5
Per un lungo periodo, si é ritenuto che i media potessero dare origine ad un
mondo istantaneo e superficiale, ad uno spazio di flussi elettronico nel
quale le frontiere e i confini sono permeabili.
Tuttavia, gli studi più recenti evidenziano che il processo innescato dai
media é ambivalente, nel senso che due sono le tendenze emergenti: da un
lato, la globalizzazione, dall’altro lato, la localizzazione, in frizione tra
loro.
La relazione tra tradizione e modernità, tra cultura locale e cultura globale,
ha affrettato i grandi cambiamenti sociali e culturali. L’identità locale é
messa in discussione dall’azione intrusiva dei mass media.
Risulta, dunque, necessario mediare l’impatto della civiltà mediale con le
specificità degli elementi che derivano dal patrimonio della storia locale.
A partire da queste premesse, un primo dato riscontrabile nel particolare
ambito territoriale della Gallura, sotto-regione del Nord Sardegna a cui
appartengono le due comunità oggetto di studio, é un processo di
trasformazione ancora in atto, ma risalente nella sua origine a circa un
quarantennio fa.
La cultura di massa ha portato modifiche sconvolgenti non solo nella
mentalità, ma anche nelle usanze e nei valori.
Il piccolo universo tradizionale é stato messo in crisi dai nuovi strumenti di
comunicazione, dai nuovi modelli, comportamenti e simboli.
A partire dagli anni Cinquanta, i mass media sono entrati in ogni casa,
riflettendo come uno specchio le immagini e le vicende del mondo esterno.
6
L’informazione, col suo flusso costante, ha varcato dall’esterno i confini
dello spazio locale, dove si é attivato il confronto tra una realtà antica e una
nuova moderna e vincente.
In Gallura, più che in qualsiasi altra sotto-regione della Sardegna, agli inizi
degli anni Sessanta, vi sono state profonde trasformazioni economiche per
effetto della valorizzazione turistica delle coste, a cominciare dalla Costa
Smeralda, consorzio alberghiero e residenziale di risonanza internazionale.
I settori che hanno tratto maggiore vantaggio da questa nuova realtà
economica sono stati l’artigianato e il commercio.
E’ facile immaginare gli effetti di riflesso, ricadenti sulla cultura di massa,
suscitati dalla pubblicità e dalla merceologia consumistica.
La strada delle storie di vita ci é parsa particolarmente adatta a ricostruire
l’esperienza dei mass media, nella vita quotidiana dei soggetti campionati,
che passa attraverso la ricostruzione delle immagini sociali dei media
(percezione sociale, funzioni socialmente riconosciute e modi di uso) e
delle pratiche sociali entro cui si inserisce e a cui dà vita il consumo.
Lo strumento dell’intervista in profondità é stato un momento di
comunicazione privilegiato, utile a ricostruire una varietà di percorsi
individuali e collettivi, comportamenti, stili di vita, forme di agire dei
soggetti campionati, chiamati a testimoniare in qualità di protagonisti della
propria realtà esistenziale e mediale, capaci di raccontarla e di raccontarsi.
Raccogliere storie di vita ha significato raccogliere dati di prima mano: gli
attori sociali hanno elaborato un’interpretazione personale del mondo
esterno, tracciando parallelismi tra i propri percorsi esistenziali e l’universo
mediale nel suo complesso.
7
In tal modo, abbiamo potuto ricostruire il percorso compiuto dalla loro
identità locale, che cerca di dare senso e ordine a modelli valoriali e
comportamentali, trasmessi dai mass media.
Olbia, centro portuale e aeroportuale, crocevia interno e internazionale,
porta del turismo, meta di immigrazione, ha saputo porsi come comunità
capace di accogliere le diverse provenienze senza discriminazioni.
Un sorta di città multietnica per la presenza di tre componenti migratorie
(continentale, gallurese, montagnina) incisive nella costituzione del tessuto
socio-culturale della città, aperta alla convivenza sociale, al rispetto delle
differenti forme culturali.
In questa realtà, che esprime culture diverse, si evidenzia una tendenza
generale ad assorbire e assimilare i modelli che i mass media veicolano,
opponendo un filtro critico meno reattivo e meno intenso.
E' possibile individuare gradi diversi di esposizione e di reattività ai media
che determinano un processo di fruizione negoziata, mediata, variata, a
seconda del gruppo etnico coinvolto.
I mass media, dunque, facilitano un confronto costruttivo tra culture diverse
che, pur lasciandosi attraversare dai flussi provenienti dall’esterno,
mantengono i legami con la propria comunità di origine.
Tempio Pausania, capoluogo geografico della Gallura interna, della quale
riassume un po’ i caratteri paesaggistici e le tradizioni del passato, é una
città che, grazie allo spessore storico, alla vivacità culturale e
all’importanza territoriale, ha saputo giocare un ruolo guida nello scambio e
nel confronto con i mass media, attivando un sistema di filtraggio oculato,
di elaborazione critica.
8
La città preserva i caratteri di una radicata cultura popolare e di una storia
locale che i mezzi di comunicazione di massa non riescono a cancellare.
Tuttavia i media fanno penetrare altri stimoli dall’esterno, che vengono a
vari livelli metabolizzati e rivisti in modo da essere inseriti nella cultura
locale, per ridefinire e ricontestualizzare l’identità, in relazione ai
significati mediali.
E’ caratteristica di questa realtà la capacità di assimilare, modificare e
riutilizzare le offerte dei mass media per farne un elemento distintivo della
comunità, la quale si apre alla modernizzazione, mantenendo sempre un suo
stile, segno di riconoscimento identificatorio.
Per concludere, diciamo che abbiamo articolato il presente lavoro in sei
capitoli: nel primo, abbiamo chiarito alcuni nodi cruciali del dibattito
sull’uso delle storie di vita in campo sociologico e abbiamo descritto alcune
modalità di applicazione; nel secondo, abbiamo fatto una breve
ricognizione all’interno delle teorie dei Cultural Studies inglesi, scegliendo
una serie di contributi funzionali ai temi trattati e alla metodologia
utilizzata nel nostro progetto di ricerca; nel terzo, abbiamo messo a
confronto le due comunità del Nord Sardegna, Olbia e Tempio Pausania,
oggetto di studio, da un punto di vista geografico, storico, culturale e
mediale; nel quarto, abbiamo indicato l’impostazione e il metodo della
ricerca; nel quinto, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulle modalità
di consumo dei mass media all’interno delle due comunità; nel sesto,
abbiamo evidenziato come i nostri contributi si inseriscono nel quadro
generale delle riflessioni su mass media e processo di costruzione
dell’identità.
9
A questo punto, desideriamo rivolgere un ringraziamento particolare agli
interlocutori di Olbia e Tempio Pausania che, con la loro disponibilità al
dialogo, la loro ospitalità, hanno contribuito alla realizzazione della nostra
ricerca.
La gratitudine maggiore va ai componenti della mia famiglia, che
moralmente hanno condiviso il cammino di questa ricerca. A loro, che sono
stati il punto di riferimento principale nei momenti difficili, dedico questa
tesi.
10
CAPITOLO PRIMO
LE STORIE DI VITA
1.1. LE STORIE DI VITA TRA METODI QUALITATIVI
E METODI QUANTITATIVI
Nell’indagine di tipo sociologico l’uso delle storie di vita sta
attraversando un periodo di grande ripresa.
Più impegnative di altri metodi qualitativi da tempo usati in
sociologia, soprattutto con funzione esplorativa e comunque
complementare rispetto alla survey, le storie di vita riscoprono le
loro origini e chiedono il riconoscimento di una loro autonomia
esplicativa.
i
In effetti, le storie di vita sono state di basilare importanza per
l’attività di due scuole, sviluppatesi durante il periodo della
guerra, quella di Chicago e quella polacca.
Successivamente, il ruolo monopolistico dei metodi quantitativi
le ha fatte cadere in disuso.
A partire dalla fine degli anni Sessanta, la crisi della sociologia
ha dato l’avvio ad una nuova era pluralistica, decretando la fine
i
BOVONE L., Storie di vita composita, Milano, Angeli, 1984
11
di molte certezze della disciplina sociologica.
ii
E’ proprio sulla scia di tale pluralismo teorico e metodologico
che oggi tornano in auge le storie di vita e, come fonte orale,
aggiuntiva e non alternativa rispetto alle fonti scritte per lo più
inadeguate a registrare il vissuto soggettivo del mutamento
sociale, la sua insostituibilità negli studi relativi alla mobilità
sociale o alle classi subalterne,
iii
la sua flessibilità rispetto a
strumenti standardizzati come il questionario.
iv
Le storie di vita presentano ed enfatizzano soprattutto due tratti:
l’attenzione al contesto, cioé alla situazione più ampia e generale
in cui si inscrive il fenomeno che si intende indagare e la priorità
assegnata al caso rispetto al grande numero.
Uno dei principali punti di forza delle storie di vita é la loro
capacità di astrarre elementi di riflessione da un contesto più
ampio, sicuramente non acquisibili mediante i sistemi di
rilevamento che si giovano del questionario.
v
La dimensione sociale insita nelle storie di vita emerge in prima
ii
BOVONE L., Storie di vita composita, op.cit.
iii
FERRAROTTI F., “Les biographies comme instrument analitique et
interprétatif”, in Cahiers internationaux de Sociologie, vol.4, n.69, 1980
iv
THOMPSON P., “Des récits de vie à l’analyse du changement social”, in
Cahiers internationaux de Sociologie, op.cit.
v
OLAGNERO M., SARACENO C., Che vita é. L'uso dei materiali biografici nell'analisi
sociologica, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1983
12
istanza dal rapporto che si stabilisce fra intervistatore ed
intervistato.
vi
L'interazione tra questi due soggetti costituisce infatti una sorta
di rappresentazione metonimica delle interazioni più complesse
che si svolgono all'interno del contesto sociale.
In secondo luogo, e in modo ancor più marcato, la dimensione
sociale fa capolino dalle storie di vita attraverso i riferimenti alle
caratteristiche strutturali globali della situazione storica entro la
quale il soggetto é calato.
vii
L’ambiente sociale condiziona il comportamento dell’individuo
nella misura e nella forma in cui pervade la sfera della sua
esperienza.
Le storie di vita naturalmente non restituiscono la
rappresentazione dell’ambiente di per sè; come sintesi di dati
oggettivi e imparziali, (e in fondo non é questo che interessa al
sociologo che le usa) ma l'immagine di come viene percepito
dall’individuo che in esso vive e opera, di che cosa rappresenta
per lui e di come gli oggetti che lo compongono influenzino la
vi
CIPRIANI R., La metodologia delle storie di vita. Dall’autobiografia alla
life history, 2¦ed., Roma, Euroma, 1982
vii
CHEVALIER Y., “La biographie e son usage en sociologie”, Revue
Française de Science Politique, vol.29, n.1, 1979
13
sua sensibilità e la sua capacità critica.
viii
Per evidenziare le potenzialità, ma anche i problemi implicati
dall’uso delle storie di vita, nelle prossime pagine rifletteremo su
alcuni aspetti specifici:
nel paragrafo 1.1. illustreremo i vantaggi che il metodo delle
storie di vita offre al ricercatore; nel paragrafo 1.2. analizzeremo
le possibili convergenze fra storia orale e storie di vita; nel
paragrafo 1.3. prenderemo in esame le questioni epistemologiche
legate all’uso delle storie di vita. Come la soggettività inerente
all’autobiografia può divenire conoscenza scientifica oggettiva e
come l’unicità di una storia individuale può indicare una via di
accesso alla conoscenza scientifica del sistema sociale; nel
paragrafo 1.4 focalizzeremo i principali nodi metodologici ed
individueremo i dilemmi del ricercatore di fronte alla raccolta e
all’analisi del materiale biografico; nel paragrafo 1.5.
evidenzieremo l’uso delle storie di vita in particolari campi di
applicazione.
viii
ZNANIECKI F., “Il valore sociologico dell’autobiografia”, in CIPRIANI
R., La metodologia delle storie di vita. Dall’autobiografia alla life history,
op.cit.
14
1.2. LE STORIE DI VITA TRA STORIA E SOCIOLOGIA
Tanto in sociologia quanto in storia sociale, si riscopre oggi il
valore dell’approccio biografico.
ix
Per il sociologo, deluso dagli approcci quantitativi in cui tutti i
riferimenti temporali sono stati eliminati, la storia di vita offre
delle informazioni per recuperare lo spessore diacronico
dell’esperienza sociale reale.
x
Attraverso le storie di vita, la
dimensione temporale viene reintrodotta nell’analisi sociologica.
La storia di vita é inoltre capace di stimolare l’immaginazione
sociologica, in opposizione a delle affermazioni decise e
inequivocabili contenute in una lista di domande prederminate e,
magari, con risposte già codificate.
Per gli storici, invece, il ricorso alle testimonianze orali ha
risposto, da principio, ad una necessità pratica, cioé quella di
integrare le fonti scritte disponibili.
Successivamente gli storici scoprirono che le fonti orali
potevano fornire non soltanto informazioni supplementari, ma
ix
CIPRIANI R., Storia, sociologia e storie di vita, Milano, Vita e Pensiero,
1989
x
THOMPSON P., “Des récits de vie à l’analyse du changement social”,
op.cit.
15
anche una prospettiva radicalmente nuova.
xi
Attraverso le storie di vita, uomini, donne e bambini che non
facevano parte di alcuna élite, potevano indicare ciò che ai loro
occhi aveva contato di più nelle loro esistenze.
xii
Accanto a ricerche attente al recupero di fonti minori e
secondarie, ci si trova di fronte al tentativo di ricostruzione di
una storia dal basso, di riappropriazione di temi, impostazioni,
fino ad ora trascurati da un certo tipo di storiografia.
xiii
La vita e l’opera di queste individualità, le loro aspirazioni e i
loro intenti sono indissolubilmente collegati alla vita e alla storia
della società. Alcuni storici considerano tali autobiografie un
fatto sociale, l’espressione dello spirito di un’epoca, di una
struttura sociale e culturale.
Esiste, anche se fino ad ora appare minoritario, un diverso filone
di storia sociale, cui possono ascriversi studi su strati sociali
meno privilegiati, voci finora escluse nei fatti dalle grandi
ricostruzioni storiche, umili mestieri in una certa epoca storica, o
xi
NOVENTA A., Per la ricerca sociale. L’intervista e le storie di vita
nell’analisi sociologica, Milano, Unicopli, 1982
xii
FERRAROTTI F., “Appunti sul metodo biografico”, La critica
sociologica, n.47, 1981
xiii
FERRAROTTI F., “Osservazioni preliminari su ricerca storica,
biografica e analisi sociologica”, in MACIOTI M. I., Biografia, storia e
società, Napoli, Liguori, 1985
16
che riguardano le modalità di vita di un piccolo borgo durante un
periodo particolare, magari, durante una calamità naturale. Le
microstorie hanno portato nuovi contributi e hanno aiutato a
porre le basi di un modo diverso di fare storia.
xiv
Storia dal basso, nuova storia, storia orale e, in sociologia, studi
e ricerche che ricorrono alla storia di vita sembrano poter avere
dei punti di contatto.
Franco Ferrarotti parlando di un certo tipo di sociologia scrive:”
A questa concezione della realtà sociale impoverita corrisponde
la concezione della storia umana come storia di vertici, o di
élite, della metodologia come insieme di tecniche specifiche
meccanicamente interscambiabili, da applicarsi al mondo
umano, oggetto di ricerca, concepito come mondo per
definizione subalterno, chiamato a verificare o falsificare le
ipotesi del ricercatore”.
xv
Si ipotizza dunque una collaborazione tra sociologia e storia,
intendendo quest’ultima come memoria collettiva della
quotidianità.
xvi
In questo senso, la storia di vita lungi dal porsi come un insieme
di elementi illustrativi del già noto, apre una fase nuova della
ricerca delle scienze sociali.
La storia diviene così non solo storia dei grandi eventi, ma anche
xiv
LANZARDO L., Storia orale e storie di vita, Milano, Angeli, 1989
xv
FERRAROTTI F., Storia e storie di vita, Bari, Laterza, 1981
xvi
FERRAROTTI F., Storia e storie di vita, op.cit.
17
storia come memoria collettiva della quotidianità, in cui entrano
necessariamente, giorno dopo giorno, i gruppi umani, le persone
destinate a restare sconosciute, ma che costituiscono nel loro
insieme la sostanza viva del processo storico.
Vissuto e memoria divengono allora termini privilegiati
nell’ambito di una diversa modalità di impostazione storica.
xvii
1.3. LE STORIE DI VITA: ALCUNE QUESTIONI
Il metodo delle storie di vita é stato inaugurato come strumento
di indagine sociologico negli anni immediatamente successivi
alla prima guerra mondiale da Thomas e Znaniecki con uno
studio sull’immigrazione dei contadini polacchi negli Stati Uniti.
Il contributo forse più significativo dato da questa ricerca fu di
mostrare la significatività dei dati qualitativi per la ricerca
sociologica.
L’uso delle biografie e delle autobiografie é stato
successivamente riproposto all’attenzione dei ricercatori sociali
da Lewis, formulatore del discusso concetto di culture of
poverty.
Il metodo delle storie di vita si può dire, però, che ha invaso le
xvii
MACIOTI M. I., "Discussioni sul metodo biografico e sulla secolarizzazione", La
critica sociologica, n.47, 1978
18
scienze sociali solo intorno agli anni Settanta dando l'avvio a un
fecondo e ricco filone di ricerche.
xviii
In Italia la ricerca sociologica condotta atttraverso la raccolta di
storie di vita ha una tradizione che risale ai primi anni
Cinquanta, grazie agli studi di Scotellaro, di Dolci, di Montaldi
e, ripresa in tempi più recenti, di Ferrarotti ed altri.
xix
Il metodo biografico si pone sin dall’inizio come una sfida
scientifica.
Questa sfida presenta due aspetti:
ι il metodo biografico pretende di attribuire alla soggettività un
valore di conoscenza.
xx
ι il metodo biografico si pone al di là di qualsiasi metodologia
quantitativa.
xxi
xviii
GALLINO L., “Autobiografia”, in Dizionario di sociologia, 2¦ed.,
Torino, UTET, 1996
xix
CIPOLLA C., Oltre il soggetto, per il soggetto. Due saggi sul metodo fenomenologico e
sull'approccio biografico, Bologna, Il Mulino, 1990
xx
Una biografia é soggettiva a svariati livelli. Essa legge la realtà sociale
dal punto di vista di un individuo storicamente specificato. Si fonda su
elementi e su materiali che sono per la maggior parte autobiografici,
dunque esposti alle innumerevoli deformazioni di un soggetto-oggetto che
si osserva e si reincontra.
xxi
Gli elementi quantificabili di una biografia sono generalmente poco
numerosi e marginali: la biografia dà risalto alla qualità.