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un contratto possa definirsi tipico è necessario che per esso sia dettata
una disciplina uniforme; non basta che con interventi qua e la, anche se
frequenti e puntuali, si sia delineata una normativa da applicare. In
questa introduzione ne parlo congiuntamente perché per entrambi
cercherò di delineare le caratteristiche specifiche seguendo uno schema
espositivo il più possibile uniforme, pur con le dovute differenziazioni
portate dalle diversità intrinseche. In un primo tempo ne analizzerò
brevemente le origini storiche, cercando così di evidenziare il motivo
del loro successo, prima all’estero e poi nel nostro ordinamento.
Successivamente, provando a rintracciare per entrambi una
definizione e la relativa natura economico-giuridica, analizzerò sia le
principali ricostruzioni dottrinali che hanno portato ad un copioso
dibattito intorno a questi contratti dagli anni ottanta fino ai giorni nostri;
sia le qualificazioni giurisprudenziali che i tecnici hanno dato in questi
anni. Sottolineerò in particolar modo le sei sentenze, contestuali e
coordinate, del 13 dicembre 1989, che più di ogni altre hanno dato dei
paletti da rispettare in materia di leasing. Questo contratto può essere
definito come quel contratto mediante il quale il proprietario di beni
mobili o immobili – concedente – mette a disposizione di un soggetto –
utilizzatore – i beni stessi, costruiti o fatti costruire dal primo dietro
indicazione del secondo, a fronte del corrispettivo di un canone.
L’utilizzatore ha facoltà, alla scadenza, di: 1) restituire il bene; 2)
acquistarlo ad un prezzo prefissato; 3) proseguire il contratto ad un
canone assai ridotto.
Seguiranno le ricostruzioni relative al factoring, che è un
contratto con il quale un soggetto, detto cedente, vende tutti i crediti
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presenti e futuri scaturiti dalla propria attività imprenditoriale ad un
altro soggetto, il factor. Quest’ultimo si impegna ad acquistarli,
pagandone in via anticipata il prezzo, previa deduzione di un importo
pari agli interessi per l’anticipazione e alla sua commissione per la
gestione del credito. Le ricostruzioni, per questo tipo di contratto, si
sono compiute soprattutto in ambito legislativo. Infatti la l. 52/1991
contenente la disciplina della cessione dei crediti d’impresa ha
parzialmente regolato il contratto in esame.
È da evidenziare che si è cercato di avvicinare sia il leasing che
il factoring a diversi contratti tipizzati dal nostro codice civile, senza
veramente riuscirci, fino ad arrivare ad accertare la natura atipica di tali
strumenti.
L’analisi proseguirà cercando di riunire e descrivere le
caratteristiche e le vicende relative e peculiari ad entrambi i contratti,
come le parti, gli obblighi, la risoluzione e le clausole. Presterò anche
attenzione alle relative normative in ambito fallimentare, a seguito della
riforma arrivata a conclusione con il decreto correttivo in vigore dal
primo gennaio dell’anno in corso.
Dopodiché, proseguendo nello schema di analisi comune mi
dedicherò alle figure assimilabili a tali contratti. Nel caso del leasing
analizzerò la figura del sale and lease back, caratterizzata dalla presenza
nel contratto di soltanto due parti: il fornitore e la società di leasing. La
prima vende un bene alla seconda e contestualmente prende in locazione
lo stesso bene, assumendo quindi il duplice ruolo di fornitore e di
utilizzatore. È importante a questo punto non tralasciare la verifica che
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tale strumento non sia nullo per violazione del divieto di patto
commissorio, in quanto potrebbe realizzare la funzione vietata dall’art.
2744 del codice civile, di garantire con il passaggio di proprietà di un
bene, la restituzione di un finanziamento.
Nel caso del factoring, invece, analizzerò lo strumento della
cartolarizzazione dei crediti, a cui è dedicata una speciale disciplina
contenuta nella l. 130/99. Questa è un operazione di carattere finanziario
che ha alla base la cessione globale dei crediti d’impresa. La
particolarità di questa formula negoziale sta nel fatto che è presente una
società veicolo, con oggetto esclusivo il compimento delle operazioni di
cartolarizzazione. Essa raccoglie direttamente o tramite un’altra società,
anch’essa ad oggetto esclusivo, i fondi necessari per l’acquisto dei
crediti tramite l’emissione di titoli da collocarsi presso il pubblico, o più
frequentemente presso investitori professionali. Rispetto al factoring, la
cartolarizzazione ha una funzione ulteriore: realizza una funzione di
finanziamento delle imprese i cui crediti vengono ceduti e, allo stesso
tempo, una funzione di investimento presso il pubblico.
Nella terza parte analizzerò brevemente i nuovi contratti atipici
evolutisi e sviluppatisi nella pratica commerciale, soffermandomi in
special modo sul Project Financing. Questo strumento si è sviluppato
nel nostro ordinamento in relazione alla costruzione di opere pubbliche.
Con tale istituto si possono finanziare delle opere pubbliche o di
pubblica utilità che altrimenti sarebbero difficili da realizzare visti gli
alti costi o i ridotti margini di guadagno. La filosofia del Project
Financing è quella di coinvolgere il privato in un progetto, di spingerlo
a trovare il modo di far fruttare per sé e per la comunità un terreno o un
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bene che altrimenti resterebbero inutilizzati per carenza di fondi
pubblici. Tale operazione è caratterizzata dal fatto che il costo della
realizzazione dell’opera è delegato in tutto o in parte alla ditta
costruttrice, la quale si rifarà dei costi diventandone gestore. A lavori
ultimati essa pagherà alla Pubblica Amministrazione un canone di
gestione e avrà inoltre la possibilità di stipulare l’ulteriore incentivo-
garanzia del passaggio di proprietà dell’opera in capo al costruttore.
Ovviamente questa operazione non potrà essere a titolo gratuito.
Qui, a differenza dei due precedenti istituti, il ruolo delle
banche è più centrale. Infatti esse hanno un duplice possibile ruolo:
quello di cofinanziatrici e quello di garanti. Quest’ultimo è proprio uno
dei principali profili problematici. Le banche, attualmente accertano
soltanto l’equilibrio numerico del progetto, evitando qualsiasi analisi nel
merito delle scelte e delle quantità ivi inserite. Ci sono altri settori in cui
le banche valutano un investimento, analizzando proprio la veridicità e
la progettazione del piano, non limitandosi a valutare l’equilibrio
algebrico delle sue componenti. Quando questo non succede si svuota di
significato il controllo bancario, che diventa così più che altro un
adempimento formale e non sostanziale.
Nella quarta ed ultima parte mi soffermerò sul quadro generale
attuale dei rapporti banca-impresa. Inizierò ricostruendo la metamorfosi
del modo di intendere la banca a cui abbiamo assistito in questi ultimi
anni; essa è passata da strumento di risparmio e investimento a
collaboratore globale delle famiglie e delle imprese. Anche se i piccoli
istituti di credito territoriali restano una peculiarità del nostro sistema
economico, nell’ultimo decennio si è assistito ad un intensificarsi delle
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fusioni, che ha portato all’affiancarsi ai suddetti piccoli istituti delle
grosse banche internazionali. Chiaro esempio del livello di integrazione
raggiunto fra le banche e le imprese sono gli Accordi di Basilea, in
special modo va considerato l’Accordo denominato Basilea 2. Questo
ha contribuito al realizzarsi di tale situazione andando a modificare i
criteri di scelta che la banca utilizza per stabilire il merito creditizio. Un
difetto di questi grossi conglomerati è la perdita di contatto personale fra
addetti e imprese, che dava la possibilità di concedere finanziamenti più
mirati ed oculati, grazie ad una grande conoscenza dell’economia
territoriale. Questa mancanza di esperienza pratica è sopperita,
nell’ottica di Basilea 2, dal sistema dei rating, sistema non esente da
critiche, che ho cercato di riassumere e valutare sotto l’aspetto della
concessione del credito. Il rating è una sorta di “riassunto” delle
posizioni creditorie aperte dell’impresa espresso dalla centrale rischi,
strumento che ho analizzato tecnicamente in questa parte della tesi. Il
rating rivela subito il grado di solvibilità attuale del soggetto prenditore
di credito. Con questo sistema la banca, unitamente a una più attenta
analisi del merito dell’operazione che l’impresa intende porre in essere,
può valutare più facilmente il grado di rischiosità dell’operazione e il
costo della concessione del credito sarà direttamente proporzionale al
suddetto grado di rischiosità. Tutto ciò comporta un cambiamento
radicale dei rapporti banca-impresa. Fino ad ora il nostro sistema era
caratterizzato dalla possibilità per le imprese di ricorrere al credito
concesso da più istituti diversi, che grazie alla suddivisione del rischio
erano propensi a concedere anche dei crediti piuttosto rischiosi senza
garanzie particolari. Ciò ha portato spesso a conseguenze spiacevoli per
le banche, per le imprese e per i risparmiatori. La capacità di accedere al
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credito bancario ed il costo del denaro sono sempre più strettamente
legati al merito creditizio di ogni impresa, oggettivamente calcolato
dalle banche ed analiticamente espresso dal rating.
Gli imprenditori devono prestare molta attenzione agli oneri
finanziari, gli interessi passivi che rappresentano il costo per finanziare
l’attività dell’impresa. Essi sono al centro di un delicato snodo di
Basilea 2 che crea un pericoloso circolo vizioso. Da un lato, un cattivo
rating fa crescere il costo del denaro e quindi gli oneri finanziari, cosa
che sarà via via sempre più vera nel tempo; dall’altro, elevati oneri
finanziari penalizzano il rating, rendendo quindi difficoltosa la
concessione del finanziamento. Adeguare per tempo gli affidamenti alle
esigenze finanziarie dell’impresa, dal punto di vista dell’imprenditore,
diviene quindi essenziale per mantenere una buona valutazione del
rapporto banche-imprese e quindi un buon rating. Predisporre una
corretta pratica di pianificazione finanziaria è un’esigenza
imprescindibile per ogni impresa a seguito dell’entrata in vigore delle
norme di Basilea 2.
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Parte I
Il leasing
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I.1 – Cenni storici
Il leasing si è affermato in Italia a partire dagli anni ’70, come
un importante strumento di intermediazione bancaria rivolta soprattutto
al finanziamento delle iniziative industriali, con particolare riguardo alle
piccole e medie imprese. Quanto alla sua origine storica, e a differenza
di ciò che si è portati a pensare, l’istituto avrebbe origini antichissime.
Si possono far risalire le prime forme di leasing al terzo millennio a.C.,
in Egitto, ove sarebbe stato stipulato un atto in cui un proprietario
terriero avrebbe concesso in locazione ad un muskerne (o piccolo uomo)
un terreno con tutte le attrezzature, gli schiavi e gli armamenti in
corrispettivo del pagamento di canoni periodici, per un periodo di tempo
pari a sette inondazioni del Nilo.
Ed ancora, alcuni archeologi attraverso attenti studi hanno
individuato una fiorente attività di leasing in Mesopotamia e forme
simili si trovano anche durante l’epoca Giustiniana e presso i veneziani
nel XIV secolo.
Tuttavia, l’apparizione del leasing come forma di
finanziamento, funzione che attualmente ricopre, è molto recente. E’
infatti intorno agli anni ’50 che il leasing fa la sua prima apparizione
negli Stati Uniti come innovativa forma di finanziamento alle imprese
negli Stati Uniti d’America, grazie a Schoenfeld , un imprenditore
californiano, che nel 1952 costituì la prima società di leasing mobiliare,
la United States Leasing Corporation. In realtà già all’inizio del XIX
secolo le aziende cominciano ad affiancare la locazione dei propri
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prodotti alla vendita, perché vedono in questo istituto un modo per
ampliare le occasioni di mercato e per mantenere l’esclusiva sui
brevetti, rimanendo in una posizione di vantaggio rispetto ai
concorrenti. Tuttavia ben presto si accorgono che questa è un’attività
molto rischiosa che comporta l’impiego di grossi capitali, e decidono
per queste ragioni di tenere separata l’attività di vendita da quella di
locazione, dando vita a società di leasing indipendenti ed autonome. Si
tratta tuttavia di un antecedente alla moderna locazione finanziaria, dal
momento che le neo-costituite società di leasing, pur nella loro
autonomia, rimangono fortemente legate alle imprese che costruiscono i
beni, una peculiarità propria del leasing operativo o locazione semplice.
A queste prime forme di leasing è seguito il vero e proprio
leasing finanziario, al cui sviluppo hanno contribuito le banche
ordinarie. L’incremento del leasing negli Stati Uniti è stato certamente
facilitato dalle caratteristiche proprie degli ordinamenti di common law
che agevolano la creazione e l’utilizzo di nuove forme contrattuali. Ed è
proprio nell’immediato dopoguerra che certi settori industriali,
registrando incrementi notevoli, hanno creato le basi per un sempre più
elevato numero di richieste di finanziamento. In questo periodo, il
leasing si affacciò sul mercato con una tecnica in grado di soddisfare
queste nuove esigenze conservando integri i benefici fiscali legati agli
investimenti sotto forma di elevate aliquote di ammortamento a carico
delle gestioni. Il leasing conobbe un ancora maggiore sviluppo, sempre
negli Stati Uniti, negli anni ’60, quando le banche ordinarie furono
autorizzate ad esercitare anche tale nuova forma di finanziamento.
L’espansione e l’internazionalizzazione del leasing è iniziata
una decina di anni dopo la sua comparsa negli U.S.A.; dapprima in
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Canada, Regno Unito, Svezia, Germania Federale, Svizzera, Francia; in
seguito in Giappone, Belgio, Finlandia, Spagna, Italia. Il contagio si è
poi esteso a buona parte del resto del mondo.
Per ciò che ci riguarda, l’Italia ha visto la nascita della prima
società di leasing nel 1963, l’inizio della cui attività si può fissare a
partire dal 1966 anno nel quale l’ammontare degli investimenti
finanziati con operazioni di locazione finanziaria fu di circa 2 miliardi di
lire. Tale importo, nel 1980, è salito a circa 1.200 miliardi di lire;
trattasi, come si vede, di uno sviluppo eccezionale a testimonianza dello
straordinario favore con cui questa formula è stata accolta dagli
imprenditori, come una delle più proficue e congeniali a costituire una
integrazione delle tradizionali tecniche di finanziamento degli interventi
industriali.
I motivi di questo continuo e crescente successo sono tanti e
presuppongono un’articolata spiegazione. Vi è da un lato l’esigenza, più
avvertita dalle piccole e medie imprese, di reperire forme supplementari
e integrative di finanziamento per gli investimenti, nel quadro di una
sempre più approfondita valutazione sulla opportunità di correlare al
meglio la durata dell’indebitamento con l’utilità ripetuta dalle risorse
finanziate. Ciò è confermato dalla stessa giurisprudenza la quale,
ribadisce che il leasing “ha trovato il suo campo di operatività nel
settore industriale perché è quello più sensibile alle novità operative o
particolarmente bisognoso di trovare nuovi strumenti di finanziamento”.
Prosegue la Suprema Corte, sostenendo che il contratto di leasing si è
sviluppato “tanto da sostituire, in molteplici occasioni, il ricorso ai
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tradizionali contratti tipici anche con funzione di finanziamento, quali la
vendita con riserva di proprietà e la locazione
1
”.
Negli anni in cui il contratto di leasing ha preso piede, esso ha
saputo soddisfare nuove e crescenti esigenze di finanziamento
“conservando integri i benefici fiscali legati agli investimenti sotto
forma di elevate aliquote di ammortamento a carico delle gestioni”
2
.
1
Sul punto si vedano Trib. Vicenza, 5 marzo 1984, in Dir. Fall., 1984, II, 532 e
Cass., 13 dicembre 1989, n. 5569.
2
Sul punto cfr. SPINELLI M., GENTILE G., Diritto Bancario, CEDAM, 1984,
pp.330 e ss.
18
I.2 – Nozione e Natura economico-
giuridica
Il leasing può essere definito come quel contratto mediante il
quale il proprietario di beni mobili o immobili – concedente – mette a
disposizione di un soggetto – utilizzatore – i beni stessi, costruiti o fatti
costruire dal primo dietro indicazione del secondo, a fronte del
corrispettivo di un canone. L’utilizzatore ha facoltà, alla scadenza, di: 1)
restituire il bene; 2) acquistarlo ad un prezzo prefissato; 3) proseguire il
contratto ad un canone assai ridotto.
La prima apparizione di una forma del contratto in esame in
una legge italiana lo si rintraccia nell’art. 17, comma 2, legge 2 maggio
1976, n. 183. Questo ci offre una definizione di leasing che, seppur
piuttosto datata e strumentale ad una particolare forma di leasing, quella
di leasing agevolato di impianti industriali, è utile per la comprensione
del fenomeno: “per operazione di locazione finanziaria si intendono le
operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti
costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne
assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di divenire
proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento
di un prezzo prestabilito”.
19
Il termine leasing è noto anche al nostro legislatore
3
ed, a mio
modesto parere, sembra corretta la tesi di De Nova
4
, che lo ritiene
preferibile a quello di locazione finanziaria, perché mette subito in
evidenza che si tratta di un contratto atipico, di derivazione
anglosassone, e non di un sottotipo della locazione. Perché un contratto
sia nominato, o legislativamente tipico, sempre secondo De Nova, non è
sufficiente che il legislatore lo menzioni, o lo disciplini in qualche suo
aspetto: è necessario che il legislatore detti una disciplina organica
5
.
Su questo punto parte della dottrina ha espresso alcune
perplessità, data la presenza di molte norme che lo riguardano: una
visione alternativa del significato di atipicità viene fornita da Clarizia
6
,
che ritiene il leasing un contratto tipico, poiché, a suo parere, “un
contratto è tipico, quando seppure con interventi sparsi qua e là, talvolta
occasionali, il legislatore ne ha disciplinato le caratteristiche e gli aspetti
strutturali e funzionali principali”. Orbene, prosegue Clarizia nel suo
ragionamento, “la legge antiriciclaggio, quella sui gruppi creditizi e il
decreto legislativo di recepimento della seconda direttiva CEE offrono
una regolamentazione completa ed analitica dei soggetti che possono
esercitare l’attività di locazione finanziaria; la normativa recante
agevolazione e quella in tema di trasparenza prevedono la disciplina
3
Si veda in proposito l’art 1.3 della legge 21 febbraio 1989, n. 70.
4
Sul punto cfr. DE NOVA G., Il contratto di Leasing, terza edizione, GIUFFRÈ,
1995, p. 9.
5
Non è tale neppure quella prevista dalla ben nota legge 2 maggio 1976, n. 183, che
ha disciplinato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, perché tale disciplina ci
fornisce solo un punto di partenza per comprendere appieno il fenomeno del leasing.
Infatti non è la disciplina del leasing, ma di un sottotipo, cioè il leasing agevolato di
impianti industriali.
6
Sul punto si veda CLARIZIA R., La tipizzazione legislativa del contratto di
locazione finanziaria, GIAPPICHELLI, 1993.
20
essenziale e sostanziale del contratto e la legislazione fiscale è già da
tempo molto precisa sul punto. Non abbiamo più, dunque, solo la
definizione dell’articolo 17 della legge n. 183 del 1976, ma una serie,
seppur disarticolata, di norme che ne regolano i vari profili”.
L’evoluzione dell’istituto ha ormai raggiunto alti e sofisticati
livelli di specificità che comportano un proprio sviluppo e
diversificazione. Giuridicamente il contratto di leasing presenta punti di
contatto con la locazione, con la vendita con riserva di proprietà e con il
mutuo. Esso però ha connotati suoi peculiari che rendono difficile
inquadrarlo in una categoria contrattuale tipica del nostro codice civile.
Sia la giurisprudenza che la dottrina legittimano il leasing come
contratto valido, in omaggio al principio sancito dall’art. 1322 del
codice civile, il quale, al suo secondo comma, indica il principio
dell’autonomia contrattuale: le parti possono stipulare contratti al di
fuori degli schemi tipicamente previsti, purché diretti a realizzare
interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Anche la
Costituzione, all’art. 41, legittima il leasing come contratto valido,
sancendo la libertà di iniziativa economica privata e lo protegge anche
per la sua finalità di natura socio-economica perseguita. Essa tutela e
favorisce lo svilupparsi dei traffici commerciali, dato che la forza del
leasing sta nella sua atipicità: il primato della “Legge Contrattuale”
sulla “Legge Parlamentare” permette di evitare l’ingabbiamento dei
contratti nati dalla pratica commerciale nella trappola di una
tipizzazione legislativa, che ne limiterebbe le potenzialità e
l’espansione.