I Servizi di Outsourcing nell‟Information Technology: caratteristiche del mercato e opportunità di fornitura e utilizzo
Marco Morelli – Gennaio 2010
quindi importante interrogarsi soprattutto su quest‟ultimo problema (giacché l‟idea deve
essere necessariamente sorta precedentemente al problema di come realizzarla)
rifacendosi al consueto dubbio del make or buy.
Espongo nel seguito gli argomenti, riportati in modo organico in Figura 1, che saranno
estesamente trattati nei successivi capitoli.
Tra i concetti fondamentali dell‟outsourcing vi è quello di liberare risorse (capitale,
lavoro) da investire nelle attività in cui si sceglie di eccellere. Ciò sembra limitare
l‟ambito applicativo dell‟esternalizzazione alle sole attività non-core, ma si noti, al
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contrario, che in linea di principio è possibile delegare quasi ogni attività all‟esterno: si
può scegliere di diventare “meri” assemblatori di parti costruite altrove e da altri, o
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“organizzatori” di lavoro altrui. È necessaria una governance adeguata al tipo di attività
che si intende svolgere. Occorrerà quindi preoccuparsi di gestire le problematiche di una
organizzazione complessa in cui parti importanti del lavoro vengono svolte
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esternamente.
Uno dei problemi di molte grandi organizzazioni è quello riguardante la difficoltà di
valutazione delle prestazioni di divisione interne che gestiscono attività lontane dal core
business dell‟azienda. A titolo esemplificativo, in una azienda petrolifera i responsabili
della funzione che si occupa del sistema informatico sono invisibili al mercato. La loro
performance è giudicata, probabilmente, in base a criteri non oggettivi e non è esposta
alla valutazione di efficienza che invece regola i rapporti sul mercato. L‟outsourcing evita
tale situazione garantendo la possibilità di avvalersi del migliore per la gestione di
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qualsivoglia processo, permettendo altresì di poter utilizzare le più avanzate tecnologie
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Il “quasi” è dettato dal fatto che occorre vi sia una divisione che si occupi della verifica delle prestazioni
del partner e che sia in grado di scegliere quantomeno di quale partner avvalersi.
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Tuttavia è noto e recente un esempio negativo di tale scelta strategica. Il Boeing 787 Dreamliner, ultimo
nato della casa aeronautica americana per il mercato civile, sta subendo ritardi di almeno due anni a causa
di inefficaci scelte strategiche. A Everett, vicino Seattle, sede e stabilimento della Boeing, si era previsto il
solo assemblaggio di tutti i pezzi che sarebbero dovuti giungere dal mondo intero e in perfetta sincronia.
Purtroppo però vari disguidi e incomprensioni si sono tramutate in una brutta esperienza per la società che è
stata costretta a rilevare molti suoi partner per ridurre i disagi alla sua stessa catena di assemblaggio, senza
considerare le contestazioni e gli scioperi del personale che si opponeva alla scelta di esternalizzazione.
Esperienze del genere, tuttavia, non inficiano l‟idea di cedere in outsourcing più processi, ma rendono
evidente come a tale scelta sia necessario affiancare una organizzazione di verifica e controllo assai
efficiente e attrezzata a gestire ogni sorta di imprevisti.
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Porter, nel suo volume “Il vantaggio competitivo delle nazioni” ha reputato opportuno affrontare il tema
del vantaggio competitivo anche nel settore terziario, approfondendo una realtà come quella dei servizi che
era stata in precedenza trascurata. In tale contesto l‟autore ha evidenziato la tendenza verso la
deintegrazione delle attività di servizio e di supporto da parte di molte imprese. Infatti, egli ha sottolineato
che le imprese di servizi esterni specializzate possono beneficiare di irraggiungibili economie di scala dal
momento che offrono le loro prestazioni a una pluralità di enti. M. Porter (1991), Il vantaggio competitivo
delle nazioni, capitolo sesto.
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Sarebbe forse meglio dire che il chiedersi se fare outsourcing porta a tale risultato. Infatti, “il migliore”
può anche essere la divisione interna riorganizzata. È importante che le aziende le quali si pongono come
problema il “sourcing” (domanda ancora migliore rispetto alla precedente) siano consapevoli che a tutte le
proposte esterne va contrapposta la soluzione interna. Tale possibilità è però diversa dall‟attuale
performance della divisione “sotto processo”: vanno considerate le modifiche e le migliorie che si
intendono apportare e solo allora si deve confrontare l‟ “insourcing” (vale a dire il mantenimento
all‟interno della società di almeno l‟80% del budget destinato al processo in analisi) all‟ “outsourcing”.
Vedi, a tale riguardo, Hirshheim R. e Lacity M. C. “Information System Outsourcing and Insourcing:
Lessons and Experiences”, 1997
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disponibili che sarebbero altrimenti impossibili da conseguire per chi non fa di quella
funzione la sua mission.
Un‟altra conseguenza importante del ricorso all‟outsourcing è la flessibilizzazione
dei costi fissi. Un‟impresa che decidesse di non occuparsi più di una determinata
funzione e che scegliesse di cedere l‟intero ramo d‟azienda all‟esterno, oltre ad aver
monetizzato l‟asset trasferito, diventerà fruitrice di un servizio e non dovrà più sostenere i
costi fissi di struttura per la divisione “eliminata”.
Dall‟altro lato, l‟impresa che si propone come outsourcer (cioè chi fornisce il servizio di
outsourcing) avrà margini soddisfacenti se garantirà livelli di servizio elevati a costi più
bassi, ottenuti, al solito, migliorando l‟efficienza, e spesso, delocalizzando. Il che ci porta
a considerare la rilevanza globale del fenomeno analizzato.
La portata macroeconomica della scelta di esternalizzare è evidente pensando alla
sempre più frequente delocalizzazione delle attività in Paesi con costo del lavoro inferiore
rispetto a quello delle economie mature e vincolate anche da una maggiore tutela dei
lavoratori. Eppure, occorre immergersi nell‟idea del mondo globalizzato e della sempre
maggiore tensione alla crescita che caratterizza ogni attività economica. È necessario,
dunque, considerare entrambi gli aspetti di problema e soluzione, notando che il
contenimento dei costi è elemento necessario – anche se non sufficiente – alla
sopravvivenza delle aziende. Alla sottrazione di lavoro in alcune aree si affianca così una
valorizzazione del lavoro che “resta”, che è dunque ritenuto a maggiore valore aggiunto e
certamente più “necessario”; i posti di lavoro “salvati” sono quelli relativi al core
business dell‟azienda, che ne determinano la competitività e dunque i più “adatti” a
restare sul mercato. È l‟applicazione della teoria darwiniana dell‟evoluzione all‟ambito
lavorativo e sociale. Non basta, maggiori investimenti potranno essere incentivati proprio
(se non soltanto) in un ambiente epurato dalle inefficienze, in ciò il volano che
l‟outsourcing offre diviene notevole e assume un‟aurea più positiva rispetto alla sua tipica
configurazione nell‟immaginario collettivo, legata al licenziamento, allo scorporo e alla
cessione di attività.
Una classificazione utile ma ancora vaga può derivare dal tipo di contratto che si
sceglie di siglare: è cioè possibile delegare a un outsourcer
una parte di un processo produttivo o amministrativo, di un‟attività, di una
struttura o di una funzione aziendale. Si parla allora di selective outsourcing
l‟intero processo produttivo o amministrativo, di un‟attività, di una struttura o di
una funzione aziendale. In tale occasione la modalità di erogazione del servizio è
detta di full outsourcing.
È bene, fin d‟ora, elencare alcuni svantaggi e problematiche concernenti la scelta di
outsourcing:
se per l‟outsourcer le economie di scala rappresentano un sicuro vantaggio di
costo, l‟outsourcee assisterà a una diminuzione della varietà di processi che è in
grado di gestire: riduzione delle economie di scopo
l‟outsourcee perde, necessariamente, la “proprietà” diretta della funzione ceduta,
la sua leva più importante per esercitare il controllo sono allora i vincoli
contrattuali, ma spesso è necessario un complesso sistema di relazioni e controllo
per assicurare risultati adeguati
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legato al tema precedente vi è il possibile passaggio di competenze interne
importanti a imprese concorrenti attraverso il fornitore esterno e la diffusione di
informazioni riservate sull‟azienda
altro svantaggio, in certi casi, può diventare il legame di dipendenza troppo stretto
che si instaura con il fornitore al quale si tendono a passare importanti tecnologie
relative ai prodotti e ai processi dell‟azienda (possibile “effetto lock-in”).
1.1. Prima dell’outsourcing
L‟esternalizzazione dell‟attività, la terzializzazione del lavoro, la modalità operativa oggi
identificata con il termine outsourcing non è un fenomeno esclusivo della società
moderna. Possiamo trovare analogie con altre modalità operative anche in tempi remoti,
ad esempio:
il mercenarismo, l‟istituto tramite il quale veniva delegata a specialisti
(mercenari) l‟attività militare;
la mezzadria, il contratto agrario di tipo associativo mediante il quale il
concedente e il mezzadro si associano per la coltivazione di un podere e per
l‟esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne i prodotti e gli utili;
il putting-out system, sistema di lavoro a domicilio al quale un imprenditore può
ricorrere a seconda delle sollecitazioni del mercato.
Anche tali modalità operative hanno alla base lo stesso concetto su cui l‟outsourcing
poggia: la delega di determinate funzioni ad entità specializzate con l‟obiettivo di un
ritorno in termini di benefici per la propria attività e il raggiungimento di propri fini.
Un altro esempio eclatante di delega ufficiale di una specifica attività a un‟entità
esterna alla delegante possiamo trovarlo nel 1506, quando Papa Giulio II della Rovere
decide di affidare la sicurezza della Santa Sede al corpo di soldati svizzeri, ritenuti
preparati nell‟arte delle armi e invincibili, noti per la loro fedeltà e nobiltà d‟animo.
Certo, secondo i canoni dell‟esternalizzazione, non si può parlare di outsourcing vero e
proprio dell‟attività, poiché i soldati elvetici vennero assunti dal papa e trasferiti a Roma,
presso la sede che richiedeva tale servizio. Ciò non toglie che anche a quel tempo alcune
scelte potevano essere orientate alla risoluzione di un problema specifico, addirittura
attraverso l‟utilizzo di entità non appartenenti alla proprietà ma note in termini di
eccellenza. Non furono, infatti, reclutati elementi interni allo Stato Pontificio, l‟attività fu
delegata a una fonte esterna, un corpo scelto, conosciuto e rinomato, ci fu un
trasferimento mirato di funzioni operative a specialisti con la possibilità di utilizzare
risorse e strumenti più adeguati e avanzati.
Numerosi esempi di affidamento di compiti caratteristici possono essere
riscontrati nel settore manifatturiero, dal meccanico all‟elettronico, al componentistico e
in particolare nel tessile. Tale segmento di mercato ha spesso presentato e presenta tuttora
il ricorso a entità esterne per lo svolgimento di specifiche mansioni. Il settore tessile
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usufruisce, inoltre, dell‟offshore/nearshore outsourcing da tempi non propriamente
recenti. L‟Inghilterra, infatti, oltre a valersi delle colonie per la produzione di tessuti,
utilizzava fuori confine anche la manodopera per la rifinitura degli stessi. Per anni, ad
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Vedi, per una definizione approfondita e accurata, il capitolo 4: “Delocalizzazione”.
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esempio, il ricamo veniva svolto nell‟isola di Madeira, celebre per l‟abilità delle
ricamatrici locali, prima di procedere alla vendita nella madrepatria.
In generale, tutte quelle attività nettamente delimitate, chiaramente definite,
circoscritte, contraddistinte da obiettivi mirati ai risultati e alle quali può essere assegnato
uno specifico valore in termini di oneri finanziari e non, possono essere delegate
all‟esterno se questo comporta e garantisce un valore aggiunto, un incremento di qualità e
una diminuzione di costo. Uno dei presupposti, quindi, per la maturazione delle modalità
di delega di specifiche attività e, di conseguenza, dell‟outsourcing è che le stesse siano
adeguatamente comprensibili e fissate in maniera precisa.
Affinché l‟outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è necessario che
siano soddisfatte, fra l‟altro, due condizioni:
- la prima ha carattere oggettivo e consiste nella presenza sul mercato di operatori
sufficientemente professionali e specializzati, che garantiscano un efficiente
espletamento della funzione da esternalizzare
- la seconda ha invece natura più soggettiva e riguarda il superamento da parte del
management societario di varie remore psicologiche, in particolare il timore di un
“autoridimensionamento” professionale.
1.1.1. L’Outsourcing nell’Information Technology: le origini
L‟outsourcing nell‟Information Technology si fonda sulla base delle medesime premesse
di tale processo in qualunque altro ambito: in un dato spazio e tempo una determinata
entità decide di delegare all‟esterno della stessa lo svolgimento di particolari
attività/funzioni/beni correlati alle tecnologie informatiche con l‟obiettivo di ottenere un
valore aggiunto, anche se non palesemente identificabile in termini di tangibilità e
immediatezza, un incremento di qualità e una diminuzione di costo.
Buying and selling time
Comprando e rivendendo tempo, così è nato l‟outsourcing nell‟Information Technology.
Un‟idea semplice e al contempo geniale: comprare il tempo di calcolo di un mainframe
da un‟azienda e rivenderlo a un‟altra per l‟elaborazione dei dati che quest‟ultima non
riusciva a svolgere, o non poteva, con le proprie macchine, il proprio personale, e
all‟interno della propria sede.
L‟idea venne nel 1962 a Ross Perot che fondò l‟Electronic Data Systems cui è dedicato
l‟ultimo capitolo di questo lavoro. La strategia di Ross Perot, inoltre, prevedeva un
approccio non convenzionale al mercato dei sistemi elettronici di dati, ovvero mediante
contratti quinquennali a prezzi fissi, al contrario dei consueti 60 e 90 giorni. Tale modello
di go-to-market dava l‟opportunità al cliente di stabilire con il fornitore del servizio un
rapporto di forte collaborazione e di condivisione degli obiettivi. Quest‟ultimo aiutava il
cliente a riorganizzare e rendere operativo il sistema aziendale di elaborazione dei dati,
fornendo anche supporto nel riassegnare gli impiegati ad altre funzioni; simile
ottimizzazione permetteva all‟azienda un migliore orientamento sul mercato. Si parlerà
diffusamente in seguito dell‟EDS, di come l‟evoluzione della società e del settore che le è
cresciuto intorno abbia contribuito a definire l‟outsourcing nell‟IT.
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1.2. I passi decisivi
Un progetto di outsourcing nell‟Information Technology prevede, in linea generale, tre
modalità di attuazione, le quali possono sfruttare o meno partnership azionarie tra uno o
anche più fornitori e si concretizzano:
Affidando un‟attività a una realtà esterna
Trasferendo beni e/o risorse umane relativi all‟espletamento di una data attività a
una realtà esterna
Costituendo entità autonome deputate a un‟operatività specificatamente mirata a
realtà appartenenti allo stesso gruppo
La prima modalità è l‟outsourcing “ classico”, ovvero con delega di un particolare
compito a una entità terza. È la modalità originaria e più diffusa del mercato con cui
l‟outsourcer diviene interamente responsabile del servizio.
La seconda ha un esordio più recente. L‟ambito della valutazione dell‟outsourcee
(l‟ente cioè che decide di esternalizzare) comprende non solo il puro esercizio
dell‟attività, ma anche le risorse umane, i beni, i mezzi e gli strumenti destinati
all‟espletamento dello stesso. La cessione dell‟intero ramo d‟azienda comporta anche
l‟automatico trasferimento di tutti i contratti in essere con clienti e fornitori oltre che con
le risorse umane coinvolte che devono mantenere inalterati i loro diritti e spesso anche il
medesimo contratto nazionale di categoria.
La terza modalità prevede la costituzione di realtà ad hoc, autonome e destinate a
svolgere l‟attività di outsourcing per entità appartenenti allo stesso gruppo. È
l‟outsourcing captive, termine con cui si indica, appunto, l‟erogazione di servizi tra
società appartenenti al medesimo gruppo. Le entità così create potranno poi
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eventualmente proporsi sul mercato come outsourcer esse stesse. Si parlerà, in caso di
allontanamento della società madre, di spin-off, il mercato esterno diverrà sempre più
importante per l‟azienda ma si manterranno stretti legami (ora solo di natura
commerciale) tra società generata e società generante.
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È interessante menzionare ancora una volta il lavoro di Hirshheim R. e Lacity M. C. (vd nota 5) che,
basandosi su uno studio compiuto su 14 società di Fortune 500 che hanno scelto l‟outsourcing e altre 14
che invece optarono per l‟insourcing, analizza differenze e relazioni, mostrando come, ad esempio, il cost-
saving sia solo uno dei valori considerati nell‟analisi multicriteriale che governa la scelta del sourcing,
processo che, in generale, deve soddisfare la triplice relazione costo/servizio/valore. L‟articolo fa anche
notare quale sia il rapporto che gli stakeholder mostrano di avere nei confronti degli outsourcer: è quello
che viene dagli autori definito “Rolls Royce service at a Chevrolet price dilemma”, l‟aspettarsi cioè alte
performance a basso costo, attesa ovviamente irrazionale che però incide sulla scelta del management di
delegare ad altri responsabilità che altrimenti ricadrebbero su una funzione interna. Ancora, una riflessione
interessante che l‟articolo suscita riguarda le competenze del personale. Gli autori negano il principio delle
risorse specializzate dell‟outsourcer come asset di valore perché in realtà saranno le medesime risorse
cedute dall‟outsourcee quelle che continueranno, seppure in una nuova veste a svolgere il servizio per la
società cui precedentemente appartenevano.
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2. Il mercato dell’Outsourcing
nell’Information Technology
Il settore dei servizi nell‟Information Technology ha registrato una crescita annua
costante dell‟ordine degli otto punti percentuali negli ultimi anni. Il 2009 è stato, in
controtendenza, caratterizzato da una crescita negativa di circa tre punti percentuali.
La contrazione nella domanda totale di servizi IT è resa evidente nella tabella che segue,
elaborata da Gartner Group, che include anche un dato previsionale per il 2010.
2.1. Analisi della domanda
La gestione della struttura informatica nel suo insieme diviene sempre più un elemento
importante per raggiungere o mantenere il successo di una organizzazione.
I mezzi per svolgere tale compito, forniti dalla tecnologia, sono in continua evoluzione:
aumenta la complessità dei sistemi informatici, migliorano le performance, cambiano i
software. È quindi molto complicato per una azienda che non abbia come core-business e
dunque core-competency l‟IT, rimanere aggiornata con l‟andamento delle soluzioni che il
mercato propone o che esso suggerisce di ricercare.
Avvalersi di un provider esterno garantisce il raggiungimento di un‟efficienza
internamente irrealizzabile e un ammodernamento dei sistemi utilizzati diversamente
inattuabile: a ciò si tende anche quando si abbia come obiettivo la riduzione o
l‟azzeramento dei gap di competenze.
Ancora, molte organizzazioni sono focalizzate sulla riduzione di costo e la scelta di
avvalersi di un outsourcer può portare, se non direttamente a questo, almeno a un
migliore rapporto prezzo-prestazioni e, sicuramente, a rendere variabili costi altrimenti
fissi (si pensi all‟organizzazione che cede l‟intera struttura IT, completa di asset e risorse
umane e così facendo, oltre a monetizzare i propri cespiti, smette di sostenere costi fissi
di struttura e diviene utente di un servizio, soggetta quindi ai soli costi variabili dal suo
uso derivanti).
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Nella tabella sottostante si riportano i principali driver che hanno spinto e spingono le
aziende a ricorrere all‟outsourcing.
Figura 2.1. “IT
Outsourcing Drivers”
Una ricerca del magazine
InformationWeek del Giugno
2006 che riporta i risultati
di un’interista a 420
professionisti IT: “Quali
sono i fattori principali che
hanno guidato la sua
azienda nella scelta di
lavorare con un
outsourcer?”
Nota Bene: La somma delle
percentuali è maggiore del 100%
perché sono consentite risposte
multiple.
Oltre a quanto manifesto nella tabella sovrastante, occorre dire che l‟outsourcing IT è in
generale sempre più percepito come uno dei possibili motori del cambiamento quando si
volesse perseguire la radicale trasformazione informatica dell‟azienda. Se da un lato
l‟infrastruttura informatica è sempre più percepita come una commodity (il cui valore
quindi è unicamente determinato dal costo), le applicazioni hanno una valenza più
strategica, più abilitante per le evoluzioni del business. In questi casi si può parlare di
Transformational Outsourcing.
Tale trasformazione è spesso caratterizzata dai seguenti aspetti:
La consulenza IT e la system integration tendono sempre più ad essere i biglietti
da visita che i service provider utilizzano per accedere poi a contratti pluriennali
di assistenza, manutenzione e gestione;
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Le aziende dal canto loro si rivolgono con maggiore frequenza a fornitori
impegnati tanto nello sviluppo di nuove applicazioni quanto nella loro successiva
gestione;
Il provider affronta generalmente ogni step del progetto di trasformazione,
gestendo il cambiamento nella sua globalità: dalle fasi preliminari di
organizzazione e consulenza di processo, all‟implementazione del sistema, fino
alla successiva sua gestione/manutenzione in outsourcing;
Vendor e Client instaurano una partnership: il fornitore, se da un lato mantiene la
gestione degli applicativi da ristrutturare, dall‟altro collabora con il cliente in
qualità di consulente occupandosi poi della gestione del nuovo sistema realizzato.
Affinché sia realizzata la trasformazione esposta occorre che il partner scelto sia in grado
di realizzare con l‟azienda cliente un percorso d‟innovazione IT rapido e radicale, con
conseguente miglioramento delle prestazioni. Il fornitore collabora alla trasformazione
offrendo in tempi rapidi servizi integrati volti a cambiare i processi del cliente e
accettando generalmente una remunerazione basata anche sul raggiungimento di risultati
prefissati e sulla condivisione dei rischi, oltre che sui livelli di servizio (SLA) o sugli
indici di produttività.
Appare evidente come sia critica la scelta del fornitore; oggi, oltre alla
valutazione di aspetti “classici” quali la dimensione del fatturato, la quota di mercato e la
presenza geografica, la dimensione dei clienti attualmente serviti, l‟esperienza specifica
nel settore di appartenenza del cliente e il modello di creazione del valore, si aggiungono,
come elementi importanti nella selezione, la stabilità finanziaria del fornitore, la sua
capacità tecnica/innovativa, la comprensione delle dinamiche del business del mercato
nel quale il cliente opera, la flessibilità e la reattività alle esigenze espresse dal cliente.
2.1.1. Valore della domanda
Si intende, in questo paragrafo, fornire i dati del valore generato dalla domanda di
Outsourcing IT (ITO) e dei processi di business (BPO) nel 2008, relativi ai contratti
superiori ai 25 milioni di $, estrapolando successivamente i dati del solo ITO. Ci si è
basati sugli studi TPI, business unit di Information Services Group Inc., disponibili sul
sito web della stessa: www.tpi.net
Come mostrato nelle due tabelle seguenti (Figure 2.2. e 2.3.) nel 2008 il mercato dei
contratti inferiori al miliardo di dollari è aumentato del 5,6 %, mentre, in linea con i
precedenti due anni, il numero e il valore dei cosiddetti “megadeal” è rimasto stabile.
E‟ però importante sottolineare che in realtà nella prima metà del 2008 sono stati firmati
12 contratti del valore superiore al miliardo di dollari mentre nella seconda metà solo 3
lasciando sì la media invariata, ma suggerendo riflessioni su un possibile rallentamento
per il futuro.
Nel 2008 si è registrato anche un aumento dell‟8% rispetto al 2007 del numero di
contratti siglati, arrivato a quota 602.
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Figura 2.2., confronto anno per anno del valore, in miliardi di dollari, e del numero dei contratti sia di
ITO sia di BPO firmati con TCV (“total contract value”) superiore ai 25 milioni di dollari
Figura 2.3., confronto anno per anno del valore e del numero dei “megadeal”, contratti cioè con TCV
superiore al miliardo di dollari (ITO e BPO)
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