IV
ORNL: Oak Ridge National Laboratory
OTTO: Once Through Then Out
PBMR: Pebble Bed Modular Reactor
PCRV: Prestressed Concrete Reactor Vessel
PRA: Probabilistic Risk Assessment
PSC: Public Service of Colorado
PWR: Pressurized Water Reactor
PyC: Grafite pirolitica
RPV: Reactor Pressare Vessel
THTR-300: Thorium HochTemperatureReaktor 300 MW
TRISO: CP con triplo rivestimento
UCO: OssiCarburo di Uranio
UHTREX: Ultra High Temperature Reactor Experiment
WIMS: Winfrith Improved Multigroup Scheme
WLUP: Wims Library Update Project
V
Sommario
Nella presente tesi vengono presi in esame, alla luce dei più moderni sviluppi in ambito
internazionale, i principali aspetti dei reattori a gas ad alta temperatura (HTR).
Il lavoro della tesi è proceduto parallelamente allo sviluppo del contratto con la comunità
europea denominato HTR-N. Infatti da esso è stato possibile trarre le notizie circa i più avanzati
sviluppi internazionale in questo campo ed i risultati della maggior parte dei calcoli svolti
nell'ambito della tesi sono stati comparati con quelli ottenuti dagli altri partner.
Dopo una trattazione delle caratteristiche dei moderni reattori HTR (costruiti od in fase di
sviluppo) viene analizzato il particolare tipo di combustibile impiegato e vengono indagati gli
aspetti correlati con la sicurezza del reattore e con lo stoccaggio del combustibile esaurito.
Successivamente viene effettuato un rapido excursus sull'evoluzione storica degli HTR, con
particolare riguardo ai reattori DRAGON, PEACH BOTTOM, FSV, AVR e THTR-300,
concludendo la rassegna con l'esame dei più recenti sviluppi della filiera, compresi i reattori
sperimentali HTTR e HTR-10. Viene infine illustrato il programma europeo HTR-N, al quale il
DIMNP partecipa.
Dopo questa parte descrittiva, si entra nel vivo della ricerca esaminando la fisica e la neutronica
degli HTR ed evidenziandone le caratteristiche spettrali del flusso ed i cicli di combustibile.
Particolare attenzione è stata dedicata al ruolo giocato dagli HTR nell'ambito della non
proliferazione.
Come ultimo punto vengono analizzati i programmi di calcolo esistenti e tra essi vengono scelti
quelli più adatti allo svolgimento del programma di ricerca.
I programmi scelti sono stati:
- WIMS, per i calcoli trasportistici di cella;
- CITATION, per il calcolo in diffusione tridimensionale sull'intero nocciolo;
- MONTEBURNS, per calcoli Monte Carlo e di evoluzione isotopica ("ultra high burnup");
- MCNP-4C, per valutare la microeterogeneità delle CP;
- XSDRN, per valutare la microeterogeneità delle CP.
Il codice WIMS, acquisito dalla NEA, è stato migliorato aumentando il numero dei gruppi
energetici utilizzabili e corredandolo con una serie di nuove ed aggiornate librerie neutroniche
ottenute attraverso contatti con i ricercatori partecipanti al progetto WLUP della IAEA.
Usando questo codice in accoppiamento con il CITATION sono stati eseguiti dei calcoli sul
reattore HTTR, partecipando inoltre ad un benchmark internazionale sui coefficienti di temperatura.
Anche il codice MONTEBURNS, sempre acquisito dalla NEA, che è stato modificato per
adattarlo alla piattaforma WINDOWS- 98, presenta aspetti di originalità. Nell'ambito del gruppo
europeo il DIMNP è l'unico ad averne la disponibilità.
Con esso è stato eseguito un benchmark su un HTR di tipo a pebble con combustibile basato sul
plutonio ottenuto dal riprocessamento del MOX. Questo combustibile, analizzato per la prima volta
in campo internazionale, è stato sottoposto ad "ultra high burnup" (800000 MWd/t), ottenendo
come risultato la quasi completa distruzione del plutonio. Questo calcolo è stato eseguito per la
prima volta in campo internazionale.
Nel capitolo 7 viene analizzato il problema della doppia eterogeneità delle CP che, pur avendo in
realtà un impatto limitato, ha un'importanza non del tutto trascurabile e presenta aspetti interessanti
dal punto di vista della ricerca scientifica.
Conclude la tesi una breve trattazione delle applicazioni non elettriche (desalinizzazione e
produzione di idrogeno) dei reattori HTR ed uno sguardo alle prospettive future.
Introduzione 1
Introduzione
L’attuale ritmo di incremento della richiesta energetica in Italia e più in generale nel mondo è
ormai abbastanza costante da alcuni anni.
Se si guarda alle possibili fonti di energia attualmente e nel prossimo futuro disponibili,
rimangono aperte almeno tre importanti questioni: la disponibilità, l’economicità e l’impatto
ambientale. In realtà anche questo, come tutti i problemi complessi, non è semplicemente scindibile
in sottoproblemi indipendenti l’uno dall’altro. Ad esempio quantificare quale sia la reale
disponibilità di una certa fonte energetica è funzione sia dei costi ritenuti “accettabili” per il suo
approvvigionamento sia dei costi (non soltanto economici) ritenuti accettabili per ciò che concerne
l’impatto ambientale per il suo ottenimento. D’altro canto, è impossibile stimare quale sia il reale
costo di una fonte energetica senza considerare la sua disponibilità (soprattutto in funzione di quella
delle altre possibili fonti) e le eventuali spese che è necessario sostenere per contenere entro limiti
accettabili il suo impatto ambientale.
Per ciò che concerne le risorse energetiche primarie in Italia, gran parte della nostra produzione
di energia elettrica è (e sarà sempre di più) legata all’importazione di fonti di energia, se non
direttamente di elettricità, dall’estero. Infatti:
- il (relativamente poco) petrolio presente in Basilicata (la cui estrazione avrebbe comunque
un impatto ambientale non ancora del tutto quantificato in una zona ad alto valore
naturalistico),
- l’energia ottenibile sfruttando la fonte idroelettrica (che copre all’incirca il 20 % del
fabbisogno nazionale ma che ha ormai raggiunto in Italia pressoché il massimo del suo
potenziale sfruttamento e che in termini di pericolosità (Vajont) e di impatto ambientale su
zone vastissime (diga di Assuan) non è così “pulita” come potrebbe sembrare),
- quella ottenibile sfruttando il Sole (con costi, soprattutto per produzioni su scala medio-
grande, che sono di un ordine di grandezza più elevati di quelli di tutte le altre fonti),
- il vento (sul cui impatto ambientale in termini di inquinamento acustico, impatto
paesaggistico e pericolosità per i volatili è in corso un acceso dibattito), nella migliore delle
ipotesi, non riusciranno a coprire neanche la metà del nostro fabbisogno energetico.
Ne consegue che l’Italia importa grandi quantità di petrolio e di gas naturale da paesi ad alto
rischio di instabilità politica (Algeria, Medio Oriente) ed una considerevole quantità di energia
elettrica (oltre 5000 MW) dalla Francia (dove viene prodotta per lo più utilizzando centrali nucleari,
spesso molto vicine al confine italo-francese); e tale quantità di energia elettrica è così elevata da
superare la capacità di trasporto delle linee presenti fra Italia e Francia, cosicché una parte di essa
viene importata attraverso la Svizzera (dovendo ovviamente sopportare un non trascurabile
aggravio dei costi per pagare il transito).
Alla luce di queste considerazioni, è interessante valutare brevemente l’attuale situazione
energetica italiana. Il primo elemento che balza agli occhi è il prezzo dell’energia elettrica per
l’industria: i risultati ottenuti (tabella 1) sono quantomeno preoccupanti.
Costo del kWh all’industria Differenza % rispetto alla Media UE
Italia 160 + 60 %
Germania 118 + 18 %
Regno Unito 112 + 12 %
Spagna 109 + 9 %
Francia 82 - 18 %
Svezia 58 - 42 %
Media UE 100 0 %
Tabella I.1 – Costo dell’energia elettrica all’industria negli anni 1999/2000[1]
Introduzione 2
E particolarmente interessante è il confronto fra la situazione italiana e quella della Francia,
paese che per cultura, tradizione, condizioni climatiche, disponibilità di fonti energetiche primarie,
presenza di un’unica azienda nazionale per la produzione e la distribuzione dell’elettricità (EDF in
Francia ed ENEL in Italia) più degli altri è assimilabile al nostro. Il costo dell’energia per l’industria
italiana è del 95 % più alto di quello sostenuto dalle analoghe industrie transalpine: è oltremodo
ovvio come tale sovrapprezzo si ripercuota negativamente sulla competitività delle nostre aziende
nazionali in un mercato sempre più globalizzato.
Ed ultima ma non meno importante è la questione ambientale. Circa i 4/5 dell’attuale
produzione energetica italiana sono ottenuti bruciando petrolio, gas naturale e (in misura minore)
carbone: tutte e tre le fonti emettono nell’atmosfera massicce quantità di CO
2
. e di altri inquinanti
cancerogeni. Anche lo stesso gas metano, tante volte pubblicizzato come una fonte energetica
“pulita”, emette nell’atmosfera non solo CO
2
ma soprattutto, a causa delle perdite durante il
trasporto, considerevoli quantità di CH
4
; quest’ultimo, ai fini del famigerato effetto serra, ha una
potenzialità (a parità di quantità emesse) quattro volte superiore a quella della stessa CO
2
.
Attualmente l’unica fonte in grado di produrre una rilevante quantità del nostro fabbisogno
energetico senza l’emissione in atmosfera di CO
2
e di altri gas nocivi è il nucleare. Per un paese
come l’Italia non solo firmatario, ma anche strenuo sostenitore del protocollo di Kyoto, è
imprescindibile porsi il problema di come produrre l’energia elettrica sufficiente al proprio
fabbisogno riducendo le attuali quantità di gas serra emessi nell’atmosfera.
Infine, vale la pena di ricordare che in Italia stiamo vivendo una situazione per molti versi
analoga a quella della California[2]. Se entro il 2020 non verranno costruiti impianti in grado di
fornire 30-40 GW di energia elettrica in maniera economica e non inquinante, non è facile
prevedere un futuro roseo per il nostro paese.
Da queste considerazioni discende che nel prossimo futuro l'Italia non potrà fare a meno
dell'energia nucleare. A questo punto dovrà rivedere le sue avventate decisioni prese sulla base di
una presunta volontà popolare. Un esame obbiettivo degli effetti sull'ambiente e sulla salute della
popolazione degli attuali impianti convenzionali per la produzione di energia, porta come risultato
la quantificazione di una serie di danni ben superiore a quelli conseguenti a qualsiasi ipotizzabile
incidente nucleare. Lo stesso incidente di Chernobyl, preso come capo espiatorio per dimostrare il
drammatico impatto di un incidente nucleare, ha totalizzato (ad un esame realistico effettuato dalla
IAEA) solo 64 morti, quasi tutti per cause immediate e meccaniche e, nel lungo periodo, non ha
prodotto alcune dimostrabile variazione nella statistica delle malattie oncologiche. Tutto ciò
prescindendo dalla singolarità sia del reattore sia delle cause che hanno provocato l'incidente.
Tra i reattori di tipo occidentale definiti a maggior sicurezza intrinseca, il reattore a gas ad alta
temperatura (HTR) rappresenta uno dei candidati più quotati, sia per la sicurezza (praticamente
assoluta) che per le sue caratteristiche di elevata economicità e di minimo impatto ambientale,
compresa la polluzione termica.
Da queste considerazioni ha preso le mosse questa tesi che, tra l'altro, rappresenta il
proseguimento di un'attività iniziata fin dal lontano 1967, proseguita attraverso la collaborazione
con il progetto internazionale DRAGONE e sviluppatasi in seguito attraverso un certo numero di
tesi. Questa competenza ha permesso l'inserimento in un progetto internazionale finanziato dalla
EC, che ha consentito lo svolgimento della tesi in un ambito concreto scientifico-industriale.
Capitolo 1 4
Capitolo 1 - Caratteristiche del reattore HTR
1.1 Considerazioni preliminari
In questo capitolo, per meglio inquadrare il problema, vengono sinteticamente descritti i principi
base dei reattori a gas ad alta temperatura (HTR, High Temperature Reactor) allo scopo di definirne
le caratteristiche. Tali considerazioni verranno riprese più avanti.
Alla metà degli anni 50, una serie di studi sul reattore a gas ad alta temperatura sono stati iniziati
in paesi differenti come il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Germania. Essi hanno infine condotto
alla costruzione di tre prototipi (DRAGON nel Regno Unito, Peach Bottom negli Stati Uniti e AVR
in Germania). Questi reattori sono caratterizzati da un core completamente ceramico e da un
refrigerante neutronicamente non attivo e non corrosivo (elio) in modo da poter avere alte
temperature operative. Il combustibile è costituito da una miscela semi-omogenea di uranio e/o torio
in forma di carburi o di ossidi all'interno di una struttura di grafite che svolge le funzioni di
moderatore e di riflettore. È stato possibile raggiungere un alto burnup del combustibile grazie alla
diluizione del combustibile ed al migliore comportamento della grafite irraggiata rispetto al
rivestimento metallico. Gli alti fattori di conversione attesi erano dovuti all'assenza di veleni
neutronici nella grafite e alle proprietà neutroniche eccellenti dell' U
233
ottenuto dalla fertilizzazione
del Th
232
. La grande capacità termica del core e la sua bassa di densità di potenza costituiscono la
ragione della lenta progressione dei potenziali incidenti con molto tempo a disposizione per
l'intervento. La autoregolazione del reattore in seguito ad escursioni di reattività è garantita da un
intrinseco coefficiente negativo di temperatura. Queste caratteristiche sono alla base dell'interesse
per lo sviluppo dei reattori a gas ad alta temperatura (o HTGR, High Temperature Gas Cooled
Reactor, come questi reattori sono chiamati negli Stati Uniti).
1.2 Caratteristiche del combustibile
Nei primi progetti, il combustibile (ossido o carburo di uranio) era messo semplicemente in un
rivestimento di ceramica; ciò conduceva ad un rilascio molto alto dei prodotti di fissione nel
circuito primario. Di conseguenza, l'AVR ed il DRAGON sono stati progettati con un doppio
contenitore a pressione e con sistemi altamente specializzati di purificazione dell'elio.
L'innovazione fondamentale nel campo della tecnologia degli HTR è stata l'invenzione della
particella rivestita del combustibile (CP, Coated Particle) che è stata concepita praticamente allo
stesso tempo (1957-1961) da UKAEA in Gran Bretagna (Huddle, Goeddel) e da Battelle (Oxley)
negli Stati Uniti. Stranamente, nessun brevetto è stato richiesto per questa pietra miliare della
tecnologia degli HTR.
Il piccolo kernel di combustibile fatto di carburo di uranio, di ossido di uranio o di una miscela di
entrambi (ossicarburo di uranio) è ricoperto da strati differenti di grafite e carburo di silicio che
sono in successione depositati in un reattore a letto fluido tramite pirolisi di idrocarburi[23]. I kernel
di combustibile vero e proprio sono precipitati in forma rotonda da una soluzione di nitrato di torio
o di uranile in un precipitante di ammoniaca usando ugelli vibranti. I kernel sferici ad alta densità di
ossido di uranio e/o torio sono ottenuti dopo il lavaggio, l'essiccamento e la sinterizzazione. I kernel
di carburo sono prodotti in modo simile.
Ci sono principalmente due tipi di CP:
• la particella BISO che ha uno strato poroso attorno al kernel e due strati più esterni di grafite
pirolitica ad alta densità;
• la particella TRISO che possiede uno strato aggiuntivo di carburo di silicio (SiC) fra i due
strati di grafite pirolitica, strato che fornisce una resistenza strutturale e serve anche come
barriera altamente efficiente contro la fuoriuscita dei prodotti di fissione.
Capitolo 1 5
Le particelle BISO sono state prodotte in grandi quantità per i primi reattori HTR sperimentali e
dimostrativi mentre le particelle TRISO (figura 1.1) sono state sviluppate successivamente per gli
HTR con ciclo diretto di elio in turbina che richiedono un circuito primario molto pulito.
Figura 1.1 - TRISO CP
Differenti tipi di elemento di combustibile sono stati sviluppati per gli HTR (figura 1.2):
• elementi di tipo a sfera o Pebble (omogenea distribuzione delle CP nelle pebble stesse
come mostrato in figura 1.3);
• elementi di tipo Block type (CP concentrate in compact costituenti le barrette a loro volta
inseriti in un matrice di grafite come mostrato in figura 1.3);
• elementi di tipo Pin-in-Block (dove i compact simili ai precedenti ma forati centralmente
sono incamiciati prima di essere inseriti in un matrice di grafite).
Figura 1.2 - Differenti tipi di elemento di combustibile per HTR
Capitolo 1 6
Figura 1.3 - Elementi di combustibile di tipo pebble e block type[24]
Il tipo dell'elemento combustibile è l'elemento determinante per il progetto del core e per lo
schema di refuelling. Quest'ultimo può essere realizzato senza spegnere il reattore, se questo adotta
un elemento di tipo pebble; in questo caso le pebble fresche possono essere inserite dalla parte
superiore ed estratte da quella inferiore una volta verificato il raggiungimento del burnup previsto.
Il riutilizzo multiplo delle stesse pebble (MEDUL) è prassi comune negli HTR. Questo tipo di
refuelling ha ovviamente il vantaggio di non richiedere un surplus di reattività per compensare il
burnup del combustibile.
I reattori HTR basati sull'elemento di combustibile a blocchi devono necessariamente prevedere
la fermata dell'impianto per il refuelling. In questo caso è anche necessario prevedere un sistema di
compensazione della perdita di reattività con il burnup basato sulla movimentazione delle barre di
controllo e/o sull'uso di veleni bruciabili.