Introduzione
Il presente lavoro ha l’intento di evidenziare le differenti e molteplici
esperienze traumatiche che i bambini possono vivere all’interno del loro
nucleo familiare: da forme meno evidenti di trascuratezza fisica, educativa
ed emotiva al maltrattamento diretto o all’abuso. I genitori, con le loro cure,
svolgono un ruolo centrale nella costruzione del benessere emotivo e
affettivo dei figli. Si rende chiaro che nel momento in cui i genitori hanno
vissuto condizioni che hanno compromesso la loro capacità genitoriale, di
cura e protezione, si possono avere effetti significativamente depotenzianti
sullo sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino.
Il mio obiettivo è finalizzato a far emergere una patologia particolare: la
Sindrome di Munchausen per Procura.
La sindrome di Munchausen per procura (“by proxy” per gli autori di lingua
anglosassone da cui l’acronimo: MSbP ), identificata per la prima volta dal
professore S.Roy Meadow nel 1977, è un disturbo mentale che affligge
genitori o tutori ( per lo più donne madri) e li spinge ad arrecare un danno
fisico al figlio/a per farlo credere malato e attirare l’attenzione su di sé. Il
genitore viene cosi a godere della stima e dell’affetto delle altre persone
perché apparentemente si preoccupa della salute del proprio figlio/a. Il nome
deriva dalla Sindrome di Munchausen, nella quale il paziente si fa del male
per farsi credere malato e attirare l’attenzione su di sé.
La caratteristica di questa sindrome non è la mancata cura verso il minore,
ma cura eccessiva definita “ipercura”. La relazione con il figlio diventa una
sorta di vincolo delirante e invischiante. Il bambino si trova davanti ad un
paradosso affettivo: la persona che lo accudisce è la stessa che, invece, lo
maltratta, gli procura malattie e poi lo soffoca con eccessive cure e
attenzioni, veicolate da ansia e non sana fiducia.
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La sindrome di Munchausen è stata identificata come <<una forma di abuso
in cui il bambino è vittima di maltrattamento, nel quale un adulto provoca e
falsifica segni o sintomi fisici, facendo sì che il bambino risulti sempre
malato>> (Thomas, 2003);
Il lavoro è suddiviso in sei capitoli.
Nel primo capitolo verrà descritto il trauma come un evento improvviso,
imprevedibile, che la persona sperimenta come devastante, destabilizzante e
dalla forte connotazione emotiva. L’evento traumatico verrà analizzato da
due punti di vista diversi ma complementari: l’aspetto oggettivo e quello
soggettivo. L’aspetto oggettivo del trauma che indica prevalentemente la
drammaticità intrinseca all’evento: eventi come l’abuso o la tortura, per
esempio, sono esperienze dolorose e insostenibili per chiunque le subisce,
con effetti potenzialmente distruttivi, e che si connotano come esperienze
oggettivamente traumatiche.
Considerando, invece, la dimensione soggettiva, l’attenzione si sposta
dall’evento al soggetto dell’evento. In questo caso, il modo individuale di
elaborare l’esperienza traumatica dal punto di vista emotivo e cognitivo fa
una grande differenza. Infatti, come vedremo, è l’intensità della reazione
emotiva – determinata dal significato attribuito all’evento più che
dall’evento in sé – che alla fine spiega le eventuali conseguenze
psicopatologiche di un’esperienza potenzialmente traumatica.
Nel corso del capitolo si evidenzierà come anche i bambini, soprattutto in
ambito familiare, possono sperimentare esperienze traumatiche, provando
dolore, stati d’ansia ed emozioni come rabbia, tristezza, colpa e senso di
impotenza al pari degli adulti.
Verranno descritti i differenti e molteplici traumi che il bambino può
esperire all’interno del suo nucleo familiare:
- Trauma fisico;
- Trauma psicologico;
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- Trauma relazionale o patologia della fornitura di cure.
Nel secondo capitolo sarà descritta la risposta al trauma in termini cognitivi
ed emotivi. Lo stress traumatico mina la soddisfazione dei bisogni e la
realizzazione degli obiettivi fondamentali per la crescita del bambino.
Verranno riportati dati scientifici che si pronunciano a favore di una
correlazione significativa fra i disturbi d’ansia in genere e una storia di
violenza domestica; allo stesso tempo verrà sottolineato, come la stessa
letteratura scientifica, ha individuato bambini che appaiono relativamente
indenni da sequele sintomatologiche pur essendo stati oggetto di
maltrattamenti e abusi. Le condizioni di rischio che predispongo il bambino
a possibili esperienze traumatiche verranno, quindi, esaminate accanto alle
potenzialità e alle risorse sociali, familiari e individuali che possono attivarsi
per contrastare i fattori negativi. Si sottolineerà l’importanza della resilienza
come fattore protettivo in grado di determinare l’attitudine a reagire a stress
o traumi, che al contrario potrebbero risultare gravemente invalidanti.
Parlare in termini di resilienza vuol dire modificare lo sguardo con cui si
leggono i fenomeni e superare un processo di analisi lineare, di causa ed
effetto, per cui non è più corretto ragionare generalizzando e afferme ad
esempio: “ E’ stato gravemente ferito, quindi è spacciato per tutta la vita”.
Nel terzo capitolo verrà presentata la Sindrome di Munchausen per procura
come: <<una forma di abuso in cui il bambino è vittima di maltrattamento,
nel quale un adulto provoca e falsifica segni o sintomi fisici, facendo sì che
il bambino 6 risulti sempre malato>> (Thomas, 2003); è una forma peculiare
di abuso che accade molto più spesso con le madri come preparatori e i
bambini piccoli come vittime.
Si ullustrerà dunque:
- la sistematicità con cui il preparatore sperpera sulla vittima;
- i metodi usati per creare sintomi nei figli, che risultano eterogenei e spesso
crudeli. La malattia creata può essere simulata o prodotta, o entrambe.
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Alcuni bambini sono vittime di madri che simulano soltanto la patologia,
fingendo o mentendo, senza manipolazione con farmaci o sostanze nocive.
Ad esempio una madre può portare il figlio dal medico, sostenendo che
soffre di febbri notturne frequenti ed alte, anche se ciò in effetti non ha
nessuna base. Altri bambini sono vittime di madri che producono la
patologia, fanno effettivamente qualcosa al figlio. Ad esempio, una madre
può ripetutamente soffocare il figlio e sostenere che soffre di episodi di
apnea;
- una madre che provoca nel figlio i sintomi di una malattia ed è alla ricerca
dell’involontaria complicità dei medici, fornisce alla relazione madre-
bambino una tonalità perversa. Una figura materna che può ingannare
l’interlocutore con atteggiamenti di ipercura che in realtà mascherano una
sua componente distruttiva. La madre utilizza l’accessibilità alle strutture
sanitarie al fine di ottenere la conferma della veridicità della sintomatologia
fittizia del bambino stesso.
- la grande difficoltà della diagnosi -medica e non psichiatrica- che risulta di
difficile individuazione in quanto, viene svilita dall’inganno del genitore nei
confronti dei medici che tendono in buona fede, a colludere con esso.
Questo accade perché la diagnosi medica della MSbP è complessa, possono
essere riferiti i sintomi più svariati che risultano difficili da inserire nel
corredo sintomatologico di una malattia conclamata. Per un pediatra, la cui
usuale missione è di curare bambini, risulta difficile immaginare che un
genitore possa far del male al proprio figlio ed erroneamente crede che sia
presente una malattia reale. In alcuni casi può sembrare facile aderire alla
richiesta di numerosi accertamenti cui sottoporre il bambino, piuttosto che
formulare il sospetto di trovarsi di fronte ad un caregiver con un ruolo di
perpetratore di abuso;
- questa figura di madre si mostra falsamente oblativa, falsamente devota; le
sue ansie, le sue paure, le sue preoccupazioni agli occhi del personale
sanitario e dei familiari appaiono sincere. Quando il figlio viene ricoverato
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si dimostra un’ottima interlocutrice per il personale sanitario, ascolta con
attenzione e si dimostra collaborativa. Il suo atteggiamento di ipercura pare
nascere dalle sue istanze di iperprotettività e di dominio di carattere
ambivalente: espressione da un lato del legame affettivo nei confronti del
figlio, dall’altro di una componente eccessivamente controllante e
manipolatoria;
- Infine, si porrà l’attenzione sul figlio che risulta essere doppiamente vittima,
dal punto di vista fisico e psichico della persona di cui dovrebbe fidarsi : la
madre che lo accudisce è la stessa che, invece, lo maltratta, gli procura
malattie e poi lo soffoca con eccessive cure e attenzioni, veicolate da ansia e
non sana fiducia. Il bambino sperimenta insicurezza, senso di impotenza e
disorientamento interiore.
Nel quarto capitolo sarà messa in luce come questa sindrome è una
manifestazione di un sistema familiare patologico. Saranno evidenziate le
dinamiche interpersonali presenti nel nucleo familiare, con particolare
attenzione alla figura della donna madre e della sua relazione con il figlio. In
particolare emergeranno le possibili conseguenze psicopatologiche nel
bambino vittima della MSbP. Il ripetersi di visite ed esami invasivi,
innescano nel bambino non soltanto la paura di una malattia, ma anche la
percezione fantasmatica che qualcosa nel suo corpo non funziona,
un’anormalità, in qualche modo comprovati dal fatto che sono necessari
molteplici accertamenti. Questa condizione, fa si che il bambino si senta
diverso dai suoi coetanei, meno sano, meno capace, in quanto non condivide
le esperienze e non sperimenta analoghe competenze ed abilità per le
limitazioni imposte dalla malattia e dalle cure che ne derivano. Il bambino
arriva a perdere la capacità di percepire correttamente le sensazioni che gli
provengono dal corpo, fino a non essere più in grado di distinguere se i suoi
sintomi sono reali, immaginati da lui o indotti dagli altri, con lo strutturarsi,
come conseguenza, di un Sè fragile e poco differenziato. Verrà precisato che
non esistono sintomi patognomonici o indicatori precisi di MSbP, come
spesso accade in ambito di patologie psichiche riguardanti i bambini, che
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portino ad una diagnosi certa e inequivocabile. Tuttavia, il bambino può
andare incontro ad uno sviluppo problematico della sua identità. Saranno
segnalati e descritti aspetti di disagio o di danno nel bambino:
- Paura del futuro;
- Problemi di strutturazione del Sé;
- Ipocondrie e fobie;
- Persecutorietà.
Nel capitolo cinque verranno fatte considerazioni giuridiche circa il
comportamento criminale che assume la MSbP. La sindrome di
Münchausen per Procura è considerata un abuso sui minori a tutti gli effetti;
questo tipo di abuso, tuttavia, non è ben noto, né tra il pubblico, né tra i
medici che hanno in cura questi pazienti. Affinchè la sindrome sia
riconosciuta è necessario che sia verificato un comportamento di tipo
criminale e il comportamento criminale è interpretabile solo sulla base della
sindrome. A causa della difficile individuazione di MSbP in una madre che
maschera la sua patologia con cure ed attenzioni premurose, è complicato
dimostrare un comportamento delittuoso da parte del genitore. Tuttavia la
MSbP si rileva sotto il profilo penale quando la condotta della madre integri
gli estremi di reati di omicidio e/o lesioni personali gravi o gravissime.
Nel capitolo sei verrà fatta una ricognizione dei dati circa l’incidenza e
l’epidemiologia dellla MSbP. Data la rarità della sindrome è difficile avere
un’ampia visione del fenomeno e pertanto mi rifarò anche alle revisioni
della letteratura. Verranno descritti in via esemplificativa alcuni casi clinici.
In particolare ho ritenuto importante riportare due studi clinici che mettono
in evidenzia come molte madri che hanno indotto o simulato la malattia nei
propri figli, hanno avuto nel corso della loro infanzia o vita adulta storie di
traumi, maltrattamenti, trascuratezza o violenza domestica. Sono donne che
presentano un disturbo di personalità, in particolare il Disturbo Borderline di
personalità, o tratti di personalità compulsivi- dipendenti-istrionici. Inoltre,
dai campioni esaminati risulta presente angoscia non risolta in relazione ai
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traumi subiti che, certamente può influenzare la capacità di prendersi cura di
un bambino.
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