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giustizia amministrativa fu il testimone privilegiato dell’eterno
contrasto tra libertà e dittatura.
Nell’austera aula di Pompeo in Palazzo Spada, sede del Consiglio di
Stato, vi sono due simboli che si contrappongono anche fisicamente:
da una parte la poltrona di Re Carlo Alberto, il monarca illuminato
che istituì, con l’editto di Racconigi del 1831, il Consiglio di Stato nel
Regno di Sardegna, il monarca illuminato che concesse lo Statuto,
cioè la Costituzione, nel 1848, in piena Restaurazione controllata e
dominata da Vienna, dall’altra parte la statua di Pompeo, rinvenuta
durante i lavori di scavo per la costruzione della
Chiesa Nuova lungo l’attuale Corso Vittorio Emanuele II, statua
presso il cui basamento venne, secondo la tradizione, ucciso il tiranno
Giulio Cesare colui che, a sua volta, aveva ucciso la Repubblica
Romana. Due simboli: Carlo Alberto, che impersona lo stato liberale
nascente, e Giulio Cesare che simboleggia la tirannia, il passaggio
dalla Repubblica al Principato anticipatore dell’Impero. Nel momento
in cui la giustizia amministrativa cominciava a muovere i primi passi
nel Regno d’Italia, il giudice amministrativo della IV Sezione aveva,
come unico strumento cautelare, l’ordinanza di sospensiva con cui
sospendere gli effetti del provvedimento amministrativo, in attesa
della definizione della causa mediante una sentenza di merito.
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Ebbene, facendo un parallelismo con il diritto romano, possiamo
definire questa fase del processo amministrativo cautelare, come
quella del mittite ambo rem cioè sospendi, blocca tutto, congela la
situazione confligente in attesa che vi sia la sentenza di merito con cui
si definirà la causa. Dal punto di vista cronologico c’è da dire che,
dalla lontana legge istitutiva della giustizia amministrativa ( L. n. 5992
del 1889) fino ai giorni nostri, il giudizio cautelare amministrativo è
stato interessato da poche norme: infatti, dal 1889 dobbiamo
attendere il 1924, quando venne redatto il T.U. 1054 che, all’art. 39,
prevedeva le gravi ragioni come presupposto per sospendere in
sede cautelare il provvedimento amministrativo impugnato; dobbiamo
giungere al 1948, quando si stabilì che la decisione cautelare dovesse
vestire i panni dell’ordinanza e pervenire al 1950 perché venisse
stabilito normativamente che, in sede di discussione delle domande
incidentali cautelari, davanti al collegio, gli avvocati difensori
potessero essere ascoltati, se ne avessero fatto richiesta.
Il Prof. Lubrano ha ricostruito la disciplina della tutela cautelare dal
tempo in cui il potere autoritativo della pubblica amministrazione era
talmente forte da limitare la libertà dei privati con storico,
dall'istituzione nel 1989 della IV sezione del Consiglio di Stato alla
costituzione nel 1971 dei Tribunali Amministrativi Regionali, che ha
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offerto una sintesi efficace dell'evoluzione della giustizia
amministrativa cautelare. Tale evoluzione è stata caratterizzata dal
passaggio da una concezione rigida, che limitava l'accoglimento
dell'istanza cautelare alle ipotesi di atti aventi "efficacia esecutiva", la
cui attuazione era fonte di danni gravi e irreparabili (o difficilmente
riparabili), alle feconde aperture della giurisprudenza verso l'adozione
di provvedimenti cautelari diversi dall'originario modello di misura
inibitoria.
A dare impulso all'esigenza di ampliare l'area del giudizio cautelare
hanno concorso, oltre che la Corte Costituzionale, con la nota sentenza
n.190 del 25.6.1985, (introduttiva dei provvedimenti di urgenza nelle
controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego), l'Adunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, che, con diversi interventi, ha
teorizzato la possibilità di adottare anche misure interinali atipiche,
dirette a cautelare tutte le situazioni soggettive tutelabili in sede di
merito, al fine di ovviare agli eventi dannosi derivanti dal periculum in
mora.
La predetta trasformazione, ordinata ad attuare il principio di
effettività della tutela giurisdizionale, ha inciso in modo rilevante sulla
portata dell'istituto, che, da strumento tipico di sospensione
dell'attività amministrativa, ha assunto un ruolo sempre più
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determinante nella tutela cautelare, oltre che degli interessi oppositivi,
degli interessi pretensivi, divenendo il baricentro del processo
amministrativo. Basti pensare alle pronunce favorevoli nel vasto
campo dei provvedimenti negativi, compresi gli atti di diniego o di
rifiuto, e alle diverse tipologie di misure inibitorie che hanno
contrassegnato la produzione giurisprudenziale degli ultimi decenni,
per evidenziare il contributo rilevante del giudice cautelare nella
ricerca delle soluzioni ritenute più idonee a contemperare gli opposti
interessi coinvolti.
L'evoluzione giurisprudenziale, di cui sopra, non ha lasciato
insensibile il legislatore, il quale, dopo avere introdotto misure
speciali per rendere più celere l'iter del processo, (come, ad esempio,
in tema di opere pubbliche, di cui alla L.23.5.1997 n. 135, art. 19), ha
non solo riaffermato tali misure acceleratorie nella legge di riforma
21.7.2000 n. 205 (artt. 3-4), ma ha informato la tutela cautelare ad una
nuova impostazione, ispirandosi, per taluni aspetti, alla normativa
corrispondente del processo civile .
L'art. 3 della predetta legge di riforma (sostitutivo del settimo comma
dell'art. 21 L. 1034/1971 che indicava nei soli “danni gravi ed
irreparabili derivanti dall’esecuzione dell’atto” il presupposto per
concedere), nel rimodellare il sistema precedente, ha attribuito al
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giudice amministrativo il potere discrezionale di decidere le misure
cautelari ritenute più consone a garantire, in via provvisoria, "gli
effetti della decisione del ricorso", onde impedire gli eventi
pregiudizievoli paventati dal ricorrente nelle more della trattazione del
merito e conferendo così al provvedimento cautelare natura
anticipatoria degli effetti della futura sentenza.
Da qui l'atipicità delle misure cautelari racchiuse nella locuzione
onnicomprensiva della citata norma -"misure cautelari …più idonee ad
assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso"-, nella
quale sono compresi, oltre allo strumento tradizionale della
sospensione dirette ad imporre all'amministrazione un facere (specie
con riguardo a quelle situazioni connesse all'impugnazione di atti
negativi o di comportamenti omissivi) o a carattere ingiuntivo, oppure
che facciano, comunque, obbligo all'Amministrazione di riesaminare
il provvedimento o il comportamento assunto, alla stregua di nuovi
documenti o fatti sopravvenuti.
Di notevolissimo rilievo quella che direi la storicizzazione del
processo cautelare, avendo l’art.3 L.205 cit. dato forma adeguata ad
una realtà che si era venuta stratificando sotto la spinta dell’urgenza e
l’incontenibile varietà delle fattispecie, essendosi finalmente
codificato che il pregiudizio grave e irreparabile assume rilevanza sia
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che derivi "dall’esecuzione dell’atto impugnato" E che dal
comportamento inerte dell’amministrazione" e che per ovviare a detto
pregiudizio può chiedersi "l’emanazione di misure cautelari, compresa
l’ingiunzione a pagare una somma, che appaiono secondo le
circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della
decisione del ricorso". Si è arrivati così all’atipicità della misura
cautelare, per la quale l’ordinanza è soltanto un contenitore, mentre i
limiti di contenuto sono segnati dalla funzione di assicurare
interinalmente gli effetti della decisione del ricorso (l’en vue de, dei
francesi). Il rito cautelare è altresì convenientemente
procedimentalizzato e agganciato per quanto possibile alla definizione
del merito, sia perché l’ordinanza deve essere motivata indicando i
profili che inducano ad una ragionevole previsione sull’esito del
ricorso, sia perché, consentendolo la completezza del contraddittorio e
dell’istruttoria, può
avviare alla definizione del giudizio sentito le parti. Innovazione
notevole è la possibilità del carico delle spese per il soccombente nella
fase cautelare, nonché la codificazione della revoca o modificabilità
della misura cautelare per fatti sopravvenuti, nonché del giudizio di
ottemperanza. Disposizioni tutte applicabili sia in primo grado che in
appello e che invitano ad una particolare cura nell’esposizione e nella
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documentazione dei fatti, oltre che, ovviamente, nella redazione dei
motivi perché il processo amministrativo si avvia sempre più a
concentrarsi negli atti introduttivi e nelle prime difese; e luce non
indifferente potrà venire dalle previa accurata ricostruzione delle
sequenze cronologiche per i fatti, le fonti e i precedenti stessi di
giurisprudenza.
La nuova normativa ha però previsto che, nell'ipotesi in cui
l'esecuzione della misura cautelare sia produttiva di effetti non
eliminabili, il giudice amministrativo possa subordinarne la
concessione o il diniego al versamento di una cauzione (anche tramite
polizza fideiussoria), salvo che tale misura investa beni di primario
interesse, che, come tali, non possono subire pregiudizio alcuno.Pur
apprezzando le ragioni che hanno indotto il legislatore a limitare la
sfera di incidenza oggettiva della cauzione, la dottrina ha manifestato
serie riserve e critiche sia per la genericità della previsione dell'art. 3
(a differenza dell'art. 669 undecies c.p.c., in cui sono precisati funzioni
ed obbiettivi), sia per la scarsa incidenza pratica di tale istituto in un
procedimento cautelare che, non solo può essere deciso con ordinanza
specificamente motivata, anche con riguardo al prevedibile esito del
ricorso.
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Ne deriva che se il provvedimento cautelare deve essere il risultato di
una ponderata valutazione dei presupposti fino a fare emergere un
certo grado di attendibilità dei motivi del ricorso o se addirittura è
possibile (come in caso di completezza di contraddittorio e di
istruttoria) decidere, in fase cautelare, il merito o, comunque, fissare in
tempi brevi la trattazione definitiva della controversia (art. 21 nono
comma e art. 23 bis terzo comma), è difficile intendere quali
potrebbero essere gli spazi operativi dell'istituto della cauzione nel
processo amministrativo.
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Note:
Legge 1034 del Dicembre 1971 - (1034/71)
Art. 21
Il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emesso l'atto
impugnato quanto a controinteressati ai quali l'atto direttamente si
riferisce, o almeno ad alcuno tra essi, entro il termine di giorni
sessanta da quello in cui l'interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne
abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia
richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine
della pubblicazione se questa sia prevista da disposizioni di legge o di
regolamento, salvo l'obbligo di integrare le notifiche con le ulteriori
notifiche agli altri controinteressati, che siano ordinate dal tribunale
amministrativo regionale.
Tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse
parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante
proposizione di motivi aggiunti.
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In pendenza di un ricorso l'impugnativa di cui dall'articolo 25, comma
5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, può essere proposta con istanza
presentata al Presidente e depositata presso la segreteria della sezione
cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione ed ai
controinteressati, e viene decisa con ordinanza istruttoria adottata in
camera di consiglio.
Il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e con copia del
provvedimento impugnato, ove in possesso del ricorrente, deve essere
depositato nella segreteria del tribunale amministrativo regionale,
entro trenta giorni dall'ultima notifica. Nel termine stesso deve essere
depositata copia del provvedimento impugnato, ove non depositata
con il ricorso ovvero ove notificato o comunicato al ricorrente e dei
documenti di cui il ricorrente intenda avvalersi in giudizio.
La mancata produzione della copia del provvedimento impugnato non
implica decadenza.
L'amministrazione, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di
deposito del ricorso, deve produrre l'eventuale provvedimento
impugnato nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato
emanato, quelli in esso citati, e quelli che l'amministrazione ritiene
utili al giudizio.
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Dell'avvenuta produzione del provvedimento impugnato, nonché degli
atti e dei documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, deve darsi
comunicazione alle parti costituite.
Ove l'amministrazione non provveda all'adempimento, il presidente,
ovvero un magistrato da lui delegato, ordina, anche su istanza di parte,
l'esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni
Analogo provvedimento il Presidente ha il potere di adottare nei
confronti di soggetti diversi dall'amministrazione intimata per atti e
documenti di cui ritenga necessaria l'esibizione in giudizio.
In ogni caso, qualora l'esibizione importi una spesa, essa deve essere
anticipata dalla parte che ha proposto istanza per l'acquisizione dei
documenti.
Se il ricorrente, allegando un pregiudizio grave e irreparabile
derivante dall'esecuzione dell'atto impugnato, ovvero dal
comportamento inerte dell'amministrazione, durante il tempo
necessario a giungere ad una decisione sul ricorso, chiede
l'emanazione di misure cautelari, compresa l'ingiunzione a pagare una
somma, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare
interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il tribunale
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amministrativo regionale si pronuncia sull'istanza con ordinanza
emessa in camera di consiglio. Nel caso in cui dall'esecuzione del
provvedimento cautelare derivino effetti irreversibili il giudice
amministrativo può altresì disporre la prestazione di una cauzione,
anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il
diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della
misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la
richiesta cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il
diritto alla salute, alla integrità dell'ambiente, ovvero ad altri beni di
primario rilievo costituzionale. L'ordinanza cautelare motiva in ordine
alla valutazione del pregiudizio allegato, ed indica i profili che, ad un
sommario esame, inducono a una ragionevole previsione sull'esito del
ricorso. I difensori delle parti sono sentiti in camera di consiglio, ove
ne facciano richiesta.
Prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema
gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino
alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente
alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle
controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo
regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure
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cautelari provvisorie. Il presidente provvede con decreto motivato,
anche in assenza di contraddittorio. Il decreto è efficace sino alla
pronuncia del collegio, cui l'istanza cautelare è sottoposta nella prima
camera di consiglio utile. Le predette disposizioni si applicano anche
dinanzi al Consiglio di Stato, in caso di appello contro un'ordinanza
cautelare e in caso di domanda di sospensione della sentenza
appellata.
In sede di decisione della domanda cautelare, il tribunale
amministrativo regionale, accertata la completezza del contraddittorio
e dell'istruttoria ed ove ne ricorrano i presupposti, sentite sul punto le
parti costituite, può definire il giudizio nel merito a norma dell'articolo
26. Ove necessario, il tribunale amministrativo regionale dispone
l'integrazione del contraddittorio e fissa contestualmente la data della
successiva trattazione del ricorso a norma del comma undicesimo;
adotta, ove ne sia il caso, le misure cautelari interinali.
Con l'ordinanza che rigetta la domanda cautelare o l'appello contro
un'ordinanza cautelare ovvero li dichiara inammissibili o irricevibili, il
giudice può provvedere in via provvisoria sulle spese del
procedimento cautelare.
L'ordinanza del tribunale amministrativo regionale di accoglimento
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della richiesta cautelare comporta priorità nella fissazione della data di
trattazione del ricorso nel merito.
La domanda di revoca o modificazione delle misure cautelari concesse
e la riproposizione della domanda cautelare respinta sono ammissibili
solo se motivate con riferimento a fatti sopravvenuti.
Nel caso in cui l'amministrazione non abbia prestato ottemperanza alle
misure cautelari concesse, o vi abbia adempiuto solo parzialmente, la
parte interessata può, con istanza motivata e notificata alle altre parti,
chiedere al tribunale amministrativo regionale le opportune
disposizioni attuative. Il tribunale amministrativo regionale esercita i
poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato, di cui
all'articolo 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi
sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n.
1054, e successive modificazioni, e dispone l'esecuzione
dell'ordinanza cautelare indicandone le modalità e, ove occorra, il
soggetto che deve provvedere.