5
L'appartenenza del territorio (messaggio ideologico) ad una persona o ad
un'associazione di persone (sostenitori di un'ideologia), e quindi anche
l'appartenenza dell'edificio (veicolo del messaggio) a quel territorio e a quelle
persone, sono contenuti i cui canali formali corrispondono generalmente ai gusti
e alla volontà degli individui dominanti - siano essi isolati o consociati: in
quanto detentori degli strumenti economici e della capacità decisionale, essi
possono ugualmente esprimersi nel disegno di demarcazione di un territorio
attraverso l'uso, regolato da norme (non scritte), di alcuni determinati elementi
del linguaggio architettonico, come nella spontanea e apparentemente casuale
diffusione nel territorio di una certa maniera del costruire il cui punto
d'irradiazione può essere il centro egemone. Qualunque sia il livello artistico
raggiunto dalla produzione architettonica, si assiste comunque alla compresenza
di precisa volontà e apparente casualità (l'organicità dell'architettura
vernacolare), in proporzioni diverse e in ogni caso significative: infatti gli
edifici pubblici e privati, più o meno fortuitamente tramandati dal passato, pur
attestando lo sviluppo e la distribuzione degli elementi architettonici in un dato
territorio in modo frammentario e incompleto (il patrimonio edilizio attualmente
a disposizione è solamente una minima parte di quello realmente prodotto ed
esistito nel tempo), sono, in quanto prodotto della storia e stratificazione di
susseguenti interventi edilizi (aggiunte, obliterazioni, restauri e demolizioni), il
paradigma delle vicende territoriali, dove i pieni e i vuoti (ma anche la
distribuzione casuale e regolare dei fenomeni) hanno la stessa eloquenza7.
demarcazione del territorio, derivarono fenomeni culturali fondamentali, di vario genere. [...] la parola shima,
che sta ad indicare il territorio (racchiuso) derivava da shime, il nome del contrassegno che marcava la terra
occupata; egli fa anche presente che esiste un rapporto analogo nella lingua tedesca tra Marke (contrassegno,
marchio) e Mark (territorio; vedi Danimarca). Possiamo aggiungere che vari termini nordici usati per la
definizione di un «interno» circoscritto: town (ingl. per città), tun (norvegese), týn (ceco), derivano da Zaun
(tedesco per «recinzione») e che il latino vallis (valle) è parallelo a vallum (muro, «palizzata») e vallus (palo)."
Cit C. NORBERG-SCHULZ (1979), 58. Cfr. anche G. NITSCHKE (1974).
Si pensi infine al deserto, il luogo privo di punti di riferimento per eccellenza, in cui ci si perde e di cui non si
riesce ad apprezzare l'estensione, se non nella sua caratteristica infinitezza.
7
Questo principio è preso in prestito dalla ricerca archivistica, che trae informazioni anche dalla mancanza
dei documenti. Infatti, dall'assenza di carte, come di edifici, in un certo periodo e in un dato territorio, si può
arguire, per esempio, il disinteresse dei ceti dominanti per quell'area in quel momento.
6
I caratteri stilistici in uso in un dato territorio possono essere di varia
provenienza e venire utilizzati in modo diverso dal loro scopo originario.
Mentre nel caso dell'edilizia minore si fa ricorso a pratiche costruttive
tradizionali (già indicative di una particolare visione del proprio mondo),
nell'architettura di un certo pregio artistico si ricorre spesso ad elementi
esogeni, interpretati o fedelmente riproposti, comunque costituenti un repertorio
a cui poi attingere, una maniera costruttiva. Talvolta sono i rapporti tra
committenza8 e artefici la causa dell'introduzione di linguaggi estranei alle aree
considerate e della loro persistenza ben oltre la permanenza dei maestri sul
posto9. L'influenza dei magistri si innesta sulla tradizione locale, frutto
dell'evoluzione della pratica edilizia legata alla disponibilità in loco dei
materiali e alla mentalità, della popolazione o del gruppo dirigente, che presiede
alla scelta e alla disposizione dei simboli nell'edificio. Notevoli influenze
provengono generalmente dai territori vicini, attraverso scambi culturali di vario
tipo che testimoniano la preminenza di un'area sull'altra, spesso accompagnata
dalla diffusione del gusto estetico dei ceti egemoni.
Se si considera un'ampia sezione storica come il Medioevo occidentale10, in un
territorio particolare preso in esame si saranno probabilmente susseguite più
dominazioni in un determinato periodo: negli edifici questo si traduce nella
sovrapposizione di più elementi, tipici dei vari momenti artistici compresi in
8
Come già detto, i committenti di opere edilizie di un qualche valore architettonico, e quindi "parlanti" il
linguaggio dei segni della territorialità, sono praticamente sempre facenti parte dei ceti egemoni presenti sul
territorio. Per quanto riguarda l'edilizia tradizionale e «povera», quasi sempre chi costruisce è anche chi abita.
9
Indubbiamente quando si tratta di maestri particolarmente capaci, la loro opera lascia delle tracce sulla
produzione di maestranze locali non sempre all'altezza, ma spesso si assiste all'acquisizione da parte del
committente del gusto per quel particolare linguaggio architettonico e alla conseguente richiesta di un
adeguamento ad esso negli altri cantieri di sua proprietà.
10
Il periodo durante il quale si può riscontrare maggiore intensità e intenzionalità politica nell'uso dei
caratteri stilistico-architettonici, lungi da escludere il fenomeno in modo assoluto nelle altre epoche, è, per
l'Europa Occidentale, circoscrivibile tra il XII e il XVIII secolo, mentre, se si considera il fenomeno
dell'espressione architettonica della territorialità come evento «spontaneo» estraneo a un disegno di carattere
politico, è oggettivamente estendibile a tutto il secondo millennio.
Cfr. V. FRANCHETTI PARDO (1989), 732-3.
7
quell'età e/o delle aree da cui provengono le dominazioni, così da offrire una
panoramica delle appartenenze del territorio su cui insistono.
Prima di definire il campo specifico della ricerca, conviene sgombrarlo da
possibili equivoci sui termini «territorio» e «territorialità».
S'intenderà il territorio come «prodotto storico», cioè somma delle
trasformazioni impresse dall'uomo ad un luogo geografico scelto in un dato
momento e omogeneo rispetto ad una variabile principale. L'estensione dei
confini (simboli-mediazione della percezione del territorio da parte dell'uomo11)
dipenderà dunque dalla variazione nello spazio della caratteristica prescelta: la
morfologia12, la presenza di determinati gruppi umani, il tipo di trasformazione
che questi le impongono (l'architettura ne è un aspetto), la titolarità del dominio,
l'organizzazione politico-sociale individueranno divisioni territoriali raramente
coincidenti, ma tendenti a sovrapporsi.
Vale la pena di ricordare come da alcuni anni ormai13 la dialettica «città-
campagna» e l'antitesi «città-non città» siano meglio espresse nel concetto di
«territorio», restituendo dignità e autonomia al termine, inteso finora in
contrapposizione alla città14 e quindi di volta in volta soggetto ad un giudizio di
valore secondo i canoni della cultura dominante, e cioè urbana15. Se, d'altra
parte, può apparire corretta un'antinomia «città-campagna» ad alcuni storici (di
11
Cfr. L. BENEVOLO (1992), 170.
12
L'orografia, ad esempio, non può essere considerata come aspetto immutabile in senso assoluto, anche se
certamente il più stabile.
13
Cfr. J. LE GOFF (1982), 24-26 e V. FRANCHETTI PARDO, a cura di (1986), 7-16.
14
Basti pensare alla definizione disciplinare delle Cattedre di "Storia della città e del territorio" e di "Analisi
delle strutture urbanistiche e territoriali" che ne caratterizza i corsi nelle Facoltà di Architettura.
15
In effetti si è assistito nel corso dei secoli ad un'esaltazione o ad una sottovalutazione della campagna, in
funzione del rifiuto o dell'interesse per la città, che di volta in volta imponevano le mode classiche o romantiche.
Cfr. E. LE ROY LADURIE (1976), 19.
Sarà utile ricordare anche il poco «successo» della cultura dei popoli nomadi, «non costruttori» di città per
antonomasia, emarginati dalla società urbana, detentrice della cultura ufficiale. Anche la loro effimera
architettura tensile esprime il possesso del territorio su cui viene eretta, ma, non essendone rintracciabili vestigia
nel tempo, esula dai nostri interessi.
8
matrice marxiana) dell'economia e del diritto o agli urbanisti16, questa
contrapposizione non vale più per chi studi, ad esempio, il territorio dell'Italia
medievale: si opterà dunque per un concetto ampio di territorio in cui si
comprendano città e campagna (e l'architettura, che ne è parte integrante) che ne
sono la trasformazione.
La territorialità (condizione di appartenenza al territorio) viene definita dagli
studiosi di diritto "base dell'ordinamento giuridico"17 di un distretto, quando la
legge ha vigore nell'ambito di quel determinato territorio. "Ogni persona,
indipendentemente dalla sua qualità e dalla sua condizione, entra nel possesso
dei diritti quando entra nel possesso del territorio al quale i diritti sono connessi.
E, infine, quando in un determinato territorio si costituiscano o vivano
aggregati, gruppi di persone, organismi, per il solo fatto di sorgere in quel
determinato territorio che ha come pertinenza determinati diritti, detti organismi
sono investiti di tali diritti e possono svolgere la loro attività come organismi
giuridici"18. Questa concezione, tipica dei popoli stanziali19, è valida tanto per la
16
"Della duplicità dei modi di essere di un territorio («città» e «non città») si è anche voluto dare una
definizione di ordine dialettico: la dialettica «città-campagna» in base alla quale taluni filoni storiografici,
soprattutto di impronta marxista, hanno svolto un importante lavoro di revisione critica di cui però oggi si vanno
individuando i limiti. Principalmente perchè, ritengo, tale contrapposizione dialettica, è a sua volta, un prodotto
della «cultura delle città» e, dunque, un prodotto di parte." Cit. V. FRANCHETTI PARDO, a cura di (1986), 12.
Cfr. G. LUZZATTO (1958), 125 ("distrutta la potenza dei grandi feudatari la città si sostituì ad essi,
considerando la campagna come un proprio dominio coloniale, destinato al proprio vettovagliamento ed allo
smercio dei suoi prodotti industriali.") per non citare tutta la storiografia risorgimentale italiana, ideologicamente
impegnata a sostenere il ruolo delle città comunali italiane nella formazione dello Stato Unitario. Per gli urbanisti
è obbligato il punto di osservazione: si vede tutto il territorio guardando dalla città.
Città e campagna sono invece aree operative a livello diverso, coordinate e non contrapposte: "nel periodo
medievale i termini città e contado sono assolutamente istituzionalizzati sul piano giuridico": "la città è un luogo
privilegiato: in essa si concentrano gli organi di governo, il capitale finanziario e commerciale [...] pertanto è
logico che il diritto rispecchi il fatto che il potere economico costruisce il proprio assetto organizzativo nella
città, approntandovi gli strumenti della propria azione". Cit. V. FRANCHETTI PARDO, A. MARIOTTI, G.C. ROMBY
(1974), 136. Cfr. ibidem, 85.
17
Fondamentale a questo proposito lo studio, relativo al territorio medioevale dell'Italia centro-settentrionale,
di P. VACCARI (1921). Cfr. anche V. FRANCHETTI PARDO, A. MARIOTTI, G.C. ROMBY (1974), 14.
18
Cfr. P. VACCARI (1921), 7.
19
Per i popoli nomadi la base del diritto è personale. Cfr. P. VACCARI (1921), 2-6.
9
proprietà privata che per quella collettiva e ammette, per chi non è proprietario
e quindi straniero, l'imposizione di particolari doveri (diritti del territorio)20.
Il territorio, almeno fino all'ancien régime, rappresenta dunque la cerniera
principale dei rapporti sociali21: e l'architettura, in quanto trasformazione del
territorio, il segno di queste relazioni22.
Apprestandosi a svolgere una ricerca storica di carattere territoriale, pare
necessario enunciare, oltre alle premesse generali di metodo, i criteri di scelta e
delimitazione spazio-temporale del territorio da esaminare, ovvero la Valdelsa
tra alto e basso Medioevo.
Terra tra le più popolose della Toscana - a sua volta "terra di città"23 - ai margini
delle sfere d'influenza delle civitates24 principali della regione, e quindi area di
confine e di confronto tra culture e ideologie relativamente diverse, la Valdelsa
offre tutta la gamma del paesaggio collinare toscano. La somma delle
trasformazioni imposte dall'uomo al territorio valdelsano ha esaltato le già
differenti caratteristiche naturali delle due sezioni - inferiore e superiore - del
corso dell'Elsa25, tanto che oggi si parla di due bacini26: quello settentrionale e
20
Naturalmente, ma in misura minore, anche i proprietari sottostanno a obblighi e gli estranei godono di
diritti, che sono «proprietà» del suolo. Gli "obblighi sono fissati dalla consuetudine, che perde il carattere del
vincolo personale, variabile da persona a persona, per trasformarsi in una consuetudo fundi o consuetudo loci,
che assumerà un secolo più tardi [XII] una grande importanza come primo embrione degli statuti dei comuni
rurali."
Cit. G. LUZZATTO (1958), 87.
Addirittura si dà il caso dell'appartenenza delle anime al territorio, quando in uno scritto della fine dell'VIII
secolo si fa affermare a San Benedetto:
"«Vix apud Deum optinere potui, ut ex hoc loco mihi animae cederentur»."
Cit. PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum, IV, 17.
21
Il vicinato, forte relazione territoriale tra gruppi familiari diversi, diventa nel medioevo la base popolare
della formazione dei comuni rurali. Cfr. R. CAGGESE (1907).
22
Nel castrum, luogo e istituzione oggetto e base di rapporti giuridici, la torre o la rocca, sue parti visibili,
vengono intese "come simbolo e centro di signoria, non semplicemente come elemento di difesa." Cit. P.
VACCARI (1921), 139.
23
Cfr. G. CHERUBINI (1991), 22-33.
24
Anticamente divisa tra le Diocesi di Pisa, Lucca, Volterra, Siena, Fiesole e Firenze, attualmente la Valle
appartiene amministrativamente alle Province di Pisa, Siena e Firenze ed ecclesiasticamente alle Diocesi di San
Miniato, Volterra, Colle, Siena e Firenze.
25
L'idronomo Helza (citato in documenti lucchesi del secolo VIII) si fa derivare da un idioma heteo-pelasgo.
Non siamo però riusciti a rintracciare questi documenti. Cfr. M. CIONI (1911), 1 e S. PIERI (1919) e Doc. 17.
10
«fiorentino» (definito «il paesaggio più commovente del mondo» da Fernand
Braudel27) è il risultato di un'opera secolare di trasformazione dovuta alla
intensiva presenza dell'uomo; quello meridionale e «senese» (descritto da
Ambrogio Lorenzetti nell'affresco degli "Effetti del Buon Governo"28) si
presenta invece relativamente ancora dominato dalla natura, coperto di boschi,
pascoli e rocce affioranti, e ancora fino ad oggi scarsamente popolato.
Una molteplicità dunque di combinazioni e situazioni, che qui si vogliono
considerare in un momento in cui - pur nell'unità culturale dell'Europa cristiana
medioevale e nella netta individuabilità fisica del bacino valdelsano - si esaltano
la particolarità e il senso di appartenenza e perciò risaltano i caratteri specifici
di ogni territorio29 che vi è compreso: situazione paradigmatica per verificare la
corrispondenza tra territorialità e architettura, seguendo il principio secondo cui
"ad ogni modificazione territoriale, corrisponde, in parte seguendo in parte
precedendo, una modificazione di struttura interna"30, ovvero il fatto che
l'architettura, trasformazione del territorio, è causa e manifestazione di
cambiamenti culturali.
L'area di studio prescelta, leggermente esorbitante dal bacino idrografico della
Valdelsa, corrisponde alla somma dei territori dei pivieri31 che ne siano
26
La tipica forma a goccia del bacino (il perimetro è costituito, a destra, dalla Montagnola, dai monti del
Chianti e dalle colline digradanti che fanno da spartiacque con il torrente Pesa; a sinistra, dai monti di Casole e di
San Gimignano, dal Cornocchio e dalle colline digradanti che fanno da spartiacque con il torrente Egola) è
dovuta al fronteggiarsi dei due versanti, solcati da valli a V che contribuiscono al fiume in direzione
perpendicolare e con distribuzione simmetrica. I rilievi non superano i 671 m a destra (Monte Maggio) e i 624 m
a sinistra (Poggio del Comune) nell' alta Valle, mentre si mantengono tra i 100 e i 200 m nel fondovalle.
Cfr. F. CARDINI (1988), 12. Interessante la digressione sulle aree geostoriche omogenee.
27
Cit. F. BRAUDEL (1953), 49.
28
Cfr. E. SERENI (1961), 140-142, G. CHERUBINI (1991), 347-51, e P. GRILLI (1993), 22-23 (che però
attribuisce il famoso quadro a Simone Martini!).
29
Dando a questo termine il significato giuridico di «area geografica definita dalla soggezione a un solo
potere».
30
Cit. G. VOLPE (1961), 15.
31
La situazione dell'organizzazione ecclesiastica a cui si fa riferimento è quella offerta dalle rationes
decimarum, raccolte alla fine del XIII secolo e pubblicate in P. GUIDI (1932) e M. GIUSTI, P. GUIDI (1942)
(rispettivamente, decime degli anni 1274-1280 e 1295-1304), che danno un quadro soddisfacente della
consistenza e della posizione degli enti ecclesiastici in Toscana (Tuscia). Si sono rilevati alcuni piccoli errori
nella localizzazione delle cappelle sulla carta allegata (scala 1:250.000), ma il contributo dei due autori resta
tuttora comunque valido.
11
compresi anche parzialmente: questo consente, oltre che una panoramica
completa sugli insediamenti valdelsani, anche utili confronti con quanto accade
nelle aree immediatamente confinanti, vettori degli influssi dei centri dominanti
verso la Valle ma anche viceversa.
Nel periodo prescelto, dal 1000 al 130032, si osservano in Valdelsa la prevalenza
ora del regime feudale, ora di quello comunale, il passaggio da un'economia di
sussistenza ad una di crescita33, nonchè la diffusione in architettura dei caratteri
romanici prima e gotici poi: un coesistere e un succedersi di situazioni tale da
permettere un'analisi più articolata del fenomeno dell'enunciazione della
territorialità attraverso l'architettura.
Il riferirsi schematicamente a tre secoli di storia ha lo scopo di richiamare una
periodizzazione convenzionale nota34, all'interno della quale viene individuata
nel XII secolo la cerniera di due età35 in cui si ha l'intersezione di fenomeni
giunti all'epilogo o appena avviati, di cui si dà un breve cenno.
Nei secoli XI e XII, sulla spinta del rinnovamento religioso-spirituale e
dell'incremento produttivo-demografico, si assiste alla costruzione o
ricostruzione della maggior parte degli edifici religiosi. Si riconoscono aree in
cui prevalgono i caratteri architettonici tipici del contado di appartenenza che
vengono giustapposti ad altri esogeni: infatti se alcuni edifici fanno da testa di
ponte per la diffusione di modi estranei alla tradizione locale o regionale
(lombardi, borgognoni, laziali, addirittura mozarabici36), l'uso dei materiali, e
quindi la «declinazione» vernacolare del linguaggio architettonico importato, è
32
"Fase di sviluppo, di crescita, in cui si nota una netta differenza in ogni campo fra il punto di partenza e
quello di arrivo, ma dove, in profondità, le strutture mi appaiono sufficientemente stabili perchè la cronologia al
confronto sia considerata trascurabile."
Cit. J. LE GOFF (1981), 9-10.
33
Cfr. J. LE GOFF (1981), XXVII.
34
Per la cronologia 1000-1315 cfr. J. LE GOFF (1981), 415-443 e, con particolare riguardo per la Toscana, E.
GUIDONI (1970), 379-476.
35
Definite da una non più recente storiografia come «feudale» e «comunale».
36
Cfr. F. REDI (1987).
12
condizionato dalla reperibilità degli stessi e dal grado di perfezionamento37 delle
tecniche costruttive.
Nello stesso periodo si ha un grande sviluppo della pratica del pellegrinaggio,
in parte collegato al miglioramento delle condizioni della rete viaria, le cui
conseguenze sull'architettura sono evidenti negli edifici religiosi
(prevalentemente di ordini monastici) disposti lungo i tracciati delle principali
vie: essi presentano elementi di derivazione transappenninica ed elaborati
apparati decorativi le cui figure fungono talvolta da "indicatori di direzione"38.
Durante tutto il XII secolo prevale in Valdelsa la struttura feudale, almeno
fintantochè la nobiltà feudale riesce a contrastare la spinta espansionistica di
Siena e di Firenze, mantenendo il primato nell'iniziativa edilizia; il territorio,
diviso in feudi distribuiti «a macchia di leopardo», è ovunque organizzato in
curtes e controllato attraverso castelli o abbazie (fondate da grandi e piccoli
feudatari, esse sono altrettanti strumenti di organizzazione e sfruttamento del
territorio): essendo la distribuzione dei beneficii discontinua nel tempo e nello
spazio, risulta difficile riconoscere elementi tipici e caratterizzanti dei gruppi
dominanti. I grandi feudatari scelgono di costituire centri urbani per esercitare il
puntuale controllo economico-militare del proprio territorio (Empoli, Semifonte
e Poggiobonizzo - presso l'attuale Poggibonsi - sono sedi di mercato e terre
popolosissime) in funzione anti comunale: a partire dal XII secolo Siena e
Firenze tentano infatti di allargare il proprio contado fino ai confini delle
rispettive diocesi a spese dei comites (talvolta costretti a risiedere in città) che
devono cedere i centri di loro proprietà: questi diventano poi punti di forza per
la stabilizzazione dei confini, e l'assetto del territorio viene perfezionato con la
costruzione di insediamenti militari a controllo della viabilità (ma nelle
37
Dove questo è elevato, si è riscontrata la presenza di magistri stranieri.
38
Cfr. R. STOPANI (1991), II. Richiami, messaggi e simboli del pellegrinaggio.
13
intenzioni dei fondatori, per esempio, Monteriggioni39 e Barberino Val d'Elsa
avrebbero dovuto svilupparsi anche come centri economici).
La Valdelsa fra il XIII e il XIV secolo è ancora un'area marginale con una certa
autonomia: alcuni centri urbani comunali (San Miniato, Colle, Poggibonsi e San
Gimignano) riescono a ritagliarsi un proprio distretto, prima di essere assorbiti
nel contado di una delle grandi città: favorito da oculate scelte politico-
economiche e dall'accumulo di ingenti capitali privati, vi si riscontra nel XIII
secolo un notevole incremento edilizio, accompagnato dall'espansione
demografica e coronato dall'apertura di cantieri civili di interesse pubblico, per i
quali si elaborano veri e propri sistemi decorativi40 che regolino e rendano
riconoscibili gli edifici appartenenti al comune.
Dalla metà del XIII secolo, richiamati dalla notevole concentrazione di
popolazione in valle, gli ordini mendicanti e predicatori, Agostiniani,
Domenicani e Francescani, si attestano con equilibrio nei centri urbani
principali (Castelfiorentino, San Miniato, Poggibonsi, Colle, San Gimignano,
Empoli, Tavarnelle) offrendo il contributo maggiore al rinnovamento anche
stilistico dell'edilizia urbana.
Per quanto riguarda le coeve fonti documentarie scritte e materiali su cui si
baserà la ricerca, anche se disorganiche le prime (altro segno delle «molte
appartenenze» del territorio valdelsano)41 e spesso trasformate le seconde42, si
può ritenere sufficiente, per qualità e quantità, quanto attualmente reperibile.
39
Cfr. E. DETTI, G. DI PIETRO, G. FANELLI (1968), 202.
40
"tanto deliberatamente prescelti, quanto inconsapevolmente accolti e recepiti da vari tipi di committenti.
Istituzioni pubbliche, singoli e privati, alcuni ceti o gruppi o classi sociali, se ne servono e se ne sono serviti oggi
come nel passato per comunicare ed affermare, infatti, sia la propria identità socio-culturale, sia la confinazione
(reale o immaginaria poco importa) di un particolare territorio, sia altri valori o concetti che comprendono e
riassumono tuttociò."
Cit V. FRANCHETTI PARDO (1989), 729.
41
A questo proposito si veda l'elenco degli Archivi e delle Biblioteche contenenti documenti cartacei utili.
42
Quasi tutti gli edifici civili e parte di quelli religiosi hanno subito demolizioni e aggiunte nel corso dei
secoli, e pesanti restauri fino a pochi decenni fa. Di queste trasformazioni si renderà conto, se in possesso di
informazioni o a seguito di osservazioni, di volta in volta secondo la necessità.
14
I documenti, editi e inediti, reperiti presso archivi e biblioteche, sono stati
ordinati cronologicamente in un repertorio43 che, comunque passibile di
correzioni44 e aggiunte, possa servire anche a studi successivi sulla storia del
territorio medioevale in Valdelsa. Sono compresi nell'elenco atti appartenenti ai
secoli VIII-XIV, esorbitanti il periodo prescelto, in quanto spesso le situazioni
descritte nei documenti permangono (come nei casi delle proprietà
ecclesiastiche45) o sono da tempo attestate (per esempio, i diplomi imperiali di
conferma seguono sempre l'acquisizione dei territori da parte dei beneficiari).
Per avere una visione completa e diacronica dell'assetto del territorio in questo
lungo periodo, si è optato per una doppia restituzione dei dati raccolti,
elaborando due serie di carte tematiche e un repertorio degli insediamenti e dei
manufatti.
La prima serie è costituita da due rappresentazioni, eseguite direttamente su
base topografica I.G.M. a scala 1:50·000, della diffusione nella Valdelsa del
XIV secolo46 degli enti ecclesiastici (segnalandone la competenza territoriale,
notoriamente precisa e persistente e, quindi, utile strumento per collocare i
toponimi) e degli insediamenti sia civili-militari che religiosi (segnalandone
l'appartenenza politico-economica47), dando così una panoramica complessiva
della situazione territoriale nel periodo studiato. Le carte della seconda serie,
43
Si tratta per lo più di diplomi riguardanti transazioni di beni e, dal XIII secolo, di atti di carattere politico-
amministrativo.
44
La maggior parte dei documenti citati sono editi. Per gli altri, non avendo le competenze del paleografo, si
è dovuto ricorrere alle descrizioni contenute negli spogli dei fondi d'archivio o, in mancanza di questi, a esperti
nel campo.
45
Gli enti religiosi non potevano alienare i possessi, ricevuti in donazione, a laici. Cfr. G. LUZZATTO (1958),
95, G. VOLPE (1961), 181, H. PIRENNE (1977), 25-26 e P. CAMMAROSANO (1991), 27.
46
La divisione territoriale politica è relativa al 1293, anno in cui i due Comuni di Gambassi e Poggiobonizzo
perdono la loro indipendenza. Si è preferito mantenere questa pur anacronistica organizzazione per rappresentare
tutti i distretti degli enti comunali relativamente autonomi. Gli insediamenti attestati - come anche gli enti
religiosi nella carta omologa - sono quelli esistenti sicuramente entro il 1400, ma in molti casi tutto spinge a
credere che già lo fossero entro il 1300. Cfr. E. REPETTI (1833-46), II, 395.
47
I Conti Cadolingi, estintisi nel 1113, sono rappresentati anche oltre dove non si conoscano i successori
nella proprietà. Cfr. E. REPETTI (1833-46), A, 37.
Per i Soarzi di Strove e i Lambardi di Sterzi si sono utilizzati stesso colore e stessa denominazione dei
Lambardi di Staggia, di cui rilevano i possessi.
15
elaborate su base topografica I.G.M. a scala 1:100·000, sintetizzano l'esistenza,
la tipologia e l'appartenenza, attestate dalle fonti, degli insediamenti sul
territorio valdelsano, seguendo la scansione temporale accennata in quattro
momenti diversi: anno 1000, anno 1100, anno 1200, secolo XIV. Data l'estrema
variabilità nel tempo dei toponimi, si è preferito indicare per ogni sito un
numero di codice, rilevabile negli elenchi toponomastici48 in Appendice:
consultando questi ultimi, si può risalire all'insediamento conoscendone il
nome, e viceversa.
Durante il periodo esaminato, l'articolazione del territorio valdelsano in
diocesi49, pivieri e popoli - sopravvissuta nelle sue caratteristiche essenziali fino
ai giorni nostri50, a testimonianza della sua qualità di elemento permanente
dell'organizzazione territoriale - subisce pochissime variazioni ed è ben
rappresentata nelle Rationes decimarum Tusciae51. Poichè nel quadro storico
della Valdelsa medioevale le istituzioni che dimostrano di avere maggiore
continuità e resistenza sono quelle ecclesiastiche52, il repertorio è stato
48
Gli elenchi sono due: uno ordinato alfabeticamente, l'altro secondo l'organizzazione ecclesiastica (per
diocesi e pivieri), che - come già detto - è l'elemento più stabile dell'organizzazione del territorio.
49
Le diocesi, a cui facevano capo le contee, assunte da Carlo Magno come base amministrativa dell'Impero, e
nel cui capoluogo (la civitas) avrebbero dovuto risiedere i conti, compaiono come punto di riferimento anche più
tardi quando, per individuare le località con univoca precisione, vengono citate nei documenti al posto di altre
divisioni amministrative, come i distretti comunali, principali entità politiche ma dai confini sempre incerti e
comunque tendenti a corrispondere a quelli diocesani (o plebani nel caso dei comuni più piccoli).
In verità "le contee che formavano le province dell'Impero franco erano sprovviste di capoluoghi [...]. I conti
che le dirigevano non avevano una residenza fissa. [...] Il centro dell'amministrazione non era la loro residenza
ma la loro persona, e dunque non importava molto che avessero o non avessero il loro domicilio in una città."
Cit H. PIRENNE (1971), 45. Lo studio dello storico belga si riferisce in particolar modo all'Europa nord-
occidentale, ma riteniamo che questa osservazione sia valida anche per l'Italia centro-settentrionale.
50
Attualmente le Diocesi che insistono sul territorio valdelsano sono quelle di San Miniato, Colle, Volterra,
Siena e Firenze. A loro volta le Diocesi sono organizzate in Vicariati, e questi in Parrocchie che sono, come nel
Medioevo, le unità territoriali minime della Chiesa.
51
Si veda la già citata carta allegata a M. GIUSTI, P. GUIDI (1942) e quella relativa agli enti ecclesiastici qui
elaborata.
52
Il concetto vale per le città, la cui sopravvivenza fisica e culturale è spesso dovuta alla permanenza in esse
dei vescovi, ma anche per la campagna, dove le popolazioni rurali disperse nei mansi delle corti sono accomunate
dall'appartenenza allo stesso populus e dalla dipendenza dallo stesso presbiter (che è spesso l'unica persona
istruita della comunità). Cfr. G. PEPE (1959), 270 e H. PIRENNE (1971), 45.
16
organizzato in diocesi e pivieri secondo le Decime Bonifaziane53: esso presenta
per ogni località (citata con il codice di riferimento e con il toponimo corrente54)
l'elenco degli edifici religiosi e civili (attestati dai documenti di cui è riportata la
data relativo al più antico o tramite il rilievo diretto) e l'elenco dei legittimi
proprietari (anche questi dimostrati da documenti citati nel regesto) a cui è
appartenuta.
Tra le fonti materiali sono stati scelti gli edifici, dislocati in più di un centinaio
di sedi, che presentano elementi che favoriscano il processo di riconoscimento
del territorio su cui si trovano; molti di essi sono ancora in buone condizioni ma
trasformati o pesantemente restaurati, altri si trovano allo stato di rudere, pochi
nella redazione originale: di tutti, una volta effettuata la localizzazione55, si è
operata una ripresa fotografica56. Il sopralluogo ha permesso l'acquisizione di
informazioni supplementari che le fonti scritte o gli studi pubblicati spesso non
sono in grado di dare, specialmente per quel che riguarda i materiali, le tecniche
e le fasi costruttive57.
Il materiale così raccolto è stato organizzato in abachi degli elementi del
linguaggio architettonico e dei tipi costruttivi, secondo la relativa provenienza
ovvero le proporzioni di diffusione. Si sono individuate tre diverse scale
territoriali, corrispondenti ad ambiti spaziali e culturali di dimensioni diverse:
53
I monasteri sono enumerati a parte. Si è voluto utilizzare il medesimo criterio di suddivisione delle
Rationes decimarum Tusciae, pubblicate da P. GUIDI (1932) e M. GIUSTI, P. GUIDI (1942). I luoghi all'interno
dello stesso piviere sono elencati in ordine alfabetico.
54
I toponimi sono quelli usati nella Carta dell'Ispettorato Regionale delle Foreste della Toscana, scala
1:50·000, dai tipi dell'I.G.M., con autorizzazione n. 702 del 31/12/1973.
55
Operazione non sempre facile per gli edifici più modesti, talvolta erroneamente segnalati dalle
pubblicazioni, resi irriconoscibili dalle trasformazioni o irraggiungibili dalle recinzioni.
56
Nei rari casi di recenti trasformazioni o crolli, o di divieti di accesso o di ripresa fotografica, si è fatto
ricorso alle illustrazioni pubblicate, puntualmente citate.
57
Per mezzo dell'analisi stratigrafica si può risalire alla storia dell'edificio e quindi con buona
approssimazione all'età dei segnali architettonici: basandosi su alcuni esempi datati certi si può stabilire una
mensiocronologia dei materiali (per esempio il laterizio) e quindi - per confronto - degli edifici.
17
scala internazionale, corrispondente al territorio dell'Europa Occidentale e
alle ideologie universalistiche dell'Impero e della Cristianità58;
scala regionale, corrispondente al contado delle principali città della Toscana
e alle ideologie autonomistiche di Vescovi e Città59;
scala «microterritoriale», corrispondente alle ristrette aree d'influenza dei
centri di potere endogeni e alle ideologie localistiche della feudalità o
dell'autonomia comunale.
Gli elementi del linguaggio architettonico diffusi nelle prime due aree hanno un
carattere dinamico, in quanto tendono a propagarsi oltre il territorio in cui sono
stati prodotti , mentre quelli del terzo tipo sono più statici e il loro successo si
esaurisce all'interno del territorio di origine.
58
Pur con alterne vicende - come quella della Lega Guelfa Toscana del 1196 - l'autorità dell'Imperatore viene
considerata non comparabile a quella dei suoi comites, se non proprio indiscutibile; la morte di Enrico VII nel
1313 segna la fine di questa concezione, già indebolita dalle continue crisi finanziarie che spesso costringevano
gli imperatori a scendere a patti con i sudditi più facoltosi. Cfr. R. DAVIDSOHN (1957-60), I, 914 e IV, 715.
Nei periodi di vacanza del potere centrale il ruolo del Papato si fa più importante (almeno fino alla «cattività
avignonese» del XIV secolo) nella guida dell'Occidente europeo.
59
Non minor importanza aveva l'appartenenza alla Diocesi (la chiesa locale e apostolica) e all'universitas
comunale, istituti contenuti nei due principali (Impero e Chiesa) e a loro volta contenenti la miriade di piccole
comunità di cui il vicinato era la forma-base del rapporto sociale.