Simona Rovelli 9
dell’esternalizzazione. Questa può essere vista come più o meno penalizzante,
ma sicuramente utile alla riqualificazione di alcuni appendici aziendali, come i
rami di azienda, che vengono ora considerati come entità autonome, anche
questi trasferiti attraverso la tutela dello stesso art. 2112 c.c. Il fine perseguito da
questo articolo è, infatti, la garanzia della conservazione del posto di lavoro,
poiché questa fattispecie è spesso usata per effettuare dei licenziamenti
indiscriminati. Per questo motivo, il trasferimento non è causa di estinzione dei
rapporti di lavoro, ma comporta la successione degli stessi in capo al nuovo
imprenditore.
Nelle procedure successive, come nella Legge n. 428 del 1990, art. 47, si
introduce il concetto di partecipazione che trova espressione attraverso i diritti di
informazione e consultazione. Queste permettono di venire a conoscenza di
notizie di importanza decisiva per decifrare la strategia aziendale. Il ruolo giocato
dal sindacato è quindi cruciale. La normativa disciplina anche altri casi come il
trasferimento d’azienda e di lavoratori di imprese in crisi o in procedura
concorsuale o in Cassa Integrazione, Ordinaria e Straordinaria.
Una volta definiti gli attori economici e come si passa da un’azienda vecchia ad
una nuova, a livello nazionale, bisogna analizzare il contesto europeo sul
medesimo argomento. Entrano in gioco le Direttive Comunitarie: la
77/188/CEE, spunto per la 98/50/CE, poi attuata dalla più recente
2001/23/CE, relativa al “mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimento di imprese, stabilimenti o di parti di stabilimenti”.
Mentre l’Italia ha dovuto modificare numerosi aspetti della normativa già
presente per uniformarsi a quella Comunitaria, altri Stati membri, come la
Francia, hanno solo dovuto aggiungere qualche aspetto a quello che già
possedevano nel loro patrimonio giuridico. Questo perché il diritto sociale
europeo accede difficilmente ad una realtà giuridica costante, poiché esso stesso
è un insieme di norme che girano attorno ad un proposito prestabilito. Il diritto
comunitario ha chiaramente un’influenza su alcuni sistemi giuridici, colmando o
lasciando dei vuoti normativi, mentre da altri ne trae spunto. Questo è l’esempio
Simona Rovelli 10
francese, che sotto molti aspetti, è stato proprio il precursore della legislazione
sul trasferimento d’azienda e dei rapporti di lavoro modificati in base a tale
procedimento.
L’analisi delle varie differenze tra i vari ordinamenti, porta ad esaltare quello che
la normativa ha apportato nelle singole giurisprudenze, compiendo passaggi
obbligati della normativa, in modo tale da evidenziare, a livello temporale, le
soluzioni adottate.
Si scopre, attraverso questa analisi, l’influenza generale della direttiva
77/187/CEE in Italia e in Francia e le sue modifiche attraverso gli effetti sul
sistema normativo. Sotto alcuni aspetti, la Francia ha modificato la propria
giurisprudenza tanto quanto l’Italia, introducendo delle norme per le quali
esisteva, in precedenza, un vero e proprio vuoto normativo, mentre talvolta è
stata di ispirazione per la redazione di alcuni aspetti della Direttiva. Troviamo
l’applicazione delle disposizioni comunitarie, con l’intervento della Corte di
cassazione francese, insieme agli effetti che provoca la loro introduzione.
Anche la Corte di Giustizia europea ha legiferato in merito, in quanto, sovente la
giurisprudenza francese è stata reticente nell’accettazione delle norme
comunitarie. Una visione d’insieme sull’impatto della direttiva ci permette di
constatare che sussistono molte divergenze tra i vari Stati membri, poiché ci
sono argomentazioni inesplorate, errori di rinvii a giudizio successivi e così via.
Le maggiori innovazioni apportate al diritto francese sono state quelle sulla
rappresentazione sindacale e dal ruolo che questa ha nell’informazione diretta ai
lavoratori, aspetto che nell’ordinamento italiano è ben radicato sin dalle origini.
Tuttavia, se l’obiettivo è quello di uniformare gli ordinamenti, spesso si incorre a
sanzioni per il mancato rispetto delle nuove norme, questo pone dei nuovi
interrogativi sull’efficacia della normativa europea in materia di rapporti di lavoro
nei trasferimenti d’azienda.
Simona Rovelli 11
PARTE I
I rapporti di lavoro nel trasferimento d’azienda
nell’ordinamento italiano
CAPITOLO I
LA NOZIONE DI TRASFERIMENTO D’AZIENDA
NELLA LEGISLAZIONE ITALIANA E COMUNITARIA
1.1. Azienda, impresa, esternalizzazione e implicazioni economiche,
sociali e giuridiche
uardando a ritroso l’evoluzione della disciplina che ha regolato il
rapporto di lavoro nel caso del trasferimento d’azienda è possibile
ripercorrere le tappe di un itinerario normativo segnato da un
rilevante intervento delle direttive comunitarie (direttiva 77/187/CEE del
Consiglio delle Comunità Europee 14/2/77 e direttiva 98/50/CEE del
Consiglio dell’Unione Europea 29/06/98, trasfuse nella direttiva 2001/23/CE
del Consiglio dell’Unione Europea 12/03/01) e dai cambiamenti radicali che ha
subìto in Italia la fisionomia dell’impresa. Le cause vanno quindi ricercate
nell’internazionalizzazione dei mercati che ha elevato il tasso di competitività
delle imprese, nell’introduzione di figure con professionalità elevate e nel
progresso tecnologico.
Considerando le operazioni di outsurcing
1
, quindi di appalti, contratti di
subfornitura e trasferimenti d’azienda, si arriva al concetto di trasferimento di
1
Alcuni economisti lo utilizzano per indicare il caso speciale in cui chi esternalizza (outsourcee) dipende
totalmente dal subfornitore (outsourcer) per l'approvvigionamento, perché non è, o non è più, in grado di
svolgere da solo l'attività oggetto di contrattazione. Essi distinguono quindi questo caso da quello più
generale di subappalto o subofornitura (subcontracting), in cui al contrario il subappaltante rimane in grado
di svolgere con mezzi propri l'attività oggetto del contratto (cfr. ad es. VAN MIEGHEM, 1999). Altri
utilizzano il termine outsourcing per riferirsi a quelle situazioni in cui un'impresa instaura una relazione
bilaterale con un'altra impresa per lo svolgimento di attività che richiedono asset specifici, e dunque
G
Simona Rovelli 12
parte di azienda o di trasferimento di azienda intera e queste due fattispecie
portano a sottintendere dei assetti di interessi diversi su piani quantitativi e
qualitativi.
L’azienda non è sinonimo di impresa. L'impresa, secondo il diritto commerciale,
è “un'attività economica professionalmente organizzata al fine della produzione
o dello scambio di beni o di servizi”, secondo quanto si desume dalla definizione
di imprenditore all’articolo 2082 c.c.; nel diritto del lavoro, più precisamente, è
definita “un’entità, unità economico-sociale che conserva la sua identità”.
L'impresa è perciò caratterizzata da un determinato oggetto (produzione o
scambio di beni o servizi) e da specifiche modalità di svolgimento
(organizzazione, economicità e professionalità). Sotto il profilo economico, va
aggiunto che deve essere condotta con criteri che prevedano una adeguata
copertura dei costi con i ricavi, altrimenti si ha consumo e non produzione di
ricchezza. Inoltre l'impresa può essere definita come un sistema sociale tecnico
aperto: un sistema è un complesso di interdipendenze di parti rispetto ad un
obiettivo comune e quando si tratta di un sistema sociale-tecnico le parti sono
costituite da beni e persone (attrezzature, risorse umane, conoscenze e rapporti
sociali). Un sistema aperto, inoltre, scambia con l'esterno conoscenza e
produzione: in definitiva, pertanto, l'impresa è un complesso di interdipendenze
tra beni e persone che operano scambiando con l'esterno conoscenza e
produzione e perseguendo un comune obiettivo consistente nella produzione di
valore
2
.
infungibili. In questo caso la discriminante non è il possesso di requisiti dell'outsourcee, ma la natura degli
investimenti necessari allo svolgimento delle attività esternalizzate (cfr. ad es. GROSSMAN and
HELPMAN, 2005; LEIMBACH, 2005). In entrambi i casi comunque, l'outsourcing implica una qualche
forma di stabilità del rapporto di "collaborazione" tra l'impresa e il terzista. Altre volte il termine è utilizzato
in modo più generico per riferirsi a qualsiasi decisione di ricorso al mercato per l'approvvigionamento di beni
intermedi e/o servizi alla produzione. Quando inteso in tal senso, l'outsourcing è misurato dal rapporto tra il
valore dei beni intermedi e il valore totale della produzione dell'impresa (cfr. ad es. STRASSMAN, 2004;
YU, 2005). In ogni caso, alcuni fanno notare come l'aspetto veramente nuovo dell'outsourcing non sia il
generico ricorso al mercato per l'approvvigionamento di beni intermedi, ma il fatto che il peso di questi nella
catena del valore delle imprese stia crescendo significativamente (e.g. LIN and TSAI, 2005).
2
A.RAFFI, Tutela del lavoratore nel trasferimento d’azienda tra normativa nazionale e normativa comunitaria, Giuffré, 2004,
p. 8 ss.
Simona Rovelli 13
In quest’ottica di scambio, negli ultimi anni, la radicale trasformazione del lavoro
ha reso la produzione di ricchezza sempre più precaria e con essa anche i
rapporti di lavoro sono divenuti meno stabili e duraturi, con esperienze
lavorative flessibili, modificando parzialmente il concetto di impresa. Questi
cambiamenti possono essere intesi come il riflesso della globalizzazione dei
mercati, che ha elevato il tasso di competitività delle imprese, e delle economie,
dovuta al massiccio progresso tecnologico che ha contribuito in maniera
determinante al superamento della figura socialmente omogenea del lavoratore e
sostituita dalle identità sociali dei produttori derivante da professionalità
sofisticate. La nuova propensione dell’impresa è quella di assumere le
articolazioni diverse sul piano societario attraverso segmentazioni del processo
produttivo (appalti, trasferimenti di azienda, outsourcing o esternalizzazione,
contratti di subfornitura), sia attraverso interventi sulla struttura della società, che
comportano la circolazione dell’azienda o di parte di essa. In questo caso la
cessione del ramo di azienda può combinarsi con la conclusione di affidare a
terzi la gestione di attività importanti del proprio processo produttivo e di ridurre
i costi di produzione per evidenti ragioni di competitività, oppure di produrre
una forma di espulsione dal processo produttivo dei lavoratori durante una
qualsiasi ristrutturazione aziendale.
L’esternalizzazione (outsourcing) come concetto e come applicazione è stata
utilizzata al fine di poter trasferire lavorazioni all’esterno dell’azienda per
contenere i costi di produzione. Accanto ai modelli verticali vengono affiancati
modelli a rete, o di specializzazione flessibile, dove appunto si considerano
relazioni contrattuali di carattere commerciale. Queste relazioni scorporano
attività che nell’azienda possiedono una certa autonomia, trasferendole ad
un’altra organizzazione che spesso si specializza nelle stesse attività scorporate.
L’esternalizzazione corrisponde quindi al preciso interesse dell’impresa di
concentrarsi nel core business, il nucleo principale dell’attività aziendale, spostando
all’esterno le attività non strategiche.
Simona Rovelli 14
I vantaggi sono noti: economie di scala nella produzione di servizi, snellezza
organizzativa, adattabilità al mercato e alle nuove tecnologie, ma, soprattutto,
una migliore gestione delle risorse umane con assetti flessibili, quindi mirata e
selettiva sulle attività da decentrare.
Si riscontra da sempre una certa resistenza da parte dei lavoratori e delle
organizzazioni sindacali verso questa forma di decentramento produttivo. Gli
interessi dei lavoratori sono per il mantenimento del rapporto di lavoro con
l’impresa di appartenenza, perché spesso si tratta di una grande impresa. Questo
accade perché si incide sui diritti e sui valori fondamentali del lavoratore.
Cercando quindi di evitare che nei processi di esternalizzazione si utilizzino in
maniera illegittima strumenti come il trasferimento d’azienda, caratterizzati dal
loro iniziale aspetto di strumenti di garanzia dei prestatori di lavoro, il legislatore
ha voluto rendere meno gravosa, burocratica e costosa la cessione del ramo di
azienda, intesa come strumento di riorganizzazione dell’attività produttiva, senza
perdere di vista la tutela dei lavoratori, consentendo all’impresa di alleggerire la
propria struttura mediante la dismissione totale o parziale di attività e persone.
Lo scenario muta se consideriamo un diverso tipo di trasferimento d’azienda; in
alcuni casi è necessario il consenso del prestatore del lavoro, per tutelarlo da
effetti negativi nei suoi confronti. Degno di nota è il fatto che la conservazione
di alcune garanzie è estesa a tutti i lavoratori in caso di trasferimento d’azienda
intera o di una sua parte, nonostante il fatto che gli interessi siano diversi, sia sul
piano qualitativo che quantitativo. Non sembra importante né la distinzione tra
entità economica e attività produttiva, né l’importanza dei beni materiali, poiché i
beni immateriali nella gestione produttiva sono fondamentali.
In tale ottica l’armonizzazione delle legislazioni nazionali serve ad evitare la
strumentalizzazione e l’abbassamento del livello di protezione dei diritti dei
lavoratori.
Simona Rovelli 15
Il nuovo testo dell’art. 2112 c.c.
3
è sintomatico della tendenza subìta dalle
imprese straniere che possiedono gran parte dell’industria manifatturiera. Da
questo si vede la corsa all’esternalizzazione, senza considerare che la forza
dell’impresa sta nella sua capacità innovativa e nelle strategie idonee ad evitare
rovinosi tagli di personale. L’applicabilità dell’art 2112 c.c. è circoscritta solo alla
fattispecie del “trasferimento di azienda o di ramo di azienda” per garantire
tutela ai lavoratori coinvolti nelle vicende traslative a prescindere dal loro
consenso.
3
Si rimanda al testo dell’Art. 1 e 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.18 “in attuazione della direttiva
98/50/CE relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, stabilimenti o di
parti di stabilimenti.
Simona Rovelli 16
1.2. Il trasferimento d’azienda e del ramo d’azienda nel vecchio testo e
nel nuovo testo dell’art. 2112 c.c.
1.2.1. Azienda: definizione e considerazioni generali
Cosa si debba intendere per “azienda”, in termini giuridici, è il presupposto
essenziale per l’applicazione delle norme del codice civile riservate alle vicende
traslative aventi ad oggetto la stessa.
Il Codice Civile, nell’articolo 2555, definisce testualmente l’azienda come “il
complesso di beni organizzati dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa”. È
una definizione incentrata sulla destinazione impressa a determinati beni e
sull’attività economica nel suo complesso.
La dottrina è interessata alla definizione giuridica più appropriata per l’azienda.
Per questo motivo, si sono divisi in sostenitori di teorie unitarie e atomistiche
4
.
Le teorie unitarie ritengono l’azienda un complesso di beni unificato, nel quale i
singoli elementi perdono la propria individualità a vantaggio dell’unitarietà della
loro destinazione; vedono l’azienda come un’universalità di beni
5
, di fatto o di
diritto, anche se l’art. 816 c.c., che cita testualmente “E' considerata universalità
di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una
destinazione unitaria (Artt. 771, 994, 1010, 1156, 1160, 1170). Le singole cose
componenti l'universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti
giuridici”
6
, non permette di utilizzare questo concetto per definire l’azienda, in
quanto i beni sono usati per un’unica destinazione economica e possono essere
di proprietà dell’imprenditore o di altri soggetti, ma non è rilevante relativamente
all’esistenza dell’azienda. Quindi si può configurare come “universalità di mobili
ed immobili … organizzati unitariamente per la produzione di beni e servizi”.
4
L.PRATI, Il trasferimento d’azienda, Giappichelli, Torino 2005, p. 9 ss.
5
G.COTTINO, Diritto commerciale, I, Padova, 1986,219 ss.; G.FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino,
1994, p. 226; G..SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989, pagg.86-88.
6
Cass. 7 novembre 1986, n. 4620 e Cass. 11 agosto 1990, n. 8219, ai sensi della quale “la natura giuridica
dell’azienda, che si configura come universitas juris, comprende cose materiali, mobili e immobili, beni
immateriali, rapporti di lavoro debiti e con la clientela e in genere tutti gli elementi organizzati in senso funzionale
per l’esercizio di un’impresa”.
Simona Rovelli 17
Si pone il problema di individuare il contenuto possibile dell’azienda, poiché non
tutti i beni saranno oggetto dei singoli trasferimenti d’azienda. Nei beni
costitutivi dell’azienda devono essere compresi, oltre ai beni materiali e
immateriali, anche i rapporti giuridici, come i contratti, crediti e debiti a cui si
riferiscono gli artt. 2558
7
, 2559
8
e 2560
9
c.c.
I sostenitori delle teorie atomistiche invece ritengono che l’unitarietà aziendale è un
complesso di beni unificato solo dal punto di vista strettamente economico,
quindi si considera solo la “pluralità dei beni”, collegati e destinati all’esercizio
dell’attività d’impresa. Questi sono considerati come contenuto necessario e
sufficiente alfine di parlare di trasferimento d’azienda. Se si considerano anche
debiti e crediti, il possibile trasferimento dei contratti comporta che questi
rapporti giuridici esulino dai beni che compongono l’azienda. Dipende quindi
dalla possibilità concessa all’acquirente di fruire di elementi non appartenenti
all’alienante, ma egualmente indispensabili per il mantenimento della gestione
aziendale. Il contratto di cessione indicherà tutti i singoli beni facenti parte
dell’azienda ceduta, preoccupandosi di indicare anche il trasferimento dei
rapporti giuridici.
La nozione di azienda si incentra quindi su due elementi cardine della stessa:
a) complesso di beni, quale elemento materiale oggettivo dell’azienda, che
comprende la pluralità dei beni eterogenei, mobili, immobili, fungibili,
infungibili, fruttiferi e infruttiferi;
b) l’organizzazione di suddetti beni, da cui deriva il valore aggiunto rispetto
alla semplice sommatoria dei beni unitariamente considerati.
7
L’art. 2558 c.c. statuisce che : se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti
stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere
dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la
responsabilità dell'alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell'usufruttuario e
dell'affittuario per la durata dell'usufrutto e dell'affitto.
8
Art. 2559 c.c.: La cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di
sua accettazione (1265 e seguente), ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del
trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante
(att. 100-5). Le stesse disposizioni si applicano anche nel caso di usufrutto dell'azienda, se esso si estende ai crediti
relativi alla medesima.
9
Art. 2560 c.c. L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al
trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito (omissis).
Simona Rovelli 18
Questo complesso di beni è suscettibile di autonomi trasferimento, in quanto
oggetto di singoli diritti. Nulla vieta all’imprenditore di trasferire i diritti di
credito e debito inerenti all’azienda, così come la proprietà di singoli beni
aziendali, quali macchinari, prodotti, o i locali stessi in cui viene regolarmente
svolta l’attività d’impresa. Indispensabile è che i beni siano idonei all’esercizio
dell’impresa, cioè a consentire all’acquirente di esercitare quella medesima attività
d’impresa svolta con tali beni dell’alienante.
1.2.2. Nozione di trasferimento d’azienda secondo l’art. 11 del r.d.l. n. 1825/1924 e secondo
il vecchio testo dell’art. 2112 c.c.
L’art. 11 del r.d.l. n. 1825/1924
10
definisce le disposizioni relative al contratto di
impiego privato, dove i soggetti preposti sono una società o privato, gestori di
un’azienda, che assumono al servizio un prestatore di lavoro in modo
subordinato al contratto. Il contratto di lavoro subordinato è quindi relativo a
due soggetti, il datore e il prestatore di lavoro subordinato
11
. Secondo alcune
scuole di pensiero
12
, nel caso di cessione di azienda o di ramo di azienda, occorre
risalire alla volontà delle parti ritenuta sovrana, anticipando le ipotesi di cessione,
trasformazione, liquidazione, cessazione, liquidazione dell’azienda.
Le ipotesi sono quelle di:
a) trasmettere al nuovo titolare il nuovo personale,
b) o solo una parte di esso,
c) o di svincolare completamente l’acquirente nella questione del personale,
rendendolo libero di ammettere il vecchio personale, o di assumere
personale completamente nuovo. Tutto questo è volto a facilitare il
10
Art. 11 r.d.l. 1825/1924: Nel caso di cessione o trasformazione in qualsiasi modo di una ditta o quando la ditta
precedente non abbia dato il preavviso ai termini enunciati dall'art. 10, adempiendo anche, ove ne sia il caso, gli
obblighi di cui all'art. 16, la nuova ditta, ove non intenda assumere l'impiegato con ogni diritto ed onere a lui
competenti per il servizio prestato, sarà tenuta all'osservanza degli obblighi gravanti per effetto del presente
decreto sulla precedente ditta, come se avvenisse il licenziamento. In caso di fallimento dell'azienda l'impiegato ha
diritto alle indennità stabilite dagli articoli precedenti.
11
DIGESTO, Sezione commerciale, Tomo XVI (TR-Z), Utet, ps. 35 ss.
12
L.BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano (seconda edizione), II, Milano, 1917, pp. 780/793.
Simona Rovelli 19
trapasso da un soggetto all’altro dell’impresa e della sua organizzazione,
quindi della massa di relazioni di lavoro e di affari.
Nell’ottica civilistico-commerciale, la formulazione dell’art 2112 c.c. prevedeva
deroghe alla regolamentazione dell’accollo di debiti e della successione nei
contratti in generale, in relazione alla posizione debitoria dell’imprenditore nei
confronti dei lavoratori e alla continuazione dei rapporti di lavoro
13
. Nella sua
formulazione originaria quindi applicava la generale disposizione contenuta
nell’art. 2558 c.c., in base alla quale l’effetto dell’alienazione dell’azienda è la
successione nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda non aventi carattere
personale; secondo l’art. 2112 c.c. “passano all’acquirente le obbligazioni e i
diritti derivanti dai contratti di lavoro coi dipendenti stipulati dall’alienante”.
Questa disposizione si giustificava con la maggiore tutela assicurata al lavoratore,
spiegabile attraverso il concetto di autonomia d’impresa nei confronti della
persona dell’imprenditore: ciò alla luce del fatto che l’ipotesti del trasferimento
d’azienda secondo l’art. 2112 c.c., si verificava solo quando restava inalterata la
struttura e l’unità organica dell’azienda, ma mutava solo il titolare, identificandosi
con quella del semplice trapasso d’azienda, che perpetuava con l’altro titolare la
sua identità. Quando invece si fosse verificata una semplice successione
cronologica di aziende economicamente e giuridicamente diverse, ovvero
trasferimento di singoli beni, si rimaneva al di fuori delle previsioni sancite dalla
norma ed il personale eventualmente passato da un’azienda all’altra o da
un’impresa all’altra, anche se con mansioni immutate, non poteva che intendesi
regolato da un nuovo ed autonomo rapporto di lavoro. L’azienda che doveva
trasferirsi era un tutt’uno organico, senza escludere la disciplina speciale di cui
all’art. 2112 c.c. allorché un ramo venisse ceduto in modo autonomo da
costituire un’entità a sé
14
.
13
G.MAZZONI, Manuale del diritto del lavoro, II, Milano, 1977, pp. 600 ss.
14
Cass. 15 marzo 1945, n.179, in Rep. Foro it., 1945, voce Lavoro, 284; Trib. Roma 27 luglio 1954, in RGL,
1955, II, 30; Trib. Brescia 2 marzo 1959, in OGL, 1959, 341.
Simona Rovelli 20
Il fine perseguito dall’art. 2112 c.c. era quindi quello di soddisfare l’esigenza di
tutela del complesso aziendale, e, dall’altra, di garantire la conservazione del
posto di lavoro
15
. L’inerenza del rapporto di lavoro alla stessa struttura
organizzativa dell’impresa giustifica questo tipo di protezione; l’utilità arrecata dal
lavoratore con la sua prestazione va al di là della persona sotto la cui direzione
l’opera è prestata e si comunica al successivo titolare, espressione della continuità
ideale dell’impresa, la quale sussiste nonostante i mutamenti personali che si
verifichino nell’organizzazione. Il punto di equilibrio è da individuarsi nel
proseguimento dei rapporti di lavoro: mezzo di sostentamento dei lavoratori e
garanzia di continuità di attività d’impresa, nel senso che viene conservata integra
anche nel suo più importante elemento organizzativo costituito dal personale
dipendente
16
.
Tale interpretazione trova fondamento anche nella Relazione al Codice Civile del
1942, dalla quale emerge la preoccupazione e la volontà di eliminare ostacoli che
potrebbero rendere difficili i trasferimenti d’azienda e, in quest’ottica, si è
ammessa la liberazione dell’alienante, quando a tutela degli interessi delle parti
intervengano nell’atto le associazioni professionali.
Il trasferimento d’azienda non è causa di estinzione dei rapporti di lavoro
inerenti all’azienda trasferita, in quanto comporta la successione dei rapporti
stessi in capo al nuovo imprenditore. Il lavoratore resta legato alle sorti
dell’azienda stessa, nell’ottica di comune interesse dell’impresa, rappresentato dal
fine produttivo alla realizzazione del quale concorrono tutti i soggetti operanti
nell’azienda, sia il datore di lavoro sia i lavoratori. Nelle procedure successive,
come nella l. n. 428 del 1990, art. 47
17
, in materia di trasferimento d’azienda, la
15
A.BONAJUTO, Il trasferimento dell’azienda e del lavoratore, in Il diritto del lavoro nella dottrina e nella giurisprudenza,
collana monografie curata da B.BALLETTI, Padova, 1999, p.7.
16
L.RIVA SANSEVERINO, Dell’impresa in generale, a cura di SCIALOIA E BRANCA, Commentario del codice civile,
libro V (del lavoro), Bologna-Roma, 1943, p.301 ss., spec. p.302.
17
Legge n. 428 del 1990, art.47, comma 1: Quando si intenda effettuare, ai sensi dell’art. 2112 c.c., un
trasferimento d'azienda in cui sono occupati piu' di quindici lavoratori, l'alienante e l'acquirente devono darne
comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite, a
norma dell'art.19 della legge 20/05/1970, n.300, nelle unità produttive interessate, nonché alle rispettive
associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, la comunicazione deve essere
effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano
Simona Rovelli 21
partecipazione trova espressione mediante i diritti di informazione e
consultazione previsti dalla legge. Queste non sono da considerarsi soluzioni
partecipative istituzionalizzate, ma sono dirette a garantire un confronto
continuativo e la possibilità di conoscere notizie di importanza decisiva per
decifrare la strategia aziendale, definirne i progetti e comprendere le prospettive
di sviluppo e di produzione. Il ruolo del sindacato quindi diventa significativo
per rafforzare le procedure di informazione e consultazione che precedono
l’adozione di un provvedimento di cruciale importanza per la vita aziendale. La
finalità di tutela del lavoratore è stata quindi confermata dal D.lg. n.18 del 2001,
che riguarda l’attuazione della Direttiva Comunitaria n. 98/50/CE relativa al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda e che
ha modificato il testo dell’art. 2112 c.c., il quale si limitava ad indicare nell’ultimo
comma il caso dell’usufrutto e dell’affitto dell’azienda, ora indica invece “le
operazioni che comportano il mutamento nella titolarità di un’attività economica
organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio
di beni e servizi, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la
propria identità”.
1.2.3. Nozione di trasferimento d’azienda secondo il nuovo testo dell’art. 2112 c.c.
L’azienda e l’impresa, quindi, costituiscono una realtà globale e soprattutto il
concetto di azienda come titolarità dell’attività economica è una delle
sfaccettature dell’impresa. Devono essere presenti: l’imprenditore (soggetto),
l’attività economica organizzata (atto) e l’azienda (oggetto). L’impresa è l’attività
professionalmente organizzata imputata all’imprenditore, cioè a colui che
esercita, dirige e governa l’impresa stessa; e l’imprenditore utilizza quella pluralità
di beni, come l’azienda, necessari all’esercizio dell’impresa. Ci può essere
nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione
sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare:
a) i motivi del programmato trasferimento d'azienda;
b) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;
c) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.
Simona Rovelli 22
un’azienda solo se relativa all’impresa proprio perché legate da un’autonomia
funzionale. Nel caso l’esercizio d’impresa sia interrotto o non iniziato, non
giustifica l’esistenza di un’azienda senza impresa
18
.
Prima di novellare l’articolo 2112 c.c., si consideravano diversi casi. Nel caso in
cui l’azienda fosse esistente, cioè adeguata all’esercizio dell’impresa, ma non
ancora esercitata o incompleta, cioè completata solo con elementi non essenziali,
allora la disciplina era applicabile. In caso, invece, di azienda senza impresa, ci si
rifaceva all’ammissibilità del trasferimento d’azienda come “il passaggio dei beni
organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” senza però rilevare
l’eventuale continuazione dell’attività d’impresa, ma solo “l’idoneità funzionale
dell’azienda ceduta a consentire l’esercizio di tale attività”.
Le successive modifiche apportate all’art. 2112 c.c. fanno si che si sia
diversificato il concetto secondo il quale i mezzi sono delle entità materiali, citate
nell’art 810 c.c
19
. Il testo modificato quindi richiama fortemente l’art. 2082 c.c
20
.
e quindi la nozione di impresa e di imprenditore
21
.
Il D.lg. 2 febbraio 2001 n.18 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.43 del
21/2/01), contenente l’“Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di
stabilimenti o di parti di stabilimenti”, modifica in misura significativa l’impianto
normativo contenuto nell’art. 2112 c.c. e nell’art. 47 della legge 29/12/90 n.
428
22
. In tal modo il legislatore italiano ha portato a compimento l’opera di
complessiva revisione della disciplina codicistica in questa materia, già iniziata
con l’art. 47 della L.428/90 che costituiva attuazione della direttiva 77/187/CE,
concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative al
mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di azienda.
18
V.BUONOCORE, Il nuovo testo dell’art. 2112 c.c. e il trasferimento di ramo d’azienda, in Giurisprudenza.
Commerciale 2003, II, p. 313 ss., specie pp. 318-320.
19
Art. 810 c.c.: “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.
20
Art: 2082 c.c.: È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi.
21
R.ROMEI, Relazione dattiloscritta al convegno intitolato “l’art. 2112 c.c.: un cantiere aperto”, Roma 16/12/2002, p.2.
22
Il D.lg. n.18/2001 costituisce attuazione della delega attribuita al Governo con la L.526/99 (Legge comunitaria
per l’anno 2000).