2
Introduzione.
Questa tesi ha come focus il tema della documentazione interculturale, intendendo con questa
espressione le attività che vanno dai servizi bibliotecari interculturali alla creazione di scaffali
multiculturali e sezioni di libri plurilingui. Quando si parla di documentazione interculturale,
vengono chiamati in causa almeno tre differenti soggetti principali: la biblioteca pubblica, il centro
interculturale e la scuola/la biblioteca scolastica. Si tratta di luoghi in cui, seppure con modalità e
intensità differenti, si opera e si raccoglie documentazione, si offrono servizi e si realizzano
iniziative a carattere interculturale
1
. Nel parlare di servizi interculturali bibliotecari si farà quindi
riferimento a un insieme plurale e variegato di strutture, dalla biblioteca pubblica di ente locale alle
biblioteche scolastiche, da quelle di associazione a quelle dei centri interculturali
2
.
La tesi si apre con un capitolo di inquadramento generale, che descrive brevemente il fenomeno
migratorio nell‟Italia contemporanea e i modelli di integrazione, con particolare riferimento alla
normativa scolastica in merito all‟inserimento degli alunni immigrati. Si parlerà anche del concetto
di educazione interculturale e del contributo che la lettura e le biblioteche offrono all‟integrazione.
Il secondo capitolo spiega che cos‟è uno scaffale multiculturale, descrive i suoi possibili modelli e
contenuti e narra la sua evoluzione dalle origini al giorno d‟oggi.
Il terzo capitolo tratta dei servizi bibliotecari interculturali. In questa sede si chiarisce il ruolo della
biblioteca nell‟attuale società multietnica, si spiega cos‟è e come si costituisce una sezione
plurilingue e si propone una reinterpretazione in chiave interculturale di alcuni servizi bibliotecari
tipici, come il reference.
Negli ultimi due capitoli, mi sono proposta di utilizzare le conoscenze espresse nei capitoli
precedenti per analizzare la situazione della regione Emilia-Romagna. La motivazione che mi ha
spinta ad indagare questa realtà non risiede in un interesse di tipo quantitativo e statistico, ma nel
desiderio di approfondire la conoscenza di questo fenomeno (i cambiamenti apportati alla realtà
bibliotecaria dalle trasformazioni multiculturali) in un contesto a me vicino, la mia regione di
residenza. Il capitolo quarto fa riferimento ai servizi interculturali nelle biblioteche pubbliche della
regione. L‟ultimo capitolo fa invece riferimento alle biblioteche dei centri interculturali presenti
nelle province emiliano-romagnole e all‟attività di documentazione operata da questi ultimi.
1
Luatti L., La risorsa della “documentazione” nei centri e nelle biblioteche interculturali, in Favaro, G. – Luatti, L., Il
tempo dell’integrazione. I centri interculturali in Italia, Milano: Franco Angeli, 2008, p. 117.
2
Ibid.
3
Prima di iniziare la trattazione, inserisco una precisazione sui termini che saranno utilizzati nella
trattazione: ho scelto di avvalermi della terminologia proposta in Luatti 2008b, ormai di largo
utilizzo in questo settore. Di conseguenza,
- con scaffale multiculturale farò riferimento al modello ideato da Vinicio Ongini (v. infra),
cioè alle varie tipologie di materiali utili nella dimensione interculturale;
- con scaffale, sezione o biblioteca multilingue farò riferimento alle collezioni librarie nelle
lingue di origine delle comunità immigrate, dove il carattere multiculturale non rappresenta
un criterio di selezione dei materiali;
- con servizi bibliotecari interculturali mi riferirò all‟insieme di strumenti, attività e figure
professionali che connotano il progetto multiculturale della biblioteca
3
.
3
Ivi, p. 121.
4
Capitolo 1.
Politiche e teorie culturali ed educative per l’accoglienza dei migranti
e il dialogo interculturale in Italia.
1.1 L’immigrazione in Italia
La storia delle civiltà è da sempre caratterizzata dalla mobilità, perciò non dovrebbe destare stupore
il fatto che le migrazioni siano un aspetto strutturale della condizione umana. Dovendomi limitare
in questa sede ad accennare alla migrazione in epoca contemporanea, posso solo ricordare che nel
nostro continente tale fenomeno ha iniziato ad assumere una consistenza significativa intorno agli
anni Sessanta del secolo scorso.
Nel corso degli anni Settanta, l‟Italia inizia a cambiare rotta e a trasformarsi progressivamente da
paese di emigrazione a paese di immigrazione. I primi flussi provengono dall‟Asia, dell‟Africa e
dell‟America Latina, la loro composizione è prevalentemente femminile e sono finalizzati
primariamente al lavoro domestico. È comunque nel decennio tra gli anni Ottanta e Novanta che
l‟afflusso di immigrati diventa veramente significativo, per poi continuare ad aumentare. Con il
tempo, si ampliano le zone di provenienza e le aree di inserimento lavorativo, fino ad occupare tutti
i settori dell‟economia (agricoltura, industria e terziario). In genere gli immigrati vanno ad occupare
posti di lavoro scarsamente appetibili per gli italiani.
I progetti migratori si differenziano l‟uno dall‟altro, sia nelle cause (guerre, persecuzioni, desiderio
di migliorare il proprio status…) sia negli obiettivi (di lungo o di breve periodo…). In linea di
massima, le spinte ad emigrare dal proprio paese si possono ricondurre per la maggior parte al
divario tra il Nord e il Sud del mondo. Accanto alle cause che determinano l‟emigrazione dai paesi
d‟origine, vanno anche tenuti in considerazione i fattori di attrazione che esercitano i luoghi di
destinazione. Le esigenze economiche e sociali di tali paesi tendono sempre più all‟accoglienza di
cittadini immigrati
1
. Da un lato, il ricorso alla forza lavoro immigrata consente alle imprese di
abbassare il costo della produzione; dall‟altro, vi sono ragioni demografiche, dato il basso tasso di
crescita delle popolazioni occidentali.
Oggi il livello demografico in Italia deve il suo mantenimento quasi esclusivamente all‟aumento
della popolazione immigrata, stimata intorno alle 3.900.000 persone alla fine del 2008, senza
contare coloro che sono in attesa di regolarizzazione
2
. Eppure la percentuale degli stranieri residenti
sul totale della popolazione risulta ancora bassa a confronto con altri paesi industrializzati, quali la
1
Biagioni, M., L’immigrazione in Italia e in Toscana, in Neri, F. (a cura di), I servizi interculturali nelle biblioteche
pubbliche, Milano: Editrice Bibliografica, 2008, pp. 16-17.
2
Caritas-Migrantes (a cura di), Immigrazione. Dossier statistico 2009 – XIX Rapporto, Roma: Edizioni Idos, 2009.
5
Germania e la Francia in Europa o il Canada, gli Stati Uniti e l‟Australia, di ricca composizione
multietnica
3
.
Ciò nonostante, a livello politico e istituzionale l‟immigrazione continua ad essere vista come un
problema di ordine pubblico che va contenuto, se non addirittura ostacolato. In Italia, le norme
sull‟immigrazione sono sempre state caratterizzate da un approccio emergenziale, senza mai
comprendere una piena politica di inclusione sociale: “si cerca di regolare l‟ingresso
dell‟immigrato, ma si presta scarsa attenzione alla sua permanenza e al successivo possibile
percorso di stabilizzazione e cittadinanza. In altre parole, al suo stare qui come cittadino, genitore,
utente, consumatore, vicino di casa…”
4
. Tuttavia, è improbabile che la recente normativa italiana
possa modificare una tendenza ormai consolidata alla crescita dei flussi e ad una sempre maggiore
stabilità nell‟inserimento dei nuovi cittadini.
La situazione in cui ci troviamo al giorno d‟oggi è stata definita “multiculturalismo permanente”
5
o
“quotidiano”, in quanto “vivibile e diffuso, con il quale fare i conti anche nelle scelte piccole e
grandi che hanno a che fare con la convivenza e la vicinanza”
6
.
Graziella Favaro
7
individua i seguenti elementi caratterizzanti della società italiana:
- La presenza strutturale di adulti e minori stranieri, che, per quanto possa assumere
caratteristiche diverse nel tempo, renderà le città italiane sempre più “colorate”. Questa
caratteristica non è dovuta solo al fenomeno migratorio, ma anche ad altre ragioni, quali le adozioni
internazionali e i matrimoni misti.
- La notevole pluralità di provenienze, che distingue l‟immigrazione in Italia da quella di altri
paesi quali Francia, Olanda, Germania e Gran Bretagna, perlomeno in fase iniziale.
- L‟importante presenza femminile, che sin dai primi tempi ha costituito la metà dei
soggiornanti regolari. Le donne immigrate non entrano in Italia solo tramite ricongiungimenti
familiari, ma spesso arrivano in maniera autonoma e ricongiungono in un secondo tempo marito e
figli, invertendo il tradizionale percorso migratorio.
- La stabilizzazione, dimostrata dall‟aumento di coloro che ottengono la carta di soggiorno e
di coloro che possiedono i requisiti per ottenere la cittadinanza, oltre che da dati come l‟aumento
delle nascite nelle famiglie immigrate e la significativa percentuale di stranieri che acquistano un
alloggio in Italia.
3
Ciccarello, D., Biblioteche e servizi multiculturali. Il quadro attuale, in IFLA, Linee guida per i servizi multiculturali
nelle biblioteche pubbliche, Roma: Associazione Italiana Biblioteche, 2003, p. 18.
4
Favaro, G., Contesti multiculturali e pratiche delle differenze, in Favaro, G. – Luatti, L., Il tempo dell’integrazione. I
centri interculturali in Italia, Milano: Franco Angeli, 2008, p. 17.
5
Ciccarello 2003, p. 19.
6
Favaro 2008, p. 17.
7
Ivi, pp. 20-23.
6
- La distribuzione geografica sul territorio nazionale: gli immigrati, presenti soprattutto nelle
regioni del Centro-Nord, non risiedono soltanto nelle grandi città, ma anche, e soprattutto, nei
piccoli centri (contrariamente a quanto succede generalmente in Europa).
- La presenza di minori stranieri in tutti gli ordini di scuola: l‟inserimento di alunni stranieri
nelle classi del primo ciclo è ormai un fatto ordinario, mentre l‟ingresso nell‟istruzione superiore è
più recente e ha rappresentato un‟importante novità.
- I livelli di scolarità degli immigrati, inaspettatamente piuttosto alti e generalmente perfino
superiori rispetto a quelli della popolazione autoctona.
- I percorsi scolastici effettuati nel paese d‟origine, in genere in maniera regolare e ad un
livello adeguato, per quanto riguarda sia adulti che minori.
1.2 Modelli di integrazione
Il concetto di integrazione degli immigrati è stato e viene tuttora interpretato e tradotto
operativamente in diversi modi. Graziella Favaro
8
individua tre principali modelli (senza prendere
in considerazione quelle situazioni di convivenza di autoctoni e immigrati in cui si percorre la
strada della separazione netta tra le due categorie, e in cui la presenza straniera è considerata come
provvisoria), che trovano un‟applicazione abbastanza coerente in paesi diversi.
Il primo, adottato ad esempio dalla Gran Bretagna, si può definire integrazione multiculturale ed è
caratterizzato dall‟aperto riconoscimento del valore dei diversi apporti culturali delle minoranze. Le
critiche rivolte a tale modello di integrazione lo accusano di attribuire un eccessivo protagonismo
alle comunità e di irrigidire così i confini e le differenze.
Il secondo, tipico della Francia, è quello dell‟integrazione in-differente o assimilazione, e mira a
garantire uguaglianza di diritti e doveri per tutti i cittadini (si parla di individui, non di gruppi
comunitari), relegando nel contempo le differenze culturali alla sfera del privato, al di fuori dello
spazio pubblico. Il punto debole di tale modello di integrazione consiste nella sottesa concezione di
superiorità della cultura ospitante, alla quale gli immigrati si dovrebbero adeguare, e nella volontà
di rendere di fatto invisibili le differenze (o tutt‟al più lasciarle sopravvivere come “folklore”).
Il terzo modello, dell‟integrazione interculturale, è una sintesi degli aspetti migliori dei precedenti:
riconosce i diritti e i doveri dei singoli, evitando così i rischi del comunitarismo, ma anche il valore
dello scambio e della contaminazione tra culture diverse, culture considerate appunto non come
entità rigide e impermeabili, ma come risultati di relazioni e stratificazioni. La centralità del prefisso
inter- sottolinea appunto questa concezione di culture come sistemi aperti, come è spiegato
8
Ivi, p. 32.
7
chiaramente nella pronuncia della Commissione Nazionale sull‟Educazione Interculturale del 12
dicembre 2000 (L’intercultura come nuova normalità e sfondo integratore dell’educazione):
(…) l‟educazione interculturale, per esistere, deve essere voluta, progettata, sperimentata. Per
questo si parla del “passaggio” dal multiculturale all‟interculturale. L‟interculturalità è un
movimento di reciprocità. Il prefisso inter- vuol dire scambio, interazione e dunque
superamento del processo unidirezionale di trasmissione del sapere. La vera interazione
culturale stimola il soggetto ad aprirsi al decentramento e alla circolarità dei punti di vista
9
.
Nonostante i termini multiculturalità e interculturalità vengano talora utilizzati in maniera
alternativa tra loro, andrebbe chiarito che il primo termine “è puramente fotografico, giustappositivo
e giuspositivo” e serve a definire la “varietà di culture ed etnie, e dei rispettivi diritti e territori”
10
, a
constatare semplicemente un dato di fatto, mentre il secondo indica un processo di relazione,
intreccio e sconfinamento (non necessariamente ordinato e pacifico, ma spesso anche caotico e
problematico) di culture e individui.
1.3 Normativa scolastica ed educazione interculturale in Italia
In Italia, all‟interno di un quadro piuttosto sconfortante per quanto riguarda la normativa
sull‟immigrazione (cfr. paragrafo 1.1), va segnalato che almeno nel settore dell‟istruzione si sono
registrati alcuni provvedimenti a favore di una politica di educazione interculturale, nel significato
visto sopra.
In quest‟ultimo ventennio la scuola ha dovuto prendere piena coscienza della novità rappresentata
dalla presenza considerevole di minori stranieri. Già nelle prime circolari relative all‟inserimento
degli alunni stranieri (n. 301 del 1989 e n. 205 del 1990) fa la sua comparsa il tema dell‟educazione
interculturale. La circolare del 1990 in particolare, oltre a fornire indicazioni per l‟accoglienza degli
alunni immigrati, pone esplicitamente la questione dell‟educazione interculturale per tutti, tematica
che compare a partire dal titolo (La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri: l’educazione
interculturale).
Negli anni seguenti, la tematica dell‟educazione interculturale è apparsa sempre più spesso nelle
circolari ministeriali e nelle pronunce del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. È da
segnalare in particolare la CM n. 73 del 1994 (Il dialogo culturale e la convivenza democratica:
l’impegno progettuale della scuola), in cui si accenna esplicitamente alla costituzione di biblioteche
e scaffali multiculturali in quanto strumenti efficaci alla promozione del dialogo interculturale
11
.
9
Nanni, A. – Curci, S., Buone pratiche per fare intercultura, Bologna: EMI, 2005, p. 49.
10
Ferrieri, L., La biblioteca sconfinata, in “Biblioteche oggi”, n. 2, 2000, p. 10.
11
Magi, R. – Luatti, L. (a cura di), Passepartout. Lo scaffale multiculturale per aprire i saperi del mondo, Arezzo:
Centro di Documentazione Città di Arezzo, 2001, p. 155.