3
governare
5
. In sostanza, le elezioni politiche svolgono il ruolo di legittimare,
attraverso il consenso del popolo, il sistema politico in generale, chi ha il potere
di governare e di conseguenza gli orientamenti politici di quest’ultimo.
Lo scopo è dunque quello di realizzare un’unica volontà popolare ma questa
non può formarsi da sola. A tal fine al sistema elettorale viene chiesto di
«operare come una parte del meccanismo di governo, (…) di lavorare come
una cinghia di trasmissione che, risalendo dal basso verso l’alto, riduca finché
possibile il molteplice al semplice»
6
, al fine di garantire lo svolgimento
dell’attività di governo. Funzione non semplice da svolgere visto che nello
stesso tempo il sistema elettorale deve riuscire a «non soffocare il manifestarsi
di [alcuna] posizione alternativa, e ciò per consentire quella duplice forma di
controllo che si esprime sia nella presenza costante di un opposizione, sia nella
possibilità di una alternanza al potere che riduca la maggioranza a minoranza, e
sollevi la minoranza a maggioranza»
7
.
Sulla base di questi presupposti nelle moderne democrazie, non è stato
possibile non porsi domande quali: “chi vota?”, “come si vota?”, “quando?”,
“dove?” e, nonostante siano passati secoli dalle prime forme di elezioni, l’ordine
del giorno ancora oggi riguarda quale sia il migliore sistema da adottare per
formare delle Assemblee elettive capaci di governare e, dunque, di come
trasformare i voti espressi da una moltitudine di elettori in seggi, senza
penalizzare la rappresentanza di qualche, seppur piccola, parte della società.
Oggetto di interesse di questo lavoro è il sistema elettorale nelle sue varie
formule con riferimento alla loro realizzazione in alcune delle più importanti
democrazie contemporanee.
2. Definizione di sistema elettorale
Il concetto di “sistema elettorale” può essere inteso in un duplice modo: uno
generale, l’altro specifico. Mentre il primo identifica il sistema elettorale come
quel complesso di regole, dette anche election laws (leggi sulle elezioni), che
riguardano il procedimento elettorale, il secondo lo concepisce come tutte
quelle norme che regolano i «meccanismi tecnici di suddivisione dei seggi»
8
,
cioè le electoral laws
9
. Distinzione analoga è quella tra il “metodo elettivo” quale
«complesso di tecniche giuridiche che costituiscono la sintesi concettuale sia
dell’organizzazione elettorale, sia del procedimento elettorale»
10
e il “sistema
elettorale” vero e proprio che invece riguarda più la fase di scrutinio e la
conseguente assegnazione dei seggi.
Quello che in questa sede verrà considerato è il “sistema elettorale” in senso
stretto, inteso come «quel complesso delle procedure di calcoli matematici
5
Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., pp. 166 e ss.; anche in Id., Sistemi elettorali e forma
di governo, cit., pp. 25 e ss.
6
Fisichella, D. (1965), Elezioni (Sistemi elettorali), in Enciclopedia del diritto, XIV, Milano, Giuffré, p.
653.
7
Ibidem, p. 654.
8
Schepis, G. (1955), I sistemi elettorali. Teoria-tecnica-legislazioni positive, Empoli, Caparrini, p. XXI,
citato in Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., p. 176.
9
La distinzione tra election laws e electoral laws è propria di D.W. Rae, citato in Lanchester, F., Gli
strumenti della democrazia, cit., p. 176.
10
Ferrari, G., Elezioni (Teoria generale), cit., p. 621.
4
mediante i quali la scelta operata nell’atto della votazione dai singoli
componenti di un corpo elettorale si traduce nella designazione dei titolari di un
mandato di un organo collegiale rappresentativo»
11
, senza dunque fare alcun
riferimento alla normativa di contorno che disciplina «tutta la vasta area relativa
alla fase precedente e successiva all’atto elettivo»
12
.
Ogni sistema elettorale è costituito da un insieme di regole e da una
combinazione di procedure che tendono a consentire un’efficace traduzione dei
voti espressi in seggi e in cariche.
Sono degli strumenti che, per la loro complessità, organizzano l’esercizio della
sovranità popolare, condizionano la forma di governo, influenzano le modalità
con le quali gli elettori esprimono il loro voto, con le quali i partiti politici
presentano i candidati ma soprattutto delineano le modalità con le quali ad un
certo numero di voti corrisponde un certo numero di seggi.
A causa di questo insieme di fattori, i sistemi elettorali sono spesso un obiettivo
della classe politica che governa il Paese, potendo più o meno favorire la
formazione di un eventuale governo successivo. Si tratta di capire quale sia la
formula migliore anche se una scelta del genere non è influenzata solo dalle
formule matematiche, bensì da una serie di fattori che si manifestano a
seconda della realtà a cui si applica.
Al fine di consentire una certa flessibilità, in modo da permettere un
adeguamento a circostanze in continua evoluzione, ma anche una
sperimentazione, più o meno orientata a favore di una parte politica piuttosto
che un’altra, raramente i sistemi elettorali sono “costituzionalizzati”. I testi
costituzionali, infatti, pur prevedendo delle disposizioni in materia elettorale, non
citano quasi mai la formula da adottare, limitandosi al massimo a riservarle loro
una riserva di legge.
3. Classificazione dei sistemi elettorali
Uno dei criteri spesso utilizzato per classificare i sistemi elettorali è quello
statistico-matematico
13
. In base ad esso è possibile una duplice classificazione.
La prima individua quattro sistemi: maggioritari estremi (il plurality system
inglese); maggioritari corretti (il doppio turno francese, il voto alternativo o il
quota system); proporzionali corretti (il voto singolo non trasferibile, sistemi con
clausola di esclusione); proporzionali estremi (lo scrutinio di lista in collegi
plurinominali o in collegio unico). La seconda, invece, distingue più
semplicemente tra sistemi elettorali maggioritari, proporzionali e misti, anche se
al loro interno, ciascuno di essi presenta diverse species
14
.
Classificazioni del genere, però, non sono sufficienti a spiegare il complesso
meccanismo della trasformazione dei voti in seggi. Rokkan, nella sua
11
Furlani, S. (1989), Elezioni 1) Sistemi elettorali, in Enciclopedia giuridica Treccani, XII, Roma, p. 1.
12
Capoccia, G. (1995), La Germania unita fra continuità e rinnovamento. Sistema elettorale e sistema
partitico nel processo di riunificazione tedesca, Quaderni dell’archivio di legislazione elettorale
comparata, 7, Roma, Bulzoni Editore, p. 26.
13
Fisichella, D., Elezioni (Sistemi elettorali), cit., pp. 649-650. Secondo lo stesso autore però, il criterio
statistico-matematico non è sufficiente ad un discorso di scienza politica o costituzionale. Bisognerebbe
considerare «i sistemi elettorali in quanto strumenti politici» in relazione agli effetti che essi hanno sul
sistema politico in generale e sui suoi vari componenti.
14
Fisichella, D., Elezioni 1) Sistemi elettorali, cit., p. 510.
5
definizione di sistemi elettorali
15
, sostiene che qualsiasi tentativo di elaborare un
modello di base di sistema elettorale deve considerare i mutamenti che hanno
investito le sei dimensioni del sistema stesso. Di queste, tre riguardano il
sistema elettorale in senso generale – i requisiti per il diritto di voto, il peso del
voto di ciascun elettore, la standardizzazione delle procedure di votazione e la
difesa della libertà di scelta – e tre si connettono maggiormente con
l’interpretazione in senso stretto – come vengono presentate le alternative agli
elettori, come viene ripartito il territorio ai fini elettorali, le procedure di calcolo
dei voti
16
. Questi ultimi tre punti si identificano con gli elementi costitutivi del
sistema elettorale, dai quali scaturisce una più articolata classificazione
17
.
Il primo elemento è rappresentato dal mezzo con cui l’elettore può esprimere la
sua preferenza nei confronti di un candidato che concorre per una carica. Nelle
società contemporanee si usa, di solito, la scheda elettorale cartacea che
influisce sul sistema elettorale a seconda se è di tipo “nominale” o “ordinale”. La
scheda nominale permette all’elettore di esprimere la sua preferenza o per il
candidato preferito (mezzo utilizzato in Gran Bretagna, negli Usa e nella
Francia della V Repubblica) o per la lista partitica (nella Repubblica Federale
Tedesca). Con quella ordinale invece si possono sistemare in una serie
preferenziale candidati e partiti o addirittura distribuire i voti tra le diverse liste o
tra i candidati
18
.
Il secondo elemento da considerare è il collegio elettorale che normalmente si
identifica con «[un’area territoriale all’interno della quale] le preferenze degli
elettori vengono raccolte e trasformate in seggi parlamentari»
19
. Molto
importante è la grandezza del collegio che permette una distinzione tra collegi
uninominali e plurinominali a seconda se i seggi che vengono assegnati a
quella determinata circoscrizione sono uno o più di uno. Si deve considerare a
tal proposito che la proporzionalità nella distribuzione dei seggi aumenta
all’aumentare della grandezza circoscrizionale
20
. Se la circoscrizione elettorale
subisce delle trasformazioni, possono verificarsi fenomeni come il
gerrymandering o il malapportionment. Il primo consiste «nel ritagliare i collegi
secondo linee territoriali tali da far trovare i sostenitori del partito che promuove
il ritaglio in quei collegi dove il loro apporto vale a spostare la maggioranza nel
senso desiderato»
21
(usato in Francia nelle elezioni del 1958). Il
malapportionment invece si verifica quando, a seguito di variazioni della
popolazione, i seggi non vengono ridistribuiti tra i collegi
22
.
15
Rokkan, S. (1968), Elections II) Electoral system, in International Encyclopedia of the Social Sciences,
V, New York, Crowell Macmillan, pp. 6-21; trad. it., I sistemi elettorali, in Id., (1982), Cittadini, elezioni,
partiti, Bologna, Il Mulino, pp. 231-261.
16
Ibidem, p. 7.
17
Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., pp. 179 e ss.; cfr. anche Id., Votazioni, sistema
politico e riforme istituzionali, cit., pp. 13 e ss.
18
Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., pp. 180-183.
19
Ibidem, pp. 183-184.
20
Baldini, G., Pappalardo, A. (2004), Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee, Roma-
Bari, Laterza, p. 8; Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., p. 185; Fisichella, D., Elezioni 1)
Sistemi elettorali, cit., p. 516.
21
Ibidem, p. 515.
22
Nel nostro Paese le elezioni del 1972 si svolsero in base ad una suddivisione in collegi che faceva
riferimento al censimento del 1961 e questo favorì le regioni meridionali a scapito del Lazio e del
triangolo industriale, cfr. Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., p. 189.
6
L’ultimo fattore che influisce sulla classificazione dei sistemi elettorali è la
formula cioè «il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che ha la
funzione di interpretare le preferenze elettorali espresse dagli elettori sulle
schede nell’ambito di un collegio come “base per la distribuzione legittima dei
seggi” tra i concorrenti»
23
. La prima distinzione da tener conto è quella tra
formule maggioritarie e non maggioritarie (o proporzionali). Mentre nei sistemi
basati sul principio maggioritario il seggio è conquistato da chi prende più voti,
in quelli che rispettano il principio proporzionale la ripartizione dei seggi avviene
in rapporto percentuale rispetto ai voti dati dagli elettori a ciascun partito
24
.
All’interno dei due gruppi troviamo, da una parte formule a maggioranza
semplice (plurality) e assoluta (majority) e dall’altra formule proporzionali che
utilizzano il metodo del quoziente, del divisore o quello automatico.
Dalla combinazione dei tre fattori (tipo di scelta, collegio e formula) nascono vari
tipi di sistemi elettorali ma, dal punto di vista classificatorio, sono molto
importanti anche gli effetti che ciascun sistema elettorale provoca sul sistema
politico. A questo proposito il criterio da utilizzare è «l’attitudine manipolativa»
25
di un sistema, che si può ripercuotere sulle scelte dell’elettore, sulla
rappresentanza, sul numero e sull’organizzazione interna dei partiti
26
. Essa
risulta massima nei sistemi “forti”, che ad esempio condizionano e vincolano
notevolmente le scelte degli elettori (come i sistemi maggioritari) e minima in
quei sistemi “deboli” che, invece, lasciano all’elettorato la più ampia facoltà di
scegliere (proporzionali)
27
.
Premesso che la prima distinzione che si fa tra un sistema e un altro è tra le
“famiglie” maggioritaria e proporzionale e la loro eventuale fusione (i cosiddetti
sistemi misti), nei paragrafi successivi si cercherà di conoscere l’origine e
l’evoluzione subita nel tempo da ciascuna. In questo modo sarà possibile
analizzare i loro molteplici “figli e figliastri” che caratterizzano ormai le maggiori
democrazie contemporanee
28
.
4. I sistemi maggioritari
La “famiglia” dei sistemi elettorali maggioritari è nata e si è sviluppata nel
mondo anglosassone sulla base dell’interpretazione del sistema elettorale come
una tecnica per realizzare una maggioranza elettorale e un governo
29
.
23
Ibidem, p. 193.
24
Frosini, T.E., cit., p. 22.
25
Fisichella, D., Elezioni (Sistemi elettorali), cit., p. 650. L’autore considera: “forte” il plurality system
inglese, “debole” lo scrutinio proporzionale di lista a collegio plurinominale e con l’applicazione della
regola dei resti nel collegio unico nazionale (utilizzato nella Germania weimariana). Senza dimenticare
poi che esistono sistemi che si pongono a metà tra i due estremi, come il doppio turno francese o quello
utilizzato per l’elezione del Bundestag nella Repubblica Federale Tedesca.
26
Lanchester, F., Gli strumenti della democrazia, cit., pp. 208 e ss.
27
Fisichella, D., Elezioni 1) Sistemi elettorali, cit., p. 516.
28
Frosini, T.E., cit., p. 21.
29
In Gran Bretagna nel corso del XIX secolo è presente il dibattito sulle due concezioni della
rappresentanza. Da una parte il filosofo John Stuart Mill era a favore di una riforma del sistema inglese in
senso proporzionale in modo da evitare le personalizzazioni del maggioritario. Al contrario, il
costituzionalista Walter Bagehot sosteneva che il sistema maggioritario rappresentasse un elemento
fondamentale dell’intero sistema costituzionale britannico, cfr. Baldini, G., Pappalardo, A., cit., p. 17.