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privatistico, nel quale gli investimenti devono potersi ripagare attraverso la
riscossione di tariffe o simili, facendo gravare il costo dei servizi sugli effettivi
utilizzatori. Tali tendenze si concretizzano non solo nella ricerca di una maggiore
attenzione alla gestione dei servizi, ma anche nella necessità di favorire il
coinvolgimento di capitali esterni (privati) per mantenere almeno inalterata la
capacità di investimento in infrastrutture pubbliche.
Con riguardo invece alle professionalità necessarie, un’operazione complessa come
il project financing richiede competenze specifiche altamente qualificate. Solo
attraverso l’esperienza sul campo è possibile raggiungere le competenze necessarie
per il corretto svolgimento delle diverse fasi di sviluppo dell’operazione.
L’esperienza accumulata da ogni singolo soggetto nel proprio campo di attività
rappresenta, quindi, un elemento imprescindibile e perciò di fondamentale per il
successo di qualsiasi operazione. Nella struttura dell’operazione, quindi, ciascuno
dei soggetti interviene con un ruolo appropriato e definito che varia in funzione
delle competenze sviluppate e della diversa attitudine all’assunzione dei rischi.
Tale varietà di soggetti conferma la caratterizzazione dell’operazione come sinergia
di risorse, competenze, capacità professionali tra loro efficacemente coordinate e
disciplinate da vincoli di natura contrattuale e da opportunità di natura economica.
Talora si tratta di interessi in certa misura divergenti, ma che si fondono e si
integrano al fine di realizzare l’operazione dalla quale i soggetti partecipanti
dovrebbero ottenere una congrua soddisfazione, in prevalenza di tipo economico,
proporzionalmente all’impegno profuso ed alle condizioni di rischiosità assunte. Gli
attori, tuttavia, non sono individuabili a priori in relazione a qualsiasi fattispecie in
quanto le concrete modalità e lo specifico network contrattuale sono talmente
differenziati da rendere difficilmente individuabile uno schema tipico. Fattori
rilevanti sono la dimensione e l’importanza del progetto, che ove particolarmente
significativo, accentua le esigenze di interazione di un numero più ampio di soggetti.
La struttura di un’operazione di project financing, può essere interpretata come
un’architettura reticolare, basata su relazioni che hanno natura contrattuale e
contenuto commerciale e finanziario.
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Nella rete esiste un fulcro ben identificato che è il soggetto che ha il compito di
portare a compimento il progetto, e che a tal fine svolge un’azione di coordinamento
dell’operato degli altri attori coinvolti nell’iniziativa; nella rete si distinguono,
inoltre, una serie di nodi, i quali rappresentano i ruoli tipici che sono coinvolti nelle
stessa operazione, vale a dire gli altri soggetti che contribuiscono alla realizzazione
del progetto.
Il perno dell’architettura di ogni operazione è rappresentato, come detto, dalla
società di progetto (Special Purpose Vehicle). Attraverso la sua costituzione si
realizza una netta separazione dell’attività dei promotori dal progetto specifico ed è
autonoma nei confronti degli sponsor che conferiscono capitale di rischio e/o
credito. In questo modo si ottiene l’isolamento del progetto da eventuali situazioni
economico-finanziarie patologiche degli sponsor; inoltre, quest’ultimi vedono
limitati i propri rischi al solo capitale versato nella SPV. La costituzione della
società di progetto è finalizzata alla realizzazione e alla gestione dl progetto.
Quest’ultima esercita tutte le funzioni imprenditoriali necessarie per la gestione
dell’attività economica del progetto. In primo luogo, ad essa viene conferito il
capitale di rischio da parte degli investitori e, di conseguenza, si assume
direttamente la responsabilità imprenditoriale del progetto. In secondo luogo, ha il
compito di reperire il capitale di prestito proveniente da terzi finanziatori, o i
contributi. Normalmente la SPV è titolare della concessione di costruzione e
gestione, dunque ad essa fanno capo anche i flussi positivi e negativi di reddito
derivanti dal progetto evitando, pertanto, commistioni con i flussi di reddito
provenienti da altri sponsor. In questo modo i finanziatori hanno una sorta di priorità
sul cash flow di gestione dell’opera realizzata e, quindi, la garanzia della restituzione
del finanziamento erogato.
Il compito principale della società di progetto è, comunque, quello di attivare e
coordinare le relazioni con gli interlocutori coinvolti. Tale coordinamento è
finalizzato all’attuazione delle diverse attività necessarie per l’implementazione del
progetto, alla minimizzazione dei rischi a esso connessi e all’ottimizzazione dei
flussi. Esso rappresenta proprio l’attività fondamentale della società di progetto;
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nella realtà, può costituire l’unica attività operativa di cui essa è direttamente
responsabile.
La società di progetto (Special Purpose Vehicle) svolge un ruolo cruciale nella fase
iniziale in cui si verificano le condizioni di fattibilità del progetto e si individuano i
possibili partner operativi e finanziari. In questa fase la SPV deve saper”vendere
l’iniziativa” ai soggetti che possono contribuire a vari livelli alla riuscita
dell’iniziativa e creare le condizioni reali per l’ottenimento dei finanziamenti. Essa è
quindi la protagonista assoluta dell’architettura dell’operazione, almeno fino alla
firma del loan agreement, in cui le istituzioni finanziarie si impegnano a erogare le
risorse necessarie per l’operazione.
Per svolgere in maniera appropriata la propria funzione strategica, la società di
progetto, deve disporre di determinate risorse specifiche. In primis è necessaria
un’approfondita conoscenza dell’area di business in cui si colloca l’investimento,
per quanto riguarda il mercato, la concorrenza e le problematiche relative ai costi del
processo produttivo. E’ opportuno, inoltre, che una parte significativa del
management abbia maturato esperienze significative in tale area di business e, al
contempo, disponga di una diretta conoscenza delle problematiche dei meccanismi
di funzionamento di un’operazione di project financing. Altrettanto rilevante è,
infine, la reputazione e l’immagine di affidabilità che gli sponsor riescono a
attribuire alla SPV. Queste qualità costituiscono le risorse di base su cui la SPV
costruisce la struttura di relazioni con gli altri interlocutori che intervengono
nell’operazione.
Tra gli altri attori che intervengono nell’iniziativa, estremamente delicato è il ruolo
svolto dalle banche poiché esse valutano, da un lato, la fattibilità economico-
finanziaria e la convenienza dell’operazione, dall’altro, intervengono in qualità di
finanziatori. All’ interno di ogni operazione, infatti, un ruolo cruciale è svolto dagli
intermediari finanziari, tra i protagonisti assoluti della finanza di progetto. Le due
attività essenziali da essi svolte sono quella di advisory ed arranging.
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Tali attività corrispondono alle due macroclassi (servizi di consulenza e di
finanziamento) che possiamo individuare nel vasto panorama dei servizi offerti
dagli intermediari.
I primi sono orientati alla definizione del profilo di rischio dell’operazione, dei
tempi di attuazione, delle dimensioni della stessa al fine di renderla “bancabile”
cioè proponibile all’attenzione della comunità dei finanziatori in quanto
economicamente vantaggiosa. I servizi di consulenza possono essere svolti anche da
soggetti non rappresentati da intermediari finanziari come consulting firms (società
di revisione), società d’ingegneria e professionisti indipendenti; tuttavia, sono le
banche ad operare nella maggior parte dei casi. Sono quest’ultime, infatti, a
prodigarsi maggiormente ai fini di fornire un elevato livello qualitativo del servizio
di consulenza.
I secondi attengono all’attività di lending propriamente detta e consistono nella
messa a disposizione, a favore della società di progetto, di capitale di credito e più
raramente di capitale di rischio sulla base delle indicazioni emergenti dallo studio di
fattibilità predisposto dai consulenti. Essendo tale attività basata sulla disponibilità
di capitali, anche in essa sono le banche a rivestire un ruolo prevalente.
Le attività di advisory sono generalmente svolte dalle banche d’investimento,
mentre di quelle di arrranging sono protagoniste le banche commerciali. A seconda
poi della dimensione del progetto e del corrispondente investimento, si tratterà di
operatori locali o internazionali. Le banche d’investimento si concentrano oggi nelle
aree d’affari caratterizzate da un elevato livello di servizio e con connotati più vicini
alla consulenza che non all’intermediazione in senso proprio. Esse hanno
tipicamente un raggio di azione ampio e operano in operazioni di grosso taglio,
affiancando i promotori di un’iniziativa d’investimento nell’analisi degli aspetti
tecnici e normativi dell’operazione, nello sviluppo delle ipotesi di allocazione dei
rischi e nella redazione del business plan con la corrispondente analisi di sensibilità.
Nel business plan l’advisor evidenziali fabbisogno finanziario dell’investimento e
ipotizza le sue modalità di copertura, identificando le modalità di
approvvigionamento di capitale di debito e di rischio.
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Definita la struttura finanziaria dell’operazione, infine, l’advisor organizza e negozia
con le banche finanziatrici i termini del finanziamento stesso. Questo tipo di banche,
proprio perché interviene in investimenti di grosse dimensioni, non è interessata a
mantenere rapporti con la clientela dopo la conclusione dell’operazione, e ciò a
causa del loro orientamento al singolo deal.
Le attività di arranging sono il campo elettivo delle banche commerciali con una
raccolta più stabile e a basso costo rispetto alle banche d’investimento. Le banche
commerciali sfruttano la loro presenza la loro presenza capillare sul territorio per
effettuare una raccolta prevalentemente al pubblico dettaglio da utilizzare poi, per
impieghi verso le imprese, in genere ispirati ad un’ottica di lending puro; per questo
motivo, a differenza di quel che accade per le banche d’investimento, in esse si
registra una significativa incidenza del margine di interesse sulla redditività globale.
Queste banche si caratterizzano inoltre per l’orientamento a mantenere stabili e
durature relazioni con la propria clientela.
L’arranging consiste nell’ottenimento del mandato da parte della società di progetto
a strutturare e gestire il contratto di finanziamento. L’arranger deve quindi contattare
il più ampio numero possibile di banche interessate a partecipare all’operazione e
deve svolgere un’attività di coordinamento con tutti i lenders. Nella realtà, poi,
questa attività si associa in modo pressoché automatico alla prestazione agli sponsor
di una garanzia di underwriting, attraverso la quale si impegna a garantire la
disponibilità dei fondi richiesti, anche in assenza di finanziatori interessati a
progetto, vale a dire in caso di fallimento della sindacazione.
Affinché tali banche possano operare con successo nell’ambito delle operazioni di
project financing, è importante che esse siano dotate di una considerevole forza
finanziaria e di ingenti mezzi propri (spesso, si assiste ad un parallelismo tra le
dimensioni del progetto e quella dell’intermediario), in quanto la difficoltà di
collocamento del finanziamento potrebbero, come detto, gravare interamente o
parzialmente sul suo bilancio. Devono essere, inoltre, dotate di una buona visibilità
internazionale che agevola il monitoraggio dei sindacati di prestito che coinvolgono
banche appartenenti a diversi Paesi.
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In rapporto alle competenze detenute, ai servizi offerti e alla dimensione, è
necessario operare una distinzione tra il nostro paese e l’Europa. Quest’ultima si
caratterizza infatti per la presenza di grandi banche universali abituate a muoversi
nell’ambito della finanza di progetto. Oltre ad avere una dimensione che è spesso
molto superiore a quella dei loro concorrenti italiani, esse possiedono il know-how e
una clientela consolidata in materia di project financing che hanno permesso loro di
sviluppare le competenze necessarie a svolgere una attività di consulenza ad alto
livello, in grado di soddisfare le esigenze di uno strumento di finanziamento così
complesso. Il servizio di consulenza fornito è strettamente orientato al cliente ed è
spesso organizzato all’interno della banca attraverso la costituzione di un gruppo
autonomo, espressamente dedicato alla finanza di progetto.
I team studiano e definiscono i progetti in stretto rapporto con il cliente, ricercano i
supporti finanziari ottimali e partecipano al disegno della struttura legale e
contrattuale migliore, vale a dire che meglio si adatti allo specifico caso, al
determinato contesto. Si tratta quindi di una forma di consulenza finalizzata alla
realizzazione di un package completo e non soltanto finanziario. La valutazione del
credito passa dalla tradizionale istruttoria, circa il merito e la solidità finanziaria del
richiedente, ad un’analisi riguardo alla fattibilità del progetto.
Al contrario, in Italia mancano le competenze specifiche, nel senso di una vera
cultura di progettazione tecnica e finanziaria orientata al medio e al lungo termine,
inoltre, la valutazione dei rischi del progetto che esse devono compiere è spesso
condizionata dal ruolo preponderante assunto dallo Stato nei progetti da realizzare.
E’ pertanto auspicabile un profondo cambiamento di mentalità da parte delle banche
tradizionali: entrando attivamente nel mercato del project financing esse devono
tener conto, da un lato, delle particolarità che caratterizzano l’esecuzione di un
progetto, come i tempi di realizzazione lunghi, la notevole complessità e l’onerosità
mediamente alta; dall’altro, devono superare i condizionamenti legati alle difficoltà
culturali, strutturali e burocratiche. Per queste ragioni, gli istituti di credito tendono a
specializzarsi in uno specifico ambito; vi sono banche attive nel settore energetico,
nonché, nel campo delle comunicazioni, delle infrastrutture e dei trasporti.
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Questa specializzazione ha almeno il pregio di intensificare le conoscenze in un
particolare ambito e in questo modo permette di acquisire un vantaggio competitivo
durevole.
Il project financing ha avuto nel recente passato uno sviluppo limitato. I fattori che
hanno inizialmente impedito all’Italia di sviluppare tali tecniche sono stati di diversa
natura, in primis politici oltre che economici. Tra le cause di ritardo va annoverata la
rigidità strutturale del mercato dei lavori pubblici in Italia nei riguardi delle
innovazioni, dovuta spesso alla lentezza della burocrazia, che solo negli ultimi anni
ha dato segni di un’inversione di tendenza. Non va poi dimenticato il fatto che il
mercato dei lavori pubblici ha scontato anche il blocco dovuto alle vicende legate a
tangentopoli.
Nell’ultimo quadriennio, però, si è riscontrata un’importante inversione di tendenza
che ha determinato una costate crescita nell’applicazione di detta tecnica; se si
osservano i dati resi noti dall’Osservatorio Nazionale nel corso degli ultimi anni, si
nota un numero progressivamente crescente di procedimenti in project financing ad
iniziativa pubblica o privata. In particolar modo nel corso del 2003 vi è stata
un’impressionate valorizzazione, pari a 11,3 Mld euro, dei procedimenti
effettivamente attivati. Le ragioni dell’exploit (a cui nessuno credeva almeno sino
alla pubblicazione dei dati dell’Osservatorio) sono legate in primo luogo alla
collocazione della disciplina della finanza di progetto all’interno della Legge Quadro
sui Lavori Pubblici senza creare una lex specialis.
Lo sviluppo di tale idea vincente, avversata da una parte degli operatori economici,
si deve anche alla spinta conferita dagli operatori del mercato, alla politica che trova
motivi di attrazione crescente del consenso, alle modifiche normative intese a
rendere fruibile lo strumento, alla scarsità delle risorse finanziarie, al fiorire di studi,
di convegni e di specializzazioni e, infine, all’interesse dimostrato dai grandi
operatori finanziari e dai costruttori. Proprio la collocazione sotto la sfera pubblico-
infrastrutturale ha obbligato le strutture operative della pubblica amministrazione a
far propria la novità del procedimento pur affrontando le indubbie difficoltà dovute
ai molti aspetti critici e peculiari della disciplina.
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La presenza capillare in tutti i breviari delle migliaia di stazioni appaltanti d’Italia
dell’istituto della finanza di progetto e dei procedimenti per attuarla ha generato un
tumultuoso effetto moltiplicatore di attivazioni propagatesi in ogni direzione.
I centri di interesse pubblici e privati, con motivazioni diametralmente opposte ma
convergenti nella finalità di perseguire l’utile pubblico, hanno ripreso l’analisi
dell’istituto, arricchendolo di nuove osservazioni, per poi rilanciarlo tra gli operatori;
un fronte crescente di azzardi interpretativi e di prassi innovative, autorizzate dalle
tracce normative a maglie sensibilmente larghe, ha sopraffatto la perplessità che
affioravano, conferendo a questo imponente fronte avanzante una vitalità inaspettata.
Ulteriore fattore di sviluppo consiste nella qualificazione, operata dalla Legge
Quadro, delle opere da realizzare definite prioritarie ope legis, al pari dei lavori di
manutenzione, del recupero del patrimonio esistente e dei lavori di completamento
delle opere e strutture già iniziati. La Legge Quadro ha riconosciuto un valore
prioritario agli interventi suscettibili di attivare investitori privati e, di conseguenza,
ha imposto agli amministratori la doverosità di realizzarli, laddove vengano
programmati, con precedenza rispetto agli altri lavori.
Costituisce altresì un motivo di successo la capacità di essere utile sia per lo
sviluppo di una singola opera sia per realizzare pianificazioni complesse di vaste
aree. E’ proprio la versatilità uno dei punti di forza della finanza di progetto.
Il project financing indirizzato al recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio o
per il rilancio produttivo di un’area (piano di recupero urbano, piano di recupero di
insediamenti abusivi, programmi di riqualificazione urbana, programmi per gli
insediamenti produttivi, piani di sviluppo dell’edilizia economica e popolare)
rappresenta una delle vene più promettenti per sviluppi applicativi anche se impone
delle cautele atte ad evitare delle aberranti speculazioni. La molla economica che
permette di attrarre gli investimenti privati in queste iniziative di pianificazione
territoriale, non è rappresentata solamente dal reddito ricavabile dalla gestione
dell’opera pubblica, ma anche da quello generato dalla valorizzazione del contributo
pubblico ceduto al concessionario dall’amministrazione sotto forma di proprietà,
dotata di diritti edificatori, o di diritti reali di godimento.
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Vi sono tuttavia delle ragioni che impongono una certa prudenza. L’obiettivo del
coinvolgimento di capitale privato nella realizzazione di opere pubbliche non è
facilmente raggiungibile. Vi sono, infatti, tre ordini di cause che ostacolano una più
massiccia raccolta di capitale privato:
A) maggiore complessità del modello di intervento rispetto a quelli tradizionali e
necessità di analisi più approfondite;
B) ammontare superiore dei costi da sostenere per la presentazione della proposta
in relazione all’esigenza di coinvolgere professionalità altamente qualificate;
C) dilatazione dei tempi e maggiori incertezze legate all’analisi delle proposte da
parte delle p.a. , in parte dovute alla mancanza di un quadro procedurale definito.
Inoltre, un dato (anche se non quantificabile con esattezza) suggerisce un approccio
cauto e attento: il valore elevato del tasso di mortalità dei procedimenti; quest’ultimo
palesa che sono ancora necessari ulteriori passi in avanti per uno sviluppo pieno
della finanza di progetto. Le ragioni evidenziate invitano alla prudenza e ad un uso
cosciente, opportuno e naturalmente efficiente dei project financing per sfruttarne
appieno le potenzialità e gli indubbi vantaggi, in primo luogo in termini di minor
costi per i bilanci statali.
I pericoli si possono infatti annidare in un’errata programmazione, in una
superficiale valutazione della domanda, in una clausola che pone l’amministrazione
in una condizione di soggezione, ecc. Per evitare l’onda anomala è necessario
riconoscere i rischi e fare tutto per mitigarli. L’amministrazione, partendo da un
esame delle esigenze dei cittadini deve, da un lato, concentrare i suoi sforzi per
fornire i servizi necessari a soddisfare i loro bisogni e dall’altro, incentivare i privati
a prestare i mezzi finanziari essenziali per l’erogazione dei servizi. In questo modo
essa è in grado di fornire il miglior apporto tra qualità, tempo e prezzo,
trasformandosi da proprietario di beni ad acquirente di servizi. La p.a. , per fare bene
il proprio lavoro, deve proporre nei programmi sia interventi che per importanza
strategica presentano dei benefici economici dovuti alle esternalità di progetto (es.
connesse al recupero urbano ) sia di interventi suscettibili di gestione economica.
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Lo strumento da utilizzare potrebbe essere, in primo luogo, la metodologia di
valutazione costi/benefici ed economica/finanziaria dei progetti d’investimento,
secondo un approccio sistemico orientato allo sviluppo locale. In questa logica il
piano delle opere pubbliche si configura come un’occasione per attirare l’interesse
del soggetto privato ad investire il proprio capitale per la realizzazione delle opere
pubbliche.
Costituiscono leve incentivanti: la serietà della committenza, la certezza
dell’urgenza ed l’indifferibilità dell’opera che l’approvazione del progetto definitivo
comporta, l’agilità a dialogare con la pubblica amministrazione in ordine a qualsiasi
difficoltà burocratica superabile con un conferenza di servizio promossa dal soggetto
privato.
Le amministrazioni devono presidiare con competenza i processi senza delegare il
proprio ruolo ad altri e investire sulla propria competenza ai fini della costruzione di
una squadra con differenti professionalità a cui attribuire la missione di studiare la
realizzazione di un’opera in finanza di progetto, di disegnare in anticipo tutto il
percorso di attuazione, di formarsi e usare consulenti esterni di cui hanno necessità,
comprese l’Unità Tecnica Finanza di Progetto e le Unità Tecniche regionali.
L’accumulo di competenza permette la replicabilità dei procedimenti, abbattendo il
rischio di mortalità o di una prolungata agonia dei progetti. I procedimenti, infatti,
sono lunghi, complessi e il contratto di costruzione e gestione, cuore del
meccanismo del project financing, è un meccanismo delicato che deve funzionare
alla perfezione per un arco di tempo molto lungo per dare soddisfazione a tutti gli
attori coinvolti.
Nello stesso tempo, tutti i soggetti coinvolti devono agire con correttezza,
professionalità, coerenza ed identità d’intenti per permettere il regolare svolgimento
di tutte le fasi di sviluppo del progetto; basta che un solo attore ponga in essere
comportamenti opportunistici e speculativi per vanificare il lavoro, pur ottimo, degli
altri soggetti e minare le fondamenta dell’operazione con gravi danni per il resto dei
soggetti interessati, non ultimi la pubblica amministrazione e gli utenti finali.
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La cooperazione tra i diversi soggetti e tra le diverse operazioni che compongono le
varie fasi di sviluppo del progetto costituisce, infatti, uno degli elementi
indispensabili per raggiungere un risultato comune. Se ognuno dei soggetti ha
l’obiettivo di costruire un’architettura (tecnica e giuridica) che minimizzi i propri
rischi, aumenta la probabilità che formalmente tutti abbiano elevate garanzie o che i
rischi si scarichino solo su uno dei soggetti, ma, nello stesso tempo, aumenta anche
la probabilità di insuccesso dell’intera operazione, il che renderebbe nulle le
garanzie sostanziali. La cooperazione può essere favorita da un’elevata competenza
professionale nel valutare le interdipendenze tra i diversi aspetti: tecnico,
tecnologico, economico, giuridico; occorrono sistemi di valutazione delle operazioni
di tipo “multicriteri”, ossia capaci di considerare ed ottimizzare (o rendere
accessibili) i diversi aspetti e i diversi impatti.
In conclusione si può sicuramente affermare che la finanza di progetto sia, se usata
correttamente, il migliore strumento di ausilio a disposizione dell’amministrazione
pubblica e allo stesso modo tecnica invitante per le imprese private, capace di
attrarre investimenti ad accelerare determinati processi di investimento. Al
contempo l’indubbia complessità e le problematiche connesse devono mettere in
guardia gli operatori rispetto ad una utilizzazione “senza adeguate valutazioni” dei
rischi e delle opportunità, solo perché è di moda o perché riscuote un grande seguito
altrove.