2
della documentazione cinematografica nel settore della storia
moderna
5
. In questo senso ancora, l’iconografia è una ricerca ausiliaria
delle discipline storiche.
Analoga accezione il termine iconografia mantiene nel campo degli
studi archeologici
6
, dove, però, riveste di preferenza il significato di
ritrattistica. In un’accezione, invece, più propria alle discipline storico
– artistiche, l’iconografia assume il valore di uno studio descrittivo e
classificatorio delle immagini in base al loro aspetto esteriore e alla
loro associazione; mira quindi a decifrare il soggetto, sia diretto sia
indiretto, di una figurazione.
Si tratta di una ricerca essenziale della storia dell’arte, che ha assunto,
con la maggiore conoscenza delle civiltà più antiche, un’ampiezza di
sviluppi e un rigore scientifico che l’hanno delineata come disciplina a
sé, cosciente di una sua precisa caratterizzazione e almeno
parzialmente identificabile con una delle fasi di sviluppo delle scienze
storico artistiche.
5
MORMONE 1979, pp. 13 – 57.
6
BIANCHI BANDINELLI, pp. 289-308.
3
Tale atteggiamento delle discipline storiche artistiche al loro sorgere
risponde all’esigenza elementare di una lettura dell’opera d’arte, vista
per altro non da un punto di vista meramente estetico, ma più
generalmente storico, nei suoi significati più immediatamente
didascalici. Solo attraverso uno studio approfondito dell’immagine
sarà possibile interpretare il significato intrinseco di quest’ultima
7
.
7
GOMBRICH 1985, pp. 3 -128.
4
2. Le origini dell’iconografia paleocristiana
L’origine dell’iconografia in ambito cristiano è segnata dalle influenze
del mondo ebraico e della civiltà tardo-ellenistica e romana, con cui i
cristiani vennero successivamente in contatto, anche se A. Grabar
ritiene arbitrario isolare dei periodi nel campo della storia
8
. Sarebbe
del tutto incongruo, infatti, separare l’arte paleocristiana da quella
pagana del periodo tardo antico
9
.
Tutte queste culture hanno influenzato profondamente le espressioni
formali dell’ambito cristiano, che troverà le coscienze più permeabili
nella società antica in via di trasformazione
10
.
Questa constatazione è di grande importanza per la storia
dell’iconografia cristiana le cui radici sono da ricercare nel periodo in
cui il cristianesimo cominciò a diffondersi al di fuori di quei gruppi
d’ebrei che in Galilea si erano stretti intorno ai discepoli di Gesù di
Nazaret.
8
GRABAR 1991, pp. 3 ss.
9
BIANCHI BANDINELLI 1988, p. X.
10
SORDI 1984, P. 51.
5
L’influenza della cultura ebraica dei primi convertiti alla nuova
religione in cui, per i noti divieti biblici, l’avversione verso la
raffigurazione della divinità era nota
11
.
Le espressioni formali dei primi tempi del cristianesimo, proprio per
l’influenza della cultura ebraica, trovano esplicitazione in un
repertorio che è di tipo simbolico
12
.
Le prime comunità cristiane, infatti, tendevano ad evitare
l’espressione figurativa e che, solo intorno al 200, cominciò ad
affermarsi una concezione diversa
13
. Ciò significa che per circa un
secolo e mezzo i cristiani fecero a meno di rappresentazioni figurative
di carattere religioso cosa che purtroppo ci priva d’ogni testimonianza
archeologica sullo stato spirituale e sulle controversie fra le comunità
cristiane
14
prima dell’anno 200. Questo primo rifiuto delle immagini
era culturalmente determinato dai profondi legami fra il cristianesimo
e la dottrina ebraica, essenzialmente aniconica: i primi cristiani si
11
BISCONTI 1996, pp. 71 – 82.
12
DANIELOU 1961, pp. 7 ss.
13
BISCONTI 1996, pp. 71 ss.
14
CECCHELLI 1942, pp. 3 ss.
6
attennero al divieto da essa sancito
15
e risalente ad un passo
dell’Antico Testamento: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di
quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò
che è nelle acque sotto la terra”
16
.
L’originaria avversione del cristianesimo, quindi, nei confronti delle
arti figurative era radicata nella sua stessa spiritualità. “Ma viene il
tempo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”
17
.
In questo periodo il concetto di venerazione puramente spirituale trova
forse la sua espressione più eloquente nelle parole di Minucio Felice
in cui tale ideale era gia messo in discussione da più parti: “Credete
che noi teniamo occulto l’oggetto della nostra adorazione solo perché
non abbiamo santuari e altari? E perché dovrei scolpire un simulacro
di Dio quando l’uomo stesso è simulacro di Dio?”
18
Come è evidente
da questo passo, il radicale rifiuto delle arti figurative espresso dalla
Chiesa primitiva costituisce parte integrante del generale rigetto di
15
Dt 5,7; Es 20,4.
16
Es. 20: 4,5.
3
Giovanni 4,23.
18
Minucio Felice, Oct. 32.
7
ogni elemento materiale nella vita e nella devozione religiosa
19
. La
resistenza nei confronti delle rappresentazioni figurative, tuttavia, era
particolarmente tenace, sia perché la proibizione di riprodurre
immagini costituiva un fatto essenziale della legge mosaica
20
, sia a
causa del ruolo assolutamente decisivo che la scultura e le immagini
in generale avevano assunto nel mondo greco-romano che si andava
pian piano convertendo alla nuova religione, ma che era ancora intriso
di paganesimo
21
. E i cristiani d’origine greca e romana, infatti, la cui
cultura artistica attribuiva grande importanza alle rappresentazioni
figurative, furono poco ricettivi verso questa proibizione
22
. Ogni loro
abitazione, infatti, in epoca pagana, conteneva statuette in bronzo o
terracotta di divinità e sulle loro mura risaltavano le figure policrome
di dei ed eroi
23
.
Una volta convertitisi al cristianesimo, molti di loro cercarono
alternativa a questo culto delle immagini cosi profondamente radicato
19
FAZZO 1977, p. 277
20
ROSENAU 1960, pp. 6 -18.
21
GRABAR 1968, p. 105.
22
QUACQUARELLI 1978, pp. 90 – 99.
23
BERRY 1998, pp. 5 ss.
8
in loro e in questi ambienti le resistenze alla realizzazione o al
possesso di figure religiose verranno rapidamente superate
24
.
Nonostante tutto, gli ostacoli alle raffigurazioni religiose perdurarono
piuttosto a lungo assumendo gradualmente toni più o meno accesi.
Durante un concilio tenutosi ad Elvira
25
in Spagna venne stabilito ad
esempio, il divieto di “dipingere sui muri ciò che oggetto di
venerazione e adorazione”, e sempre nel corso del IV secolo altri
dissensi attestano ancora una viva opposizione ad un’arte figurativa
cristiana
26
. La resistenza contro il culto delle immagini fu rivolta in
primo luogo nei confronti di tutte quelle forme di rappresentazione
che potevano essere considerate come idoli o prestarsi ad abusi di
carattere idolatrico. Vi furono per contro come abbiamo visto, svariati
modi di rappresentazione riguardo ai quali non può essere ravvisata
alcun’obiezione sostanziale per queste ragioni. Raffigurazioni
decorative e simboliche, immagini didattiche e narrative, tutto ciò che
appariva relativamente innocuo, ma che in realtà fu il mezzo
24
LASSUS 1967, pp. 91-98.
25
MANSI , II, p. 11.
26
MIGNE, 20, coll. 1545-49.
9
attraverso il quale l’arte penetrò nei luoghi di riunione e nei cimiteri
cristiani del III secolo
27
. Gran parte delle catacombe romane denota un
deliberato tentativo di evitare qualsivoglia sospetto o incoraggiamento
di pratiche idolatriche, eppure questo primo e, apparentemente
innocuo, passo si rivelò di fondamentale importanza e svolse un ruolo
decisivo per la nascita dell’arte cristiana
28
. Se è vero infatti che le
prime espressioni figurative cristiane sembrano ostacolate dal divieto
mosaico di rappresentare le immagini, è anche vero che tale divieto
non andava oltre la figura di Jahve e all’utilizzazione di queste
immagini come oggetto di culto
29
. Il divieto dunque non comportava
un arresto assoluto della consuetudine di decorare case, sepolcri e
edifici di culto con i temi desunti dall’immaginario biblico
30
. E fu
proprio questo l’incipit che fece muovere i primi passi all’iconografia
cristiana. Il divieto, infatti, come si diceva, va riferito a quelle icone
finalizzate a un culto di tipo idolatrico. I Padri della Chiesa dei primi
27
TALBOT RICE 1957, pp. 6 ss.
28
PERGOLA 1997, pp. 8 ss.
29
BISCONTI 1996, p. 72.
30
GRABAR 1963, pp. 378 ss.
10
secoli sono molto espliciti in questo senso, a cominciare da Giustino
ed Atenagora e continuando con Tertulliano e Minucio Felice. Ma è
Clemente Alessandrino che spiega l’avversione della chiesa ufficiale
alla rappresentazione delle immagini sacre e nello stesso tempo fa un
elenco dei soli temi iconografici che potevano essere raffigurati
31
. Il
testo si riferisce agli anelli-sigillo, sui quali i cristiani usavano incidere
i soggetti attinenti alla loro credenza. Clemente scrive che questi
soggetti devono essere limitati a segni molto discreti: “I nostri anelli
devono recare una colomba, un pesce, una nave con le vele spiegate,
una lira come quella dell’anello di Policrate o l’ancora che Seleuco ha
fatto incidere sul suo cammeo; un pescatore può ricordarci l’apostolo
e i neonati raccolti dalle acque. Ma bisogna guardarsi dal raffigurarvi
idoli: il solo pensiero è proibito”
32
. Clemente consiglia, dunque, tutte
quelle immagini care al patrimonio figurativo pagano e suggerisce di
adottare simboli neutri o ricchi di rispondenze salvifiche e
cristologiche, come la colomba, l’ancora, la nave, la lira ed il pesce
33
.
31
MENOZZI 1995, pp. 11-21.
32
Clemente Alessandrino, p. 8,633.
33
Paed. 3,11, 59-60.
11
Il primo motivo, la colomba, simboleggiava nell’antichità l’anima
anche in altre religioni. Molto diffusa in ambito paleocristiano, la
raffigurazione della colomba è stata interessata da un fenomeno,
definito dal Testini, “di potenziamento come ideogramma
simbolico”
34
, ovvero, entrata a far parte del repertorio artistico
paleocristiano con il suo significato di base, legato al concetto
dell’armonia, la colomba è stata sottoposta ad una sorte di
progressione in sacralità che l’ha portata dalla semplice funzione
allegorica sino ad assumere il ruolo di personificazione.
Raccomandata da Clemente Alessandrino come simbolo d’augurio
generico di vita beata
35
e, per questo, immagine ornamentale consona
ad un buon cristiano, la colomba appare spesso inserita nelle scene che
si riferiscono all’habitat paradisiaco, cosi che, nelle raffigurazioni
abbreviate di questo tema, si può trovare una figura di orante associata
ad una colomba che da sola rimanda all’ambito oltremondano
36
. In
altri casi, è la stessa anima del defunto ad essere incarnata dal volatile,
34
Testini, 1985.
35
Paed. 3,11,59-60.
36
Nr p. 35 n.17.
12
secondo la consolidata tradizione che, ad esempio, con Origene
37
,
vede l’associazione dell’anima innocente con la colomba, connessione
ribadita, tra l’altro, nel racconto del martirio di San Policarpo secondo
il quale una colomba usci dal corpo del martire al momento della
morte. Sotto tale aspetto, a prescindere dal contesto decorativo non
soltanto funerario, la raffigurazione di una colomba che si abbevera, o
che becca frutti, o che sostiene una ghirlanda di fiori, rimanda,
evidentemente, al concetto del refrigerio e della pace celeste raggiunta
tramite la fede in Cristo nei casi in cui l’immagine si trova associata
ad un pesce, un’ancora, un agnello o affrontata ad un cristogramma.
Una particolare versione, tipicamente paleocristiana, del soggetto,
prevede la colomba con un ramoscello d’ulivo tenuto nel becco o tra
le zampe. L’immagine è stata stralciata dall’episodio
veterotestamentario di Noè
38
e da questo contesto riceve il particolar
significato simbolico di messaggero di salvezza. Tale ideogramma
venne quindi utilizzato in nuove combinazioni iconografiche con altre
37
In Canticum Cantic. Hom. 2,12
38
Genesi 8,8 ss
13
scene bibliche quali i tre fanciulli nella fornace, Daniele, Giona, il
sacrificio d’Abramo, per esplicitare maggiormente la funzione di
paradigmi di salvezza rivestita da queste immagini
39
. Sin dalle più
antiche testimonianze del repertorio artistico paleocristiano, ad
esempio nell’affresco della prima metà del III secolo delle cripte di
Lucina e nel sarcofago di S. Maria Antiqua, la colomba diventa
elemento chiave d’identificazione del battesimo di Cristo, in cui,
secondo il testo evangelico
40
rappresenta lo Spirito Santo. Con tale
qualificazione apparirà, nella prima metà del V secolo, nella scena
dell’Annunciazione sull’arco trionfale della basilica romana di S.
Maria Maggiore, in quella d’Etimasia e, dal VI secolo, come segno
distintivo della raffigurazione della Pentecoste. Gia dal IV secolo, la
figura della colomba venne altresì in sostituzione di figure umane ed
in particolare degli apostoli e del Cristo stesso, come si vede sulla
fronte stessa del cubicolo di Leone e nella catacomba di Commodilla;
ancora, il motivo colomba-apostolo doveva essere presente nella
39
GERKE 1969, pp.11 ss.
40
Mt 3,15; Mc 1,9; Lc 3,21.
14
decorazione absidale della basilica di Cimitile
41
, secondo quanto
riportato da Paolino di Nola e, due secoli dopo, ribadito nel mosaico
del battistero d’Albenga. Un'altra immagine altrettanto nota e diffusa
dell’iconografia paleocristiana, e citata dallo stesso Clemente, era
quella del pesce. L’immagine del pesce intesa come simbolo è
antichissima e, tra l’altro, presente nelle più remote civiltà (Egitto,
Mesopotamia, Siria, Palestina), dove assunse i più disparati significati.
Segno legato all’acqua in cui vive, portatrice di vita e di fecondità,
giocò un ruolo importante in molti culti e religioni, divenendo ora
simbolo di fertilità, ora assumendo ruolo di talismano, ora, nella
cultura giudaica, simbolo degli israeliti, come presente nel banchetto
messianico e nella cena pura e se ne riscontra anche un uso
figurativo
42
. Controversa e dibattuta è, dunque, la ricerca del modello
da cui la simbologia paleocristiana desunse l’uso di tale immagine:
esso è stato collegato con i miti Vedici, con il libro di Giona, con il
delfino di Arion, con il ketos di Ercole, con i misteri orfico-
41
OTRANTO 1997, pp. 279 – 298.
42
Engemmann 1969, cc. 1014-1015.
15
dionisiaci
43
. Il Dolger ne additò anche un’origine orientale: il pesce
visto come “Opposition symbol” al culto siriano di Atargatis o al culto
tracio comprendente l’offerta del pesce, specie in relazione al
simbolismo eucaristico
44
. Réau chiamò in causa il culto del dio pesce
babilonese Oannes
45
. Engemmann ravvisa il punto di partenza nel
Giudaismo, nelle interpretazioni tipologiche veterotestamentarie
inerenti il pesce e la pesca riprese dai Padri della Chiesa.
46
Opposti
pareri si riscontrano anche riguardo alla relazione di consequenzialità
intercorrente tra il simbolo figurativo del pesce e quello letterario,
l’acrostico ΙΧΘΥΣ, entrambi attestati verso la fine del II secolo. Forse
sarebbe più opportuno riferire la pratica di far uso dell’immagine del
pesce a quel più ampio contesto culturale creatosi nell’impero romano
sulla scorta delle filosofie ellenistiche, connesse con l’interpretazione
allegorico-simbolica.
43
Wehrhahn Stauch 1972, p. 2.
44
Dolger 1910, pp. 19-33.
45
Réau 1956-1959, p. 81.
46
Engemmann 1969, cc. 1014-1015.