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disturbata.(Benton, 1940; Wienar, 1940). Si trattava, però, di studi non
sistematici e decisamente ateorici. Nel 1964 Drillien M.C. condusse il
primo studio sistematico sull’evoluzione psicologica del pretermine,
giungendo alla conclusione che, nei primi anni di vita presentava un
largo ventaglio di disturbi comportamentali (disturbi del sonno e
dell’alimentazione, eccessiva emotività, insicurezza ecc.) mentre negli
anni successivi presentava un rendimento scolastico scadente.
L’autrice, inoltre, metteva in evidenza correlazioni tra fattori
ambientali, come il ceto sociale di appartenenza, e l’atteggiamento
della madre durante il primo anno di vita del bambino (in particolare
l’ansia e l’incongruenza educativa) e i successivi problemi di sviluppo
del prematuro.
Nel 1969 Bergès e I. Lezine arrivarono all’individuazione della
cosiddetta “sindrome tardiva del prematuro”, caratterizzata da
perturbazioni delle funzioni prattognosiche e dell’immagine corporea,
da instabilità attentiva, scarso controllo emotivo, a volte anche auto-
aggressività. In particolare, le autrici mettevano in evidenza nel
prematuro, verso il terzo \ quarto anno di età, una rigidità degli schemi
mentali che gli impediva di acquisire un’immagine adeguata del
proprio schema corporeo e originava difficoltà di apprendimento. La
“sindrome dell’ex-prematuro”, comunque, non va vista come
un’“entità nosografica”, ma semplicemente come un’insieme di
disturbi che si presentano con una certa frequenza tra i prematuri, fra i
quali, per altro, esistono delle grandi differenze di sviluppo
individuale.
Il limite di questi primi studi è, forse, quello di considerare la semplice
“condizione di prematurità” come causa di ogni genere di disturbi e
difficoltà evolutive, senza considerare che lo sviluppo del nato
prematuro può essere influenzato da numerosi fattori. Il destino del
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prematuro dal punto di vista psicologico, non è tutto deciso dall’inizio,
ma è in funzione dell’ambiente socio-affettivo in cui il pretermine si
trova a vivere: la prematurità, infatti, può rappresentare o no un fattore
di disorganizzazione del funzionamento mentale, secondo come
l’ambiente reagisce ad essa e riesce a adattarvisi.
Studi più recenti hanno esaminato la relazione esistente tra la qualità
delle interazioni precoci madre \ bambino prematuro e lo sviluppo
successivo del bambino. I dati derivanti da queste ricerche hanno
permesso di comprendere meglio le caratteristiche dello sviluppo del
pretermine e le dinamiche di comparsa dei suoi “disturbi tardivi”.
In generale possiamo affermare che lo stato di prematurità influenza il
bambino e la sua crescita in due modi: a) in modo diretto b) in modo
indiretto.
a) Il nato pretermine è meno in grado, rispetto al nato a termine, di
entrare in contatto con la realtà esterna e di adeguarsi ad essa, come
vedremo nel primo capitolo. Inoltre i neonati prematuri di peso molto
basso, nonostante i notevoli progressi raggiunti ultimamente nel
campo dell’assistenza neonatale, continuano ad essere interessati da
disturbi cerebrali con maggiore frequenza rispetto ai nati a termine.
b) La qualità della vita successiva del nato prematuro è influenzata
anche dalle particolari risposte che ogni singola figura d’accadimento
ha di fronte alla nascita pretermine, dal tipo di relazione che si verrà
ad instaurare tra il bambino, e il caregiver e dalla capacità di
quest’ultimo di fornirgli gli stimoli più adeguati alla sua crescita. I
genitori, in effetti, possono trovare non poche difficoltà ad occuparsi e
ad entrare in sintonia con il figlio prematuro, così diverso, sotto tanti
aspetti, dai bambini nati a termine. Lester (1985) ha sottolineato nelle
sue ricerche, che le interazioni madre-bambino sono regolate da ritmi
che si basano sull’organizzazione temporale caratteristica dei sistemi
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biologici e di comportamenti quali i cicli sonno \ veglia, la suzione,
l’attività cardiaca e respiratoria, ecc. Secondo l’autore, madre e
bambino raggiungerebbero una “comunicazione” coordinata e
sincronica, imparando a riconoscere la struttura ritmica e temporale
delle condotte dell’altro. Poiché i bambini nati prematuri hanno
problemi di autoregolazione interna e mostrano spesso comportamenti
disorganizzati, le madri possono trovare più difficoltà ad entrare in
sintonia con loro. Anche Minde (1985) ha sottolineato che l’assenza di
un’organizzazione comportamentale periodica nel prematuro, rende
problematico al genitore adattare il proprio comportamento al
neonato, in quanto l’adulto non troverebbe nel comportamento del
bambino sequenze temporali organizzate nelle quali inserirsi.
Tuttavia, è stato anche dimostrato che le madri di bambini prematuri
continuano a comportarsi in modo diverso dalle altre quando il
comportamento del piccolo sembra tornare nella norma (Goldberg,
1979; Greene e altri, 1983).
Quest’ultima considerazione porta a pensare che un aspetto importante
dell’approccio che i genitori hanno nei confronti del figlio prematuro
sia basato, in parte, su concetti stereotipi \ pregiudizi che gravano sulla
categoria dei bambini prematuri.
Stern M. e Karraker H.K. (1984), hanno evidenziato che i bambini
prematuri sono generalmente visti come meno sviluppati fisicamente,
meno competenti, dal punto di vista cognitivo, meno attivi, meno
socievoli, e meno piacevoli, rispetto ai bambini a termine. Questo vale
non solo per soggetti senza una personale esperienza con i bambini
prematuri, ma anche per le madri di bambini pretermine (nel capitolo
due è presente una rassegna completa degli studi condotti sul
cosiddetto “stereotipo della prematurità”). Occorre, comunque,
sottolineare che i soggetti considerati in queste ricerche variano molto
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nella misura in cui hanno uno stereotipo riguardo ai prematuri, e che i
contenuti di tale stereotipo non sono stati indagati in modo
sistematico.
In questo lavoro si cercherà di capire quali siano realmente le “idee”
dei genitori che hanno appena avuto un bambino prematuro: cosa si
aspettano, quali modalità di cura adotteranno, come vedono il proprio
figlio, ecc. Inoltre, sarà verificato se le idee dei genitori di prematuri si
differenziano da quelle dei genitori di bambini a termine.
Si presuppone, in accordo con autori quali Sigel (1990) e Bornstein
(1995), che l’esame delle idee genitoriali possa condurre a prevedere e
a comprendere i comportamenti che i genitori adotteranno nei
confronti dei loro figli, quali strategie educative sceglieranno, il tipo di
stimoli che forniranno, ecc.
Nelle prossime pagine l’argomento della nascita prematura sarà
affrontato evidenziando il punto di vista della madre che si trova a
vivere quest’esperienza. Lo scopo è di riuscire a comprendere come
l’arrivo anticipato e spesso imprevisto del neonato, possa influenzare
le idee e le aspettative del genitore e, di conseguenza, il tipo di
“ambiente” e di cure che fornirà al figlio prematuro.
In particolare, nel secondo capitolo saranno prese in considerazione le
conoscenze “ufficiali”, scientifiche, sui bambini prematuri, in modo
da comprendere se e quanto le idee materne si discostano da queste
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CAPITOLO PRIMO
Diventare genitori
Le cure che gli adulti forniscono ai loro figli rappresentano la maggior
parte delle esperienze precoci dei bambini, è stato stimato, infatti, che
il tempo che i genitori trascorrono con i loro figli durante la prima
infanzia è il doppio di quello che passeranno con loro nelle età
successive (Hill e Strafford, 1980).
I genitori sono in grado di influenzare il bambino e il suo sviluppo sia
in modo diretto, sia in modo indiretto. Gli effetti diretti dei genitori sul
figlio comprendono la trasmissione di un certo codice genetico, nel
caso si tratti di genitori biologici, (che contribuisce a determinare le
attitudini e le abilità del bambino in vari domini), inoltre, chi si occupa
del bambino può influenzarlo per mezzo delle proprie idee e dei propri
comportamenti. Gli effetti indiretti dei genitori sul bambino
dipendono dal modo in cui madre e padre s’influenzano
reciprocamente: ad esempio, è stato rilevato che la soddisfazione della
coppia genitoriale nei riguardi della propria relazione si riversa anche
sul tipo di interazioni che i genitori hanno con il piccolo (Cowan e
Cowan, 1992).
Naturalmente, anche il bambino con le sue caratteristiche e il suo
temperamento, è in grado di influenzare chi si occupa di lui.
In questo capitolo saranno prese in considerazione le idee ed i
comportamenti di cura che i genitori comunemente mettono in atto
con i loro figli e, successivamente, i fattori che influenzano il
parenting.
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1.1 Le idee genitoriali.
Mi riferisco al termine “idea”, nella stessa accezione con cui è stato
utilizzato da Goodnow e J. Collins nel volume “Development
according to parents” (1990). Secondo questi autori le idee possono
essere considerate come “organizzatori mentali delle azioni che i
genitori compiono con i loro figli” e possiedono:
a) un contenuto b) delle qualità c) delle fonti
a) Il contenuto si riferisce alla sostanza, agli aspetti tematici delle idee.
Le idee di un genitore possono avere contenuti molto diversi rispetto
alle idee di un altro (ad esempio, un genitore può pensare che le
bambine siano più vulnerabili dei bambini, mentre un’altro può non
essere d’accordo o esserlo solo in parte )
Il contenuto delle idee può esser suddiviso in: idee riguardo alle
direzioni dello sviluppo (obiettivi, conoscenze riguardo alle
caratteristiche dei bambini, aspettative su come sarà la vita con i figli
ecc. ) ed idee riguardo alle condizioni dello sviluppo ( metodi per
raggiungere ceri obiettivi, credenze sul potere dell’ambiente e
dell’ereditarietà di influenzare lo sviluppo ecc. )
b) La qualità delle idee, invece, si riferisce a caratteristiche
“trasversali” rispetto ai contenuti, come l’accuratezza, il grado di
certezza, l’apertura al cambiamento, il grado d’accordo ecc.
c) Le idee, infine, hanno anche delle fonti, si tratta dei canali
attraverso i quali i genitori attingono informazioni e conoscenze. Le
principali fonti sono: le esperienze personali con i bambini e le
immagini culturali dell’infanzia presenti nel contesto sociale
d’appartenenza.
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Un altro aspetto importante da considerare sono le conseguenze che le
idee hanno, sia per i genitori sia per i bambini.
a) Per quanto riguarda i primi, Goodnow evidenzia che le idee dei
genitori influenzano sia i loro sentimenti, sia le loro azioni. In
altre parole, ciò che i genitori pensano si ripercuote su ciò che
provano verso il figlio e il proprio ruolo e sulle condotte e i
metodi che sceglieranno di adottare. Ad esempio, chi pensa che
“i neonati sono tutti uguali: hanno bisogno solo di mangiare e di
dormire”, probabilmente sente meno il peso di diventare
genitore, sarà più disponibile nel delegare le cure del bambino
ad altre persone (nonni, asilo nido, baby-sitter, ecc. ) e non
interpreterà le reazioni e i comportamenti del neonato come
segni precoci del suo temperamento, da incoraggiare o da
ostacolare, ma li vedrà come semplici riflessi ( e quindi come
non intenzionali ).Al contrario, un genitore secondo cui “i
neonati sono tutti unici e diversi, sin dalle prime ore di
vita”sentirà la responsabilità di comprendere, subito i bisogni
speciali e le capacità del proprio figlio e, quindi, di accudirlo
personalmente.
b) Per quanto riguarda gli esiti sui bambini, diversi autori hanno
trovato correlazioni tra le idee materne e lo sviluppo cognitivo,
il successo accademico e le capacità sociali del figlio.
L’assunzione sottostante a queste ricerche è che le idee
genitoriali, influenzano il bambino guidando comportamenti
parentali adeguati o non adeguati alle abilità e ai bisogni del
piccolo, o attraverso la trasmissione da parte dei genitori, di
valori che il bambino interiorizza ed utilizza per regolare i suoi
stessi comportamenti.
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1.1.1 Le idee dei neo-genitori
Vedremo ora, più nello specifico, quali sono le idee degli adulti
riguardo all’esperienza di avere un figlio e allo svolgimento della
relazione con il bambino.Si tratta di quelle che Goodnow ha
chiamato “idee sui punti di partenza”.
Diventare genitore rappresenta un momento critico di transizione
per la maggior parte delle persone. La nascita di un figlio, infatti,
richiede un periodo d’adattamento: la cura del bambino comporta
stress fisici ed emotivi, la vita sociale e l’autonomia si riducono, si
ha un calo nelle entrate economiche familiari, i rapporti della
coppia si modificano, ecc.
E’ interessante osservare, in ogni modo, che le persone che stanno
per avere il loro primo figlio vedono i bambini come meno
“sconvolgenti” per l’equilibrio della coppia e come più competenti,
rispetto a chi non si ritiene ancora pronto ad avere figli o ha,
comunque, deciso di procrastinare quest’esperienza (Pharis e
Manosewitz, 1980).
Inoltre, spesso le donne suppongono che il peso della cura dei figli
sarà equamente diviso con il compagno, ma in molti casi queste
rosee aspettative non si realizzano, come dimostrato in una ricerca
longitudinale condotta da Ruble e colleghi (1988) e in uno studio
di Belsky (1986).
Queste aspettative violate possono influenzare negativamente le
idee delle madri riguardo al coinvolgimento del padre nel proprio
ruolo, e la visione del bambino come portatore d’influenze positive
sulla relazione matrimoniale.
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Più in generale, le idee dei futuri genitori su come sarà il figlio e
come sarà la vita con lui, sembrano avere importanti effetti sui
comportamenti e sul senso di soddisfazione \ insoddisfazione, di
queste persone.
Una volta che il bambino è nato, i neo-genitori sembrano
combattuti tra sentimenti d’incertezza \ incompetenza e un generale
senso di fiducia.
Da una parte, infatti, c’è l’idea dell’“istinto materno”, secondo cui
il mestiere di genitore “viene naturale”, è qualcosa che non ha
bisogno di essere imparato. Sorprendentemente, i padri sembrano
credere nell’“istinto materno”, più delle madri stesse (Russel,
1983).
D’altra parte, i genitori ritengono anche che impareranno ad
occuparsi del bambino “per prove ed errori”, e che vi sono molte “
seconde opportunità” per rimediare agli sbagli commessi.
Idee così diverse possono tranquillamente convivere nella mente
dei neo-genitori.Quest’aspetto delle idee genitoriali non deve
sorprendere: crescere un figlio, infatti, è un compito complesso,
che richiede di perseguire contemporaneamente molti obiettivi
diversi. Ad esempio, una madre ha il dovere di preservare il figlio
dai pericoli, di proteggerlo (specialmente se il bambino è molto
piccolo ) ma al tempo stesso deve promuovere la sua autonomia, la
sua indipendenza, lo sviluppo delle sue capacità.
Nel complesso, la nascita di un figlio modifica la vita delle
persone: che tali cambiamenti si rivelino positivi o negativi,
dipende da moltissimi fattori, tra cui la situazione precedente della
coppia, le sue reazioni, ecc. Naturalmente, diventare genitori è più
difficile, se il neonato è debole, ha bisogno di cure intensive, e non
è subito possibile un contatto diretto con lui, come nel caso dei
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bambini che nascono prematuri. In questo caso, i genitori si
trovano in una situazione molto particolare: oltre alle normali
incertezze legate alla nascita di un figlio, queste persone devono
affrontare il fatto che il loro neonato è, in qualche modo, “diverso”
dagli altri, ma non hanno punti di paragone, standard rispetto ai
quali fare delle previsioni. In pratica, per i genitori dei piccoli
prematuri possono non essere disponibili le normali fonti delle idee
genitoriali. Tutto ciò, fa sì che le idee di queste persone siano meno
accurate, più incerte e più erronee (con una marcata tendenza a
sovrastimare o sottostimare caratteristiche e capacità del figlio)
rispetto alle idee degli altri genitori, e può provocare una marcata
mancanza di fiducia nelle proprie capacità parentali (sono i medici
ad indicare a questi genitori come occuparsi del bambino, -a
disconferma della credenza nell’istinto materno - ed eventuali
errori nella cura delle prematuro possono sembrare più gravi o,
addirittura, irrimediabili).