I
Premessa.
Il seguente lavoro intende esaminare i profili sostanziali della nuova imposta
municipale propria.
L’IMU, infatti, è un’imposta federale che avrebbe dovuto ispirarsi ai principi
del federalismo fiscale per conferire piena autonomia fiscale e tributaria agli enti
locali.
Il primo capitolo, pertanto, rappresenta un’introduzione alla disciplina
dell’IMU, ma anche uno strumento, attraverso il quale cogliere le criticità e le
incongruenze della novellata imposta in relazione al progetto di attuazione del
federalismo fiscale.
In tal senso, è stato opportuno definire la ratio ispiratrice della fiscalità
immobiliare in relazione al principio di territorialità.
Nel secondo capitolo, si enucleerà l’intera disciplina IMU, adoperando molto
spesso la tecnica del confronto con la previgente imposta ICI.
A tal riguardo, il suddetto confronto avrà la funzione di far riflettere sugli
elementi di continuità e su quelli di novità.
L’entrata in vigore dell’IMU, infatti, ha riportato all’attualità alcune questioni
che avevano già accompagnato l’istituzione dell’ICI, quale tributo immobiliare
destinato a finanziare i Comuni.
Inoltre, saranno sviluppati due temi di notevole interesse sia dottrinale sia
giurisprudenziale, ossia la rivalutazione catastale e il trattamento fiscale del
fabbricati rurali.
II
Il secondo capitolo si concluderà con l’illustrazione delle criticità e delle
contraddizioni, molte delle quali ereditate dalla previgente ICI; in particolare verrà
esaminata la scelta di individuare un’imposta di tipo patrimoniale quale base per
l’imposizione locale.
Il terzo capitolo analizza la controversa posizione di soggetto passivo degli
enti non commerciali, e in particolar modo, degli enti ecclesiastici.
La novellata IMU, infatti, non ha potuto fare a meno di intervenire sulla
suddetta questione, dato che sull’Italia pendeva una severa ammonizione da parte
della disciplina comunitaria in tema di aiuti di Stato.
Il seguente lavoro, pertanto, non ha la presunzione di esaurire tutte le
questioni sollevate dalla disciplina IMU, ma piuttosto intende essere un interessante
spunto di riflessione per comprendere quale dovrebbe essere il percorso riformatore
dell’imposta federale in esame.
1
CAPITOLO I – Le prospettive di federalismo municipale e l’attuazione dei
principi di razionalizzazione e semplificazione dell’ ordinamento tributario.
1. Introduzione.
Il carattere innovativo del federalismo municipale non risiede solo
nell’assenza di “una qualsivoglia sottoposizione istituzionale degli enti locali”
1
, ma
soprattutto nei suoi principi cardine.
Il federalismo municipale non è stato delineato con l’intento di dividere ma
con quello di unificare realtà storiche diverse.
L’obiettivo del legislatore è sicuramente tra i più ambiziosi se si considera
che l’Italia è un paese con una storia nazionale profondamente segnata da differenze
e contrapposizioni.
La L. cost. n. 3 del 2001 ha sicuramente rappresentato la prima grande
riforma costituzionale, innovativa di un’intera parte della Costituzione dedicata ai
rapporti tra Stato ed enti locali
2
.
1
Si veda in tal senso AA.VV., Il federalismo fiscale, Roma, 2009,7, dove viene brevemente
esposto il carattere originale del federalismo municipale. Quest’ultimo, infatti a differenza
del federalismo tedesco o spagnolo presenta un pluralismo di enti del governo territoriale:
Regioni, Province e Comuni, i quali sono tutti enti politici titolari di poteri, funzioni e
compiti stabiliti dalla Costituzione. In altri termini gli enti locali non sono parte
dell’ordinamento Regionale, la loro organizzazione e le loro funzioni fondamentali sono
stabilite dalle leggi dello Stato sulla base dei principi costituzionali che assicurano anche
ampia autonomia normativa agli enti stessi.
2
Il primo passo avanti verso il federalismo municipale risale agli anni ’90. Nel 1996 la
Commissione di studio per il decentramento fiscale (cd. Commissione Gallo) propose una
riforma della finanza locale che, nel rispetto della disciplina statale vigente in materia di
tributi locali, assicurasse l’attuazione dei principi di autonomia e sussidiarietà. La
2
Le modifiche nel loro complesso hanno ridisegnato il quadro costituzionale
inerente alle autonomie locali, attribuendo a queste poteri e prerogative, la cui
dipendenza statale risulta fortemente affievolita.
La gestione centralizzata delle risorse finanziarie ha ormai ampiamente
dimostrato che, sacrificare l’autonomia finanziaria degli enti locali a favore di una
marcata unitarietà fiscale dello Stato, non ha sempre portato vantaggi a realtà
territoriali così diverse tra loro e, a volte, poco conosciute da un sistema centrale
troppo lontano
3
.
La L. 5 maggio 2009, n. 42 ha predisposto i principi fondamentali del
coordinamento della finanza pubblica, delegando al governo il compito di dare
attuazione all’art. 119 Cost.
Il decreto delegato sul federalismo fiscale municipale ha introdotto l’imposta
municipale propria, ossia un tributo proprio derivato
4
, in quanto disciplinato
integralmente da fonte normativa statale.
Commissione, pur richiamando al rispetto dell’art. 23 della Costituzione che riserva al
legislatore statale la disciplina degli elementi essenziali del tributo (i soggetti passivi,
l’aliquota, la fattispecie imponibile), suggerì il massimo ampliamento dell’autonomia
tributaria degli enti locali ed il potenziamento del loro potere di disciplinare gli elementi del
tributo diversi da quelli essenziali.
3
In tal senso, si consulti Fantozzi, Corso di Diritto Tributario, Padova, 2004, pag. 540, il
quale illustra l’ispirazione di fondo della riforma prevista dalla L. 825 del 1970, la quale ha
marginalizzato il sistema fiscale locale, a favore di una marcata unitarietà del sistema fiscale
dello Stato. Tale sistema è andato incontro a molte critiche, acuitesi in specie nell’ultimo
decennio del secolo XX, in corrispondenza con l’accentuarsi di esigenze di diretta
responsabilità politica nelle scelte operate dagli enti locali e di superamento dei
condizionamenti imposti dalla gestione centralizzata.
4
Lo svolgimento dell’autonomia tributaria degli enti locali avviene attraverso i tributi propri
in senso stretto e i tributi propri in senso lato o derivati. Un tributo è proprio della Regione o
dell’ente locale solo se esso è il frutto dell’esercizio di una potestà legislativa esclusiva della
Regione ex art. 117, comma 4. I tributi propri derivati, invece, sono previsti direttamente da
legge statale, pur prevedendo l’attribuzione all’Ente locale del gettito o del potere di
accertamento o riscossione. Si veda in tal senso Gallo, Ancora in tema di autonomia
tributaria delle regioni e degli enti locali nel nuovo titolo V della Costituzione, in Rass.
Trib., 2005, n. 4, 1033.
3
L’Imposta Municipale Propria, così come ridisegnata
5
dal D.L. n. 201 del
2011, ha decisamente lasciato sullo sfondo la portata autonomistica del federalismo
fiscale e ha rinviato l’attuazione del principio del consenso
6
, ossia
dell’avvicinamento delle decisioni tributarie al primo livello di partecipazione
democratica.
2. L’evoluzione della fiscalità municipale in relazione al rapporto tra il
principio di capacità contributiva e l’autonomia tributaria degli enti locali.
Il quadro costituzionale di riferimento della fiscalità municipale è quello
delineato dal riformulato art. 119 Cost. che riconosce agli enti locali, autonomia
d’entrata e di spesa.
Il summenzionato articolo, infatti, così come riformato dalla L. cost. n 3 del
2001, appare destinato a incidere profondamente sul sistema dei tributi locali.
5
Il D.L. 201 del 2012 ha modificato la disciplina IMU lasciando invariati i caratteri
fondamentali dell’imposta (presupposto, base imponibile, soggetti, periodicità), sebbene ne
sia risultata un’imposta sostanzialmente diversa, nel rispetto dell’art. 4 dello Statuto del
Contribuente. Tale articolo prescrive che Non si possono disporre con decreto-legge
l'istituzione di nuovi tributi ne' prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie
di soggetti ovviamente nella piena tutela del contribuente.
6
In tal senso Basilavecchia, Il fisco municipale rispetta i vincoli costituzionali, in Corr.
Trib., 2011, n. 14, 1105, il quale considera il principio del consenso come un auspicio di
moralizzazione dei comportamenti amministrativi e di una gestione più equilibrata della
spesa pubblica. Di Siena, Note minime sulle entrate tributarie degli enti sub-statali nella
recente legge delega sul federalismo fiscale, in Riv. Dir. Trib., 2009, n. 11, 949 evidenzia
come il ciclo elettorale coincide essenzialmente con il ciclo fiscale nel rispetto del principio
costituzionale fondamentale “no taxation without representation”.In tal senso anche
Fantozzi, Corso di diritto tributario, Padova, 2004, il quale ritiene che un’amministrazione
locale che si finanzi attraverso tributi di sua istituzione e ricollegati al suo territorio sarebbe
incentivata a gestire al meglio tali risorse; e , dall’altro, i contribuenti potrebbero controllare
più efficacemente le amministrazioni locali, misurando direttamente il rapporto tra entità del
sacrificio fiscale loro richiesto e i servizi forniti dall’ente locale impositore.