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INTRODUZIONE
L’energia può essere ragionevolmente considerata la base della realtà così
come noi la conosciamo. Senza di essa non potrebbe nascere né svilupparsi
alcuna forma di vita. Ne era convinto Albert Einstein, il quale poneva
l’energia al centro della sua visione dell’universo:
“Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste.”
Ciò nonostante, si sente spesso parlare di problema energetico: molte
delle problematiche che affliggono l’uomo, siano esse sociali, economiche,
politiche, militari o ambientali, hanno come fattore scatenante una richiesta
di energia in continuo aumento. Basti pensare alle guerre per
l’accaparramento di giacimenti petroliferi, alle condizioni di instabilità
politica dei territori ricchi di queste risorse o all’inquinamento ambientale
causato dall’utilizzo massiccio di fonti fossili.
È in questo contesto che si inseriscono le fonti energetiche rinnovabili
come valida alternativa ai combustibili fossili. Sempre più Paesi nel mondo
stanno convertendo il proprio sistema di produzione di energia in modo da
renderlo green, ovvero ad emissioni nulle (o quasi). Grazie ai loro sforzi
nel campo della ricerca e dell’innovazione, infatti, l’efficacia degli impianti
fotovoltaici, eolici, idroelettrici, geotermici, ha subito una crescita non
indifferente e si prospetta che continuerà a farlo in futuro.
La maggior parte delle fonti energetiche rinnovabili però ha un limite
strutturale invalicabile, in quanto è non programmabile: non è possibile
stabilire a priori quanto a lungo e con quanta intensità splenderà il sole,
soffierà il vento o si agiteranno le correnti marine. Non c’è quindi modo di
predire la quantità di energia prodotta da uno stabilimento in un intervallo
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di tempo, né tantomeno di farla coincidere con la domanda da parte degli
utilizzatori. Una delle soluzioni più efficaci al problema prevede l’impiego
dei sistemi di accumulo: si tratta di apparati che permettono di
immagazzinare energia quando è in eccesso e di rilasciarla nel momento in
cui viene richiesta.
Tra le varie tecniche esistenti per l’immagazzinamento di energia, negli
ultimi anni sta riscuotendo particolare interesse la possibilità di utilizzare
l’idrogeno in funzione di vettore energetico. Pur essendo l’elemento
chimico maggiormente diffuso sul pianeta, questo è per la quasi totalità
combinato con altre sostanze a formare molecole, delle quali l’acqua è la
più comune. L’idea è quindi quella di ricavare idrogeno puro da questi
composti, per poi convertirlo in energia quando e dove serve.
Innanzitutto l’idrogeno va prodotto: i metodi utilizzabili sono numerosi,
così come le materie prime dalle quali ottenerlo, e possono essere suddivisi
tra tecniche di produzione tradizionali e alternative. Sebbene si basino
sull’uso di fonti fossili e siano quindi causa di inquinamento, le prime sono
attualmente le più diffuse per motivi di convenienza economica e di
maturità tecnologica. Le seconde invece non prevedono alcun tipo di
emissione nociva ma sono scarsamente impiegate a causa degli alti costi
degli impianti o della scarsa efficienza.
Dopo una procedura di purificazione, gli step successivi prevedono lo
stoccaggio, il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno. A tal fine, questo
può essere conservato allo stato gassoso (e quindi essere compresso in
giacimenti sotterranei, in apposite bombole o nei gasdotti), liquido (e
viaggiare in container criogenici a temperature bassissime) o legato con
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altre sostanze (in questo caso può anche assumere la forma solida). I
problemi in tale ambito sono legati alla sicurezza (scelta dei materiali) e
all’assenza di un’adeguata rete di condutture e di stazioni di rifornimento.
Una volta giunto al consumatore, l’idrogeno viene oggi riconvertito in
energia principalmente tramite celle a combustibile (fuel cell, FC). A
differenza dei classici motori termici, il cui funzionamento sfrutta il calore
generato dalla combustione del gas, le FC si avvalgono di una reazione
elettrochimica per generare direttamente energia elettrica e sono quindi
caratterizzate da una maggiore efficienza. Inoltre l’inquinamento originato
dal loro utilizzo è pressoché nullo, essendo il vapore acqueo l’unico
prodotto di scarto, e si adattano ad una quantità incredibile di applicazioni.
Il principale ostacolo alla diffusione dell’idrogeno è costituito dai costi
d’investimento e di esercizio dell’intera filiera di rifornimento, dalla
produzione all’utilizzo. Benché le potenzialità di questo gas nella sfida alla
decarbonizzazione siano ormai note da molto tempo, la mancata
competitività economica non permette alle tecnologie che lo utilizzano di
svilupparsi e diffondersi nel mondo. Fortunatamente, grazie ai continui
incentivi e progetti sostenuti da governi, aziende ed investitori, è da diversi
anni che si assiste ad una progressiva riduzione dei costi.
Comunque, i suoi ambiti di applicazione sono già numerosi. La quasi
totalità dell’idrogeno oggi prodotto viene impiegato come materia prima
nei processi industriali di produzione e di raffinamento. La restante parte è
invece utilizzata come combustibile in applicazioni spaziali, nelle turbine a
gas o nelle fuel cell per applicazioni stazionarie, portatili o nei trasporti.
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Il fine ultimo che si propone questo elaborato è quello di progettare un
sistema che soddisfi le richieste energetiche di un campus universitario
sfruttando la combinazione di stazioni per la produzione di energia da fonti
rinnovabili e un meccanismo di produzione ed accumulo di idrogeno.
Poiché i dati utilizzati a tale scopo sono stati forniti dall’Università degli
Studi di Salerno, la pianificazione è stata customizzata per l’ateneo in
questione. Per poter verificare l’effettiva attuabilità del progetto, è stato
necessario studiare preventivamente la condizione in cui versa il sistema
energetico globale e di riportare storia, stato dell’arte e possibili sviluppi
futuri delle tecnologie a idrogeno.
La tesi è articolata in otto capitoli.
Il primo presenta il problema energetico a livello mondiale, con un
approfondimento sui combustibili fossili, sulle fonti di energia rinnovabili e
sui sistemi di accumulo.
Il secondo capitolo introduce la molecola di idrogeno, spiegandone le
caratteristiche chimico-fisiche ed il suo ruolo come vettore energetico.
Il terzo propone un ventaglio di tutte le principali metodologie di
produzione dell’idrogeno, che siano attualmente impiegate o in fase di
sviluppo, ognuna con i propri limiti e punti di forza.
Il quarto capitolo si occupa delle varie tecniche di stoccaggio, trasporto e
distribuzione dell’idrogeno, terminando con un focus sulle stazioni di
rifornimento per i veicoli stradali.
Il quinto invece focalizza l’attenzione sulle celle a combustibile,
presentandone struttura, funzionamento, tipologie e rendimenti.
Il sesto capitolo è incentrato sui costi d’investimento necessari a garantire
lo sviluppo di un’economia a idrogeno.
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Il settimo vuole trattare i diversi ambiti di applicazione dell’idrogeno e
descrive brevemente alcuni progetti pilota.
L’ottavo capitolo, infine, inizia sottolineando l’importanza dei progetti
volti alla sostenibilità ambientale degli atenei universitari, per poi entrare
nel merito della pianificazione tecnica ed economica del sistema di
accumulo di energia ad idrogeno per il campus di Fisciano dell’Università
di Salerno.
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1 IL PROBLEMA ENERGETICO
La società odierna fonda la quasi totalità delle proprie attività sull’energia
elettrica: illuminazione, industrie, comunicazioni e una quota sempre
crescente dei trasporti. È quindi possibile affermare che oggi l’uomo
dipenda in buona parte dall’elettricità e che deve ad essa il proprio tenore
di vita. Il processo evolutivo che ci ha condotti alla situazione attuale è
stato indubbiamente lungo e articolato ma è solo a partire dalla seconda
metà del Settecento, con le rivoluzioni industriali, che si è assistito ad uno
sviluppo considerevole.
Aspetti storici, economici ed ambientali del problema
Prima del 1760 il lavoro, fosse esso agricolo, artigianale o commerciale,
veniva svolto manualmente dall’uomo o al più con l’ausilio degli animali.
La successiva invenzione e diffusione della macchina a vapore rivoluzionò
totalmente l’economia mondiale, portando alla nascita e all’affermazione
del sistema industriale moderno. Lo sviluppo tecnologico permise
l’impiego del tutto innovativo di risorse inanimate, come il legno ed il
carbone, per produrre energia meccanica e non più solo termica e luminosa.
Un secolo dopo, l’introduzione dell’elettricità e di nuovi combustibili,
primo fra tutti il petrolio, diede una nuova e formidabile spinta al sistema
produttivo e dei trasporti, dando inizio alla seconda rivoluzione industriale.
Negli anni successivi si assistette ad un utilizzo sempre più intensivo di
risorse minerarie quali carbone, petrolio e gas naturali, ma anche di origine
animale, come l’olio di balena, nei processi produttivi e nella conversione
in energia elettrica. Ciò portò ad un sostanziale miglioramento della qualità
di vita e quindi ad una crescita demografica a livello globale, nonché a
continue invenzioni e innovazioni nel campo dell’industria. Il conseguente
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aumento della domanda di queste risorse ha dato vita ad un circolo
“virtuoso” che è andato avanti fino agli anni ‘70.
Sebbene i vantaggi portati da questo incessante sviluppo tecnologico,
economico e sociale siano indiscutibili, l’uomo non ha tenuto in conto le
conseguenze negative che potevano derivarne. Fino alla seconda metà del
Novecento, infatti, le risorse apparivano abbondanti e l’energia era quindi
disponibile a basso costo. A partire dal 1970 però, l’offerta petrolifera
conobbe la prima battuta di arresto ed i Paesi sviluppati del mondo
(emisfero settentrionale) dovettero iniziare a fare i conti con quello che poi
prenderà il nome di problema energetico e che persiste tuttora.
Il cuore del problema risiede nel fatto che la quasi totalità delle risorse
utilizzate fino a quel momento (e in larga parte ancora oggi) sono tutt’altro
che inesauribili. Si tratta infatti di fonti energetiche non rinnovabili,
ovvero il cui tasso di generazione naturale è molto lento rispetto alla
velocità di estrazione ed utilizzo da parte dell’uomo. La diretta
conseguenza è un veloce esaurimento delle scorte globali di questi
materiali, inevitabile a meno di una marcata riduzione della loro richiesta.
Le nazioni del Nord si resero conto anche di quanto fossero divenute
dipendenti dai territori dai quali importavano queste risorse, ormai liberi
dal fenomeno del colonialismo europeo. Ne derivò un aumento repentino
del costo dell’energia e quindi la prima vera crisi dell’economia
industriale. Questo aspetto di non secondaria importanza è stato ed è ancora
oggi, causa di conflitti armati, di ingerenze politiche ed economiche, che
hanno reso quei Paesi più ricchi di giacimenti petroliferi e di gas naturali,
tra i più instabili e colpiti dal fenomeno del terrorismo.
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Un terzo aspetto fondamentale del problema è quello ecologico: per circa
due secoli l’uomo ha perpetrato un uso via via più intensivo di fonti fossili
senza curarsi degli effetti che la loro combustione aveva sull’ambiente. È
indubbio che, almeno in una prima fase, non era possibile neanche
immaginare il danno che si stava recando al pianeta. Tuttavia gli anni ’70
rappresentarono un punto di svolta anche sotto questo aspetto: le misure di
sostanze nocive nell’aria permisero di individuare le prime conseguenze
dell’inquinamento a livello globale e una combinazione di scelte politiche
e mediatiche le resero un argomento di forte attualità.
La somma di questi tre fattori spinse i Paesi più sviluppati a ricercare
nuove fonti di energia meno inquinanti e ad aumentare efficienza e
risparmio energetici. Bastò però la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi
ed una parziale crescita dei rendimenti nell’uso dei combustibili fossili a
far sentire meno pressante il problema energetico e quindi a far ridurre gli
sforzi politici in questa direzione: eravamo appena entrati negli anni ‘80.
Fortunatamente la stessa sorte non toccò all’aspetto ecologico del
problema: un numero sempre crescente di Paesi iniziò a partecipare ad
incontri internazionali al fine di ridurre le emissioni di sostanze inquinanti
nell’ambiente. Tra i vari accordi sottoscritti, il più noto è forse il
Protocollo di Kyoto del 1997 che, anche se limitato a livello di obiettivi e
di stati firmatari, iniziava a porre i primi importanti vincoli alla diffusione
di gas nocivi nell’atmosfera: 39 Paesi industrializzati si impegnavano a
ridurre, entro il 2012, queste emissioni al 5.2% rispetto al 1990. Ben più
recente ed ambizioso è invece l’accordo di Parigi: ratificato nel 2016, i
suoi 190 membri puntano limitare l’aumento medio della temperatura
mondiale a 1,5 °C rispetto all’età preindustriale.
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Fonti fossili ed impatto ecologico
Vengono indicati come fossili tutti quei combustibili che giacciono
sottoterra perché derivanti da trasformazioni millenarie di forme organiche
primitive in strutture molecolari più stabili e ricche di carbonio.
Tre sono le principali fonti energetiche fossili: carbone, petrolio e gas
naturale.
Il carbone è il combustibile fossile più diffuso al mondo: fonte
energetica per eccellenza al tempo della prima rivoluzione
industriale, durante la quale veniva usato per ottenere il vapore che
azionava i motori, venne ben presto soppiantato dal petrolio e dai gas
naturali perché meno inquinanti. Oggi il carbone fornisce il 38.5%
della produzione elettrica mondiale e svolge un ruolo fondamentale
in applicazioni industriali quali la lavorazione del ferro e
dell’acciaio. Nonostante siano le più inquinanti, proprio negli ultimi
anni le centrali termoelettriche a carbone hanno assistito ad un
aumento nel loro utilizzo a causa della crescita economica dei Paesi
asiatici, primi fra tutti Cina e India. Dopo aver superato il record di
10.000 Thw
1
nel 2018 però, la produzione di energia elettrica da
questo combustibile ha visto un cambio di tendenza, con una
diminuzione del 3% nel 2019 per il crollo nel suo impiego negli
USA e in Europa. [1]
Usato fin dall’antichità per l’illuminazione e per produrre medicinali,
il petrolio conobbe un boom con la seconda rivoluzione industriale
come carburante per i motori a combustione. Negli anni le tecniche
1
Thw: Indice di Calore
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di raffinazione sono andate migliorando e quindi i possibili impieghi
sono aumentati, con la conseguente crescita della domanda. Oggi i
settori trainanti sono la produzione di plastica e l’aviazione, sostenuti
dalla crescita demografica e dall’aumento dei redditi nei Paesi in via
di sviluppo. La produzione mondiale di petrolio ha raggiunto i 98.3
MB/D
2
nel 2018 ma attualmente non è ancora chiaro se l’andamento
della domanda sarà in crescita o in contrazione, anche a causa degli
sforzi sostenuti dai Paesi industrializzati nel frenare l’uso della
plastica e nell’incentivare fonti energetiche rinnovabili. [2]
Il gas naturale, in ordine cronologico, è l’ultima fonte fossile di
energia ad essere stata usata dall’uomo, essendo in passato la forma
gassosa quella più difficile da immagazzinare e trasportare. Quando
il livello tecnologico ne ha reso possibile lo stoccaggio e la
diffusione a prezzi contenuti però, si è assistito ad un rapido aumento
del suo utilizzo, al punto che oggi soddisfa il 23% della domanda
globale di energia primaria e quasi un quarto della produzione di
elettricità. Il fatto che sia il combustibile fossile più pulito in assoluto
poi rappresenta, oggi come un tempo, un fattore chiave nella sua
crescita, con un aumento del 4.6% dei consumi nel 2018, concentrato
principalmente negli Stati Uniti, Cina e Medio Oriente. [2]
L’impiego principale delle fonti fossili consiste nella loro combustione al
fine di generare calore. Questo poi viene convertito in elettricità nelle
centrali termoelettriche, usato per i riscaldamenti o per ottenere altre forme
di energia. In alternativa, il petrolio e gli idrocarburi in generale non
vengono utilizzati come combustibili ma come materie prime per i processi
2
MB/D: Millions of Barrels per Day (Milioni di Barili al Giorno)
17
produttivi dell’industria petrolchimica. Ancora, petrolio e gas naturali
vengono impiegati per ottenere la quasi totalità dei carburanti per i comuni
motori a combustione.
La rapida diffusione e affermazione a livello globale dei combustibili
fossili è dovuta a tutta una serie di vantaggi legati al loro utilizzo.
• Costo contenuto, inizialmente per l’abbondanza e per la facilità di
estrazione che li caratterizzavano, oggi per il livello tecnologico e
per la filiera di produzione, trasporto e distribuzione ormai
consolidata.
• Semplicità nel loro utilizzo primario (combustione).
• Facilità nell’immagazzinamento e nel trasporto.
• Rapporto energia/volume elevato.
Di contro, come accennato in precedenza, l’uso incontrollato di questi
materiali ha causato non pochi problemi.
• I tempi lunghissimi necessari alla loro generazione porteranno ad un
loro inesorabile esaurimento, accompagnato da un progressivo
aumento dei prezzi che andrà a scontrarsi con la continua crescita
della domanda di energia; se non gestita correttamente, questa
situazione sfocerà in una crisi mondiale a livello economico,
politico e nel peggiore dei casi anche militare.
• La loro distribuzione sulla superficie terrestre non è uniforme e
pertanto i Paesi che non ne posseggono si trovano a dipendere
fortemente da quelli che sono più ricchi di queste risorse.
• Il raffinamento, l’utilizzo e in alcuni casi la dispersione di questi
materiali nell’ambiente è inquinante e nocivo per l’uomo e per ogni
altra forma di vita del pianeta.