calviniani sono stati presi maggiormente in considerazione nell’ultimo decennio e si
tratta di testi che, per lo più, mirano ad un’analisi approfondita di specifiche
tematiche o che solo suggeriscono un’ ulteriore indagine riguardo questa attività nel
suo complesso.
Gli approcci sono stati quindi specialistici: il comunismo, gli anni Sessanta, il mondo
editoriale, la traduzione, e inoltre non sono mancati alcuni tentativi di analisi,
potremmo dire psicoanalitica, che si focalizzano su aspetti come l’ossessione dello
spreco e la necessità dell’ordine.
A differenza dei suoi racconti e romanzi, i saggi sono il frutto di una scrittura
immediata o quasi, e non sarebbe potuto essere altrimenti, considerando la quantità
“industriale” degli articoli concentrati anche in periodi di tempo relativamente
ristretti.
Essi ci danno perciò di Calvino un’immagine più vicina al reale, quella di un giovane
appassionato e carico di domande e di dubbi, di uno scrittore proiettato tanto sul
“fuori” quanto sul “dentro”, di un uomo schivo e taciturno e, allo stesso tempo,
aperto e ricco di pensieri.
Gli spunti per la discussione sono tanti, per questo, nel mio studio, ho voluto
focalizzare l’attenzione su alcuni punti importanti, considerandoli le tappe di un
ipotetico viaggio realizzato all’interno della mente di Calvino. Ogni tappa, come in
un qualsiasi viaggio che si rispetti, avrà i suoi tempi e le sue motivazioni, conterrà i
suoi luoghi di conflitto e le sue “oasi di pace”, sarà soprattutto uno spunto per la
riflessione, anche solo una spinta per porre vecchi quesiti sotto una nuova luce.
In un articolo scritto in occasione di una mostra3, Calvino afferma che se mai la
mente umana, e più precisamente la sua, fosse rappresentabile, sarebbe come
un'opera di Arakawa, un'immagine dove linee e frecce si muovono in direzioni
diverse, si intersecano, in un percorso immaginario che attraversa parole scritte e
punti bianchi, o meglio vuoti.
È difficile non essere d'accordo con lui. L'uomo è per sua natura mutevole e la vita
non è altro che una somma di tentativi nel percorrere “la strada giusta”, ma questa
3 Mostra di Shusaku Arakawa, Galleria Blu, Milano, 26 novembre 1985-15 marzo 1986.
2
strada, il più delle volte, è solo un'utopia e ci si ritrova inevitabilmente a seguire
diversi sentieri, senza sapere dove ci porteranno.
A Calvino non è toccata una sorte diversa.
Durante il mio studio su questo grande autore contemporaneo, questa è una delle
cose che più mi ha colpito: il suo essere sì un uomo eclettico e di immensa cultura,
ma anche e soprattutto un uomo comune, che non smette mai d'interrogarsi sul
mondo e su se stesso, incoerente a volte, capace, se necessario, di cambiare strada.
Attraverso i suoi scritti, in particolare saggi e articoli, senza dimenticare però le sue
opere romanzesche, ho voluto seguire questo percorso, tortuoso e, forse per questo,
emozionante, di una vita fatta di passioni, di fantasia, di scelte, e ho conosciuto,
seppur col mio occhio distante, una realtà che non ho vissuto e l'uomo che me l'ha
raccontata.
3
CAPITOLO I
1. Il midollo del leone. Tra impegno politico e lavoro artistico.
1.1. Il fascismo e la guerra.
«In Profeti d'oggi Burzio definiva i giovani italiani “mezzo signorotti del Rinascimento, mezzo
bolscevichi” e noi sentivamo [...] che sceglievamo la seconda metà».1
La scelta di Italo, nome che suonava ben più che patriotico al ritorno da Cuba dopo
due anni dalla nascita, ha radici tanto nella storia familiare quanto in quella
nazionale.
Il padre, Mario Calvino, apparteneva a una famiglia mazziniana repubblicana
anticlericale massonica ed era stato in gioventù anarchico kropotkiniano e poi
socialista riformista; la madre, Evelina Mameli, di famiglia laica, era cresciuta nella
religione del dovere civile e della scienza, socialista interventista nel '15 ma con una
tenace fede pacifista.
In famiglia la critica al fascismo è indirizzata soprattutto all’alleanza con la
monarchia e alla conciliazione col Vaticano, oltre, naturalmente, alla violenza,
l’incompetenza, l’ingordigia, la soppressione della libertà di critica e l’aggressività in
politica estera, ma, come è normale che sia, tale critica assume l’aspetto dei “discorsi
tra adulti”, e diventerà persino, seppur momentaneamente, per il fratello di Italo,
motivo di ribellione.
«Il primo ricordo della mia vita è un socialista bastonato dagli squadristi […]. Ma far discendere dalla
prima immagine infantile, tutto quel che si vedrà e sentirà nella vita, è una tentazione letteraria».
Il primo vero contatto con la cultura fascista, è vissuto da Calvino negli anni tra il '29
ed il '33, quando non può sottrarsi all' esperienza di diventare “balilla”, obbligo
scolastico esteso anche alle scuole Valdesi frequentate dal piccolo Italo.
Nel 1934 inizia la frequentazione del ginnasio-liceo “G.D. Cassini”, dove coltiva
1 Umanesimo e marxismo (1946), in Saggi.
4
quell’amicizia con Eugenio Scalfari, che più tardi diventerà un importante rapporto
per la sua crescita letteraria e politica.
Avvengono con lui le prime discussioni politiche e appassionate. Calvino racconta di
come una sera crearono insieme la “filosofia dello slancio vitale”, per poi scoprire, il
giorno seguente, che era già stata inventata da Bergson.2
Proprio quando l’età gli darebbe occasione di gustare appieno quella grande
ricchezza cosmopolita e culturale che si addensa nel circondario di Sanremo in
quegli anni, la guerra sconvolge la serena vita di provincia. Destina Calvino ad una
serie di vicissitudini, dai toni anche drammatici, capaci però di saldarsi con l’apertura
di vedute già matura nel carattere, forgiando così l’impegno politico e sociale che
Calvino esprimerà in forma di partecipazione e di scrittura.
«Fu allora che entrò in gioco un altro condizionamento: quello storico. La guerra diventò presto lo
scenario dei nostri giorni, il tema unico dei nostri pensieri. Nella politica, anzi nella storia, ci
trovammo immersi pur senza alcuna opzione volontaria».3
L’ambiente culturale di Torino, che Calvino frequenta assiduamente, ed i fermenti
politici di contrapposizione al Regime, più che mai vivi nel capoluogo piemontese,
fondono in lui letteratura e politica.
Grazie all’amicizia e ai suggerimenti di Eugenio Scalfari, focalizza i suoi interessi
sugli aspetti etici e sociali che coltiva nelle letture di Huizinga, Montale, Vittorini,
Pisacane.
L’8 settembre del 1943 trova Calvino renitente alla leva. Contrario ad aderire alla
Repubblica di Salò, trascorre un breve periodo nascosto e solitario, momento in cui
approfondisce ulteriormente il canovaccio politico-sociale della sua passione
letteraria.
La definitiva scelta per la clandestinità, matura più per questioni affettive ed
emozionali che per persuasione politica. All’indomani dell’uccisione del giovane
medico Felice Cascione per mano fascista, Calvino aderisce alla brigata partigiana
“Garibaldi”.
In verità, egli si definisce un anarchico, ma in quegli anni di clandestinità impara ad
2 Henri Bergson è un filosofo francese, uno dei massimi esponenti dello Spiritualismo ottocentesco.
3 Da Autobiografia politica giovanile (1960), “La generazione degli anni difficili”, in Saggi.
5
ammirare gli esiti positivi dell' organizzazione e il coraggio che la genuina
persuasione politica irradia.
Nel marzo del '45, quando ormai gli alleati sono in Italia, Calvino è protagonista
attivo in una delle ultime battaglie partigiane. Ricorderà l’evento nel racconto
Ricordo di una battaglia, scritto nel '74.
Dopo la Liberazione, mentre la sua inclinazione anarchica e libertaria non
affievolisce, in lui va costruendosi un’ampia e complessa visione del mondo che non
cede a semplificazioni politiche e sociali.
Non esalta l’idea comunista sotto il profilo culturale e filosofico; matura,
ciononostante, l’esigenza di organizzare forme politiche e strutture sociali a difesa
dei diritti, della dignità umana e della libertà.
Con questo spirito aderisce al P.C.I. e ne diviene attivista , esprimendo la sua
partecipazione con interventi di carattere politico e sociale, su quotidiani e periodici
culturali, oltre che nelle sedi istituzionali del partito.
1.2. La militanza.
Quello che è normalmente riconosciuto come il periodo dell'impegno politico, è,
concretamente, l'apprendistato calviniano. Gli anni dal 1945 al 1957 sono definiti,
come è stato rilevato dalle carte preparatorie dei “libri da scrivere” dell'autore, “L'età
del ferro”, ulteriore e più antico strato geologico rispetto a quella “pietra” posta sugli
scritti giornalistici successivi (mi riferisco a Una pietra sopra, del 1980, che
raccoglie articoli pubblicati tra il '55 e il '78).
In quel primo decennio Calvino svolge la più intensa attività di redattore.
È allora che il segretario della Federazione Giovanile Comunista, Enrico Berlinguer,
gli propone di dirigere il settimanale dei giovani comunisti “Pattuglia”, ma lo farà
ponendolo di fronte a una scelta: diventare funzionario o continuare a scrivere
romanzi.
Sappiamo già che Calvino non poteva che scegliere la seconda strada (anche se non
mancherà di collaborare col settimanale comunista).
I primi articoli escono sulle colonne de “Il Politecnico” di Elio Vittorini. Il nome del
6
periodico è lo stesso della rivista ottocentesca di Carlo Cattaneo e anche il
programma culturale vuole essere il medesimo: antiaccademico, pragmatico e
divulgativo, pur senza cedere al popolare.
Il tema qui trattato da Calvino è forse quello che meglio conosce: la Liguria. In
questa regione ha vissuto fin dall'infanzia, qui la famiglia gli ha trasmesso la
conoscenza della terra, qui ha trascorso l'importante esperienza della Resistenza con
la Brigata Garibaldi.
Ciò che emerge è un rapporto simbiotico tra uomini e ambiente: Liguria magra e
ossuta è quella dei poveri contadini sottomessi a meccanismi e interessi più grandi di
loro, dai quali troppo spesso rimangono schiacciati.
Ritroviamo in questi articoli le tematiche e i luoghi delle prime opere narrative
calviniane: Ultimo viene il corvo e Il sentiero dei nidi di ragno.
Inizia la collaborazione con l'edizione piemontese de “l'Unità”. Dal '46 al '55 scriverà
ben 157 articoli, ai quali bisogna aggiungerne 3 pubblicati su “Rinascita” nel
novembre e dicembre del '48 e 16 su “Il Contemporaneo” tra l'aprile '54 e il
novembre '56.
Quando comincia a scrivere per “l'Unità” Calvino ha 23 anni. L'ambiente della
redazione e quello del partito, inesperti quanto lui per essere appena usciti dalla
clandestinità, sono gli ambienti a lui più congeniali. In un articolo apparso su “La
Repubblica” del 14 Dicembre 1977 ricorda “l'atmosfera generale di ricerca e
innovazione”.
Gli articoli scritti per la rubrica “Gente nel tempo” risultano però, proprio per lo
slancio giovanile da cui nascono, frenetici e confusionari. Testimoni di un periodo
storico di fermento e del fermento intellettuale e politico vissuto da Calvino,
esauriscono spesso il loro effetto nel solo titolo, sintetico e provocatorio: Hemingway
burbero benefico, Dante qualunquista, Omero anti-militarista, sono solo alcuni
esempi.
Prevale in essi la mossa circoscritta, la puntualizzazione su un fatto concreto.
Tra i temi marxisti, Ferretti scorge e mette in evidenza un motivo diverso, che
accompagnerà Calvino nella sua carriera di scrittore: quello del rapporto uomo-
natura. Lo fa analizzando gli scritti dedicati alle capre di Bikini e agli altri in cui
compare quel senso di colpa, tutto umano, sentito nei confronti di esseri innocenti ed
7
indifesi come gli animali.4
Nell'accettazione della direzione ideologica di partito, troviamo un certo vigore
perentorio, anche se compaiono già spazi di problematicità, per lo più legati al fare
artistico (come vedremo più avanti).
L'articolo Umanesimo e marxismo, come molti altri di questo periodo, è rivolto, con
didascalicità e in polemica con numerosi autori, semplicemente ad annettere
l'aggettivo “umanista” all'area comunista.
Questo “didascalismo” deriva da un'idea tecnica del lavoro intellettuale. Il modello
dell' “intellettuale tecnico” è descritto in Il Partito e gli intellettuali, intervento
ufficiale del gennaio 1951, in vista del VII Congresso del PCI (“l'Unità”, 27 genn.
1951).
Colui che lavora nel campo della cultura deve considerare che:
«la realtà storica è anche fatta di tutti i problemi culturali che si presentano in un determinato paese, in
un determinato momento, ed una vera lotta ideologica non può staccarsi da questa realtà storica».
Alla base di questa idea troviamo il Lenin di Materialismo ed empiriocriticismo, e,
soprattutto, Gramsci, autore, tra le altre cose, di Letteratura e vita nazionale.
La relativa libertà sentita dagli scrittori all'interno della redazione dell'“Unità”, era
sicuramente un dato importante. Nello stesso articolo de “La Repubblica” citato
prima, Calvino nota che “la pressione per uniformarsi al modello sovietico non si
faceva ancora sentire.”
Certo si respirava tutt'altro clima all'interno dell'“Unione Scrittori”, organizzazione
che in Urss era sotto la stretta sorveglianza del partito comunista.5
4 Bikini è un atollo che fa parte delle isole Marshall, nell'Oceano Pacifico. Qui tra il 1946 e il 1958
sono state sperimentate le bombe nucleari all'idrogeno. È rimasta una zona radioattiva per più di
trent'anni.
5 Il Partito controllava già da tempo ogni aspetto della vita, culturale e sociale. L'“Unione dei
compositori “stabiliva quali fossero i generi di musica accettabili; l'esclusione delle influenze
straniere porterà nei decenni all'isolamento della comunità artistica sovietica dal resto del mondo.
In questo clima, un artista come Sergej Prokof'ev, si dedica alla composizione di musica per
bambini (Tre canzoni per bambini, Pierino e il lupo tra le altre) nonché alla monumentale Cantata
per il ventennale della Rivoluzione d'Ottobre, che tuttavia non verrà mai eseguita pubblicamente.
Anche il debutto dell'opera Semen Kotko verrà posposto perché il suo produttore, Vsevolod
Mejerchol'd, viene arrestato e condannato a morte.
La guerra ispirò a Prokof'ev l'opera Guerra e pace, a cui lavorerà per due anni, alternandolo alle
musiche per i film di Sergej Eizenstejn. L'opera tuttavia subì numerose revisioni imposte dall'
“Unione dei compositori” e non debuttò mai.
Improvvisamente, la musica di Prokof'ev viene vista come un grave esempio di formalismo e
8