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Nell’ uno il padre è tale non solo con il figlio ma anche nei confronti della so-
cietà e le leggi che governano queste due azioni non sono le stesse. Nell’ altro,
il collettivo , il patriarcato oscilla tra la legge dell’ amore e della forza ( esempio
di ciò sono le guerre, le rapine) o tra il cristianesimo, religione ufficiale dell’ oc-
cidente e la lotta alla sopravvivenza, il “darwinismo”.
Nelle società moderne assistiamo alla mancanza del padre. Studi attendibili
indicano che in pochi decenni negli Stati Uniti l’ immagine del padre condivisa e
preferita dalla maggioranza si è spostata dal capo famiglia verso il co – parent
( il padre che condivide i compiti della madre) ma nonostante ciò il coinvolgi-
mento del padre con il figlio è inferiore a quello con la madre.
Padre assente, padre autoritario o padre – amico ? Nuovo padre o mammo ?
Nel secondo capitolo discuto del Padre ritrovato di Andolfi che propone un iti-
nerario assai variegato alla ricerca della dimensione paterna.
Secondo una prospettiva sistemico – relazionale vengono esplorati nuovi mo-
di di essere padre e vengono ricercate risorse e sensibilità specifiche del ma-
schile nella crescita dei figli ,al di là dei pregiudizi e degli stereotipi sociali, che
oscillano tra il vecchio modello dell’ autoritarismo paterno privo di anima e il
nuovo prototipo di mammo, che per accedere al mondo del figlio dovrebbe imi-
tare il materno, senza scoprire una sua propria identità.
I vuoti di padre esistono ancora, e non solo in Italia, ma non vanno colmati o
compensati con altro, vuoi con il tradizionale iper- coinvolgimento materno o
con surrogati istituzionali.
Ci vuole coraggio e la volontà di identificare le difficoltà, le problematiche cen-
trali della paternità in una società cosi profondamente trasformata e di sostene-
re padri spauriti e incompetenti a ricercare i “ propri pieni”, sia all’ interno della
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famiglia tradizionale che nelle complesse vicende delle separazioni coniugali,
come pure nello sviluppo delle famiglie ricostruite.
In questo i figli, se osservati ed ascoltati, sono risorse relazionali straordinarie.
Ritrovare un padre vero e non una mera funzione è un esperienza di crescita
fondamentale per un figlio e ciò che rende più fruibile anche il pieno materno,
alleggerito finalmente da antiche funzioni vicarianti.
Secondo Andolfi, perché ciò avvenga è necessario che il “paterno” entri a pie-
no titolo nelle teorie e nei modelli di chi studia l’ età evolutiva, come pure che il
padre sia riconosciuto e coinvolto nei servizi di cura per l ‘infanzia, che non
possono essere denominati Materno – infantili!
Contesto sociale, mass- media e istituzioni devono sostenere quelle trasfor-
mazioni già in atto nella famiglia, cosi da evitare il rischio che si vada verso una
società senza padri.
Con l ‘aiuto delle autrici francesi Elisabeth Fivaz – Depeursinge e Antoinette
Corboz – Warnery intendo discutere la rivoluzione delle nostre conoscenze sul-
le prime forme di interazione bambino – adulto, classicamente centrate sullo
studio esclusivo del rapporto madre – bambino, ipotizzando l’ esistenza di una
triangolazione primaria alla base della comunicazione che il bambino rivolge fin
dai primi mesi di vita a entrambi i genitori.
Sono descritte sia le modalità di sviluppo normali sia le modalità comunicative
patologiche che possono intercorrere tra i membri di questo triangolo primario,
la famiglia, intesa come unità di base.
Nell’ ultimo capitolo tratto il valore della presenza del padre nella strutturazio-
ne della personalità del figlio.
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Attraverso i diversi contributi, che descrivono la realtà sfaccettata e complessa
della paternità, emergono tre concetti portanti :
1. la genitorialità intesa come meta dello sviluppo ;
2. il disorientamento nelle relazioni tra i sessi;
3. la comprimarietà della figura paterna nello sviluppo della crescita
psicologica del bambino.
Argomento riguardo alcune questioni teoriche che affrontano l’ entrata del pa-
dre, come persona, nella vita affettiva del bambino.
Seguono tre ricerche su tre differenti temi;
la prima ricerca: Il desiderio di paternità, è stata condotta su padri alla loro
prima esperienza genitoriale in cui si vuole indagare su alcuni aspetti della tra-
sformazione del marito in padre sia durante la gravidanza della moglie che du-
rante il primo anno di vita del bambino.
La seconda ricerca dal titolo: La madre, mediatrice della relazione figlio – pa-
dre è stata condotta su un campione costituito di madri e di figli adolescenti, al
fine di valutare il livello e la qualità della mediazione nella costituzione di una re-
lazione tra i figli, di ambo i sessi, con il padre.
La terza ricerca :La tipizzazione sessuale nel disegno è stata condotta su
bambini, maschi e femmine, di età compresa tra i sei e i dodici anni; l’ intento
era quello di mettere in luce,in un contesto sociale in cui vengono progressiva-
mente meno le differenze tra i sessi, il grado di accettazione, da parte dei picco-
li, della propria “ immagine” sessuale.
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I CAPITOLO
IL PADRE DALL’ ANTICHITA’ AD OGGI
1. ANTICHITA’
La Grecia emerge, come origine del patriarcato occidentale, dal mondo prei-
storico, astorico e forse mitico delle Grandi Madri. Per capire il padre oggi dob-
biamo guardare all’ antica Grecia non solo perché corrisponde a questa radice,
ma perché a quel tempo la figura paterna attraversò una crisi analoga a quella
della nostra epoca.
Per l’ uomo occidentale, l’ orizzonte storico del padre è greco. Anche il mondo
romano è radice di quello euro- americano moderno. Molte sue leggi e istituzio-
ni sono vive in esso. Diverse riguardano proprio il padre. Ma Roma nasce dopo
i Greci e si fa continuatrice dei Greci. Il monoteismo giudaico- cristiano è patri-
monio comune di buona parte della civiltà occidentale, ma non di tutta.
Il Giudaismo è antecedente al Cristianesimo solo dal punto di vista cristiano.
La maggior parte di noi non proviene dalla tradizione giudaico- cristiana come
proviene da quella greco- romana. Solo in quest’ ultimo caso il trattino significa
continuità.
Nel primo caso significa salto, rottura;spesso rifiuto, come gli annali delle per-
secuzioni hanno registrato. Poiché parliamo di storia psicologica, mi soffermo in
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particolare sulla Grecia perché essa ha dato più importanza ai simboli rispetto a
Roma e al Cristianesimo che ha dato importanza alle idee. Una piccola mino-
ranza degli occidentali odierni sono greci, eppure la sua cultura ha lasciato
strumenti che la nostra mente adopera ancora, soprattutto le immagini mitiche
da cui abbiamo ereditato il mito del padre.
La Grecia ha creato dei tipi ideali: modelli universali e canoni estetici sono
stati ispirazioni che hanno formato lo strato profondo del nostro mondo immagi-
nale. I valori cui faceva riferimento erano contenuti nel mito poiché non aveva
una religione soggetta a regole assolute come quella ebraica e cristiana.
La versione storica dice che all’ origine della Grecia c’ è l’ arrivo degli Elleni,
popolo patriarcale e guerriero, di stirpe indoeuropea. Le popolazioni che vi ri-
siedevano, furono vinte ed i ruoli maschili e femminili si squilibravano in favore
dell’ uomo. Il mito greco descrive anche le donne ma come oggetto di venera-
zione più che di imitazione che riproducevano fantasie della mente maschile.
Grazie alla sua continuità con l’ occidente, la Grecia ci lascia moltissimi docu-
menti che permettono di distinguere tra mondo delle immagini e società reale.
Le donne reali resteranno minorenni. Della loro qualità materna i Greci parlano
poco. L’ unica dea è Demetra, oggetto di culto esoterico. Il timore maschile del
potere femminile sopravvivrà nel mito delle Amazzoni, popolo di donne guerrie-
re che evitavano o sopprimevano i maschi. Esse avrebbero addirittura assedia-
to Atene, e solo il prototipo della forza maschile, Eracle, era riuscito a vincerle.
Gli Elleni come gli dei sottomisero gli antichi abitanti ma presero qualcosa an-
che di loro( il sangue, i caratteri generali e soprattutto i valori,le divinità e i miti
dei vinti ). Anche gli dei destinati a dominare calarono dal cielo o dal Monte O-
limpo che per attitudine era alla pari con il cielo. Anche gli dei erano un gruppo
patriarcale. Riconoscevano come re Zeus, padre per la maggior parte di loro;
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ma doveva accettare di essere un continuatore, veniva venerato con la dea del-
la natura , Diona.
Gli dei dell’ Olimpo rimasero figure religiose dei vincitori, dei nobili, dell’ ordi-
ne paterno e guerriero mentre le divinità celesti, antichi abitanti che conviveva-
no invisibili, proprio a causa della loro esistenza semiclandestina, si arricchi-
ranno di apporti stranieri, orientali. Tra le divinità antiolimpiche, Dioniso entrò in
Grecia da Oriente. Le notizie su di lui sono arrivate tardi, è probabile che il culto
esistesse prima ma è stato citato quando aveva raggiunto un compromesso con
le divinità dominanti.
Dioniso presiedette a una religione popolare, a culti misterici e al teatro: ave-
va una mascolinità ambigua, a tratti bisessuale. A Creta era stato un fanciullo
che ha solo la madre. Solo più tardi, nel II secolo a. c. viene inserito nella triade
padre- madre- figlio e diviene Dionysos : figlio di Zeus (Dio ) e bambino divino.
Gli antichi dei Greci erano diversi dal dio unico giudaico- cristiano in quanto
hanno una origine, raccontata da Esiodo nella Teogonia e sono soggetti alla vo-
lontà del destino cui devono sottomettersi cosi come devono fare gli uomini.
E’ interessante vedere, proprio nei miti della nascita come alle Grandi madri
neolitiche venne sostituita la figura di Zeus, forte e furbo, che dopo avere in-
ghiottito la dea Metis, partorì dalla testa la figlia che portava in grembo: Atena la
figlia divina già vestita delle armi. Il nuovo re degli dei aveva creato il genitore
unico e si era procurato un’ alleata insuperabile, una dea maschilista che pro-
teggerà solo i maschi vincenti. Sposando poi Demetra, dea della produzione dei
campi,e Mnemosine dea della memoria, con la quale generò le Muse tutrici del-
le arti, Zeus aveva esteso la sua autorità sulle principali qualità della vita, inclu-
se quelle che avevano per emblema una divinità femminile.
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Le origini del patriarcato erano ben radicate nella mente degli uomini. Nel po-
polo dell’ epica c’ è un unico eroe puro, per tutti e per sempre: Ettore, figlio del
re di Troia Priamo.
Ettore è insieme patriota e padre: due parole che hanno quasi lo stesso suo-
no e quasi lo stesso senso. In opposizione all’ Odissea che narra di viaggi, di
campi, di pasti e di famiglie, l’ Iliade è ricordata come poema di guerra. Dentro
c’è la faccia interna delle mura di Troia. Qui Ettore si aggira tra luoghi segnati
dalla presenza femminile.
Nel sesto libro Ettore rinuncia a conciliare l’ abbraccio privato delle donne con
il suo impegno pubblico e militare. Questo non ha qualcosa di comprensibile al-
le donne perché è privo di hybris.E’ privo di hybris perché detto dal padre anzi-
ché dal maschio. Ma questo padre può perdersi proprio nel rapporto con il figlio.
Ettore ha appena finito di trascinare i suoi al contrattacco:gira sui suoi pas-
si,torna in città. L’ inversione del suo slancio è prima di tutto psicologica. Dal
mondo maschile, la guerra, a quello femminile, le mura di casa e il tempio dove
anche la divinità è donna.
In Ettore la figura paterna mostra un’ unilateralità singolare. Giungendo dalla
battaglia, Ettore dà prova di devozione verso Zeus, padre degli uomini e degli
dei. Rifiuta l’ invito della madre a libare in onore del dio, perché porta su di sé la
polvere e il sangue della battaglia. E’ cosciente delle incrostazioni di polvere e
sangue, ma dimentica di portare su di sé anche l’ intera crosta difensiva, l’ ar-
matura. La corazza lo difende dal figlio. Quest’ uomo senza arroganza non rie-
sce a chinarsi verso un bambino. Non sente l’ infanzia dentro di sé. Ettore si sfi-
la l’ elmo, lo pone a terra e può abbracciare il figlio. Il Troiano avverte il pericolo
di chiudersi in una malinconia dove tutto è accaduto.
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Questo gesto sarà per tutti i tempi il marchio del padre. Prega per il bambino
“ Zeus e voi altri dei, rendete forte questo mio figlio. E che un giorno, vedendolo
tornare dal campo di battaglia, qualcuno dica: E’ molto più forte del padre “.
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La
preghiera di Ettore ha travolto l’ onnipotenza immobile del mito, rendendo il
bambino figlio, e il figlio speranza in qualcosa di migliore dei tempi mitici.
L’ epica ricordava che gli uomini diventano più deboli con il passare delle ge-
nerazioni. Ettore prega gli dei perché accordino proprio il contrario: che suo fi-
glio diventi più forte di lui. Ad Astianatte è riuscito ciò che per i Greci era quasi
impensabile: fare sperare il padre nel futuro e congiungerlo in un unico senti-
mento alla madre. Ettore è padre guerriero e padre di famiglia. Anche altri eroi
epici hanno figli. Ettore è l’ unica cosa in funzione dell’ altra : guerriero perché
padre. Scende in campo aperto quando potrebbe affrontare il nemico al riparo
delle mura. Disprezza il vantaggio materiale perché lo ritiene perdita morale.
Per Ettore la spada non è strumento della gloria ma del dovere. Solo sul finire
della sua vita, quando atterra Patroclo prima di essere a sua volta ucciso, il suo
tono pare esaltato. Achille fra poco ucciderà Ettore, eroe umano e imperfetto,
deve aver peccato di orgoglio almeno una volta. Combatte per difendere la fa-
miglia e la città dall’ assalto mortale dei nemici. Sa che non basta aver dato un
giorno ai figli la vita, bisogna riportarla ogni giorno a loro ripetendo su un altro
piano la donazione. Bisogna esporsi quotidianamente alla morte per allontanare
dai figli e sudditi la mano dei Greci che li vuole morti. I Troiani conoscono que-
sto vincolo di Ettore con la generazione che segue, e lo dicono nel soprannome
che hanno scelto per suo figlio : Astianatte, il “difensore della città “.
Nella società micenea, in cui i padri hanno verso i figli arcaici diritti, è una ra-
dicale anticipazione. Ettore diversamente dagli altri guerrieri, non conosce l’ ira.
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Zoja , Il gesto di Ettore Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre,91
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La nostalgia che diffonde indica che è sopravvissuto nella nostra psicologia. Ciò
che nella sua vicenda sentiamo reale e attuale è la sua morte e la sua assenza.
La sua vicenda riassume l’ intrinseca caducità del padre di tutti i tempi. Ecco un
secondo motivo per cui il racconto di Ettore ci tocca.
Ettore è l’ immagine del padre che vorremmo, ma è stata uccisa da forme ma-
schili più violente. Nel clima eroico dell’ Iliade questo gruppo familiare raffigura
una sacra famiglia in cui il padre è ben presente e reale. Anticipa la compattez-
za della famiglia nucleare. Ma se l’ incontro di Andromaca e Astianatte con Etto-
re prepara la famiglia patriarcale e ristretta, esso annuncia anche la sua malat-
tia.
In questa famiglia era il padre che ogni giorno lasciava il riparo domestico
con le armi, materiali e simboliche. Il padre doveva possedere quella difensiva,
racchiusa in corazza, scudo, elmo. In ogni tempo si è cercato di insediare nei
padri queste due qualità di combattente. La prima, aggressiva,oltre che nell’ at-
teggiamento battagliero può manifestarsi nel tono di voce fermo. La seconda,
difensiva, è la resistenza ai nemici, ai sentimenti e alle richieste dei familiari o
dell’ anima alla ragione. In questo modo il mondo patriarcale ci ha abituati all’
esterno della corazza, facendoci dimenticare che il suo senso sta all’ interno:
secondo un mito etimologico, corazza ciò che protegge il cuore ( in latino: cor ).
Il padre è una tenue e recente increspatura nel lungo flusso evolutivo dell’ uma-
nità. Il monopolio del maschio nella caccia e nella guerra è invenzione umana.
E’ culturale la specializzazione aggressiva dei padri. I padri stipularono il primo
patto di responsabilità verso le donne e i piccoli. L’ insegnamento e l’ autoedu-
cazione hanno dovuto insistere su questo impegno paterno. E’ minacciato dalle
tentazioni di regressione a un atteggiamento non provvidente nell’ anima di o-
gni padre.
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L’ irrigidirsi di questo apparato non rivela la natura del padre, ma il suo con-
trario: un terrore di regredire a essa e di tornare all’ insignificanza. E’ significa-
tivo che queste qualità paterne si esprimano nelle armi e nella armature.
Ogni figlio che diventi padre deve procurarsi a sua volta le armi; la corazza è
costruita per essere indossata solo al momento di prepararsi al combattimento.
L’ armatura è una metafora complessa dell’ istituzione paterna. Il padre di fami-
glia si difende da altri padri e all’ interno della famiglia stessa, dai figli che cre-
scono e dalla compagna che assume atteggiamenti competitivi.
Il padre tenta di esercitare un’ unilaterale rimozione su tutto quanto di non au-
torevole si manifesta nella sua personalità. Ma siccome una sorveglianza di sé
non equivale a una vera conoscenza di sé, è anche indotto a recidere alla radi-
ce quanto di non autorevole o semplicemente di sentimentale dimora nella sua
personalità. Il padre “ tutto d’ un pezzo “, ha bisogno dell’ armatura non solo di
fronte agli altri padri o ai familiari, ma anche di fronte a sé stesso. Il rapporto pa-
terno con il figlio reca il segno dell’ invenzione e della volontà. Il padre che agi-
sce in quanto tale, non è “istintivo”. L’ intento paterno di assumersi una respon-
sabilità verso il figlio ostacola l’ immediatezza della comunicazione: padre e fi-
glio devono prima studiarsi per conoscersi.
Ettore è dunque un’ antichissima metafora del padre tradizionale, della sua ir-
rimediabile divaricazione dal mondo della madre e del bambino. Mentre madre
e balia maneggiano il piccolo Astianatte senza problemi, la sua immagine cosi
diversa lo ha spaventato. Prima di abbracciarlo, il padre dovrebbe deporre
l’armatura. Lo dimentica perché è divenuto inconsapevole di portare vesti da
guerriero. Achille è tornato in battaglia per vendicare la morte dell’ amico Patro-
clo che Ettore, ubbidendo alle leggi del combattimento, ha sfidato e ucciso. Sot-
to il suo attacco furioso,le schiere dei Troiani sono travolte e si rifugiano in di-
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sordine dentro le mura. Nella pianura è rimasto solo Ettore. I genitori lo prega-
no, gli gridano di rifugiarsi dentro le fortissime mura della città. Ma Ettore rifiuta,
sa anche di essere meno forte di Achille. E’ tentato dalla possibilità di un com-
promesso. La voce delle donne che lo spingevano alla pace corrispondeva a
qualcosa che sta dentro di lui: lotta con il proprio cuore che gli suggerisce un
patto con il nemico. Achille gli giunge di fronte. Ettore è preso dalla paura. La
volontà del padre difensore di tutti cede di fronte all’ impulso primordiale della
conservazione. Tallonato dal suo rivale, Ettore gira intorno a Troia per tre volte.
Al quarto giro, Zeus pesa le sorti dei due guerrieri: quella di Ettore precipita ver-
so il regno dei morti. La dea Atena scende in campo per l’ inganno fina-
le,assumendo l’ aspetto del fratello di Ettore, Deifobe ( nome significativo: ” pau-
ra degli dei “ ). Ettore decide di combattere, ma prima di passare alle armi pro-
pone un patto al nemico. Se riuscirà a uccidere Achille, promette di non abban-
donare il corpo in preda a cani e avvoltoi, ma di renderlo ai Greci. E cosi si im-
pegni a fare anche l’ avversario. Achille è l’ uomo dell’ ira, scaglia la sua lancia
per uccidere. Ettore si prepara a lasciare un ricordo onorevole della propria fine.
Con la spada, cala sull’ avversario come un’ aquila: ma la lancia di Achille attra-
versa il suo volo. Lo supplica di accettare il riscatto che il padre Priamo offrirà
per il suo corpo. Achille ripete che vuole vederlo fatto a pezzi da cani e uccelli.
Sugli spalti di Troia si affacciano a piangere i familiari, mentre Achille compie fi-
no in fondo il rito con cui riporta Ettore alla condizione animale. Andromaca gri-
da una profezia sul futuro di Astianatte: “Mai più tu sarai vita per lui, Ettore, né
lui per te”.
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Il bambino senza padre diventa un mendicante.
Nel codice crudele dell’ antichità, il bambino senza padre rimane anche senza
identità e senza onore. Poiché padre e società sono una cosa sola, senza pa-
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Zoja, Il gesto di Ettore Preistoria, attualità e scomparsa del padre,100