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formazione di opinioni, ma che abbia anche un buon successo presso il
pubblico.
La notizia deve rispondere a questa duplice funzione e nel corso del suo
trattamento può quindi essere “manipolata” in molti modi. Innanzitutto ogni
quotidiano, nel trattare gli eventi, li riorganizza, attribuendo loro un senso;
delinea una “storia” che parte dagli avvenimenti e assegna un ruolo ai
protagonisti. Ogni giornale, inoltre, agisce in una precisa direzione attraverso la
selezione degli elementi da privilegiare nel resoconto, le scelte linguistiche,
anche quelle che differenziano un giornalista dall’altro, le forme non verbali,
come il carattere tipografico, la presenza di civette, la posizione nella pagina.
Uno stesso evento assume caratteri completamente diversi se viene riportato in
prima pagina o all’interno, corredato di un titolo evidente o posto tra altri
articoli, se contenuto in una rubrica, se inserito all’interno di un contesto più
ampio.
Giornalismo politico in campagna elettorale
La campagna elettorale dà luogo a diverse notizie di impatto sull’intera nazione,
in genere seguite con particolare attenzione dai cittadini, che si pongono più
facilmente in questo periodo alla ricerca di strumenti capaci di fornir loro
informazioni. I quotidiani, a loro volta, riorganizzano le loro routine e dislocano
diversamente le loro risorse per seguire la campagna elettorale ben prima del
responso finale, mantenendo quindi un costante monitoraggio sugli avvenimenti
politici.
Lo sviluppo in Italia di un modello di giornalismo “pedagogico”, destinato a
formare le coscienze più che a fornire informazioni, ha fatto comunque sì che
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anche in condizioni normali i quotidiani italiani attribuiscano alla politica una
posizione di centralità nella loro struttura complessiva.
3
Lo stretto legame tra la sfera dell’informazione e quella della politica è spesso
sfociato nella storia del giornalismo italiano in forme di aperta collaborazione,
se non in “subordinazione” e scambio. Per anni, i quotidiani italiani hanno svolto
principalmente una funzione di “comunicazione orizzontale”,
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diventando lo
spazio dove i politici si lanciavano messaggi, saggiavano il terreno per trattative
e alleanze, negoziazioni e reazioni, lasciando in gran parte all’oscuro il lettore. Il
genere del “pastone”,
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nel quale fino alla metà degli anni Settanta si è riassunta
l’informazione politica, richiedeva all’interlocutore di leggere tra le righe di
quanto scritto: l’immediato destinatario di una prosa per altro assai complessa
era quindi l’esponente politico, il solo che avesse i mezzi per interpretarla.
L’informazione politica italiana, da allora, si è profondamente modificata: il
cambiamento nel nostro sistema elettorale che ha visto ridurre la
frammentazione partitica, ma anche gli sforzi dei giornalisti per vedere
riconosciuta la loro indipendenza, le trasformazioni del prodotto-giornale,
introdotte dalla settimanalizzazione,
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dalla sempre maggiore dipendenza dalla
televisione, hanno contribuito a tale evoluzione. Alcuni problemi sono però
rimasti aperti e risaltano soprattutto in periodo di campagna elettorale.
Innanzitutto, i politici continuano a “parlarsi” attraverso i giornali, che ospitano
opinioni e proposte sotto forma di interventi e interviste. Anche se in misura
minore rispetto al passato, la comunicazione tra i partiti e al loro interno si
svolge ancora sui quotidiani, riducendo il giornalista a “registratore” di
dichiarazioni.
3
Giovanni Gozzini, Storia del giornalismo, Milano, Paravia Bruno Mondadori Editori, 2000.
4
Paolo Mancini, “Tra di noi. Sulla funzione negoziale della comunicazione politica”, il Mulino, n.2,
1990, p.267-287.
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Il “pastone” raccoglieva indifferentemente notizie e commenti che giungevano dal mondo politico
sotto forma di dichiarazioni e comunicati di diverso tipo.
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Per “settimanalizzazione” si intende sia l’aumento del numero delle pagine attraverso inserti,
immagini e supplementi, sia la dilatazione della notizia, che viene trattata da diversi punti di vista.
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In secondo luogo, anche se il cosiddetto “politichese” è scomparso, spesso il
giornalista non contribuisce a rendere più chiara la realtà al lettore: titoli
sensazionalistici, notizie vaghe, non approfondite, non contestualizzate, “casi”,
che occupano le pagine dei quotidiani per breve periodo e poi scompaiono,
contribuiscono a creare un senso di grande frammentarietà. Molte notizie non
sono fatti, ma semplicemente opinioni attribuite. L’informazione politica
semplificata, “di colore”, è utile per attirare l’attenzione ma impedisce talvolta
di formarsi correttamente un’opinione.
La notizia politica, inoltre, richiede spesso un commento o un’interpretazione.
In genere il politico lancia solo “segnali” da cogliere e spiegare e raramente
offre direttamente la notizia. Si esalta quindi in questo caso la soggettività del
giornalista, ma anche la funzione della testata, come filtro tra la complessità
politica e il lettore. Chi sceglie un quotidiano lo fa in genere anche in funzione
della visione delle idee che questo propone: l’interpretazione offerta senza
alternative adeguate rimarrà pertanto l’unica possibile. A sua volta, il giornalista
scrive pensando al destinatario e al suo orizzonte di valori.
Un altro problema è costituito dalla centralità che assumono i politici, al tempo
stesso fonte e oggetto di notizia. Difficilmente i rappresentanti dei vari partiti
possono fare a meno dei media e questo è tanto più vero nei periodi di
campagna elettorale. Da parte sua, il giornalista ha bisogno di una fonte
accessibile per poter confezionare il suo prodotto e si muove in un ambiente di
cui entra pian piano a far parte. Ne ho parlato con Demetrio De Stefano,
caporedattore responsabile della redazione politica del Corriere della sera
durante la campagna elettorale per il voto del 2001:
“Durante una campagna elettorale si moltiplicano i controlli, le proteste e le richieste di
interventi e interviste. È un fenomeno che tentiamo di arginare. Ogni tanto succede che
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un politico venga intervistato perché è una fonte, magari da tanti anni, e può fornirci
informazioni utili per i retroscena”.
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Il retroscena corrisponde alla volontà da parte del giornale di andare oltre la
facciata della versione ufficiale, per rivelare i veri scopi delle informazioni che
vengono fornite. La fonte però tenta di strumentalizzare e standardizzare
questo processo, cercando di controllare tutte le fasi che dall’evento portano
alla notizia, diventando un interlocutore privilegiato, che spesso riceve sul
giornale una particolare attenzione.
Il giornalista deve sempre prestare attenzione alla coloritura degli eventi che la
fonte attribuisce, al punto di vista con il quale confeziona la notizia, che
risponde sempre a precisi obiettivi, per non incorrere in un’informazione
univoca e parziale. In campagna elettorale ciò diventa cruciale, sia perché le
informazioni politiche sono sottoposte a una naturale dilatazione, sia perché
ogni referente politico o lo staff che ruota attorno a esso deve tentare di
imporre a fini persuasori la propria visione degli eventi, inibendo, se possibile,
quella degli altri. Il politico sa di non potersi sottrarre al confronto con i media,
ma tenta in qualche modo di neutralizzare le loro iniziative autonome, che
potrebbero sfuggire al suo controllo, soprattutto attraverso la creazione di fatti-
notizia. Si sviluppa tra media e mondo politico una forma di competizione per il
controllo delle issues da imporre e per il contesto all’interno del quale calarle,
ma anche una concorrenza sul controllo dell’immagine, per cui i candidati
devono impedire la diffusione di informazioni dannose. Da un lato, quindi, il
politico tenta di scavalcare il filtro rappresentato dai media attraverso il
rapporto diretto con l’elettore, spesso occupando con suoi articoli gli spazi del
giornale; dall’altra, presta particolare attenzione a quanto i media affermano,
pronto a correzioni e rettifiche. I periodi di campagna elettorale, specie se
7
Colloquio con Demetrio De Stefano, 25 giugno 2001.
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lunghi come nel caso delle elezioni politiche del 2001, pongono
necessariamente ai quotidiani situazioni di lavoro più complesse. Persiste
l’obbligo e il dovere di “fornire ai cittadini le informazioni di cui hanno bisogno
per scegliere un candidato/a, o per esprimere un parere favorevole o contrario
circa questioni politiche o qualunque argomento di interesse pubblico.”
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Le
dinamiche politiche di cui rendere conto, spesso distorte e esaltate dalla
campagna elettorale, possono però porre al giornalista seri limiti alla sua
libertà, costringendolo, ad esempio, a una semplice ripartizione quantitativa e
anche visiva dello spazio tra i candidati, che coinvolge diversi elementi: numero
degli articoli, dosaggio di interviste e dichiarazioni che rappresentino punti di
vista diversi, commenti contrastanti e anche confronti tra i protagonisti.
Il lavoro che segue si sofferma sul modo con il quale i quotidiani hanno
affrontato la campagna elettorale di Berlusconi, che lo ha condotto alla vittoria
delle elezioni nazionali il 13 maggio 2001.
Come simbolica data d’inizio campagna si è posto il 25 settembre 2000, giorno
della designazione ufficiale dello “sfidante” Francesco Rutelli. La scelta di un
periodo di tempo così lungo risponde a due considerazioni. In primo luogo
l’affermazione, anche nel nostro Paese, della cosiddetta “campagna
permanente”. In Italia non esiste cioè più una reale contrapposizione tra
periodo elettorale e periodo non elettorale, perché gli esponenti politici sono
continuamente impegnati in un’opera di comunicazione con i cittadini per
ottenere gradimento e consenso.
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Wolfgang M. Achtner, Penne, antenne e quarto potere. Per un giornalismo al servizio della
democrazia, Milano, Baldini & Castoldi, 1996.
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È stato soprattutto Berlusconi, il candidato su cui si concentra l’analisi, ad
abbracciare questa strategia già nel 1994 con le sue prime elezioni e a
riproporla in tutte le campagne da lui affrontate.
In secondo luogo, alcuni temi fondamentali per delineare il ruolo di Berlusconi
in campagna elettorale e il senso complessivo attribuito alla competizione,
come il conflitto d’interessi o i problemi con la magistratura, sono stati
affrontati lungo un ampio periodo di tempo e magari trascurati in prossimità del
voto.
Il lavoro parte quindi con un’analisi della figura di Berlusconi e del suo legame
con gli alleati, per andare poi a coinvolgere aspetti più specifici: gli interventi
della stampa estera in conclusione di campagna, il conflitto d’interessi, i
processi del leader della Casa delle libertà e il ruolo della televisione, per
quanto attiene i programmi che hanno coinvolto direttamente Berlusconi e sono
diventati notizia per i giornali.
Per quanto riguarda la scelta dei quotidiani, si è fatto riferimento alle quattro
testate nazionali non specialistiche di maggior diffusione: il Corriere della sera,
la Repubblica, La Stampa e Il Messaggero, richiamandosi ad altre solo
saltuariamente per ragioni di approfondimento.