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INTRODUZIONE
Nel 2009 la seconda guerra cecena si è ufficialmente conclusa. Dopo dieci anni
dall’inizio delle “operazioni antiterrorismo”, come le definì l’attuale primo ministro russo
Vladimir Putin, la piccola repubblica caucasica sta cercando di tornare alla normalità, anche
se non è ancora possibile parlare di una completa stabilizzazione. Con Ramzan Kadyrov alla
guida del paese, ogni velleità indipendentista è stata però momentaneamente accantonata, e la
Cecenia rimane a tutti gli effetti parte integrante della Federazione Russa.
Il conflitto russo-ceceno ha però origini molto antiche, risalenti all’epoca zarista, in
quanto il popolo ceceno, diverso per tradizione, lingua ed etnia dai russi non ha mai accettato
di buon grado la sottomissione prima all’Impero e all’URSS poi. Tuttavia è solo dopo lo
sgretolamento dell’Unione Sovietica che si è dato vita alle due guerre di indipendenza, la
prima combattuta dal 1994 al 1996 e la seconda, come abbiamo detto, dal 1999 al 2009.
Questa tesi si prefigge l’obiettivo di analizzare la guerra cecena da un punto di vista
particolare, ovvero attraverso i reportages della giornalista russa Anna Politkovskaja, uccisa il
9 ottobre 2006 molto probabilmente proprio per il suo lavoro d’inchiesta su gli eventi che
stavano devastando quel “piccolo angolo d’inferno”, come lei soleva definire la Cecenia. La
Politkovskaja per scrivere i suoi articoli si recava direttamente sul campo, raccogliendo
testimonianze, dati e informazioni, denunciando le violazioni dei diritti umani e l’impunità dei
militari. Tutto il suo operato era diretto a far conoscere le verità su questo conflitto
dimenticato dal mondo e per criticare ferocemente la nuova “Russia democratica” di Putin, in
realtà, secondo lei, non molto lontana dalla vecchia Unione Sovietica.
Il primo capitolo ha lo scopo di illustrare le varie fasi della contrapposizione russo-
cecena: brevemente viene affrontata l’origine del conflitto, dalla conquista del territorio
ceceno da parte dello zar Pietro il Grande alle deportazioni staliniane in Kazachstan del 1944,
alla nascita della Repubblica di Cecenia-Ingušetija. Maggior spazio viene dedicato agli eventi
successivi all’introduzione della Perestrojka e al conseguente sgretolamento dell’URSS che
portò anche in Cecenia una ventata di nazionalismo e nuove velleità indipendentiste. Dudaev
arrivò così a dichiarare l’indipendenza della Cecenia ma solo tre anni dopo, l’11 dicembre
1994, il presidente della Federazione Russa, Boris Elc’in, dichiarò guerra alla piccola
repubblica. Viene poi analizzata la fase tra i due conflitti, dalla pace di Chasavjurt all’elezione
a presidente della Cecenia dell’ex guerrigliero Aslan Maschadov e poi dall’ascesa di Putin
alla guida della Federazione allo scoppio della seconda guerra cecena. Infine vengono trattati
gli eventi del secondo conflitto ceceno, individuandone cause e conseguenze.
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Il secondo capitolo invece è dedicato ad approfondire alcuni aspetti della seconda
guerra cecena nel periodo tra il 1999 e il 2006, così come sono stati raccontati da Anna
Politkovskaja. L’analisi si sofferma innanzitutto sulle “operazioni antiterrorismo” mettendo a
confronto la versione governativa sull’obbiettivo di queste missioni con quella totalmente
differente che emerge dalle testimonianze raccolte dalla Politkovskaja che racconta com’era la
vita quotidiana in Cecenia durante la guerra, in cosa consistevano le spedizioni punitive e
quali fossero le conseguenze di queste pratiche, che cosa fossero i campi di filtraggio, e quale
sia stato il comportamento delle forze federali, l’impunità loro riconosciuta dal governo russo,
i loro traffici illegali e quelli delle altre forze presenti sul suolo ceceno.
Particolare attenzione è stata riservata ai principali attentati messi in atto dai terroristi
ceceni nella Federazione Russa, ovvero l’assalto al teatro Dubrovka di Mosca del 23 ottobre e
quello alla scuola di Beslan del 1° settembre 2004. In entrambi i casi, vengono illustrati gli
eventi e la loro tragica conclusione, in buona parte causata, secondo la Politkovskaja,
dall’intervento delle forze speciali russe; e vengono esaminate anche le ripercussioni che
questi fatti ebbero sui sopravvissuti o sui parenti delle vittime, sul loro sentirsi abbandonati
dalle autorità e sulla nuova ondata di razzismo e di violenza diretta contro i ceceni in ogni
parte della Federazione.
Infine, il lavoro si conclude con un esame delle ragioni che hanno determinato il
protrarsi così a lungo della guerra, e che possono essere ravvisate da un lato negli interessi
politici e militari russi, dall’altro nelle divisioni all’interno dei diversi gruppi ceceni che
volevano, più o meno sinceramente, l’indipendenza del proprio paese.
Anna Politkovskaja non ha fatto sconti a nessuno: ha contestato Putin ma anche i capi
della guerriglia ceceni e i governi ceceni filo russi. Con i suoi articoli ha avuto il grande
merito di saper far comprendere al lettore come la principale causa del conflitto sia l’odio; una
politica che aumenta l’odio è come un vortice senza fine, costellato solo di morte e
disperazione.
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CAPITOLO 1 LA CECENIA, “UN PICCOLO ANGOLO D’INFERNO”
La Cecenia, formalmente una repubblica autonoma della Federazione Russa, è parte
integrante del Caucaso, una regione che si estende dal Mar Nero al Mar Caspio e che prende il
proprio nome dall’omonima catena montuosa che attraversa buona parte del suo territorio
1
.
Da un punto di vista etnico e linguistico, il Caucaso è una realtà molto complessa in
quanto ospita più di una trentina di nazionalità
2
e un ventaglio di lingue e religioni
profondamente diverse le une dalle altre. Ed è proprio il carattere multietnico, associato a
fattori geo-strategici ed economici (accesso al Caspio per lo sfruttamento del petrolio), che fa
di questa regione “una bomba ad orologeria”, in quanto, da sempre, è teatro di tensioni e
conflitti (quelli più importanti sono cinque)
3
in molti casi congelati ma non risolti e pronti a
esplodere da un momento all’altro.
La contrapposizione russo-cecena, è forse l’esempio più evidente e famoso di un
conflitto secolare che non si è mai spento. La volontà di assimilare il territorio ceceno
all’interno della Russia ha accomunato tutti i periodi della storia russa, dall’impero zarista
all’URSS all’attuale Federazione Russa, scontrandosi con un popolo restio ad accettare tale
sottomissione. I ceceni, infatti, hanno tradizioni storiche, etniche e linguistiche che li
differenziano profondamente dai russi. Nata dall’unione di alcune tribù stanziate dal I sec.
a.C. sulle pendici caucasiche, la società cecena ha mantenuto sempre saldo il suo rapporto con
le tradizioni, basandosi su una struttura arcaica di “tayp” (tribù) e “tuqum” (lega di tribù,
alleanze economico-militari tra vari “tayp)
4
e sull’islamismo sannita, giunto con la
conversione messa in atto dagli arabi e dai turchi fra il VII e il XVII secolo
5
.
Fu Pietro il Grande, nel 1722, il primo russo ad attuare una sistematica conquista dei
territori caucasici, a cui i ceceni, guidati dall’Imam Samil, si opposero con fermezza fino alla
sconfitta avvenuta nel 1859. Dopo la rivoluzione d’ottobre, la Cecenia e l’Ingušetija, furono
raggruppate nella “Repubblica delle Montagne”, successivamente trasformata in “Repubblica
Socialista Autonoma di Cecenia- Ingušetija” (RSSA)
6
. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i
tedeschi occuparono parte del territorio ceceno trovando la collaborazione di alcuni abitanti, a
cui Stalin reagì con la deportazione di massa della popolazione in Asia Centrale e con la
1
Nello specifico la Cecenia confina a nord con il territorio russo di Stavropol, a est e sud-est con il Daghestan e
a ovest con l’Ingušetija, G. Bensi, La Cecenia e la polveriera del Caucaso, Nicolodi 2005, p. 133.
2
Ivi, p. 25.
3
Ci si riferisce al conflitto russo-ceceno, a quello tra inguši e osseti del nord, tra georgiani e osseti del sud, tra
georgiani e abchazi e fra armeni e azerbajdžani, ivi, p. 21.
4
Ivi, p. 68-69.
5
Anche se si è affermato solo a partire dal XVII sec., ibidem.
6
Ivi, p. 39-40.
4
soppressione della autonomie locali. Fu solo nel 1957, con Chruščëv, che la ASSR venne
ricomposta e ampliata, inglobando due distretti della regione di Stavropol, scelta che fomentò
le tensioni tra russi e ceceni
7
.
1.1 La nascita della Repubblica di Ičhkeria e la prima guerra cecena (1994-96)
La compresenza di diverse etnie, il proliferare di focolai di guerriglia anti-russi a
sfondo religioso e nazionalista, le repressioni zariste, le deportazioni staliniane e la difficile
convivenza tra la gente dei due popoli, erano fattori che stavano alla base delle velleità
indipendentiste cecene. Inoltre, una ricerca effettuata dal centro-studio moscovita Geocentr
8
,
nei primi anni ’90, sulle probabilità che sorgessero tendenze secessioniste nelle varie regioni
russe, evidenziò come il più alto rischio figurasse nel Caucaso del Nord, e in particolare, nella
Cecenia- Ingušetija, la quale presentava valori elevati e quindi a rischio in ognuno nei
parametri considerati (economici, geopolitici ed etno-demografici)
9
.
Una spiccata tendenza nazionalista cominciò a riemergere già ai tempi della
Perestrojka (“ristrutturazione”) promossa da Michail Gorbačëv, segretario generale del PCUS
del 1985, con la quale si intrapresero una serie di riforme economiche, politiche e sociali che
andarono a smantellare alcuni principi cardine dell’ideologia sovietica, tra cui la teoria
staliniana del popolo russo come “fratello maggiore” che imponeva agli altri popoli di amare
ed elogiare i russi in nome di un fantomatico “patriottismo sovietico”
10
. L’apertura
all’introduzione di elementi dell’economia di mercato, l’esaltazione di valori nuovi quali la
democrazia, lo stato di diritto e i diritti dell’uomo come “valori comuni a tutta l’umanità”, le
riforme politiche atte a rompere con il tradizionale sistema centralizzato in cui stato e partito
finivano per fondersi l’uno con l’altro, “privarono la Russia di una base ideale che
legittimasse la sua politica”
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, portando conseguentemente a uno sgretolamento dell’URSS in
breve tempo.
Già tra il 1988 e il 1989 le tre repubbliche baltiche di Lettonia, Estonia e Lituania
proclamarono la propria indipendenza, seguite, l’anno successivo, dall’Armenia e dal
Tadžikistan. Gorbačëv tentò, quindi, di evitare ulteriori distaccamenti promuovendo nel
7
F. Benvenuti, La Russia dopo l’URSS (dal 1985 ad oggi), Carocci, 2007, p. 61-62.
8
G. Bensi, La Cecenia e la polveriera del Caucaso, op. cit., p. 119-120.
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In base allo studio, sembrava assumere particolare importanza la posizione geografica, ovvero l’avere confini
verso l’esterno con la Russia o meno, nel determinare sia la scelta tra un intervento armato o un atteggiamento
tollerante e di compromesso da parte russa sia nella decisione dei capi locali di esprimere prudentemente o meno
le loro volontà autonomistiche, ibidem.
10
Ivi, p. 116-117.
11
Ivi, p. 117.