che il periodo sarà piuttosto lungo. Si rende necessario quindi avviare un dibattito
intorno ai diritti umani, alla loro effettività, alla legittimità delle deroghe ad essi,
ai mutamenti che interessano la comunità politica (in particolar modo la nuova
ripartizione di poteri), alla legittimazione del diritto, alle nuove identità, al nuovo
rapporto tra i valori (con particolare riguardo alla tensione tra libertà e sicurezza).
A causa della globalizzazione e delle intense e consolidate relazioni tra Europa e
Usa, il vecchio continente non poteva sottrarsi ai riflessi delle vicende che hanno
interessato la società americana.
L’Europa, anch’essa esposta a rischi di attentati terroristici, è alle prese con
importanti e delicate incombenze, come l’attuazione della «cittadinanza
dell’Unione», l’integrazione dei numerosi extra-comunitari che giungono dall’est
e dal sud del mondo, i processi di annessione di nuovi paesi prima appartenenti
all’area sovietica, l’approvazione della Costituzione Europea ed il conseguente
iter di ratifica ed attuazione.
Per realizzare la cittadinanza, l’Europa ha bisogno di risalire alla propria identità,
compito non certo semplice. Se alcuni anni fa si era agevolati dal minor numero di
stati membri, peraltro tutti appartenenti ad una tradizione giuridica e politica in
buona parte condivisa, ora, invece, con l’allargamento ad est, a paesi di tradizione
socialista, il compito è ancora più arduo.
Ma approfondire le tematiche legate alla cittadinanza e all’identità risponde anche
ad esigenze contingenti, come l’elaborazione dei criteri per l’assegnazione della
cittadinanza. L’esempio più significativo è offerto dall’attuazione della legge
britannica sull’immigrazione, novellata nel 2002, la quale richiede, ai fini della
naturalizzazione, una conoscenza sufficiente della lingua e della vita nel Regno
10
Unito. Ma in cosa deve consistere la conoscenza de «life in the United Kingdom»?
L’attuazione è stata affidata ad una commissione ministeriale di esperti (cd. Crick
comition, dal nome del presidente Bernard Crick), che ha tentato di definire
l’identità britannica insistendo sulla necessità che tutti gli aspiranti cittadini
condividessero l’idea di vivere in una società basata su democrazia, tolleranza,
libertà, diritti, rispetto verso le principali istituzioni nazionali, quali il parlamento,
la monarchia, il sistema giudiziario e quello pubblico in genere. Paradossalmente
si chiede ai non cittadini ciò da cui gli autoctoni e gli immigrati cittadini (anche di
terza generazione) si sono allontanati: ci si riferisce alla sfiducia verso le
istituzioni.
Il dibattito generatosi intorno a questo tema è molto importante, in quanto
riguarda un fenomeno che interessa tutti i paesi europei e sul quale bisogna
riflettere anche, e soprattutto, in vista della costituzionalizzazione dell’Unione e di
una pacifica convivenza nella società europea.
Il lavoro qui svolto non si preoccupa di esaminare le legislazioni e i discorsi legati
alle politiche dell’immigrazione o di concessione della cittadinanza. Piuttosto,
l’oggetto della trattazione è la cittadinanza non intesa semplicemente come
appartenenza ad una comunità politica, ma considerata in tutte le sue componenti
(l’individuo, la comunità politica, le situazioni giuridiche, le strategie di
inclusione ed esclusione) nel suo valore più profondo in una prospettiva storica,
politica, ideologica e giuridica. Insieme allo studio della cittadinanza non può
mancare l’esame di ciò che fa da collante tra le componenti di essa: l’identità.
11
12
Introduzione
Cittadinanza, identità, nazione
13
14
1. Cittadinanza
La ‘cittadinanza’ può essere definita come il rapporto giuridico-politico
fondamentale tra l’individuo e la comunità politica d’appartenenza. Oltre
all’elemento soggettivo di questo rapporto, rappresentato dall’individuo e dalla
comunità, è indispensabile l’elemento oggettivo costituito dal riconoscimento da
parte dell’ordinamento giuridico dello status di ‘cittadino’, da cui scaturisce una
serie di situazioni giuridiche attive e passive ‘riservate’ ad un gruppo di individui
che assumeranno il nome di ‘cittadini’. Tutto ciò presuppone una distinzione tra
soggetti operata dallo stesso ordinamento giuridico che fissa dei criteri in base ai
quali un individuo è ‘cittadino’ o ‘straniero’.
I criteri solitamente adoperati dai legislatori moderni riguardo ai modi di acquisto
della cittadinanza sono:
- nascita da un genitore in possesso della cittadinanza (ius
sanguinis) o nel territorio di una determinata comunità politica
(Stato) a prescindere dalla cittadinanza dei genitori (ius soli).
Optano per il primo gli Stati nazionali che intendano tutelare la
coesione etnico-culturale interna. Privilegiano invece lo ius soli gli
ordinamenti a forte immigrazione, che debbono ancora costruire e
cementare una identità culturale e nazionale nuova
1
.
- Estensione, che ricollega l’acquisto della cittadinanza al verificarsi
di eventi successivi alla nascita
2
.
- Concessione dello stato, subordinata al verificarsi di condizioni o
fatti particolari
3
.
1
A. Barbera, G. Amato (a cura di), Manuale di diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 232.
2
R. Sabatino (a cura di), Diritto costituzionale, edizioni giuridiche Simone, Napoli, 1999, p. 22.
15
Accanto a quest’accezione di tipo prettamente burocratico (o anagrafico) del
termine cittadinanza, di linguaggio corrente, inteso come formale riconoscimento
di appartenenza ad un determinato stato, espressivo della posizione che si assume
di fronte all’ordinamento di cittadino o straniero, di recente se n’è affiancata una
seconda ben più ampia definita come «un crocevia di suggestioni variegate e
complesse che coinvolgono l’identità politico-giuridica del soggetto, le modalità
della sua partecipazione politica, l’intero corredo dei suoi diritti e dei suoi
doveri»
4
.
È proprio quest’ultima che interessa maggiormente il nostro discorso. Con questa
nozione vengono coinvolti due profili fondamentali: i diritti, la comunità politica.
Oggi i primi sono oggetto di un processo di fondazione, ridefinizione, estensione,
moltiplicazione che, come si vedrà in seguito, assume caratteri peculiari spesso
divergenti, se non contrastanti, tra i diversi paesi e tra l’Unione Europea e i singoli
Stati membri. La comunità, invece, in questa fase storica tende a sganciarsi dalla
tradizionale identificazione con lo Stato nazione per incarnarsi in organismi
sovranazionali o in formazioni di raggio minore.
Infine il termine ‘cittadinanza’ sintetizza elementi come il soggetto, i diritti, i
doveri, l’appartenenza, la comunità politica; questa definizione non si
contrappone alla seconda ma, anzi, la integra mettendo in luce singoli aspetti
coinvolti nella nozione.
Così intesa la cittadinanza si presenta come una prospettiva da cui osservare le
vicende dell’ordine sociale, attraverso l’individuo dal basso verso l’alto, coscienti
3
Ibidem.
4
P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, vol 1, Dalla civiltà comunale al
Settecento, Editori Laterza,Bari, 1999, pag. VII.
16
della parzialità dell’analisi.
E’ chiaro da quanto sopra esposto che il ’rapporto di cittadinanza’ cambia a
seconda della forma assunta dalla comunità politica (città, stato, federazione,
ecc..) nonché in base ai diritti e ai doveri individuali riconosciuti e tutelati
dall’ordinamento giuridico e dal ruolo assegnato al soggetto in quanto tale. Così
ad esempio, se all'epoca della civiltà comunale il soggetto era considerato come
un organo della comunità, con un preciso ruolo all’interno di essa e privo di una
propria identità, nell’età ‘liberale’ invece il soggetto ha una propria identità, ha dei
diritti in quanto essere umano che preesistono all’ordine.
Dunque, occuparsi della cittadinanza significa anche e soprattutto studiare i diritti
e la rappresentazione del soggetto in una determinata società.
Il rapporto fra l’individuo e l’ordine può essere studiato da diversi punti di vista.
Lo si può esaminare nella sua globalità, oppure ponendo l’accento su alcune
caratteristiche specifiche (economiche, giuridiche, sociologiche); o ancora
guardando alla prassi o al ‘discorso pubblico’, alle rappresentazioni linguistico-
concettuali caratteristiche di una determinata società. In quest’ultimo caso si può
parlare di discorso della cittadinanza
5
, col quale ci si riferisce al discorso
sviluppato da una certa società per rappresentare l’individuo e il suo rapporto con
l’ordine, tematizzando oneri e vantaggi che fanno capo all’individuo; inoltre si
offre spesso e volentieri come specchio della realtà, come rappresentazione
generale e astratta che «non può essere una semplice descrizione od osservazione
della realtà e costituisce piuttosto un amalgama di teorie, simboli, valori,
aspettative, timori, speranze; un punto di intersezione di saperi caratterizzati da
5
Ivi, Cittadinanza, Laterza, Roma-Bari, 2005, pp. 4-5. Si veda anche: Ivi, Civitas, cit., pp. X e XI.
17
scelte lessicali e strategie retoriche differenziate, che occorre ricostruire aggirando
l’ostacolo di barriere disciplinari troppo rigide e anacronistiche…»
6
.
A seconda dei contesti mutano i soggetti del rapporto e il fondamento
dell’attribuzione dei suddetti oneri e vantaggi, il quale può risiedere nella natura,
nella storia, nelle leggi dello stato o nelle consuetudini sociali.
Il discorso della cittadinanza va poi distinto dai diritti di cittadinanza, che
costituiscono solo una delle tante categorie di diritti messe a fuoco dal primo.
2. Cittadinanza e sudditanza
Nel linguaggio corrente, in particolar modo negli ambienti della politica, delle
rappresentanze sindacali o di alcune categorie di cittadini (donne, consumatori
infermi…), si tende ad opporre il concetto di sudditanza a quello di cittadinanza,
soprattutto allo scopo di rivendicare l’affermazione o l’attuazione di diritti o per
denunciare trattamenti discriminatori da parte delle pubbliche amministrazioni o
di un governo (locale o nazionale che sia). In questa prospettiva sudditanza è la
condizione di chi ha poco peso politico o di chi subisce gli oneri
dell’appartenenza ad una comunità politica senza trarne i vantaggi che era lecito
aspettarsi. Per contro cittadinanza è ‘pienezza’ giuridica e politica, oneri ed onori.
Anche nelle scienze sociali si è posto il termine cittadinanza in relazione con
quello di sudditanza, ma non sempre in chiave oppositiva. Jean Bodin, ad
esempio, parla di sudditanza come condizione della cittadinanza
7
; Hans Kelsen
invece utilizza l’espressione ‘sudditi’ per riferirsi indistintamente ai soggetti del
6
Ivi, Civitas, cit., pp. X e XI.
7
Cfr. J. Bodin, Les six livres de la république, 1576.
18
diritto, quale che fosse la condizione giuridica descritta
8
.
Nel lavoro qui svolto si preferisce lasciare indefinito il termine sudditanza
rimanendo aperti ad ogni suo possibile significato, senza valutare se determinati
soggetti che vivono in una certa società versino in una situazione di sudditanza o
di cittadinanza, o se siano cittadini e sudditi nello stesso tempo, o solo sudditi o
solo cittadini. L’interesse esclusivo di questo studio è il rapporto fondamentale tra
l’individuo, o gli individui, e la comunità politico-giuridica d’appartenenza,
insieme a tutto ciò che è in grado di caratterizzarlo e al discorso sviluppato intorno
ad esso.
3. La discriminazione come presupposto della cittadinanza
L’etimologia di cittadinanza è strettamente legata alla città (civitas), il luogo dove
si stanzia una comunità ed anche il suo centro di riferimento. Chi costruisce una
città è dominato dalla paura, è impegnato a tracciare i confini e difenderli,
preoccupato di filtrare uno ad uno gli uomini che vogliono appartenere alla città.
La città nasce per discriminare gli amici dai nemici
9
e presuppone il carattere
‘stanziale’ del popolo fondatore; un popolo nomade non ha città pur costituendo
una comunità a cui non sono estranee logiche di appartenenza.
La cittadinanza, dunque, presupporrebbe una discriminazione tra soggetti
‘meritevoli’ di accedere alla ‘città’
10
e a tutto quello che ne deriva sia dal punto di
vista giuridico che da quello sociale, delle tradizioni, dei costumi, dei simboli.
Esaminare il discorso della cittadinanza in una determinata società significa
8
Cfr. H. Kelsen, La dottrina pura del diritto, Vienna, 1934. Ivi, Teoria generale del diritto e dello
stato, Cambridge, 1945.
9
G. Dalla Torre, F. D’agostino, La cittadinanza, Giappichelli, Torino, 2000, p. 2.
10
Il termine è qui adottato in funzione simbolica; può coincidere, infatti, con la città in senso
proprio ma anche con lo stato, la federazione, la confederazione, ecc...
19
esaminare le strategie inclusione-esclusione, i requisiti richiesti ad un individuo
per essere qualificato come cittadino nonché le ragioni che possano giustificare la
perdita della cittadinanza.
4. La cittadinanza multilivello e la posizione dello straniero
Non tutti i cittadini godono degli stessi diritti, né sono gravati tutti dalle stesse
responsabilità; esiste una piattaforma comune di diritti e doveri, ma il bagaglio di
situazioni giuridiche soggettive è destinato ad aumentare in base a criteri fissati
dall’ordinamento giuridico.
Si può parlare di una cittadinanza 'multilivello', con un ‘livello base’ accessibile a
tutti i cittadini, che si arricchisce di altri contenuti, di 'oneri' ed 'onori', a seconda
delle 'categorie' cui l'individuo appartiene e delle condizioni in cui può venire a
trovarsi (lavoratore subordinato, parlamentare, datore di lavoro, giornalista,
disoccupato, malato, ecc…).
Non si tratta necessariamente di discriminazioni volte a favorire alcune classi o
penalizzarne altre in maniera arbitraria. Queste differenziazioni di status, infatti, si
riscontrano anche in democrazia ma, nei regimi democratici, è richiesto
generalmente il requisito della 'non irragionevolezza'; in altre parole occorre
trovare la 'copertura' in un principio dello stesso rango dell'uguaglianza formale,
che giustifichi una disparità di trattamento.
Per quanto riguarda gli stranieri che possono trovarsi a vario titolo nel territorio
della comunità politica (chi per lavoro, chi per turismo, chi per ragioni di studio,
chi come ‘clandestino’), si pone la questione di definire le posizioni di volta in
volta assunte.
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