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nelle società cristiane gli ebrei lavorano a corromperne la fibra morale, pervertir-
ne le tradizioni, distruggerne l‘economia e sovvertirne le istituzioni. Banchieri,
intellettuali, artisti, giornalisti, politici obbediscono a uno stesso disegno e si pre-
parano a raccogliere il frutto del complotto».1 Le parole di Sergio Romano spie-
gano in maniera molto chiara quelli che erano gli obiettivi di questa società se-
greta e i mezzi tramite i quali si sarebbero dovuti realizzare.
Il contenuto dei Protocolli è stato ripreso per giustificare molte delle a-
zioni antisemitiche messe in atto nel corso del nostro secolo. Dai pogrom russi ai
lager nazisti, fino alle più recenti manifestazioni di odio nei paesi mediorientali, i
Protocolli sono stati spesso impugnati dagli antisemiti per fomentare il disprezzo
nei confronti del popolo ebraico.
Ciò che incuriosisce è che nonostante nel 1921 il «Times» abbia sma-
scherato la falsità di questo libello, redatto dalla Okhrana, la polizia segreta zari-
sta per contrastare l‘opera di modernizzazione del paese, l‘interesse attorno al
documento è cresciuto e, nonostante l‘articolo apparso sul quotidiano inglese, è
stato, ed è tuttora, usato per screditare il popolo ebraico dinanzi all‘opinione
pubblica mondiale. Sono in molti, infatti, coloro che ancora oggi sostengono che
il documento sia ―vero‖. Questo rappresenta indubbiamente un fatto su cui riflet-
tere, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti internazionali.
Essendo l‘obiettivo della mia ricerca quello di indagare l‘evoluzione sto-
rica dei Protocolli dei Savi di Sion dalla loro apparizione sino ai nostri giorni,
1 S. ROMANO, I falsi protocolli. Il «Complotto ebraico» dalla Russia di Nicola II a oggi, Mila-
no 1992.
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non tralasciando il contesto antisemita che ne fa da sfondo, ho deciso di imposta-
re il mio lavoro in modo da farne risultare quattro capitoli. Nei primi due mi de-
dicherò allo studio dell‘antisemitismo, analizzandone le radici storiche e ideolo-
giche, nonché all‘analisi dettagliata della diffusione di questo nel corso degli anni
nel mondo. Nei successivi due capitoli, invece, approfondirò l‘indagine sul tema
centrale di questo lavoro, cioè i Protocolli dei Savi di Sion, analizzandone oltre
che la storia della loro creazione ed il contenuto, l‘uso e la diffusione del testo nel
mondo contemporaneo.
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CAPITOLO I
STORIA DELL’ANTISEMITISMO TRA PASSATO E PRESENTE
1. Introduzione: radici storiche dell’antisemitismo
Con la parola ―antisemitismo‖ si indicano i pregiudizi e gli atteggiamenti
persecutori nei confronti degli ebrei. Storicamente, si possono individuare un anti-
semitismo di carattere religioso o antigiudaismo, espresso nel paganesimo, nel cri-
stianesimo e nell'Islam, e un antisemitismo laico di carattere razziale e culturale.
Pur essendo attestato già nel mondo greco e romano, l‘antisemitismo si
diffuse con il cristianesimo e fino alla Rivoluzione industriale fu un fenomeno es-
senzialmente di natura religiosa. Il trionfo del cristianesimo nel IV secolo segnò
l‘inizio di una lunga persecuzione nei confronti degli ebrei, che vennero segregati
in ghetti, obbligati a portare segni di riconoscimento e ostacolati nelle loro attività.
Furono, inoltre, scacciati da molti paesi, come l‘Inghilterra nel 1290, la Francia nel
1394 e la Spagna nel 1492.2
Gli ebrei vennero, anche, incolpati dai cristiani della morte di Cristo e,
nell‘Europa medievale, di assassinio rituale di bambini, di profanazione di ostie
sacre, di diffusione della peste, di avvelenare le sorgenti d‘acqua ecc. Nel XVII e
2
In Spagna nel XV secolo vi furono, anche, delle persecuzioni nei confronti dei cristiani prove-
nienti dal giudaismo, che erano visti con sospetto. Le persecuzioni contro i marranos, gli ebrei
che si convertivano solo esteriormente al cristianesimo, erano originate da motivi religiosi poi-
ché i cristiani si sentivano traditi e ingannati dal fenomeno delle false conversioni volte ad otte-
nere vantaggi di ordine politico-economico. Tali vantaggi venivano revocati nel momento in cui
si scopriva il comportamento giudaizzante del falso convertito.
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XVIII secolo, in seguito alla diffusione dell‘Illuminismo e della Rivoluzione fran-
cese, la persecuzione religiosa diminuì sensibilmente.
2. L’antisemitismo moderno
Verso la fine del XIX secolo, in Europa si verificò un ritorno del pregiudi-
zio antisemita, ma stavolta su fondamenti diversi: ai motivi religiosi, infatti, si
sostituirono quelli politici ed economici. Questo cambiamento era in qualche mi-
sura legato alla diffusione del nazionalismo e alla Rivoluzione industriale. Sia
per la loro particolarità linguistica, l‘uso dello yiddish,3 e religiosa, sia per la sup-
posta preferenza per il liberalismo economico, gli ebrei furono accusati di inde-
bolire l‘unità nazionale. Anche lo sviluppo del capitalismo, in cui gli ebrei ebbe-
ro un importante ruolo finanziario, contribuì alla diffusione di quegli stereotipi
che alimentarono il pregiudizio antisemita. In Francia, Germania e Russia, con-
temporaneamente alla diffusione di ideologie nazionalistiche e anticapitalistiche,
si diffuse, in misura molto maggiore che negli altri stati europei, un forte risenti-
mento nei confronti degli ebrei.
3
Lo yiddish (שידִיי yidish o hsidi שידיא, letteralmente: ―ebraico‖) è una lingua germanica, che,
dopo l‘esodo degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, viene parlata in tutto il mondo e
scritta con i caratteri dell‘alfabeto ebraico. Trae le sue origini dalla cultura degli ebrei ashkena-
ziti, sviluppatasi nel X secolo in Renania, e poi diffusasi nell‘Europa centrale e orientale.
Nell‘uso comune, tale lingua era definita ןשול־עמאַמ (mame-loshn, ―lingua madre‖), per distin-
guerla dall‘ebraico biblico e dall‘aramaico, generalmente definiti entrambi come שדוק־ןשול
(loshn-koydesh, ―lingua sacra‖). Presenta due principali varianti dialettali: Yiddish occidentale e
Yiddish orientale. La differenza più marcata tra le due è l‘inclusione di numerosi termini dalle
lingue slave nello yiddish orientale. Mentre lo yiddish occidentale è ormai poco parlato, lo
yiddish orientale è ancora largamente diffuso.
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L‘antisemitismo moderno, diversamente da quello precedente, non era
fondato sulla critica delle pratiche religiose degli ebrei, bensì sulla teoria che
questi ultimi fossero una razza inferiore. I teorici dell‘antisemitismo prendevano
a pretesto l‘esilio forzato degli ebrei per dimostrare ―scientificamente‖ che la
―mancanza di radici‖ di questo popolo era un fatto genetico. Un ebreo, uomo o
donna, era un ebreo non perché praticava una determinata religione, bensì perché
si portava questa caratteristica dentro il sangue. Benché vi siano testimonianze di
persecuzioni contro gli ebrei fondate sull‘antisemitismo laico anche in tempi più
antichi, soltanto con l‘Illuminismo questo tipo di antisemitismo divenne il più
frequente.
L‘ostilità nei confronti degli ebrei, dunque, non è certo un fenomeno mo-
derno, né ristretto alla Germania. Fu, comunque, solamente nell‘ultima parte
dell‘Ottocento che l‘antisemitismo emerse come fenomeno politico distinto e po-
deroso in molti paesi europei.
Mentre, in precedenza, cause di carattere religioso erano risultate prepon-
deranti nella nascita del fenomeno persecutorio antiebraico, che sarebbe più cor-
retto definire antigiudaismo, è solo alla fine del XIX secolo che, parallelamente
all‘imporsi dei nazionalismi europei, a quelle religiose si sostituirono motivazio-
ni di tipo razziale: «Nella seconda metà del XIX secolo la vita ebraica
nell‘Europa occidentale si era trasformata. Gli ebrei non erano più un gruppo mi-
noritario immediatamente identificabile, godevano di pieni diritti civili, si mesco-
lavano liberamente con i gentili e svolgevano il loro ruolo nella vita politica, e-
- 9 -
conomica e culturale delle nazioni in cui risiedevano. La maggior parte dei ri-
formatori riteneva che questa situazione avesse definitivamente eliminato il sen-
timento antiebraico, ma purtroppo non era così. Negli ultimi decenni del secolo
sorse un‘ostilità ancora maggiore nei confronti degli ebrei per diversi motivi».4
A farsi interprete, intorno al 1870, di questo mutamento culturale e a co-
niare per primo il termine ―antisemitismo‖ fu un giornalista tedesco, Wilhelm
Marr,5 che lo creò come eufemismo di Judenhass, ―odio degli ebrei‖. Nonostante
4
D. COHN-SHERBOK - L. COHN-SHERBOK, Breve storia dell‟Ebraismo, Bologna 2001, p.
123.
5 Wilhelm Marr (1819-1904) fu un agitatore e un teorico tedesco. Da giornalista disoccupato,
sosteneva di aver perso il lavoro a causa dell‘interferenza ebraica. Conservatore politico, fu in-
fluenzato dal movimento conservatore pangermanico così come venne esposto da Johann Got-
tfried von Herder, che sviluppò il concetto di Volk, e dal movimento del Burschenschaft
dell‘inizio del diciannovesimo secolo, che si sviluppò a partire dalla frustrazione tra gli studenti
tedeschi, dovuta al fallimento del Congresso di Vienna nel creare uno stato unificato da tutti i
territori abitati dal Volk. Quest‘ultimo rigettava la partecipazione degli ebrei e di altre minoranze
non tedesche come membri, ―a meno che non dimostrassero di essere ansiosi di sviluppare in se
stessi uno spirito cristiano-germanico‖ (una decisione del Congresso del Burschenschaft del
1818). Mentre si opponevano alla partecipazione degli ebrei al loro movimento, come in seguito
Heinrich von Treitschke, essi concedevano la possibilità che la minoranza ebraica (e le altre)
partecipasse allo Stato tedesco, a patto di abbandonare tutti i segni distintivi di appartenenza et-
nica e religiosa e di essere assimilata completamente nel Volk tedesco. Marr fece fare un passo
in avanti a queste filosofie, rigettando la premessa dell‘assimilazione come mezzo per cui gli
ebrei potevano diventare tedeschi. Nel suo opuscolo Der Weg zum Siege des Germanentums ü-
ber das Judentum (La strada verso la vittoria del germanismo sul giudaismo, 1879), introdusse
l‘idea che i tedeschi e gli ebrei erano bloccati in un conflitto che andava avanti da molto tempo,
le cui origini egli attribuiva alla razza — conflitto che gli ebrei stavano vincendo. Sostenne, i-
noltre, che l‘emancipazione ebraica risultante dal liberalismo tedesco aveva permesso agli ebrei
di controllare la finanza e l‘industria tedesca e, poiché tale conflitto si basava sulle qualità diffe-
renti delle razze ebraica e tedesca, non poteva venire risolto nemmeno dalla totale assimilazione
della popolazione ebraica. Secondo Marr, la lotta tra ebrei e tedeschi si sarebbe risolta solo con
la vittoria di una delle parti e con la morte definitiva dell‘altra. Una vittoria ebraica, concludeva,
sarebbe risultata nella finis Germaniae (la fine del popolo tedesco). Per impedire che ciò si veri-
ficasse, nel 1879 Marr fondò la Lega Antisemita (Antisemiten-Liga), la prima organizzazione
tedesca impegnata specificamente nel combattere la presunta minaccia posta alla Germania da-
gli ebrei, e che sosteneva la loro rimozione forzata dal paese. Benché avesse introdotto una
componente razziale pseudo-scientifica nel dibattito sugli ebrei in Germania, è improbabile che
sia stato influenzato dalle precedenti teorie di Arthur de Gobineau, autore del Saggio sulla di-
versità delle razze umane, 1853, che venne tradotto in tedesco solo nel 1898, un quarto di secolo
dopo la comparsa del suo opuscolo. Inoltre, lo stesso Marr fu molto vago su ciò che costituiva la
razza e, di conseguenza, sulle differenze razziali tra ebrei e tedeschi, anche se questa divenne
una caratteristica della scienza razziale nazista. Restò ai successivi pensatori razziali postulare
- 10 -
l‘etimologia, esso non si riferisce all‘odio nei confronti di tutti i popoli semiti,
cioè quelli che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, inclusi l‘arabo,
l‘ebraico, l‘aramaico e l‘amarico, ma unicamente all‘odio e alla discriminazione
nei confronti degli ebrei.
Marr tentò, così, di fornire una patente di legittimità scientifica alla confu-
sa formula tedesca Judenhass. Nel 1879, egli pubblicò l‘opuscolo Der Weg zum
Siege des Germanentums über das Judentum, (La strada verso la vittoria del
germanismo sul giudaismo), che ebbe grande successo, tanto che ne vennero
pubblicate dodici edizioni in sei anni. Utilizzando i concetti di razza e di naziona-
lismo völkisch (popolare, nazionale, razziale), Marr dimostrava come, nel corso
dell‘Ottocento, gli ebrei fossero divenuti «il potere forte dell‘Occidente». Accu-
sava gli ebrei di liberalismo, di essere privi di radici e di aver ―giudeizzato‖, cioè
di aver reso malsani e ―infetti‖, i tedeschi in modo irrecuperabile. Nello stesso
anno fondò l‘Antisemiten Liga, la Lega Antisemita, un organismo che, per la
prima volta, si impegnava pragmaticamente e programmaticamente in un proget-
to di allontanamento coattivo della componente ebraica dalla Germania, per la tu-
tela e la protezione di quest‘ultima: «In precedenza, all‘odio verso gli ebrei era
differenze specifiche; tra questi, Eugen Dühring, che suggerì di ricercarle nel sangue, e Houston
Stewart Chamberlain, un influente teorico razziale e marito di Eva Wagner, figlia di Richard
Wagner, che propose la freonologia come mezzo per distinguere le razze. D‘altra parte, sembra
probabile che Marr fosse influenzato da Charles Darwin tramite Ernst Haeckel, un professore
che rese popolare la nozione di darwinismo sociale tra le classi colte tedesche. Nonostante la sua
influenza, le idee di Marr non vennero adottate immediatamente dai nazionalisti tedeschi. La
Lega Pangermanica, fondata nel 1891, in origine permise l‘associazione di ebrei, a patto che
fossero completamente assimilati nella cultura tedesca. Fu solo nel 1912, otto anni dopo la mor-
te di Marr, che la Lega dichiarò il razzismo come suo principio fondante. Ciò nonostante, Marr
fu un importante anello della catena evolutiva del razzismo tedesco, che sfociò nel genocidio
dell‘epoca nazista.
- 11 -
stata data una giustificazione religiosa; gli ebrei avevano rifiutato la salvezza of-
ferta da Gesù ed erano condannati nell‘immaginario popolare in quanto assassini
di Cristo. La concezione di Marr era piuttosto diversa. Secondo lui, gli ebrei era-
no un popolo biologicamente straniero, inammissibili in quanto appartenenti a
una razza diversa ed estranea; Marr riteneva che la storia moderna dovesse essere
intesa come una continua lotta tra lo ―straniero semita‖ e la ―schiatta nativa teu-
tonica‖».6 Difficile elencare tutte le basi teoriche che avevano preparato l‘azione
di Marr, il quale, del resto, non seppe indicare con precisione le specificità dei
diversi gruppi razziali, sviluppando così un discorso di tipo economico (il con-
trollo da parte degli ebrei della finanza e dell‘industria tedesche) e politico (la re-
sponsabilità del liberalismo tedesco nell‘emancipazione degli ebrei).
L‘ideologia antisemita si basa anche su una teoria razzista, inizialmente
formulata in Francia e in Germania nella metà del XIX secolo, secondo la quale
le persone della cosiddetta ―razza ariana‖ sarebbero, per fisico e temperamento,
superiori agli ebrei. Questa teoria, sebbene duramente criticata per la sua inconsi-
stenza scientifica, si diffuse soprattutto attraverso le opere del diplomatico fran-
cese Joseph Arthur de Gobineau7 e del filosofo tedesco Karl Eugen Dühring8 e
6
COHN-SHERBOK - COHN-SHERBOK, Breve storia, cit., p. 123.
7
Joseph Arthur, Conte di Gobineau fu un diplomatico e filosofo francese la cui dottrina, caratte-
rizzata da un forte antisemitismo, venne utilizzata dai nazisti come giustificazione filosofica del-
le loro teorie razziste. Di origini aristocratiche, dal 1848 al 1877 Gobineau ricoprì cariche di-
plomatiche in Persia, Germania, Grecia, Brasile e Svezia. Scrittore particolarmente attivo, com-
pose diversi racconti e scrisse numerosi saggi di religione, filosofia e storia. La sua opera più
famosa, Saggio sull‟ineguaglianza delle razze umane (1853-1855), sosteneva che la razza aria-
na, o bianca, è superiore a tutte le altre. Questa teoria influenzò il genero Houston Stewart
Chamberlain e fu in seguito adottata anche da Adolf Hitler. La dottrina di Gobineau sulla supe-
riorità della razza ariana fu sempre contestata ed è considerata dagli antropologi moderni del tut-
to priva di rigore scientifico.
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venne utilizzata per giustificare la persecuzione civile e religiosa che gli ebrei a-
vevano subito attraverso i secoli. Alla base delle ricerche di Dühring e di Hou-
ston Stewart Chamberlain,9 sembra improbabile che Marr fosse a conoscenza
8 Karl Eugen Dühring fu un filosofo ed economista tedesco. Studiò filosofia con Friedrich Adolf
Trendelenburg e insegnò a Berlino dal 1863 al 1877. Dühring fu sostenitore di un evoluzioni-
smo positivistico volto a integrare scienza e filosofia. Quest‘ultima, come ―filosofia della real-
tà‖, ha il compito di sviluppare ―la più alta coscienza del mondo e della vita‖. Ma la coscienza è
a sua volta il punto di arrivo dell‘evoluzione naturale perchè «sentire e pensare sono stati di ec-
citazione della materia» (Il valore della vita, 1856), sicché la posizione di Dühring è materiali-
stica. È, tuttavia, innegabile che, mentre il pensiero tenda all‘illimitato, la realtà naturale sia
soggetta alla ―legge del numero determinato‖; sia, cioè, parzialmente e temporalmente circo-
scritta. Di qui la necessità di scoprire quell‘unitario ―fondo dell‘esistenza‖, che è l‘oggetto pro-
prio dell‘indagine filosofica, collegata, peraltro, con i progressi delle scienze. All‘evoluzionismo
della natura corrisponde, secondo Dühring, il progresso della società, che deve liberare l‘uomo
dalla servitù religiosa (rappresentata dall‘ebraismo e poi dal cristianesimo) e dalla servitù eco-
nomica del capitalismo. Dühring, che si considerava un vero e proprio riformatore dell‘umanità,
propugnò un socialismo ―personalistico‖, che mirava a un ―sistema socialitario‖, ovvero a paci-
fiche associazioni di lavoratori fondate sulla giustizia e l‘eguaglianza (Storia critica
dell‟economia). Dühring criticò duramente il comunismo marxista (che definì un‘aberrazione
razziale ebraica) e il suo ricorso al metodo rivoluzionario. Le sue idee influirono fortemente sul
revisionismo di Eduard Bernstein e sulla socialdemocrazia tedesca. Di qui la reazione di Frie-
drich Engels nel celebre Antidühring.
9 Houston Stewart Chamberlain, figlio di un ammiraglio inglese, nacque a Portsmouth nel 1855.
Compì i suoi studi in Francia e a Ginevra e, nel 1870, all‘età di quindici anni, ebbe per precetto-
re il prussiano Otto Kuntze, che gli trasmise l‘amore per la Germania. Nel 1882, Chamberlain si
trasferì da Ginevra a Bayreuth, dove incontrò il compositore Richard Wagner, di cui divenne
ammiratore appassionato. Nel 1908 sposò Eva Wagner, figlia di Richard, e l‘anno successivo si
trasferì a Bayreuth, dove visse fino alla morte, sopraggiunta nel 1927. Fu uno scrittore noto per i
suoi scritti che, sulla scia del pensiero di Joseph-Arthur de Gobineau, ribadivano, sviluppavano
ed esaltavano il concetto di razza ariana. Secondo Chamberlain, questa razza trovava i suoi più
autentici rappresentanti nei popoli di etnia germanica, predestinati a governare l‘Europa. Tra il
1897 e il 1898, Chamberlain scrisse la sua opera principale, destinata a ispirare molte aberrazio-
ni razziali naziste, Le basi del diciannovesimo secolo [Die Grundlagen des neunzehnten Ja-
hrhunderts], pubblicata nel 1899, opera che ispirò Hitler nella sua politica. Chiave di volta della
storia è, per Chamberlain, la razza. Per poter spiegare il mondo contemporaneo, bisogna consi-
derare il retaggio dei tempi antichi, costituito da filosofia e arte greca, diritto romano e persona-
lità di Cristo. Gli eredi di questo retaggio sono, secondo Chamberlain, ―due razze pure‖ (ebrei e
tedeschi) e una ―meticcia‖ (i latini). Tra questi eredi, Chamberlain considera i tedeschi come
l‘anima della civiltà europea, avendo essi ereditato le migliori qualità dei greci e degli indo-
ariani. In base a ciò, essi possono considerarsi signori del mondo. La pubblicazione dell‘opera
lo rese subito famoso in Germania. Addirittura entusiasta ne fu il Kaiser Guglielmo II, che di-
venne ben presto amico dello scrittore, conferendogli persino la Croce di Ferro dopo che questi
si era naturalizzato cittadino tedesco nel 1916. Durante il Terzo Reich, le teorie di Chamberlain
sulla supremazia razziale della Germania e dei tedeschi vennero fatte proprie dai nazisti. Adolf
Hitler si incontrò con Chamberlain a Bayreuth nel 1923 e fece una buona impressione sullo
scrittore inglese, tanto che questi si iscrisse al partito nazista e cominciò a scrivere sui giornali
del partito. Quando Chamberlain morì, l‘11 gennaio 1927, Hitler presenziò al suo funerale.
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delle teorie razziali di Arthur de Gobineau, esposte nel 1853 nel Saggio sulla di-
versità delle razze umane, tradotto in Germania solo a partire dal 1898. È vero-
simile, invece, che egli fosse stato influenzato dall‘ideologia del darwinismo so-
ciale, che proprio in quel tempo attecchiva presso l‘intellighenzia tedesca grazie
alla divulgazione di Ernst Haeckel. Così come è credibile che Marr, convinto
conservatore, fin dalla giovinezza avesse subito l‘influsso dei proclami panger-
manici e nazionalistici che, a partire dagli anni ‘20 del secolo, erano pervenuti
dal movimento del Burschenschaft, imbevuto di idealità romantiche e del mito
herderiano del Volk.
L‘entusiasmo connesso allo scoppio della Prima Guerra Mondiale sembrò
sopravanzare la forza delle ideologie antisemite radicate nelle nazioni belligeran-
ti. Rappresentanti dell‘etnia ebraica si trovarono a combattere su entrambi i fronti
e non di rado professarono la loro sentita adesione alla causa patriottica dello sta-
to per cui combattevano. Anche in questo caso, la Germania fornisce un quadro
emblematico: voci prestigiose, come quella di Hermann Cohen, di Nahum Gol-
dman o dello psicologo statunitense Hugo Munstenberg, difesero una supposta
fratellanza tra lo ―spirito ebraico‖ e lo ―spirito germanico‖; mentre, da parte tede-
sca, si potrebbero citare lo stupore di Chamberlain nel constatare come gli ebrei
adempissero «in prima linea come nelle retrovie, al loro dovere di tedeschi»10 o
la rinuncia all‘espulsione di questi da parte dell‘associazione antisemita Alldeu-
tsche di Heinrich Class. Del resto, addirittura nella Russia zarista, testate come il
10
H. S. CHAMBERLAIN, Die Grundlagen des Neunzehnten Jahrhunderts, München 1899, p.
143.
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«Novy Voskhod» o la «Gerusalemme di Lituania» confermavano il patriottismo
della componente ebraica assimilata. Non appena la guerra mostrò il suo volto
spietato e impose le proprie insostenibili privazioni sociali, gli ebrei tornarono ad
essere i bersagli privilegiati del malcontento imperante, il capro espiatorio di un
malessere crescente. Già durante il 1916, il Ministero tedesco della Guerra era
letteralmente sommerso dalle denunce contro imboscati e profittatori di guerra,
denunce subornate da agitatori che, in maggioranza, sarebbero poi rifluiti nel par-
tito nazista. Dalle colonne del «Preussische Jahrbüchner», Max Hildebert Bohem
diffuse l‘idea che l‘elemento semitico rappresentasse, nel cuore della Germania e
di tutta l‘Europa, una sorta di nemico sovranazionale e lo stesso Osvald Spengler,
scrivendo Il tramonto dell‟Occidente, alludeva ad una congenita incapacità di as-
similazione di questa ―nazione magica‖ con i popoli europei, e in primis con la
civiltà tedesca, nazioni faustiane.
Con la fine delle ostilità, in tutta Europa si diffuse la preclusione, o me-
glio, la limitazione dell‘accesso degli ebrei all‘università, alle professioni e, so-
prattutto, alle cariche pubbliche. In Russia, con la Rivoluzione bolscevica essi
dovettero far fronte, prima, alle angherie sistematiche delle truppe ―bianche‖ che,
in particolar modo in Ucraina e in Bielorussia, provocarono dai 100.000 ai
150.000 morti, quindi, alla politica antireligiosa del governo comunista. Nella ci-
vilissima Inghilterra, scrittori del calibro di Kipling, Belloc e Chesterton non fa-
cevano mistero di avere opinioni antisemite. Di conseguenza, crebbero i trasferi-
- 15 -
menti verso gli USA, almeno fino a quando, tra 1921 e 1924, il governo statuni-
tense non varò un sistema di norme restrittive sull‘immigrazione.
Frattanto, in Palestina, che dalla fine della guerra mondiale era passata sot-
to il controllo britannico, come stabilito dalla Società delle Nazioni, aumentava
lo stanziamento di ebrei, da circa 160.000 intorno al 1929 a circa 500.000 alla vi-
gilia del secondo conflitto mondiale, occupati per lo più in cooperative. Nel
1929, si ebbe la prima rivolta antiebraica degli arabi palestinesi e la Gran Breta-
gna, anziché favorire le strategie del sionismo, come aveva fin da subito promes-
so, ostacolò l‘emigrazione degli ebrei verso il Medio Oriente: «Nel 1935 una
commissione reale inglese propose di dividere la Palestina in uno Stato ebraico e
uno arabo, ma questa proposta fu respinta nel 1939 in un documento che riduce-
va ulteriormente l‘immigrazione ebraica e prometteva indipendenza alla Palestina
entro i successivi dieci anni. Era questa la situazione al momento dello scoppio
della Seconda Guerra Mondiale».11
3. I fondamenti teorici dell’antisemitismo moderno
L‘idea filosofica centrale della dottrina illuministica vedeva la ragione
umana e il pensiero razionale come unici strumenti atti a risolvere i problemi e a
dare basi etiche all‘esistenza. L‘Illuminismo affondava le proprie radici nella Rivo-
luzione scientifica, avvenuta alla fine del Seicento. Scienziati e filosofi quali
Newton, Keplero, Galileo, Bacon e Cartesio avanzarono teorie sull‘universo; le lo-
ro scoperte andavano a contraddire e sfidare direttamente il potere della Chiesa.
11
COHN-SHERBOK - COHN-SHERBOK, Breve storia, cit., p. 133.
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Molti scienziati e filosofi dell‘Illuminismo condannarono il sistema delle monar-
chie teocratiche europee, le superstizioni e anche gli ebrei per le loro credenze mi-
stiche e religiose e per i loro costumi che respingevano ogni forma di integrazione,
additandoli persino come capri espiatori in questioni di importanza nazionale.
Durante l‘Illuminismo, videro la luce i primi nazionalismi. Gruppi di per-
sone che condividevano una cultura, una lingua, una storia, una razza e un siste-
ma di valori si unirono insieme in entità politiche, economiche e sociali con con-
fini geografici ben determinati: oggi queste entità vengono chiamate nazioni. Una
nazione era un gruppo di persone unite politicamente e militarmente sotto
un‘unica bandiera e con un unico capo, in modo da non essere conquistata dallo
straniero. Quel gruppo di persone aveva in comune un senso di lealtà verso la
propria nazione. Gli ebrei, in quanto estranei che non condividevano con gli altri
lingua, cultura, religione e valori, venivano considerati, dagli estremisti, come
una minaccia al movimento nazionalista. Per questo, iniziarono ad essere bersa-
glio di persecuzioni.
Sullo scorcio dell‘Ottocento, dunque, l‘urgere di atteggiamenti antisemiti
non era ad esclusivo appannaggio della Germania, come dimostrano l‘Affaire
Dreyfus in Francia e la pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion in Russia;
due eventi che segnarono ben più il culmine di processi annosi ed articolati, che
non isolate parentesi patologiche nella storia sociale delle rispettive nazioni, co-
me spesso, invece, vengono ancora presentati.
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CAPITOLO II
ANALISI DELLA DIFFUSIONE DELL’ANTISEMITISMO NEL
MONDO
1. L’antisemitismo in Francia
La Francia fu il cuore del movimento illuminista e i philosophes volevano
cambiare la società applicando il pensiero razionale ai problemi sociali e politici
del loro tempo. Figura centrale del movimento fu Voltaire, accanto a Diderot,
Montesquieu e Condorcet. La condanna alle pratiche repressive del cristianesimo e
dell‘Inquisizione era generale. In teoria, tutti gli illuministi erano favorevoli alla
tolleranza nei confronti degli ebrei e denunciavano le persecuzioni, ma Voltaire era
contrario al ―particolarismo‖, alla testardaggine, all‘ostinazione e all‘avarizia di
questo popolo. I nemici degli ebrei citavano Voltaire per dimostrare che non solo
la loro religione, ma anche le loro caratteristiche naturali erano cattive, e che essi
erano di vedute ristrette e intolleranti, come si poteva evincere dalla Bibbia.
Durante gli anni della Rivoluzione francese e dell‘epoca napoleonica, fra il
1780 e il 1814, questi argomenti furono discussi negli appassionati dibattiti intorno
all‘opportunità o no di considerare gli ebrei come cittadini a tutti gli effetti. Forse
che gli ebrei avrebbero costituito uno ―Stato dentro lo Stato‖ (secondo
l‘espressione coniata dal filosofo tedesco Fichte nel 1793)? Se si dava loro il diritto