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Capitolo primo
Teoria e pratica del secolarismo nel contesto indiano. Dalla
sua prima introduzione alla codifica in Costituzione
Alcune nozioni sul secolarismo
Il Dizionario Universale Oxford
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definisce il “secolarismo” come una dottrina di
filosofia morale per la quale la moralità dovrebbe basarsi sull’attenzione per il
benessere dell’umanità’ nella vita presente, e sull’esclusione di considerazioni
riguardanti la fede in Dio o l’esistenza di una vita ultraterrena
2
. In filosofia, per
secolarismo, si intende la convinzione che la vita possa essere vissuta applicando
l’etica, e che l’universo vada studiato secondo le leggi scientifiche e razionali, senza
riferimento ad alcun dio o a divinità soprannaturale. Anche nel senso comune, il termine
indica un’ampia gamma di situazioni, nelle quali la società riconosce che le credenze
religiose non siano, necessariamente, condivise dai diversi strati della popolazione, e
pertanto assumano un valore universale. E, nelle scienze governative, indica la politica
di separazione tra il governo e la religione (andando dalla riduzione dei legami tra le
istituzioni dei due ambiti, alla promozione del secolarismo nella società); di non
discriminazione tra le religioni (sia nel trattamento riservato loro dalle leggi civili dello
stato, che nel rispetto delle religioni stesse nei confronti della primazia delle leggi); di
garanzia dei diritti umani di tutti i cittadini, senza distinzioni di credo. È evidente che
esiste una mutua influenza tra le sfere di applicazione del secolarismo appena descritte,
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William Little et alia, Oxford Universal Dictionary, Claredon Press, Oxford, 1955, (la traduzione è mia).
2
È interessante notare che, il solo dizionario italiano, da me consultato, che riporti la voce secolarismo è
il Devoto Oli, dove si legge: “secolarismo: l’indirizzo di pensiero favorevole alla secolarizzazione”,
Giacomo Devoto & Giancarlo Oli, Il Dizionario della Lingua Italiana, Le Monnier, Firenze, Prima
Edizione 1990, pag. 1747. I dizionari da me consultati sono: Tullio Del Mauro, Il Dizionario della Lingua
Italiana per il terzo millennio, Paravia, Torino, 2002; Aldo Gabrielli, Grande Dizionario Italiano, Hoepli,
Milano, 2008; Sabatini & Coletti, Dizionario della Lingua Italiana, Edizioni Corriere della Sera, Milano,
2008; AA.VV., Grande Dizionario Italiano 2009, Garzanti, Milano, 2008.
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per cui, solo un’interpretazione veramente stretta del questo concetto, consente di
poterlo confinare meramente alla sfera privata del singolo, ed escluderlo, invece,
dall’avere qualsiasi ruolo nel settore pubblico e governativo. Il secolarismo resta un
concetto a cavallo tra più dimensioni, come dimostra la sua evoluzione concettuale nel
tempo.
Con il Trattato di Westphalia del 1648, il quale si sanciva la fine delle guerre di
religione in Europa, si formalizzava una supposizione, largamente diffusa in quegli
anni, che la religione dello stato dovesse essere quella del suo sovrano, cosicché ogni
regione avrebbe avuto una sua connotazione religiosa, derivantegli dal reggente del
momento. Ma questo modello di relazione tra chiesa e stato fu profondamente
disturbato dall’ideale- emerso durante la Rivoluzione Americana del 1763- della
sovranità popolare, in quanto un popolo religiosamente eterogeneo, ma sovrano, per
definizione, non poteva avere una sola religione come credo ufficiale. Pertanto, una
nuova concezione dei rapporti tra stato e chiesa fu fortemente voluta dai costituenti
americani, che designarono uno stato privo di alcuna religione ufficiale. Il Primo
Emendamento della Costituzione statunitense sancisce proprio che il Congresso non
deve promuovere alcuna legislazione riguardante l’ufficializzazione di una religione, o
la proibizione del libero esercizio del proprio credo
3
. Tuttavia, la soluzione così
designata, sebbene molto elegante, si rivelò incompleta. Generazione dopo generazione,
nuove ondate di influssi religiosi apportavano all’originale concezione dei rapporti tra
stato e chiesa delle innovazioni, o delle soluzioni rivoluzionarie, rispetto a quella
iniziale. Alla volontà iniziale di preservare l’unità del popolo sovrano nel rispetto della
sua varietà religiosa, andò sostituendosi un dibattito ben più acceso, che finì per perdere
di vista l’intento iniziale: creare una nazione con un’identità comune, ma rispettosa e
tutelante di tutte le religioni.
Quando, tuttavia, nel ventesimo secolo, un numero cospicuo di nazioni con una
composizione etnica, religiosa e culturale significativamente diversa, decisero di
separare lo stato e la sfera pubblica dalla pratica religiosa, di natura privata, non
poterono che ricorrere all’espediente dello stato secolare. Dopo il collasso dell’Impero
Ottomano e la fine della Prima Guerra Mondiale, Kemal Ataturk impose per primo un
3
Nelle parole di Jefferson era stato eretto “a wall of separation between the Church and the State”.
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regime secolare in Turchia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, stati che avrebbero
altrimenti avuto situazioni politiche diverse, adottarono costituzioni secolari al
momento dell’indipendenza. I primi tre esempi furono il Subcontinente Indiano,
l’Indonesia e la Ex-Jugoslavia. L’India coloniale britannica fu divisa in India (con
un’ampia maggioranza hindu e una significativa minoranza musulmana del 10%), e lo
stato islamico del Pakistan, con una ristrettissima popolazione non musulmana. Il
Pakistan era composto da due territori: il Pakistan Occidentale ed il Pakistan Orientale,
linguisticamente diverso, separati da circa mille chilometri di territorio indiano. L’India
divenne una democrazia secolare e il Pakistan Orientale, dopo una guerra civile nel
1971, divenne l’attuale Bangladesh che, a differenza del restante Pakistan, scelse di non
definirsi come stato islamico. Il fattore comune a questi esempi è da individuarsi in una
possibile imposizione del concetto di secolarismo in società e politiche nelle quali,
apparentemente, esso non aveva radici profonde, se non nella strenua volontà dei
rispettivi leader carismatici (Ataturk in Turchia, Nehru in India, Sukarno in Indonesia,
Rehman in Bangladesh e Tito in Jugoslavia). Sebbene ci fosse anche un certo numero di
sostenitori anche nei movimenti politici nazionali, la maggioranza della popolazione ne
restava estranea.
Con un certo grado di generalizzazione, si può, quindi, affermare che il
secolarismo sia stato inizialmente un concetto avulso, essenzialmente occidentale, che è
stato introdotto ex abrupto nel corpo politico di questi paesi. Resta di vitale importanza,
dunque, allora come oggi, comprendere in che misura il modello secolare debba essere
considerato un obiettivo, da attuare a pieno regime, anche per le società non occidentali,
che questa idea non avevano prodotto. E, inoltre, se il modello di stato secolare, come si
era evoluto nell’era post-illuministica, fosse applicabile al resto del mondo, oltre che
all’Europa, o fosse invece soggetto a rigetto nelle realtà diverse da quella di ideazione.
All’alba del ventunesimo secolo, il secolarismo si trova, almeno nell’area asiatica, in
una situazione di pericolo, non solo per quanto appena indicato, ma anche per la
rinascita dei movimenti nazionalistici, in particolare in India. Proprio in questo paese,
dopo il declino della figura di Nehru, l’avvento del BJP (Bharatiya Janata Party), e la
nascita dell’hindutva, il futuro del secolarismo sembra essere messo fortemente in
dubbio. Ed è proprio questo che mi propongo di analizzare.
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La struttura concettuale dello stato secolare
Per meglio comprendere il dibattito sul secolarismo, sembra opportuno
soffermarsi su alcune distinzioni concettuali, derivanti dall’attuazione pratica della
separazione tra sfera spirituale e sfera temporale. La prima definisce la differenza tra
uno stato con una religione ufficiale e uno stato teocratico. Quest’ultimo, infatti, è
governato dalle leggi divine, amministrate direttamente dall’ordine religioso, in
conformità ad un incarico divino. La Repubblica Islamica dell’Iran, guidata da un
Ayatollah, ne è un esempio illuminante. Dall’altro lato, uno stato che riconosce
ufficialmente una religione garantisce ad essa un riconoscimento legale e pubblico.
L’ordine sacerdotale, pertanto, non assume alcuna funzione di governo.
Il riconoscimento di una religione, dal canto suo, può assumere due forme. Una è quella
definita principalmente come “riconoscimento classico europeo”, ed implica che una
sola religione goda di riconoscimento formale, legale, ufficiale, e, a tratti,
monopolistico, attraverso un accordo con il governo dello stato. Esempi possono essere
le chiese Protestanti dell’Inghilterra, della Scozia, e della Germania; e le chiese
Cattoliche italiana e spagnola. Laddove una particolare religione è riconosciuta a livello
ufficiale, può spesso capitare che non sussista un’equità formale, tra le religioni, nel
trattamento da parte dello stato, e che i membri della religione riconosciuta godano di
un certo grado di libertà religiosa, che gli appartenenti agli altri credi rischiano di non
avere. Se il numero di questo secondo gruppo è rilevante, questa società multiculturale
rischia di essere lacerata da conflitti interreligiosi. Al contrario, se questo gruppo è
piuttosto esiguo, esso può non solo fallire nell’ottenimento di un adeguato grado di
libertà religiosa, ma può, addirittura, non essere tollerato, e andare incontro alla
persecuzione.
La visione classica appena illustrata deve, però, essere distinta da quella nella
quale uno stato rispetta, riconosce, e forse sostiene, più di una religione, senza
preferirne alcuna. Questa fattispecie può essere definita “riconoscimento multiplo” o
5
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“riconoscimento senza nome”
4
. Uno stato di questo genere adotta un comportamento
identico nei confronti di ciascun credo, tassando tutti gli ordini, ad esempio, o
garantendo la medesima libertà religiosa a tutti i fedeli. Può anche sostenere
finanziariamente delle scuole religiose, ma solo su base non discriminatoria. Uno stato,
che rispetti il principio del “riconoscimento multiplo”, tratta le varie religioni in modo
non preferenziale e allo stesso modo si disinteressa dell’organizzazione interna di
ciascuna di esse. In India, ad esempio, nel quattordicesimo secolo il regno di
Vijayanagar garantiva riconoscimento ufficiale agli shivaiti
5
, ai vaishnaviti
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e anche ai
jain
7
. Generalmente, questa tipologia di stati riesce a mantenere un buon livello di
convivenza pacifica al suo interno, garantendo un discreto livello di tolleranza religiosa
tra i differenti credi, e di uguaglianza tra i diversi fedeli. Tuttavia, non bisogna pensare
che questo tipo di riconoscimento non presenti aspetti negativi: in stati di questo genere,
ad esempio, la conversione da una religione all’altra può essere osteggiata, oppure
possono essere sottovalutate identità a ridosso di più religioni.
Uno stato secolare, infine, va distinto sia dalla teocrazia che dallo stato con una
religione ufficiale. Uno stato non teocratico non è, inoltre, necessariamente secolare.
Questo, infatti, si distingue non solo perché non è guidato dall’organizzazione
sacerdotale, ma anche perché si rifiuta di riconoscere una religione ufficiale. Dunque, lo
stato è separato da tutte le religioni, non solo da quella storicamente più importante nel
paese, o da quella che conta il maggior numero di proseliti. Ciò non significa che lo
stato secolare è anti- religioso, ma, bensì, che sussiste solo nel momento in cui nessuna
religione al suo interno può dirsi egemonica, e, di conseguenza, ogni accordo tra stato e
confessioni religiose può dirsi inammissibile. Non sussiste, nello stato secolare, alcuno
4
Questa categoria concettuale è stata formulata da Rajeev Bhargava in “The Distinctiveness of Indian
Secularism”, in T.N. Srinivas, The Future of Secularism, Oxford University Press, New Delhi, 2007, (la
traduzione è mia).
5
Con il termine shivaita si intende il seguace hindu particolarmente devoto a Shiva, ritenuto essere il
Tutto in tutto, ovvero il creatore, il distruttore, il preservatore, il rivelatore il conciliatore.
6
Fedeli di Vishnu e di tutti i suoi avataara, in particolare Raama e Krishna, basano le pratiche religiose
soprattutto sulle Upanishad, e sono ritenuti essere il gruppo più numeroso all’interno dell’induismo.
7
Il jainismo è uno dei tre darsan eterodossi indiani che non hanno riconosciuto l’universalità delle
asserzioni dei Veda. Secondo il pensiero jain la natura tutta, composta sia da ciò che è animato che da ciò
che non lo è, possiede vita e facoltà di rianimazione. Margaret Stutley & James Stutley, Dizionario
dell’Induismo, Ubaldini Editore, Roma, 1980, p. 180-181.
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status privilegiato per nessuna religione, e i cittadini sono liberi di dissentire da tutte,
come di professarne una.
Brevi indicazioni storiche sul secolarismo
Il concetto di secolarismo non è, dunque, nuovo al dibattito politico interno ed
internazionale, e non lo é neanche per l’India, che si é dovuta confrontare, fin
dall’indipendenza, con le controversie, spesso molto accese, che questa nozione ha
generato.
Che esso sia inteso come indifferenza nei confronti di uno o più credi religiosi, o, come
equo rispetto verso tutte religioni, o, ancora, come tolleranza verso credenze diverse
dalle proprie, affrontare le implicazioni che l’idea di secolarismo
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ha generato nelle
nostre società, e in particolar modo, ai fini di questo lavoro, in quella indiana, resta di
estremo interesse. Non solo ai fini prettamente accademici, ma anche, come punto di
partenza per gli sviluppi futuri della teoria politica che al secolarismo ha portato, e che,
in un modo, o in un altro, si propone come guida per la pacifica convivenza tra culture e
religioni.
Gli accordi istituzionali e le previsioni legislative in diversi paesi suggeriscono, come
detto, varie risposte alla problematica dell’organizzazione delle relazioni tra la religione
e la politica. In Cina, Russia e negli ex stati comunisti, ad esempio, la religione non
viene riconosciuta come un aspetto della vita sociale. Gli Stati Uniti, il Canada,
l’Australia e il Giappone sono noti come stati nei quali non esiste una religione
ufficiale. Il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca e molti altri paesi, si riconoscono,
invece, in una religione di stato. L’India si colloca nel secondo gruppo, tra i paesi detti
secolari, riconoscendo, nel suo dettato costituzionale, e non solo
9
, i valori secolari
dell’Unione. La libertà religiosa e quella di coscienza, dunque, sono garantite
8
La traduzione hindi del termine secolare può essere sia dharma nirpekhsa, che panth nirpeksha, che
suggeriscono l’idea della neutralità dello stato e del contemporaneo rispetto per le fedi religiose.
9
Sono qui possibili numerosi riferimenti a pensatori indiani, che, nel corso della loro vita pubblica, si
sono battuti per la realizzazione concreta del principio del secolarismo: da Asoka, ad Akbar, a Gandhi, a
Vivekananda. Tutti si ispiravano alla tolleranza religiosa. In particolare, il Mahatma parlava di sarva
dharma sambhav, principio che implicava il rispetto di tutte le altre religioni, diverse dalla propria.
7
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costituzionalmente
10
, sebbene la pacifica coesistenza di credi, e di convinzioni atee ed
agnostiche, sia stata spesso minacciata, sul territorio indiano, dal fondamentalismo e da
una crescente rivalità tra comunità a maggioranze religiose diverse.
Il secolarismo, a seconda del momento storico e della società cui si voleva far
riferimento, é stato definito ed interpretato in modi differenti, e, da questo processo, ha
guadagnato, sia numerosi significati, che una mancanza di chiarezza concettuale.
L’ambiguità risiede nella sua formulazione: esso implica una varietà di fenomeni e
“contiene al suo interno una serie di possibilità ideologiche alternative”
11
. Si può dire,
tuttavia, che il termine é emerso nel contesto medievale europeo
12
, al momento dei
conflitti tra stato e chiesa, e, in tal senso, é un prodotto del occidentale. Le sue origini
risalgono, dunque, all’intento iniziale di separazione della chiesa dalla vita politica: in
ciò facendo, l’istituzione ecclesiastica é stata deprivata delle sue proprietà materiali, e
confinata al compito di dedicarsi alle sole questioni trascendenti e relative alla vita
nell’altro mondo, e ai bisogni spirituali dei credenti.
Come suggerisce Madan, “ciò che rappresentava un’affermazione di fatto”, durante il
Medioevo, “divenne, dopo la Rivoluzione Francese, un’affermazione di valore”
13
, in
altre parole, attraverso la sua formulazione piuttosto ampia, il secolarismo é passato ad
indicare un aspetto della società che il processo di modernizzazione ha cercato di
raggiungere. In questo senso, allora, il secolarismo è divenuto un metodo che,
interrogandosi sulla supremazia di alcune categorie ascritte nella società, si proponeva
come specifico interesse quello di liberare questa stessa dalle conseguenze negative
dovute ad una eccessiva religiosità
14
. Ed é in questa ottica, anche, che il secolarismo si
ascrive ad una situazione caratterizzata dalla scissione tra stato e religione: é concepito,
dunque, come una trasformazione nella quale la religione perde la sua presa sia sulle
istituzioni che sulle coscienze umane. É l’evoluzione attraverso la quale settori della
10
Si veda la Parte III, relativa ai diritti fondamentali, della Costituzione indiana, The Constitution of India
as on the 26th January 2005, Government of India, Ministry of Law and Justice, New Delhi, 2005.
11
Gupta Dipankar, “Secularism and Minoritisation”, in Economic and Political Weekly, Vol. 30, No. 35,
Settembre 1995, p. 2203.
12
Il primo a paventare l’idea di uno stato secolare, libero dall’interferenza della religione, é stato
Machiavelli (1469-1527).
13
T.N. Madan, “Secularism in its Place”, in Religion in India, Oxford University Press, New Delhi, 1991,
p.394.
14
Niklas Lumman, The Differentiation of Society, Columbia University Press, New York, 1982, p. 115.
8
13
società, e ambiti del mondo della cultura, si sottraggono alla dominazione delle
istituzioni e dei simboli religiosi, ed implica necessariamente un’attitudine alla vita, e
una dedizione verso una serie di valori, che posso essere descritti come secolari (come
opposto di ultraterreno).
Il secolarismo, in altre parole, é un modo di confrontarsi con il mondo fenomenico che
richiede indifferenza, o rifiuto attivo, verso gli orientamenti religiosi tradizionali, e che
preferisce, a questi, posizioni prettamente umanistiche o laiche. Enfatizzando la rottura
con il contesto religioso, il secolarismo tende a dare una visione della religione come
prodotto di un passato tradizionalista: così, essa perde la sua forza, sotto la pressione di
una razionalità, funzionale al moderno presente. Sopravvive però come eredità del
passato, che può essere sormontata dallo sviluppo economico e dal progresso
scientifico.
Questa specifica forma di modernità, intesa come divisone tra la religiosità e il
pensiero scientifico, nella quale si incarna il secolarismo tipicamente occidentale, che é
sicuramente stato una delle influenze più corpose nell’evoluzione sociale in altre parti
del mondo, ha raggiunto la sua canonizzazione teorica intorno al diciassettesimo
secolo, in quello che é stato spesso definito come il trionfo spettacolare della scienza.
Certamente, però, non va dimenticato che il declino dell’influenza della fede religiosa
sulle vite degli individui é stato fortemente aiutato da numerose guerre di religione
succedutesi in Europa, particolarmente nella prima metà del secolo.
L’introduzione del secolarismo in India: la prima azione dei colonizzatori
L’India ha iniziato a confrontarsi con il secolarismo nel diciannovesimo secolo,
sotto l’influenza della dominazione britannica. L’idea della separazione tra religione e
stato, infatti, non era parte del panorama indiano precedente: il sovrano, nella traduzione
hindu, aveva il compito di proteggere il dharma, inteso come totalità dei doveri che
incombono sugli individui. Esso indicava anche le regole eterne che reggono il mondo,
compreso il diritto positivo. Quindi, nelle tradizioni classiche indiane, il “governo della
legge”, implicito nel governo del dharma, faceva parte di un contesto trascendente. Dio,
9
14
o il Creatore, era considerato anche la fonte ultima del diritto, e il dharma era un punto
di congiunzione tra il regno trascendente, il mondo della vita, e il mondo sociale degli
individui
15
. In aggiunta a ciò, nella sua evoluzione storica, la società indiana, a
differenza di quella europea, non aveva subito alcun processo di Rinascimento, tale da
poter generare un movimento di pensiero paragonabile a quello del Vecchio Continente.
È stato solo agli inizi del Novecento, a seguito del fallimento della Mutiny del
1857
16
e del rafforzamento della dominazione inglese, che gli indiani iniziarono ad
allargare le proprie vedute alle idee occidentali. Tuttavia, inizialmente, queste
diventarono popolari solo in ristretti settori delle élites urbane dove era maggiormente
visibile la sostituzione, operata dagli inglesi, delle leggi religiose indiane con una
legislazione secolare, nonostante le opposizioni della popolazione tradizionalista
indiana.
L’impatto delle idee europee nel contesto indiano, sia a livello pratico che teorico,
avevano favorito, quindi, una sorta di formazione sociale che, sulla base della tradizione
coloniale, iniziò ad interrogarsi sulla validità delle consuetudini religiose indiane.
Questa frangia ristretta della popolazione si operò per diffondere nuovi simboli e
modelli di sviluppo, ispirati sia all’esempio occidentale, che ad una reinterpretazione
della tradizione del Subcontinente. La loro azione, protrattasi per decenni, aveva lo
scopo di secolarizzare le attitudini degli indiani: essa mirava ad attuare una riduzione
dell’impatto della religione nella sfera pubblica. E tuttavia, lo zelo riformista, e a tratti
rivoluzionario, non poté non scontrarsi con la cultura popolare prevalente, che non
tollerava visioni pluralistiche né dissensi. Coloro che non si conformavano al cammino
tracciato dal sentiero tradizionalista, e conformista, dovevano scontrarsi con la
coercizione delle istituzioni tradizionali, almeno a livello locale, come le assemblee di
villaggio.
15
Ananta Kumar Giri, “Il “governo della legge” e la società indiana. Dal colonialismo al
postcolonialismo”, in Jura Gentium, I, 2005 (1), reperibile al link:
http://www.juragentium.unifi.it/it/surveys/rol/giri.htm
16
La rivolta dei Sepoys, un’armata, a servizio degli inglesi, composta da hindu e musulmani, è
considerata nella storia indiana come la Prima Guerra di Indipendenza dal Raj britannico.
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