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PARTE PRIMA
IL CONCETTO DI ILLECITO – LE SANZIONI E LE SANZIONI
TRIBUTARIE
1. Premessa
La vita dell’uomo all’interno di una collettività è caratterizzata da
una serie infinita di relazioni e rapporti con altri consociati. L’infinita
serie di relazioni richiede, necessariamente, una organizzazione secondo
principi di ordine morale, religioso, economici e giuridici che si
traducono in norme.
Fondamentali per la costruzione di una società civile, in quanto ne
costituiscono il diritto, sono però le norme giuridiche, che possono essere
definite come regole di condotta, ovvero comandi, imposti al consociato,
e necessarie a stabilire le regole dell’azione dell’uomo nei rapporti
sociali.
La funzione delle norme giuridiche si manifesta, quindi, in due aspetti
fondamentali, l’imposizione di un obbligo negativo di rispetto dell’altrui
libertà
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, ed un secondo aspetto diretto verso l’organizzazione della vita
sociale.
Abbiamo appena detto, che la vita di relazione all’interno di una società
necessità di una organizzazione secondo principi di ordine morale,
religioso, economici e giuridici. Da una tale affermazione potrebbe
quindi sembrare che, nonostante la funzione principiale delle norme
giuridiche all’interno di una società, queste possano comunque essere
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A tal proposito, risulta interessante la tesi di Kant nella descrizione che egli fa del diritto
descrivendolo come: “l’insieme delle condizioni che consentono all’arbitrio di ciascuno di
coesistere con l’arbitrio degli altri, secondo un principio generale di libertà.
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paragonate ad altri principi di diverso genus che una comunità tende a
fare propri.
Occorre quindi individuare un criterio utile a distinguere le norme
giuridiche dalle altre.
Tale criterio può essere assunto dalla definizione stessa di norma
giuridica prima enunciata, ossia che quest’ultima si pone nei confronti di
tutti i consociati come regola di condotta, ovvero come comando, ciò che
la dottrina definisce come uno dei caratteri della norma giuridica,
l’imperatività.
L’imperatività di una norma giuridica è data dal fatto che accanto alla
norma che prescrive il comando di tenere un certo comportamento, o il
divieto di compiere una determinata azione, vi è un'altra norma che
prevede una sanzione per il mancato rispetto della prima.
La necessità di prevedere una sanzione per il mancato rispetto del
precetto posto con la norma principale, cui la sanzione risulta
funzionalmente collegata, è data da un duplice ordine di motivi: il primo
attiene alla tutela dell’interesse primario della collettività cui la norma è
riferita, prevedendo per il mancato rispetto della stessa una conseguenza
per chi la viola che risulti certamente più onerosa rispetto al precetto
stesso; il secondo motivo attiene, invece, alla funzione di deterrenza che
la sanzione deve avere, ossia deve prevenire violazioni future.
2. L’illecito: definizione e tipologie
Fatta una breve premessa sulla nozione di norma giuridica,
passiamo ora a descrivere ciò che il diritto considera illecito.
L’illecito può definirsi come: “quel fatto umano posto in essere violando
uno specifico divieto di agire, ovvero di tenere una determinata condotta,
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previsto da un precetto giuridico, che sia però correlato dalla previsione
di una adeguata sanzione per l’inosservanza dello stesso
2
”.
La definizione anzi citata dell’illecito è stata a lungo contrastata, da altra
autorevole dottrina, nello studio del rapporto tra illecito e responsabilità
civile.
Più precisamente, questa parte della dottrina collega la definizione di
illecito non al contrasto che sorge tra comportamento umano e norma
violata, ma, bensì, al principio del dovere generale del neminem laedere
3
.
La definizione di illecito elaborata da Scognamiglio prescinderebbe,
invece, dal danno che la lesione di un diritto altrui provocherebbe,
configurando l’illecito come un atto di aggressione al diritto, ossia un atto
contrario ad esso, e per il quale l’ordinamento a salvaguardia
dell’interesse tutelato prevede una sanzione.
Evitando ora di intraprendere discorsi dottrinali sulla teoria dell’illecito,
che sebbene interessanti ci distoglierebbero dallo studio che il presente
elaborato si prefissa di fare, passiamo ora ad esaminare le varie forme in
cui l’illecito può manifestarsi in virtù del diverso precetto normativo
violato.
A seconda che la violazione del precetto riguardi una posizione
giuridicamente rilevante afferente la sfera privata del singolo, il più
generale interesse collettivo, o un interesse pubblico di cui la P.A. cura
l’amministrazione possiamo distinguere tra illeciti civili, penali e
ammnistrativi.
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A tal proposito si veda la teoria sull’illecito elaborata da SCOGNAMIGLIO C., Scritti
giuridici, I, Milano, 1996, il quale mise in luce le carenze rinvenibili nella definizione di
illecito formulata sino ad allora, dalla dottrina dominante, che concepiva l’illecito come una
fatto difforme o contrastante col diritto che spesso veniva identificato anche col termine di
antigiuridicità;
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Cfr. BIANCA C.M., La responsabilità, V, in diritto civile, Milano, 1995, p.531 ss;
Cfr. ALPA G., Diritto della responsabilità civile, Rma-Bari, 2003, p.68;
Cfr. GAZZONI F., Manuale di diritto privato, Napoli, 1993, p. 671 e 673;
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L’utilità del porre in essere una simile distinzione è funzionale a:
determinare il tipo di tutela ad essa riservata dall’ordinamento; le azioni
a difesa del diritto leso; ed in ultimo anche il tipo di reazione
dell’ordinamento verso una tipologia di illecito piuttosto che di un altro.
Riguardo a quest’ultimo aspetto occorre fare un passo indietro, e riferirsi
quindi alla definizione di norma giuridica riportata in premessa.
Ciò che distingue la norma giuridica da altri precetti di ordine differente
è il carattere della imperatività, ossia la circostanza per cui ad una norma
contenente il precetto, ne corrisponde una contenente una sanzione per la
violazione dello stesso.
Risulta pertanto evidente che, perché il precetto contenuto all’interno di
una norma giuridica possa essere considerata vincolante, non può
prescindersi dal binomio precetto-sanzione.
Tale ultima affermazione è supportata dalla stessa definizione di illecito
elaborata da Scognamiglio ove sostiene che, la mancata previsione di una
pena farebbe venir meno il carattere di imperatività della norma.
Seguendo tale iter logico, appare evidente che, nell’individuazione della
tipologia di illecito, non ci si può discostare dalla natura della sanzione
prevista, risultando pertanto quest’ultima l’elemento qualificante la
categoria dell’illecito
4
.
3. L’illecito tributario
Prendendo le mosse dall’analisi letterale del termine giuridico di
illecito tributario, sulla base anche di quanto in precedenza affermato,
4
In questi termini si esprimeva già risalente dottrina: cfr. ZANOBINI G., Rapporti fra il
diritto amministrativo e il diritto penale (1921), in Scritti di diritto pubblico, Milano, 1955,
p. 140 ss.;
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potremmo, molto semplicisticamente, definire l’illecito tributario come:
la violazione di un precetto di carattere tributario.
Se però procedessimo con un tale ragionamento si incorrerebbe
certamente nell’errore di non comprendere appieno il vero significato
della terminologia giuridica utilizzata, quindi sia il bene della collettività
che viene leso dal mancato rispetto della norma tributaria, che il diverso
disvalore attribuito ad essa nella previsione di una sanzione più o meno
grave.
Come si può notare, nell’esposizione si è parlato di “terminologia
giuridica utilizzata”, e non di definizione di tributo e questo in quanto si
è inteso sottolineare il fatto che all’interno del nostro ordinamento non è
presente una definizione, contenuta in una specifica norma giuridica, di
cosa sia il tributo.
Per tale ragione, al fine di giungere ad una definizione del termine
“tributo”, si dovrà necessariamente procedere a ritroso dalla
enunciazione dei suoi effetti fino a giungere alle cause che ne giustificano
l’imposizione, al fine di comprendere il significato del termine
nell’accezione utilizzata nel lessico giuridico.
Inizialmente, bisogna dire che, il tributo è sicuramente una prestazione
patrimoniale, in quanto il debitore (contribuente) è obbligato al
versamento in favore delle entrate dello Stato di una somma di denaro.
L’elemento costitutivo di una tale prestazione patrimoniale è da ricercarsi
nel principio sancito dall’art. 53 della Costituzione Italiana, ossia il
principio di “capacità contributiva”.
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A norma dell’art. 53 della Costituzione infatti: “Tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”. Al termine generico di capacità contributiva, dottrina
risalente già agli anni ‘60, attribuì il significato di “quei fatti economici
che rappresentassero un concreto indice rivelatore di ricchezza”.
Tale teoria, inizialmente fatta propria anche dalla Corte Costituzionale
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in seguito ad una evoluzione giurisprudenziale della stessa, mutò nel
senso di attribuire al termine di capacità contributiva, il significato di
“qualsiasi fatto economico”
6
.
Alla luce di quanto sin qui affermato, senza dilungarsi in disquisizioni su
detto principio, possiamo quindi affermare che il tributo potrebbe
definirsi come: “una prestazione patrimoniale, coattivamente imposta,
caratterizzata dall’attitudine a determinare il concorso alle spese
pubbliche, sulla base di un fatto economicamente valutabile”.
Giunti alla definizione del termine tributo condivisa dagli operatori del
diritto si può quindi affermare che, l’illecito tributario consiste nel
mancato rispetto di quei precetti normativi che tendono alla costituzione
delle entrate dello Stato, necessarie per il sostenimento della spesa
pubblica.
4. Le sanzioni: generalità e funzioni
Come si è visto quindi, l’illecito può configurarsi solo in presenza
della corrispondente previsione di una sanzione che punisca i casi di
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Cfr. CORTE COSTITUZIONALE, 10 luglio1968, n. 97, in Giur. Cost., 1968, I, 1538;
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Cfr. CORTE COSTITUZIONALE, 21 maggio 2001, n. 156, in Giur. it., 2001, 10, 1979
– Sul nuovo orientamento cfr. SALVATI A., Sugli attuali orientamenti della Corte
Costituzionale in tema di capacità contributiva, in Rass. Trib, 1998, 507; MARONGIU G.,
La crisi del principio di capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte Costituzionale
dell’ultimo decennio, in Dir. Prat. Trib., 1999, I, p. 1757;
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mancato rispetto del precetto normativo di tenere una determinata
condotta, o del divieto di compiere una determinata azione.
In virtù di ciò, potremmo definire quindi la sanzione come la
conseguenza sfavorevole, prevista dall’ordinamento giuridico, cui deve
soggiacere chi ha commesso l’illecito.
All’interno dell’ordinamento giuridico, la sanzione svolge una duplice
funzione:
a) la prima di tipo risarcitorio o ripristinatorio dell’interesse leso dalla
realizzazione dell’illecito. In tale ottica la sanzione ha il compito di
rimuovere il comportamento lesivo dell’interesse ed eventualmente
di provvedere alla riparazione del danno configuratosi a seguito
dell’illecito
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;
b) la seconda tendente a prevenire
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la futura commissione di un illecito,
che potremmo a sua volta distinguere in:
I) una prevenzione di tipo impeditivo, consistente nella
frapposizione di ostacoli tra l’autore e l’eventuale ripetizione da
parte sua dell’illecito;
II) una prevenzione di tipo persuasivo, consistente nell’effetto
intimidatorio dato dalla semplice minaccia della sanzione.
Il nostro ordinamento prevede tre tipologie di sanzioni: civili, penali ed
amministrative.
Passiamo, brevemente, ad esaminarle singolarmente:
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Cfr. BOBBIO C., Sanzione, Noviss, Dig. It., 1969, cit. p. 534;
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Cfr. CARNELUTTI F., Teoria generale del diritto, Noviss, Dig. It., 1969, p. 27;
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a. le sanzioni civili, che accompagnano normalmente le norme di diritto
privato, consistono, generalmente, nell’applicazione di un onere di
natura prettamente risarcitoria, o ripristinatoria, in quanto tendono
alla riparazione del danno causato dal fatto illecito, o alla
eliminazione del comportamento illecito lesivo dell’interesse
giuridicamente tutelato. Al riguardo è importante precisare che la loro
applicazione è demandata al giudice civile;
b. le sanzioni penali, hanno una funzione prevalentemente punitiva ed
accompagnano le norme che compongono il diritto penale, la cui
violazione, ritenuta di particolare gravità dal legislatore, è punita con
la restrizione della libertà personale per periodi più o meno lunghi, o
con il pagamento di una multa o una ammenda, e la cui applicazione
è demandata al giudice penale;
c. le sanzioni amministrative, sono pene in senso tecnico la cui
applicazione costituisce, per l’amministrazione verso la quale
concorrono i doveri cui esse accedono, un diritto sostanziale
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; in
sostanza esse sono previste per le violazioni di norme che regolano
aspetti della vita sociale sottoposte al controllo della P.A., e possono
consistere nel pagamento di una somma di denaro o in più gravi
forme di punizione tra cui le sanzioni disciplinari, il ritiro di
provvedimenti autorizzativi emanati dalla stessa P.A., fino al
licenziamento del pubblico dipendente.
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cfr. ZANOBINI G., Le sanzioni amministrative, Utet, Torino, 1924, p. 65;