persona come, effettivamente, vi fossero notevoli analogie non solo tra il modo
di pensare e di scrivere dei due autori, ma anche, per esempio, nelle loro
esperienze biografiche. Importante è stato, a questo punto, cercare di capire
fino a che punto si spingesse la loro conoscenza reciproca e quanto di vero ci
fosse nell’ipotesi –ovvia data la pluralità delle tematiche comuni– di una mutua
influenza.
Il lavoro più appassionante, però, è stata l’approfondita analisi comparata di
romanzi, opere teatrali e novelle unamuniane e pirandelliane, perché solo
attraverso tale accurato studio sono stata in grado di percepire somiglianze che
è quasi impossibile rilevare con una semplice lettura, per quanto attenta, e ho
potuto apprezzare, nel contempo, la bellezza e l’originalità di ciò che Unamuno
e Pirandello hanno saputo scrivere e tramandare ai posteri, guadagnandosi una
fama imperitura.
È stata proprio la passione per le opere di due tra i più grandi autori nel
panorama europeo di inizio secolo che ha reso così stimolante la stesura del
presente lavoro. Del resto, già ero stata avvertita di quanto questa ricerca fosse
affascinante da Luis Leal che, scrivendo più di mezzo secolo fa, nel 1952, della
necessità di uno studio più approfondito sull’argomento, aveva –a mio avviso
giustamente– fatto notare che “el tema lo merece
1
”.
1
LEAL, Luis, Unamuno y Pirandello, in “Italica”, settembre 1952, p. 198.
6
1. Unamuno e l’Italia
1.1. Viaggi di Unamuno in Italia
Uno dei Paesi di lingua non spagnola dove a Unamuno più interessava
diffondere e far conoscere la sua opera fu l’Italia. Lo scrittore bilbaino sentì,
infatti, una grande attrazione per il nostro Paese, che visitò in due occasioni.
Il primo viaggio venne compiuto nel luglio del 1889, quando don Miguel non
aveva ancora compiuto 25 anni. In quell’occasione, le tappe del suo itinerario
si limitarono a Firenze, Roma, Napoli e Milano. Tenne in proposito un diario
intimo, non destinato alla pubblicazione, di cui autorizzò soltanto, molti anni
più tardi, una parziale traduzione in italiano; le pagine più belle sono quelle
dedicate a Pompei e, soprattutto, a Firenze, “ciudad silenciosa, con aroma de
tierra…que exhala y despide Renacimiento.
2
”
Nell’autunno del 1917, all’epoca del suo secondo viaggio nella nostra penisola,
Unamuno aveva cinquantatré anni ed era uno degli scrittori spagnoli più
affermati. Fin dallo scoppio della prima guerra mondiale aveva manifestamente
mostrato la propria simpatia per gli Alleati, per questo il governo italiano lo
invita, assieme ad altri intellettuali spagnoli, tra cui Américo Castro e Manuel
Azaña, a visitare il fronte italo-austriaco. Questa volta pubblica le sue
impressioni in vari giornali e riviste in lingua spagnola, specialmente nel
quotidiano “La Nación”, di Buenos Aires.
Si tratta di un viaggio con modalità profondamente diverse rispetto al
precedente e con un itinerario distinto: il centro dei suoi spostamenti fu Udine,
da cui partiva per recarsi sul fronte di guerra, e la meta finale del suo percorso
Venezia.
Da quella visione di un’Italia in guerra, Unamuno ricavò un’impressione di
forte vitalità che avrebbe voluto vedere proiettata su una Spagna neutrale; sarà
questo, infatti, il tema fondamentale dei suoi articoli sulla stampa spagnola.
2
Ricavo la citazione da: GARCÍA BLANCO, Manuel, En torno a Unamuno, Madrid, Taurus
Ediciones, 1965, p. 391.
7
Ebbe l’opportunità, tra l’altro, di conoscere di persona Mario Puccini, con cui
già intratteneva un rapporto epistolare, ma non poté incontrare, come avrebbe
voluto, altre persone, primo fra tutti Benedetto Croce.
Il forte amore per il nostro Paese lo spinse a desiderare di tornarci ancora una
volta, “con calma y sosiego, y no sólo a ver paisajes y ciudades, sino a hablar
con sus gentes
3
”, come scriveva in una lettera a Mario Puccini; i suoi propositi,
però, non riuscirono purtroppo a realizzarsi.
4
1.2. Unamuno e i letterati italiani
Strettamente legata all’affetto che Unamuno sentì per l’Italia è una conoscenza
diretta della nostra cultura; studiò, infatti, l’italiano per poter leggere i nostri
classici nella lingua originale e molti furono gli scrittori che conobbe da vicino
e stimò. Tra questi, Leopardi e Carducci furono certamente i più apprezzati. Il
poeta di Recanati fu una delle prime letture poetiche di don Miguel, che ne
divenne uno studioso appassionato e un ammiratore convinto. Come segnala
Gaetano Foresta, due sono, sostanzialmente, i motivi d’interesse per il
marchigiano: uno formale, riguardante la tecnica della sua metrica, che
Unamuno spesso imitò, e l’altro sostanziale, “che comprende la sua tendenza al
romanticismo, il suo intimo travaglio spirituale, il dissidio intellettuale tra
ragione e fede, quel suo misurarsi, cioè, con l’infinito, con la morte, con
l’immortalità.
5
” In Poesías, il primo libro unamuniano di questo genere
letterario, del 1907, incluse varie traduzioni delle sue liriche, mentre nel
poemetto “Aldebarán” notevoli sono le coincidenze con il “Canto notturno di
un pastore errante dell’Asia”. Le Operette morali, poi, dovevano incantare il
basco, se nelle sue opere ne riporta, spesso, interi brani.
Nel già menzionato libro del 1907 compaiono anche le traduzioni in spagnolo
di due liriche del Carducci, “Miramar” e “Sobre el Monte Mario”. Quello che
maggiormente lo attrae di questo autore, che non esita a chiamare “el más
grande acaso de los poetas del mundo entero en el tránsito del siglo XIX al
3
Ibid., p. 395.
4
Cfr. GARCÍA BLANCO, Manuel, En torno a Unamuno, Cit., pp. 388-395; FORESTA, Gaetano,
Las letras italianas (1898-1934) di Miguel de Unamuno, Messina, Edas, 1981, pp. 3-8.
5
FORESTA, Gaetano, Las letras italianas (1898-1934) di Miguel de Unamuno, Cit., p. 25.
8
XX
6
”, è la sua condizione di poeta civile per eccellenza, l’essere il poeta del
patriottismo e dell’unità italiana, che è, poi, ciò che lo rende universale.
7
La seconda raccolta di versi di Unamuno, Rosario de sonetos líricos,
pubblicata nel 1911, contiene sempre echi delle sue letture di poeti italiani:
ancora una volta di Carducci –di cui cita due versi tratti dalle Rime Nuove, che
pone ad apertura del suo stesso volume–, ma anche di Dante –autore dalle
solide virtù morali, il cui impegno politico e il cui rifiuto della condizione
contemporanea lo spinsero ad un esilio immeritato, peraltro accettato con
grande dignità; tutti fattori, questi, che lo spagnolo non poteva non ammirare.
L’Inferno, in particolare, fu una delle letture preferite da don Miguel. È lui
stesso a dirci che durante l’esilio a Fuerteventura si portò solo tre libri, vale a
dire un esemplare del Nuovo Testamento in greco e due edizioni microscopiche
delle Poesie di Leopardi e, appunto, della Divina Commedia dantesca.
Si sentì attratto da altre figure italiane, tra cui Giovanni Pascoli –celebrato
come continuatore di Carducci–, Edmondo de Amicis –“anima nobilissima,
poeta di tenero sentimento popolare
8
”–, ma anche l’Alfieri, il Foscolo, il
Manzoni, l’Ariosto e, per ragioni quasi esclusivamente di carattere politico,
Mazzini e Garibaldi. Spesso, comunque, motivazioni di carattere artistico e
ideologico contribuirono congiuntamente a determinare il suo eventuale
apprezzamento di un autore.
È il caso di Gabriele D’Annunzio, che definisce “apostolo del paganesimo e
cantore delle più nefande cadute della donna di fronte alla tirannia dell’uomo
9
”,
e “insoportable comediante, vano y hueco
10
”. In realtà, Unamuno non
conosceva molto bene l’opera dello scrittore di Pescara, e i motivi del suo
giudizio negativo vanno ricercati nel disprezzo del basco verso l’estetismo e,
soprattutto, in valutazioni ideologiche e personali. Se, infatti, l’uomo Carducci,
per esempio, era simile a don Miguel, l’uomo D’Annunzio non aveva
assolutamente nulla in comune con lui.
6 Ricavo la citazione da: García Blanco, Manuel, En torno a Unamuno, Cit., p. 398.
7 Ibid.
8 Ricavo la citazione da: FORESTA, Gaetano, Las letras italianas (1898-1934) di Miguel de
Unamuno, Cit., p. 11.
9
Ibid.
10
Ricavo la citazione da: GARCÍA BLANCO, Manuel, En torno a Unamuno, Cit., p. 402.
9
Scarsa propensione dimostrò anche verso il Futurismo di Tommaso Marinetti,
da lui definito l’“enfant terrible” dell’arte.
11
Denuncia, di questo movimento, le
audacie formali, il disprezzo della tradizione, l’ermetismo, la negazione del
passato, l’esaltazione furibonda dell’io, priva di qualsiasi profondità di
pensiero.
Un vero e proprio rapporto di amicizia, iniziato per via epistolare nel 1906,
legò, invece, Miguel de Unamuno e Giovanni Papini.
12
Li accomuna lo studio
dell’opera di Cervantes; non a caso lo spagnolo invia un breve saggio intitolato
Sobre el quijotismo alla rivista “Leonardo”
13
, diretta da Papini, mentre
11
nell’articolo intitolato Culto al porvenir, comparso su “La Nación” il 22 gennaio del 1914.
12
Fu Papini a dare il via a quest’amicizia epistolare, con una lettera autografa indirizzata ad
Unamuno datata 29 agosto 1906. Interessante è, soprattutto, la risposta dello scrittore spagnolo,
che si rivolge al letterato italiano ringraziandolo per essersi messo in contatto con lui,
proclamando il suo grande amore per l’Italia e ponendo le basi di una futura collaborazione.
Accompagna la lettera una copia della sua Vida de Don Quijote y Sancho.
“Mi estimado señor: En contestación a su carta de 29 del pasado me es gratísimo
remitirle un ejemplar de mi Vida de Don Quijote y Sancho. [...]
Celebro, de todos modos, haber hecho conocimiento de usted y de su “Leonardo”, pues
aunque sea yo un solitario me gusta comunicarme, sobre todo con los demás solitarios.
En la soledad es donde más puros encuentro a mis hermanos, y creo que une más aún
que el trato exterior humano esas misteriosas corrientes que hermanan a dos almas
solitarias que jamás se vieron los ojos ni se miraron a las miradas.
La Italia, en la que estuve hace ya diecisiete años –teniendo yo veinticinco– me es cada
día más querida. Si pecó mucho –como España–, ambas, al igual de la Magdalena, es
porque amaron mucho.
De Italia me llegan de vez en cuando voces de aliento y de simpatía, ya directamente, de
buenos y desconocidos amigos, ya en mis lecturas de sus egregios ingenios.
Estoy enteramente de acuerdo con lo que “Leonardo” dice del grande, del noble, del
fuerte Carducci. No tiene continuador; es solo.
Si mi Quijote le agradase y le sugiriese algo, le agradecería lo dijese a sus lectores, y si
algún fragmento de él le pareciese digno de figurar, traducido, en su revista, sería para
mí un placer muy grande poder comunicarme en espíritu con los espíritus italianos que
lo leyesen.
Deseándole ánimos y brío para seguir quijoteando, se le ofrece como amigo
Miguel de Unamuno”
(lettera di Unamuno a Papini del 4 settembre 1906. GARCÍA BLANCO, Manuel,
Unamuno y Papini, in “Annali dell’Istituto Universitario Orientale” – Sezione
Romanza, VI, 2, luglio 1964, pp. 135-136).
13
L’articolo venne pubblicato in spagnolo nel febbraio del 1907. Precedette la pubblicazione
un lungo scambio di corrispondenza tra Unamuno e Papini, nel corso del quale i due letterati si
accordarono per la lingua in cui il saggio doveva comparire. Dalla lettura di queste lettere si
evince il grande interesse del basco per la nuova tribuna che per lui si apriva in Italia. Riporto
solo i passaggi più significativi:
“Mi querido amigo: Celebro que mi trabajo le haya agradado y le convenga. También
aquí me acusan (??) de paradójico, pero ¿no es la paradoja un método dialéctico como
otro cualquiera? El método evangélico está tejido de parábolas, sentencias y paradojas.
Puede usted publicarlo en español o en italiano, como guste. Si usted cree que han de
entenderlo en español, bien va la cosa así; pero si ha de ofrecer dificultades –y sospecho
que mi español no es de los más fáciles para un extranjero– tradúzcalo al italiano. Haga,
en fin, lo que le plazca.” (Lettera di Unamuno a Papini del 15 dicembre 1906. Ibid., pp.
138-139).
10
quest’ultimo interviene nella pubblicazione della versione italiana della Vida
de Don Quijote y Sancho. L’amicizia si nutrì anche dell’invio reciproco di
opere e sono molte le pagine che i due autori si dedicarono l’un l’altro,
soprattutto quelle di Papini per il suo amico spagnolo. Il loro legame è, del
resto, scontato, se si considera che li accomunano temperamento e
problematica, dato che assai simile fu il loro atteggiamento nei confronti della
filosofia, e il problema di Dio e dell’immortalità rappresenta il cardine intorno
al quale ruotò la vita di tutti e due gli scrittori.
Non si deve dimenticare, poi, Benedetto Croce, con cui i rapporti, sempre solo
tramite lettere, furono intensissimi. Entrambi svolsero un ruolo analogo nei
rispettivi Paesi: come Unamuno favorì con i suoi scritti, direttamente e
indirettamente, la penetrazione della cultura italiana dell’epoca in Spagna, così
l’opera di Croce fu determinante nella diffusione della letteratura spagnola
nella nostra penisola.
Degni di menzione sono, infine, i suoi contatti con Giovanni Boine
14
, Mario
Puccini, Adriano Tilgher, Ezio Levi, Ardengo Soffici
15
, Giovanni Amendola
16
,
Gilberto Beccari –traduttore di molte opere dello scrittore basco–, e Nicolò
Cuneo –che attrasse il suo interesse con la pubblicazione del libro Spagna
cattolica e rivoluzionaria.
Come si è visto, le relazioni unamuniane con la cultura italiana furono vaste e
proficue. È lui stesso a dire, in una lettera a Benedetto Croce del 1911:
Papini si avvalse della sua libertà di scelta, decidendo di non tradurre lo scritto unamuniano:
“Caro Amico, tutto sta bene. Pubblicherò in spagnuolo il suo scritto –prima di tutto
perché non è difficile e inoltre perché è bene costringere gli italiani a impararlo e far
loro sentire che c'è ancora in Spagna qualcuno che pensa e sogna nobilmente.” (Lettera
di Papini a Unamuno del 17 dicembre 1906. Ibid., p. 139).
14
per i carteggi di Unamuno con Giovanni Boine si vedano: FORESTA Gaetano, Boine e
Unamuno: un carteggio inedito 1906-1908 (Tra modernismo e chisciottismo unamuniano), in
“Annali della Facoltà di Lingue e Letterature straniere di Ca´ Foscari”, XIII, 1, 1974, pp.
65-112; MARCHIONE, Margherita (a cura di), Carteggio inedito Boine-Unamuno, in
“L´osservatore politico letterario”, XXVIII, 1, gennaio 1982, pp. 16-43; BOINE, Giovanni –
UNAMUNO, Miguel de, Lettere / Letras, introduzione di Eugenio Garin, commento di Gaetano
Foresta, Bologna, Boni, 1991, pp. 17-19.
15
per i carteggi di Unamuno con Ardengo Soffici si vedano: RICHTER, Mario (a cura di),
Carteggio Soffici-Unamuno, in appendice a Giovanni Papini – Ardengo Soffici, Carteggio, I,
1903-1908, Dal «Leonardo» a «La Voce», Roma, Edizioni di Storia e Letteratura-Fiesole,
Fondazione Primo Conti, 1991.
16
per i carteggi di Unamuno con Giovanni Amendola si vedano: FORESTA, Gaetano, Unamuno
e Amendola, in “Unamuno e la letteratura italiana”, Roma, Edizioni di Dialoghi, 1974, pp. 153-
169; AMENDOLA, Giovanni, Carteggio 1897-1909, a cura di Elio d´Auria, Roma-Bari,
Laterza, 1986.
11
“Guardo a Italia una gratitud, y es que es ahí, fuera de esta mi patria y de
la América española, donde más amigos me ha procurado mi labor
literaria, y es de ahí, de Italia, de donde más voces de aliento he
recibido.
17
”
In ogni caso, l’autore il cui nome è stato più frequentemente associato a quello
di Miguel de Unamuno è Luigi Pirandello, in quanto i due svilupparono una
tematica per molti versi affine, al punto da attirare fin da subito l’interesse della
critica, che ha tentato in innumerevoli pagine di scandagliare i loro rapporti per
cercare di comprendere i motivi di questa a dir poco sorprendente convergenza.
18
17
Ricavo la citazione da: GARCÍA BLANCO, Manuel, En torno a Unamuno, Cit., pp. 420-421.
18
Cfr. FORESTA, Gaetano, Las letras italianas (1898-1934) di Miguel de Unamuno, Cit.;
FORESTA, Gaetano, Unamuno e la letteratura italiana, Cit.; GARCÍA BLANCO, Manuel, En
torno a Unamuno, Cit., pp. 395-423.
12
2. Rapporti tra Unamuno e Pirandello
2.1. Due vite a confronto
I dati biografici di Miguel de Unamuno e Luigi Pirandello si rivelano
quantomeno curiosi per le notevoli somiglianze che mettono in evidenza.
Nacquero a tre anni di distanza: lo spagnolo a Bilbao nel 1864, l’italiano ad
Agrigento nel 1867, e morirono nello stesso anno, il 1936.
Entrambi si occuparono di filologia: infatti Pirandello discusse a Bonn, in
tedesco, la sua tesi di laurea su Suoni e sviluppi di suoni della parlata di
Girgenti, mentre Unamuno scelse come argomento della sua tesi dottorale una
Crítica del problema sobre el origen y prehistoria de la raza vasca. I due titoli
rivelano, poi, un attaccamento alle rispettive zone d’origine profondamente
radicato nei nostri scrittori.
In comune ebbero anche la professione di docenti universitari: Unamuno fu per
gran parte della sua vita professore di lingua e letteratura greca all’Università
di Salamanca, e Pirandello docente di stilistica al Magistero di Roma. Se
guardiamo, inoltre, alla loro attività prettamente letteraria, ci accorgiamo subito
di come ambedue abbiano coltivato una pluralità di generi: novelle, saggi,
romanzi, opere teatrali e poesie.
Le analogie non si fermano a questi elementi esterni, ma toccano da vicino
anche le rispettive vite familiari, accomunate dalla tragedia, dal momento che
Pirandello fu testimone della pazzia della moglie, Antonietta Portulano, mentre
Unamuno dovette affrontare la dura realtà di un figlioletto, Raimundo, affetto
da idrocefalia.
19
Esperienze del genere ebbero, ovviamente, un forte peso
nell’elaborazione del loro pensiero e nella conseguente produzione letteraria.
19
Cfr. KELLY, Annamaria, I rapporti tra Unamuno e Pirandello nella critica letteraria
contemporanea, Palermo, S. F. Flaccovio Editore, 1976, pp. 11-12; FORESTA, Gaetano,
Pirandello e Unamuno. Analogie e revisione critica, in “Nuovi Quaderni del Meridione”,
Palermo, gennaio-marzo 1973, pp. 15-16.
13
2.2. Contatti tra Unamuno e Pirandello
Sembra che la conoscenza dello scrittore siciliano da parte di Unamuno fu
piuttosto tardiva e alquanto scarsa. Ce lo dimostrano le sue stesse parole,
nell’articolo Pirandello y yo, comparso su “La Nación” di Buenos Aires il 15
ottobre 1923:
“Digo esto a propósito del sentido de la obra del escritor siciliano Luis
Pirandello, que lleva en Roma escribiendo casi el mismo tiempo que yo
aquí, en Salamanca, y que empieza a ser conocido y celebrado fuera de
Italia después de haber alcanzado en ella una tardía fama. Yo, que soy
curioso y diligente observador de la vida italiana, no sabía nada de él
hasta hace muy poco, menos de un año. Cuando en 1917 estuve en Italia,
nadie me habló de él. Y si ahora me he fijado en él y en su obra –que
todavía conozco mal, muy fragmentariamente y sobre todo de
referencias–, débese a que le veo citar en Italia al lado de mi nombre. El
éxito, para mí mismo imprevisto –estoy haciendo historia con la mayor
objetividad posible– que mi obra literaria ha tenido en Italia, éxito mayor
que el que tiene en los países de lengua española, es el que me ha llevado
al conocimiento de Pirandello, cuyo nombre tan a menudo asocian con el
mío los críticos italianos.
20
”
Una prova ulteriore di questa limitata conoscenza potrebbe essere il fatto che
l’unico testo di Pirandello sicuramente presente nella biblioteca unamuniana è
Il fu Mattia Pascal, anche se è estremamente probabile che ve ne fosse almeno
un secondo, dal momento che Mario Puccini, in una lettera sempre del 1923,
accenna all’invio di un libro, non altrimenti precisato, dell’autore italiano.
Dall’articolo sopra citato si evince che la prima volta che il rettore
dell’Università di Salamanca sentì parlare di Pirandello fu quando i loro due
nomi iniziarono ad essere associati in Italia, cioè nel 1922, anno della comparsa
della prima versione italiana di Niebla. È, tuttavia, strano che un intellettuale
come Unamuno, così fortemente legato all’Italia, non abbia avuto prima
nessuna notizia del siciliano, tanto più che quest’ultimo venne importato a
Madrid dalla compagnia italiana di Dario Niccodemi e Vera Vergani, e quindi
non era sconosciuto in Spagna; don Miguel, inoltre, collaborò dal 1915 col
settimanale “España”, che spesso dava informazioni sullo scrittore italiano.
È innegabile, comunque, che Unamuno non conoscesse bene né la vita né
l’opera di Pirandello; una definitiva dimostrazione di ciò ci viene fornita da un
20
UNAMUNO, Miguel de, Pirandello y yo, in “Obras completas”, tomo X, Madrid, Afrodisio
Aguado S. A. Editores – Libreros, 1954-64, p. 544 (il corsivo è mio).
14