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tra Streptococchi enterococcici e (Streptococchi) non enterococcici e che trovava una
conferma con il sistema di classificazione sierologica di Lancefield del 1930, in cui gli
Streptococchi enterococcici reagivano con l’antisiero di gruppo D, mentre gli altri
streptococchi non enterococcici reagivano con i gruppi A, B, C, E, F o G. Nel 1960 fu
accettato e incorporato nella nomenclatura ufficiale la specie S. faecium (Murray, 1990).
Nel 1980, in base ad evidenze genetiche basate su ibridazione DNA-DNA e DNA-
rRNA, fu proposto di creare un genere separato per questi organismi (Shleifer et al.,
1984): il nome della specie, usato precedentemente per la nomenclatura, fu mantenuto
ma fu preceduto dal nome Enterococcus al posto di Streptococcus.
Fino ad oggi 39 specie batteriche sono state incluse nel genere Enterococcus
(http://www.bacterio.cict.fr/allnamestwo.html).
1.2 Caratteristiche generali degli enterococchi
Gli enterococchi sono dei cocchi gram-positivi, possono disporsi singolarmente,
appaiati o in corte catenelle; sono anaerobi facoltativi e non formano spore (Murray et
al., 1990). Sono immobili, in generale l’enterococco non possiede flagelli, anche se la
motilità è stata osservata in alcune specie come Enterococcus casseliflavus ed
Enterococcus gallinarum i quali posseggono flagelli peritrichi (Holt et al., 1994).
In modo simile agli streptococchi questi organismi non hanno il complesso del
citocromo e sono quindi catalasi negativi, anche se qualche ceppo può produrre una
pseudocatalasi (Konrad et al., 2003); sono solitamente non emolitici, raramente β-
emolitici (Butler et al., 2006), per via dell’azione di una citolisina. Le colture hanno la
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capacità di crescere in brodo contenente il 6.5% di NaCl, ad un pH di 9.6, ad una
temperatura che va dai 10 ai 45° C e di sopravvivere a 60° per 30 minuti (Sherman et
al., 1937). Una loro caratteristica, largamente utilizzata per la produzione di idonei
terreni di coltura, è la capacita di idrolizzare l’esculina, in presenza del 40% di sali
biliari, grazie ad una beta-D-glucosidasi in grado di scindere l’esculina in esculetina e
destrosio. Questi organismi sono capaci di idrolizzare pirrolidonil-β-naftilamide (PYR)
e leucina-β -naftilamide (LAP) .
Figura 1. E. faecalis nel sangue di un paziente. Occasionalmente gli enterococchi, solitamente
localizzati a livello intestinale, possono invadere altri tessuti, scatenando gravi batteriemie.
(Adattata da http://www.microbelibrary.org).
Gli enterococchi sono chemiorganotrofi, il loro metabolismo è di tipo
omofermentativo, tramite glicolisi producono acido lattico: il prodotto finale che si
libera dalla fermentazione del glucosio è l’enantiomero L(+) dell’acido lattico (Garg et
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al., 1991). Tradizionalmente questi batteri sono considerati parte dei batteri acido-
lattici (LAB) (Klein, 2003). Molti ceppi producono come antigene della parete cellulare
un acido gliceroteicoico contenente glucosio e D-alanina: l’antigene di Lancefield di
gruppo D (Hanrahan et al., 2000).
Nel 2003 è stato riportato il completo sequenziamento di Enterococcus faecalis,
V583, un enterococco isolato in una clinica Statunitense. Sul cromosoma, di 3218031
bp e i 3 plasmidi pTEF1, pTEF2 e pTEF3, rispettivamente di 66320, 57660, 17963 bp,
sono state rilevate un totale di 3337 open reading frames (ORFs) codificanti proteine. Il
contenuto di G+C nel DNA è di circa il 37% per il cromosoma principale e circa il 34%
per i 3 plasmidi (Paulsen et al., 2003). Circa un quarto del genoma è risultato essere
composto da DNA acquisito. Questo consiste di 7 probabili regioni fagiche integrate, 38
elementi di inserzione (IS), trasposoni multipli, una isola putativa di patogenicità e un
gene plasmidico integrato. Ciò rappresenta una delle più alte proporzioni di elementi
mobili osservati in un genoma batterico.
1.3 Ecologia
Una delle caratteristiche degli Enterococchi è la capacità di crescita e di
sopravvivenza in ambienti con condizioni considerate deleterie per molti altri tipi di
batteri. Normalmente colonizzano il tratto gastrointestinale di molti animali, uomo
compreso, ma non è raro reperirli nel suolo, nell’acqua, nelle piante, in alcuni insetti,
negli alimenti di origine animale e in tutti gli ambienti che possono subire una
contaminazione da escrementi animali (Klein, 2003). La presenza degli enterococchi
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sulla superficie delle acque e delle piante è dovuta al fatto che sono organismi
estremamente adattabili. Tollerano un ampio range di variazioni ambientali:
temperatura di crescita dai 10 ai 45° C, ambienti ipertonici o ipotonici, acidi o alcalini,
condizioni aerobiche o anaerobiche. Sono in grado di tollerare la sodio azide e
concentrazioni di sali biliari che uccidono o inibiscono la crescita di molti altri
microrganismi. La loro abilità di sopravvivere per lunghi periodi su oggetti inanimati e
la loro resistenza intrinseca a molti agenti antimicrobici fa si che gli Enterococchi siano
dei perfetti patogeni nosocomiali.
Gli Enterococchi costituiscono un’importante parte della microflora saprofitica degli
uomini e degli animali. Le varie specie di Enterococco hanno una distribuzione
variabile nei diversi ospiti. Nell’intestino umano E. faecium e E. faecalis sono le specie
più presenti. In animali come polli, pecore e maiali, E. faecium è la specie prevalente
seguita da altre quali Enterococcus faecalis e Enterococcus cecorum. Meno
frequentemente, E. gallinarum, Enterococcus durans/hirae e Enterococcus avium.
Enterococcus mundtii e E. casseliflavus possono essere isolati dalle piante.
Conseguentemente alla loro cospicua presenza nel tratto intestinale di molti
mammiferi, gli Enterococchi si possono ritrovare in molti cibi, specialmente se di
origine animale. La capacità di sopravvivere nell’ambiente e l’insensibilità a condizioni
sfavorevoli come variazioni di pH o alti contenuti di sali, sono prerequisiti da tener
presenti in un organismo utilizzato come bioindicatore e l’enterococco sembra avere tali
caratteristiche; l’isolamento di E. faecium e E. faecalis è quindi spesso utilizzato per
indicare contaminazione fecale nei cibi al fine di garantirne la qualità, tenendo conto
che una minima quantità è da considerate parte normale della microflora degli alimenti,
così come delle acque, e non indica scarse condizioni igenico-alimentari (Franz et al.,
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1999). Recenti studi indicano che E. faecalis è isolato con maggior frequenza, rispetto a
E. faecium, dagli alimenti di origine animale (Peters et al., 2002).
In ambito alimentare gli enterococchi ricoprono due importanti ruoli: come
organismi omofermentativi contribuiscono alla maturazione di alcuni prodotti, ad
esempio formaggi, garantendone un giusto processo fermentativo ed esaltandone le
proprietà aromatiche; in quanto probiotici, trovandosi negli alimenti destinati all’uomo
(o a mangimi destinati ad animali), aiuterebbero a mantenere o ripristinare l’equilibrio
della flora intestinale.
Nell’uomo, oltre che dal tratto gastro-intestinale, gli enterococchi possono essere
isolati, anche se con minor frequenza, in altri siti quali, apparato genito-urinario
femminile e placca dentale.
La versatilità ambientale di questi batteri li pone al centro di interessanti e
controverse ricerche scientifiche basate da un lato a centrarne il ruolo nei processi
fermentativi utili all’industria alimentare, dall’altro a sottolinearne il ruolo di
contaminatori e di agenti patogeni (Klein, 2003).
1.4 Patogenesi
L’abilità degli enterococchi di acquisire, accumulare e trasferire elementi genetici,
come plasmidi e trasposoni, attraverso la coniugazione è una delle maggiori cause della
loro importanza come agenti patogeni noscomiali. Possono causare una varietà di
sindromi cliniche come endocarditi, batteriemie, meningiti, ascessi intraaddominali,
infezioni del tratto urinario. Le applicazioni di cateteri intravenosi, urinari o biliari,
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alcune circostanze cliniche particolari, come ad esempio interventi chirurgici, o esami
invasivi, possono divenire fonte di infezione o aumentare il rischio infettivo.
I distretti anatomici attraverso i quali i pazienti possono venire a contatto con gli
enterococchi sono: il tratto genito-urinario, l’epidermide e la cavità orale. Soggetti
considerati a rischio di infezioni da enterococchi sono: trapiantati, neonati, pazienti con
malattie ematiche e immunodepressi (Koch et al., 2003).
I meccanismi attraverso i quali gli enterococchi, da pacifici commensali, divengono
organismi patogeni per l’uomo non sono ben conosciuti; normalmente gli enterococchi
colonizzano il tratto intestinale e sono tenuti sotto controllo dal sistema immunitario
dell’ospite. Un’ipotesi potrebbe essere quella che, ad un certo punto, questi organismi,
assumano caratteristiche tali da consentire loro di occupare nuovi compartimenti
anatomici; potrebbero, in altro modo, approfittare di un improvviso indebolimento del
sistema immunitario per iniziare un processo patogeno nei confronti dell’ospite stesso
(Gilmore et al., 2002).
L’adesione ai tessuti dell’ospite è considerato un fattore fondamentale per l’inizio
dell’infezione in molti batteri. Negli enterococchi sono stati identificati diversi fattori di
adesione che garantiscono l’attacco alla mucosa intestinale o ad altre superfici epiteliali,
facilitando la colonizzazione dell’ospite (Butler et al., 2006).
La sostanza aggregante (AS) è uno dei fattori di virulenza degli enterococchi che
sembra mediare l’adesione all’epitelio intestinale (Sartingen et al., 2000), a quello
renale (Kreft et al., 1992), ai neutrofili umani (Vanek et al., 1999) ed ai macrofagi
(Sussmuth et al., 2000).
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L’AS, una glicoproteina di superficie, che fa parte del sistema del feromone sessuale
di E. faecalis, è un’adesina codificata da un plasmide. Il suo ruolo è quello di mediare
l’aggregazione tra batteri e di facilitare il trasferimento plasmidico. L’AS aumenta
l’internalizzazione degli enterococchi e la sopravvivenza intracellulare (Koch et al.,
2004). Questa adesina è codificata dal plasmide feromone-reattivo, il quale promuove il
trasferimento coniugativo del plasmide del feromone sessuale tramite formazione di
aggregati accoppianti tra cellule donatrici e accettrici. I ceppi che non hanno il plasmide
del feromone sessuale secernono piccoli peptidi (chiamati sessuali) che inducono
l’espressione dell’AS sui ceppi aventi il plasmide, favorendo di conseguenza l’adesione
tra donatore e accettore per il trasferimento plasmidico (Iesenmann et al., 2000).
Un’altra proteina di supefice cellulare, l’Ace (adhesin of collagen dell’E. faecalis), la
quale mostra una forte somiglianza con la proteina legante il collagene (Cna) di S.
aureus, è implicata nel processo di patogenesi delle endocarditi (Nallapareddy et al.,
2000).
In modo simile un’altra adesina dell’E. faecalis (EfaA), una proteina di superficie
siero-indotta, simile alle adesine prodotte dagli streptococchi, è implicata nelle prime
fasi del processo infettivo nelle endocarditi. Il ruolo di adesine sembrerebbe essere
svolto anche da alcuni carboidrati, implicati nelle adesioni al tratto urinario durante il
processo infettivo. Altri fattori implicati nell’adesione ai tessuti dell’ospite sembrano
essere dei recettori per il legame con la fibronectina e l’albumina (Jett et al., 1994).
L’Esp, un fattore coinvolto nella colonizzazione, è una proteina associata alla parete
batterica che sembra avere un contributo nel processo di colonizzazione di E. faecalis
durante l’ascesa del tratto urinario; gioca un ruolo importante nei processi di adesione
alle superfici e nella formazione di biofilm (Koch et al., 2004).
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Gli enterococchi hanno la capacità di rilasciare dei fattori di virulenza. La
citolisina/emolisina è una tossina batterica, codificata da un operone formato da 8 geni
localizzato sul plasmide feromone recettivo o sul cromosoma. La citolisina mostra
attività emolitica nei confronti degli eritrociti (umani, di cavallo, e di coniglio) e attività
germicida nei confronti degli altri batteri Gram-positivi; si ritiene che abbia un ruolo
molto importante nelle infezioni (Tendolkar et al., 2003).
La gelatinasi (GelE) è una zinco metallo-endopeptidasi secreta da E. faecalis, che ha
la capacità di idrolizzare collagene, caseina, emoglobina ed altri peptidi bioattivi; può
inoltre distruggere i feromoni sessuali e modulare in qualche modo il processo di
colonizzazione (Koch et al., 2004).
Alcuni studi indicano la presenza di una ialuronidasi che contribuirebbe alla
virulenza degli enterococchi.
L’AS-48 è un piccolo peptide prodotto da E. faecalis la cui funzione è quella di
inibire gram-negativi tramite attività litica (Jett et al., 1994).
I peptidoglicani e l’acido lipoteicoico, costituenti propri della parete cellulare dei
microrganismi Gram-positivi, espletano la loro funzione patogena inducendo una
risposta infiammatoria associata alla loro stessa interazione diretta con le cellule
macrofagiche.
La capsula, di natura polisaccaridica e prodotta da determinati stipiti, impedisce da
un lato l’interazione del batterio con i fagociti inibendo conseguentemente l’attivazione
del complemento, dall’altro consente alla superficie microbica di aumentare la propria
idrofilia esprimendo un efficace contributo antimacrofagico. È opportuno sottolineare
come risulti assai improbabile che la capsula venga prodotta nel momento in cui il
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microrganismo colonizza gli enterociti della mucosa intestinale (Domann et al., 2006).
Gli enterococchi possiedono l’abilità di traslocare dal lume intestinale verso i
linfonodi mesenterici, il fegato e la milza e di entrare nel torrente sanguigno provocando
batteriemie (Wells et al., 1991). Il meccanismo esatto di questo processo non è stato
completamente chiarito. Si ritiene che gli enterococchi possano essere fagocitati dai
macrofagi tissutali e trasportati attraverso la parete intestinale nel sistema linfatico.
L’internalizzazione degli enterococchi cresce in maniera significativa in presenza di AS
che sembra quindi avere una funzione promotrice su tale processo (Koch et al., 2004).
1.5 Epidemiologia e trasmissione degli enterococchi vancomicina
resistenti (VRE) nelle infezioni associate all’assistenza sanitaria
(IAAS)
Gli enterococchi sono responsabili, nell’uomo, di un’ampia varietà di infezioni, la
maggior parte delle quali vengono acquisite in ambiente ospedaliero, sebbene non
manchino casi contratti in comunità. Questi microrganismi sono agenti di infezione a
carico del sistema urinario, dell’apparato cardiocircolatorio, con particolare tropismo
per le valvole aortica e mitrale, dell’addome, del tratto biliare e di ferite dovute ad
ustioni. Sebbene gli enterococchi possano raggiungere e causare infezioni anche nel
sistema nervoso centrale, nelle basse vie respiratorie, nei tessuti parenchimatici, nei seni
paranasali e nel tessuto parodontale, solo raramente vengono isolati da questi siti (Jett et
al., 1994).
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Delle specie di enterococco identificate finora solamente E. faecalis ed E. faecium
colonizzano o infettano l’uomo in modo rilevante. Mentre negli anni precedenti E.
faecalis rendeva conto del 90% circa degli isolati enterococcici, ultimamente si osserva
un’inversione di tendenza che vede scendere le percentuali di E. faecalis e salire quelle
di E. faecium tra gli isolati clinici. I dati rilevati dal SENTRY Antimicrobial Surveillance
Program mostrano che negli ultimi anni il 76% delle infezioni da enterococco sono
state causate da E. faecalis, il 19% da E. faecium e il restante 5% da altre specie di
minore importanza (Chavers et al., 2003).
Negli ultimi anni si è rilevato un incremento continuo del numero di pazienti con
batteriemie causate dagli enterococchi. Dati presentati dal National Nosocomial
Infections Surveillance (NNIS) pongono gli enterococchi tra i primi tre patogeni causa
di infezioni associate all’assistenza sanitaria (De Bruin et al., 2007) , primi nelle
infezioni di ferite dovute ad interventi chirurgici e terzi in infezioni del tratto urinario e
batteriemie (NNIS, 2004).
Due tipi di organismi possono causare infezioni: gli isolati che originano dalla flora
endogena del paziente e che, presumibilmente, non possiedono spiccati tratti di
antibiotico-resistenza e gli isolati che, proprio alla loro multiresistenza devono la
capacità di diffusione nosocomiale.
Gli enterococchi esibiscono un alto grado di resistenza a molti antibiotici e sono in
grado di acquisire rapidamente farmaco-resistenza (Hayden, 2000). Un trattamento con
penicillina, da sola o con aminoglicosidi è raccomandato per le infezioni iniziali da
enterococco, la vancomicina è l’antibiotico di scelta per le infezioni causate da ceppi
resistenti (Murray, 2000).