Introduzione 2
posizione dell’Italia nei confronti di altri paesi avanzati con riferimento ai van-
taggi occupazionali, contrattuali e reddituali forniti da un particolare traguar-
do scolastico a livello individuale. In ottica aggregata, il grado di diffusione
scolastica riveste il ruolo di determinante della crescita della produttività, con
diretto riferimento allo sviluppo economico e alla scoperta e adozione di nuove
tecnologie, influenti sulla domanda di lavoro e sorgenti di esternalità positive.
Il secondo capitolo tratta degli aspetti teorici del legame tra istruzione e
retribuzioni, illustrati per mezzo di semplici modelli. I due paradigmi principali
che si sono sviluppati nei decenni con l’obiettivo di interpretare e formalizzare
la relazione tra traguardo scolastico e capacità di guadagno sono la Teoria del
capitale umano e la Teoria credenzialista. Entrambe ammettono l’esistenza di
un legame positivo tra produttività e retribuzioni. La differenza risiede nel
ruolo dell’istruzione come determinante o come rivelatore della produttività.
Il terzo capitolo si concentra sui metodi di misurazione dei rendimenti del-
l’istruzione, i quali collegano gli aspetti teorici con le rilevazioni empiriche su
dati campionari. Tra queste due sfere si colloca l’impostazione concettuale
dell’analisi statistico-econometrica dei dati. Si è dunque alla ricerca di meto-
di e approcci analitici che permettano di trovare conferme quantitative delle
ipotesi e delle conclusioni relative ai paradigmi teorici.
Il quarto capitolo propone l’evidenza empirica dei rendimenti dell’istruzione
in Italia riscontrata a seguito di alcune applicazioni di metodi econometrici
di misurazione su dati campionari provenienti dall’Indagine sui bilanci delle
famiglie italiane a cura della Banca d’Italia, anno 2004. Seguono le conclusioni.
Conclusioni
Intraprendere un percorso scolastico implica una decisione a priori. Spesso,
la scelta di cominciare un processo formativo è dettata da fattori istituzionali
o da comportamenti generalizzati. Sembra questo lo sfondo che accompagna
la decisione di affrontare i percorsi di scuola elementare e di scuola media
inferiore, guidata sostanzialmente dalla volontà dei propri genitori.
Soddisfatti gli obblighi legislativi, il proseguimento degli studi verte sulla
volontà del giovane. Quella di accedere alla scuola media superiore sembra
una tendenza sempre più diffusa tra la popolazione nella coorte di età interes-
sata, soprattutto in virtù di costi piuttosto accessibili. A livello universitario,
invece, la scelta di avanzare la propria formazione si fa più delicata, poiché
emergono dei costi rilevanti, in termini sia monetari sia di impegno e di capa-
cità intellettuali richieste. Per questo motivo, la decisione di istruirsi può
essere paragonata ad un vero e proprio investimento, dal quale si attendono
dei rendimenti nel ciclo della vita lavorativa.
Il termine rendimento è intendibile come un sinonimo di vantaggio. Questo
si traduce nella ricerca di una condizione lavorativa migliore. Verosimilmente, è
proprio questo che ci si aspetta da una formazione scolastica avanzata, una con-
Conclusioni 184
dizione migliore. In termini economici, ciò equivale al desiderio di innalzare la
probabilità individuale di ottenere un posto di lavoro - in primis - e di favorire,
poi, il raggiungimento di una condizione sociale e reddituale soddisfacente.
Chiaramente, il punto di vista di un economista è orientato verso la prospet-
tiva monetaria e occupazionale dell’investimento in formazione e dei suoi auspi-
cati benefici. Ma anche il più scientifico dei calcoli razionali non dovrebbe
trascurare l’aspetto umanistico e ricreativo dell’attività dello studio, in altri
termini, dell’aspetto di consumo dell’istruzione.
In questo lavoro, si è scelto di focalizzare l’attenzione in particolare su
uno dei due caratteri che descrivono i vantaggi di un’istruzione superiore, os-
sia il rendimento in termini reddituali. In sostanza, ci si è concentrati sul-
l’approfondimento dello studio del legame positivo tra il traguardo scolastico
raggiunto e il livello di reddito individuale percepito. Seguendo un approccio
tipico dell’analisi economica, sono state inizialmente identificate e sviluppate
le basi teoriche della relazione. Il passo successivo ha riguardato l’approccio
teorico-analitico alla misurazione dei rendimenti. Infine, ci si è occupato della
rilevazione di alcuni risultati empirici di supporto alle intuizioni teoriche.
E’ curioso domandarsi per quale motivo un lavoratore maggiormente istrui-
to possa percepire, in media, una retribuzione più elevata di quella di un suo
collega che ha raggiunto un traguardo scolastico meno avanzato. Tale quesito
ha impegnato le menti di numerosi scienziali sociali, in particolare economisti
del lavoro, tra i quali diversi Premi Nobel. Sin dagli anni Cinquanta del secolo
scorso, la ricerca di una risposta ha percorso due binari alternativi.
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La teoria del capitale umano suggerisce che, durante il prolungato processo
di scolarizzazione, l’individuo acquisisce ed allena delle capacità di ragiona-
mento e di calcolo che facilitano l’approccio ai compiti assegnatigli in ambito
lavorativo. I lavoratori che svolgono un compito più velocemente ed efficace-
mente di altri sono maggiormente produttivi e, di conseguenza, meglio remu-
nerati. L’altro paradigma principale, quello credenzialista, ammette che gli
individui che decidono di perseguire un’istruzione superiore non ottengono un
incremento di produttività connessa a maggiori conoscenze ed abilità acquisite.
Al contrario, un titolo di studio avanzato viene raggiunto col fine di segnalare
l’elevata produttività innata ad un potenziale datore di lavoro, il quale è ignaro
delle caratteristiche non osservabili dell’aspirante lavoratore.
Emergono così alcuni tratti fondamentali delle due impostazioni: il ruo-
lo giocato dall’istruzione nei confronti della produttività, la quale determina
retribuzioni maggiori; la presenza di informazione completa nel primo para-
digma e di informazione asimmetrica nel secondo.
Sarebbe preferibile poter affermare che la teoria del capitale umano sia
quella prevalente. Infatti, gli ingenti finanziamenti pubblici all’istruzione sono
giustificati alla luce dei presunti benefici arrecati al benessere nazionale. In
altre parole, una popolazione istruita favorisce la crescita della produttività e
la creazione di esternalità positive da capitale umano. Se il ruolo dell’istruzione
fosse solo credenzialistico, le risorse pubbliche favorirebbero una mera redistri-
buzione della ricchezza tra individui più o meno abili e meritevoli secondo uno
schema basato sui titoli di studio, con un mancato guadagno di produttività e
Conclusioni 186
di benessere collettivo e la formazione di un trade-off tra equità ed efficienza.
Gli approcci teorici sono di aiuto per far luce su un altro quesito che emerge
da una semplice osservazione della realtà. Se istruirsi reca dei vantaggi eco-
nomici, occorre comprendere per quale motivo si rileva che solo una quota circo-
scritta della popolazione di ogni paese raggiunge traguardi scolastici avanzati.
Quale che sia il paradigma teorico preferito, la risposta è ad ogni modo molto
simile. Gli individui hanno diverse possibilità finanziare, diversi gradi di soste-
gno familiare, sia economico sia culturale, diversi livelli di capacità intellettuali
e di passione per lo studio, diverse ambizioni. Questi fattori fanno sì che so-
lo una parte dei giovani partecipi all’offerta aggregata di lavoratori istruiti nel
mercato del lavoro. Dall’altro lato, la domanda è determinata da molteplici fat-
tori come i cambiamenti nella struttura dei flussi del commercio internazionale,
le mutazioni della domanda interna per beni e servizi, i cicli economici, i fattori
istituzionali e, soprattutto, il progresso tecnico, il quale incide sulla richiesta
di particolari figure professionali. L’incontro tra la domanda e l’offerta di la-
voratori con diversi gradi di scolarità concorre a determinare la formazione dei
premi retributivi e, allo stesso modo, dei rendimenti dell’istruzione.
La valutazione dei benefici di un particolare traguardo scolastico necessita
di strumenti analitici. La teoria econometrico-statistica riveste il ruolo di col-
lante tra le intuizioni teoriche e la realtà descritta dai dati campionari. Per via
dell’evidente grado di consenso nel mondo scientifico, l’approccio analitico allo
studio dei rendimenti si basa sulla teoria del capitale umano e ha nelle equazioni
minceriane il suo strumento cardine per l’indagine empirica. Sin dagli anni
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Cinquanta, i ricercatori hanno stimato centinaia di funzioni minceriane su una
grande varietà di paesi e datasets, accettando implicitamente le forti ipotesi che
permettono di interpretare il coefficiente stimato come un tasso di rendimento
interno dell’istruzione, per sottolineare la natura dell’investimento scolastico
e per consentire il confronto con altri tipi di impieghi.
Solo negli ultimi vent’anni, per via del rinato interesse per questo tipo di
indagini connesso alle nuove tendenze dinamiche e settoriali dei rendimenti,
alcuni economisti si sono occupati di una revisione delle fondamenta teoriche
ed empiriche del calcolo del rendimento cercando di valutare l’affidabilità delle
stime effettuate nei decenni precedenti e di definire il più compiutamente possi-
bile il significato economico dell’oggetto dell’indagine statistico-econometrica,
tutto ciò alla luce di tecniche di stima più articolate e della disponibilità di
datasets sempre più ricchi di informazioni e di rilevazioni.
Le conclusioni principali dei nuovi e più recenti studi ammettono che la sti-
ma dei rendimenti basata sulle tecniche analitiche tradizionali non fornisce una
misura del vantaggio reddituale definibile come un tasso interno di rendimen-
to. Piuttosto, il risultato dell’indagine econometrica è più ragionevolmente
interpretabile come un tasso di crescita dei redditi negli anni di istruzione
conseguiti. In sostanza, è azzardato confrontare il tasso di rendimento del-
l’istruzione con quello di altri tipi di investimenti, come ad esempio quelli
edilizi o finanziari. Essenzialmente, vi sono fattori di forte rilevanza i quali
minano l’attendibilità dell’utilizzo dei risultati delle stime per effettuare con-
fronti oggettivi e trasparenti. Tra questi, vi è la consapevolezza dell’esistenza di
Conclusioni 188
caratteristiche eterogenee non osservabili che determinano problemi empirici di
vario tipo, i quali hanno stimolato lo sviluppo di approcci analitici alternativi.
Per i fini della tesi che si vuole sostenere in questo lavoro, la rilevazione
empirica di un legame positivo tra istruzione e retribuzioni ha rappresentato
l’obiettivo centrale. L’interesse ha riguardato la sua quantificazione e la di-
mostrazione di come alcuni strumenti econometrici possono essere utilizzati
per rispondere a particolari quesiti posti ad hoc dall’analista.
Innanzitutto, si può concludere che, sulla base dei dati raccolti per conto
della Banca d’Italia nel 2004, nel mercato del lavoro italiano esiste una relazione
positiva tra scolarità e retribuzioni, almeno per i soggetti con un contratto di
lavoro dipendente. Il vantaggio retributivo varia a seconda del genere del
lavoratore e dell’area geografica di provenienza. Non solo, la valutazione del
rendimento dipende in modo cruciale dalla tecnica di stima utilizzata e dalla
specificazione funzionale adottata per l’analisi, ossia dalle altre variabili di
controllo incluse nei modelli econometrici al fianco della scolarità.
Questa volatilità e indeterminatezza dei risultati è di sostegno alla suddetta
idea che il tasso di rendimento dell’istruzione non dovrebbe essere confronta-
to direttamente con i rendimenti di altri tipi di investimenti. I coefficienti
stimati andrebbero infatti interpretati come indicatori approssimativi di un
certo fenomeno che si vuole studiare, come - in linea del tutto esemplificativa -
la disparità dei rendimenti tra generi o tra particolari percorsi di studio. Infat-
ti, i risultati dell’analisi su microdati mostrano come alcuni particolari tipi di
diploma o di laurea siano associati a diversi premi salariali, variabili tra generi.
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Inoltre, la forte dipendenza del risultato dai tipi di variabili considerati
e dalle particolari tecniche analitiche adottate compromette l’affidabilità del-
l’impiego del tasso di rendimento stimato come oggetto di riflessioni di carat-
tere pubblico e di policy making. Sarebbe opportuno rivedere l’approccio al-
l’analisi alla luce di un’impostazione maggiormente sistematica, ovvero fissare
i criteri di stima così da rendere oggettivi e confrontabili i risultati ottenuti da
indagini in momenti diversi della storia e tra paesi e aree differenti. Infatti, allo
stato attuale, le analisi dinamiche e internazionali sembrano solo parzialmente
affidabili e ben lungi da una conformazione generalizzata nella letteratura in
materia. Ad ogni modo, gli approcci correnti alla stima del rendimento sono
pur sempre adeguati per un’analisi di tipo ordinale. La conformazione analitica
tra i vari studi sarebbe il passo necessario per rendere le indagini comparabili
ed effettive in senso cardinale e proporzionale.
Il tasso di rendimento dell’istruzione, nell’accezione più generale, ha la
proprietà di riflettere un’eventuale diffusione eccessiva o insufficiente di figure
istruite in particolari settori dell’economia. A titolo puramente esemplifica-
tivo, un elevato rendimento salariale per coloro in possesso di una laurea in
ingegneria potrebbe rappresentare il segnale di un’insufficiente offerta di figu-
re professionali di quel ramo. In questo senso, politiche pubbliche orientate
all’incentivazione verso quel particolare tipo di studi potrebbero contribuire a
ristabilire un’uniformità nei rendimenti, qualora l’obiettivo governativo fosse
l’attenuazione delle disparità salariali e il soddisfacimento del fabbisogno di
particolari categorie di lavoratori nell’economia nazionale. Un buon match-
Conclusioni 190
ing tra figure professionali offerte e richieste va senz’altro a beneficio della
produttività aggregata, oltre che della sfera retributiva e personale.
Infine, al fianco dell’analisi generica sui rendimenti dell’istruzione, sarebbe
interessante promuovere l’impiego di tecniche econometriche mirate allo stu-
dio di fenomeni particolari, soprattutto di carattere istituzionale. Ad esempio,
i nuovi paradigmi analitici degli esperimenti naturali e dei modelli a effet-
ti eterogenei dei trattamenti sarebbero di aiuto per ulteriori approfondimenti
sull’influenza che le caratteristiche eterogenee di gruppi di soggetti potrebbero
arrecare sui loro rendimenti dell’istruzione. L’obiettivo è quello di permettere
uno studio maggiormente disaggregato e che superi la mera valutazione in me-
dia del rendimento tra la popolazione. Esempi con caratteristiche riguardanti il
background familiare e interventi di politica pubblica (riforma del 1962) sono
stati offerti nel corso della discussione. La recente riforma universitaria del
2001 rappresenterà un interessante oggetto di analisi in questo senso.
Concludendo, l’interesse e le motivazioni che guidano lo studente di econo-
mia verso lo studio dei rendimenti dell’istruzione si collocano di fatto in un
quadro più generale. Il titolo di studio e la formazione personale sono solo un
aspetto delle numerose determinanti delle disparità reddituali tra gli individui.
Le opinioni discordanti a proposito dell’esistenza di evidenti disuguaglianze
salariali in una società sono essenzialmente di matrice politica, etica e morale.
Il ruolo di supporto empirico neutrale giocato dall’analisi statistico-economica
sottolinea la natura dell’economia quale scienza a servizio delle problematiche
riguardanti la sfera sociale di una comunità.