzata AIP, nell'ambito dell'11.SAIE, Salone
internazionale dell'industrializzazione edilizia: Bologna, 11-19 ottobre 1975, Ordinamento e
allestimento della mostra a cura dell'Ente autonomo per le fiere di Bologna con la collaborazione di
Giorgio Trebbi e Mario Zaffagnini, pp. 83 – 96.
29
Cfr. Britton Claes, La Svezia e gli svedesi, cit., p. 3; Nanni Delbecchi, Il signor IKEA, cit., pp. 7-
101.
30
In Svezia lo Stato possiede il monopolio sulla vendita al dettaglio di alcolici, questo perché l’
abuso di alcol è stato indicato come problema di importante rilevanza sociale e l’ estromissione dei
privati è stata individuata come strada per favorire un “consumo responsabile” di alcolici. Cfr.
Parlamento Europeo, Commissione per i problemi economici e monetari, Il modello Svedese, 23
maggio 2000, www.europarl.europa.eu.
31
Si noti che la Svezia è stato il primo paese dell’Unione Europea a dotarsi di una legge nazionale
sul mobbing nel marzo 1994. Attualmente l’ incidenza del mobbing sul numero complessivo dei
15
svedese risulta una popolazione certamente non priva di problemi.
32
Nell’immaginario collettivo la Svezia viene infatti sistematicamente associata
al verde della natura
33
, all’ordine pubblico, alla precisione, ad elevati livelli di
ricchezza e uguaglianza sociale. Si tratta, come abbiamo accennato, di una
visione idilliaca e forzata. A questo poetico spaccato si richiama, neanche
troppo occultamente, la stessa IKEA per rivendicare “le nostre origini
svedesi”. E così, la serenità del paesaggio svedese è associata ai luminosi
colori e ai naturali materiali utilizzati nell’ assortimento IKEA.
34
L’ uguaglianza
politica e sociale, biglietto da visita della regione scandinava, viene messa in
relazione con la mission aziendale del gruppo «di creare una vita quotidiana
suicidi, è stimata attorno al 15%. Cfr. Repubblica Italiana, Camera dei deputati, Proposta di legge n.
5493, 15 dicembre 2004.
32
«In Svezia il suicidio causa circa 1.500 morti all’anno. Giusto per fare un paragone, circa 600
persone muoiono ogni anno in incidenti stradali. Verosimilmente, le donne svedesi sperimentano
episodi depressivi due volte più degli uomini. Tuttavia, ci sono più suicidi tra gli uomini. Le
percentuali tra gli adolescenti sono notevolmente aumentate, e nel gruppo di età compreso tra i 15
e i 44 anni il suicidio è la principale causa di morte. La depressione è l’esperienza più comune tra le
vittime di suicidio più anziane, mentre l’alcolismo è la diagnosi più comune in quelle più giovani».
Cfr. dott. Bengt J. Säfsten Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale Universitario, Uppsala,
Svezia, Dolentium Hominum - Atti della XVIII Conferenza Internazionale, promossa ed organizzata
dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, 13-14-15 novembre 2003. Cfr. anche per una
indicazione sui problemi sociali svedesi Francesco Saverio Alonzo, Svezia, nel regno della mamma
finta i matrimoni eguagliano i divorzi, «Avvenire», 13 Ottobre 2005; Renato Cascioli, Calo delle
nascite in Svezia, svanisce il mito del welfare, «Avvenire», 13 ottobre 2005. Tuttavia è da segnalare
che, da fonti svedesi, l’alto numero dei suicidi viene considerato una sorta di mito, nato durante la
guerra fredda quando il presidente statunitense Eisenhover «schizzò un’immagine cupa e
sconvolgente del modello svedese». La Svezia considera il suicidio una «semplice causa di
morte», sulla cui entità sono raccolti dati che rapportati alle cifre inesatte degli altri paesi europei, in
cui il suicidio è considerato un tabù da nascondere, dimostrerebbero che la media dei suicidi in
Svezia non è così difforme da quella europea. Cfr. Britton Claes, La Svezia e gli svedesi, cit., p.11.
33
«Nel cuore di ogni svedese la natura occupa un posto particolare. Frequentare l’ambiente
naturale con una certa regolarità è indispensabile per lo svedese, che nella natura libera e
incontaminata ritrova se stesso dopo il caos della vita quotidiana». Il riferimento alla natura per lo
svedese costituirebbe quindi oggi uno sfogo al termine di giornate caratterizzate da duro lavoro e
«da dipendenza dal capo e dai propri clienti». Per una analisi completa del rapporto tra gli svedesi
e la natura si guardi, Hans Hellerbg, Svedesi e natura, cit. pp. 6 -7.
34
Inter IKEA System B.V., Le nostre origini svedesi, Lo stile di vita svedese,
http://www.ikea.com/ms/it_IT/about_ikea_new/our_business_idea/swedish_heritage/index.html.
16
migliore per la maggior parte delle persone».
35
È spontaneo però chiedersi in
che misura questo legame sia reale e in che misura invece, corrisponda ad
una strategia di marketing volta a differenziare IKEA dalle altre multinazionali
“apolidi”.
1.2 La favola di Ingvar Kamprad, il futuro Mr. IKEA
La storia di IKEA è strettamente intrecciata a quella del suo padre fondatore,
Igvar Kamprad. Le vicende personali del futuro Mr. Ikea «si confondono, si
completano e si sostentano»
36
con quelle della sua creatura. Sui primi passi
del colosso svedese le fonti abbondano. Probabilmente si tratta della parte
più nota di tutta la vicenda “ikeana”
37
. Igvar Feodor Kamprad nacque nel 1926
a Agunnaryd, un piccolo villaggio a pochi chilometri da Almhult (futura sede
del design Ikea), nello Smaland. Secondo il sito di IKEA, le difficoltà
economiche, dovute alla scarsità delle risorse, che questa regione conobbe
nel XIX secolo, come ricordato nel precedente paragrafo, temprarono un tipo
35
Ibidem.
36
Oliver Bailly, Jean Marc Caudron, Denis Lambert, IKEA, Che cosa nasconde il mito della casa
che piace a tutti?, cit., p. 17-18.
37
Bertin Torekull, Un design, un destin. La saga Ikea, cit.; Nanni Delbecchi, Il signor IKEA, cit.;
Inter IKEA system B.V., La nostra storia,
http://www.ikea.com/ms/it_IT/about_ikea_new/about/history/index.html; Oliver Bailly, Jean Marc
Caudron, Denis Lambert, IKEA, Cosa nasconde il mito della casa che piace a tutti, cit., p. 17-24;
Francesca Caferri, FENOMENI DI MASSA: La globalizzazione dolce di Mr. IKEA, cit.; Laura
Taccani, La storia stile impero, cit.; Erick Gunnar Trjo, Soffro di Ikea, luci e ombre dell’ impero del
mobile, cit., pp. 32-37; Oliver Burkeman, The miracle of Almhult, the Guardian, 17 giugno 2004 poi
ripreso e tradotto in Oliver Burkeman, The miracle of Almhult, Internazionale, 20 agosto 2004; Il
gigante del mobile discount, art. non firmato, in «La Repubblica», 5 dicembre 2002, p. 19; S.D.V.
Mr. IKEA, I suppose, cit.; Marina Verna, Mr. Ikea, l’uomo che battezza i comodini, «La Stampa», 31
marzo 2006; Federica Bochi, Ingvar Kamprad, L’ imperatore del legno,
http://biografie.studenti.it/biografia.htm?BioID=1755&biografia=Ingvar+Kamprad; Michela Nacci, Vi
presento il signor IKEA, l’uomo che ci ha cambiato la vita, «L’Occidentale», 23 Dicembre 2007,
http://www.loccidentale.it/node/10935; Vittorio Del Tufo, IKEA: Storia di un marchio, «Il Mattino», 5
ottobre 2003; Riccardo Staroccia, IKEA, l’uomo che si fece da solo,« Armonica-mente magazine»,
n.4, aprile-maggio 2005.
17
umano particolare abituato a lavorare duramente, a vivere con poche risorse
e a impegnarsi per sfruttare al meglio il poco disponibile
38
. Nel già citato
Testamento di un commerciante di mobili
39
, attraverso una serie di aneddoti è
descritta la vicenda umana di Kamprad, l’esempio del “self made man”, la
leggenda vivente, la dimostrazione che partendo dal nulla è possibile creare
un impero
40
. Fin da bambino il futuro Mr. IKEA mostra enorme propensione
verso l’attività imprenditoriale, acquistando scatole di fiammiferi a 88
centesimi per poi rivenderli porta a porta sfusi a 5 lire.
41
Il profitto ottenuto
venne reinvestito in altre attività: dall’allevamento ittico ai semi da
giardinaggio, fino alle penne stilografiche, alle cinture e agli orologi. Kamprad
seguiva passo dopo passo la sua piccola attività: acquistava in grossi
quantitativi la merce presso rivenditori in città e poi la rivendeva
singolarmente, muovendosi prima con la sua bicicletta e poi con il furgone del
lattaio, di villaggio in villaggio. A 17 anni, ancora studente dell’Istituto tecnico
di Goteborg, ricevette un piccolo gruzzolo dal padre come premio per il
profitto negli studi. Kamprad, molto diligentemente, utilizzò quel denaro e i
risparmi, parsimoniosamente accumulati, per fondare una società di vendita
per corrispondenza: IKEA. Il meccanismo era abbastanza semplice:
attraverso una serie di pubblicità sui giornali locali piazzò le merci disponibili
(penne, portafogli, cornici, orologi, calze in nylon) e successivamente,
38
Inter IKEA System B.V., Le nostre origini svedesi, Le nostre radici nello Smaland,
http://www.ikea.com/ms/it_IT/about_ikea_new/our_business_idea/swedish_heritage/index.html.
39
Bertin Torekull, Un design, un destin. La saga Ikea, cit.
40
“Se c’è un uomo che si è fatto da solo, pezzo per pezzo, montante dopo montante, quello era
proprio il signor Ikea”. Crf. Nanni Delbacchi, Il signor IKEA, cit., p. 81; Cfr. inoltre Riccardo
Staroccia, IKEA, l’uomo che si fece da solo, cit.
41
Cfr. Emilio Piervincenzi, IKEA, l’aria in una stanza, «Affari & Finanza», 6 ottobre 1997, p. 10.
18
attraverso il servizio postale, rifornì il cliente. Nel 1948 IKEA per la prima
volta introdusse i mobili nel suo assortimento, soprattutto pezzi prodotti da
artigiani che abitano nelle vicinanze di casa Kamprad. Il primo complemento
d’arredo prodotto fu la poltrona Rut.
42
Nella denominazione dei mobili prodotti
da IKEA non vengono utilizzate le tradizionali combinazioni alfa-numeriche,
ma nomi propri. Secondo alcuni racconti Kamprad non sarebbe stato in grado
di memorizzare il codice attribuito ad ogni complemento d’arredo né di
pronunciarlo poiché dislessico.
43
In realtà, è evidente che attribuire agli
oggetti nomi propri, li rende all’orecchio degli acquirenti molto più familiari
poiché facili da ricordare. La denominazione del mobile fu il primo elemento di
rottura tra IKEA e la tradizionale industria mobiliera. L’origine di IKEA rivela
un Kamprad sicuramente innovatore e capace di ragionare per traguardi
semplici e immediati da raggiungere, ma anche un Kamprad parsimonioso, e
meticoloso… secondo la tradizione dello Smaland. Con questa immagine di
Kamprad è necessario confrontarsi, per comprendere i caratteri imposti fin
dall’origine, al brand della sua creatura.
42
Inter IKEA System B.V., Facts & Figures, IKEA Group 2007, cit., p. 13.
43
Federica Bochi, Ingvar Kamprad, L’ imperatore del legno, cit.