delle innovazioni tecnologiche della rivoluzione industriale. Spesso si è
riscontrata l’inadeguatezza dell’insediamento montano ad ospitare le nuove e più
diversificate funzioni produttive e sociali.
Ma è altresì evidente come sia necessario non solo conservare alla montagna la
sua gente, ma operare in modo tale che questa non sia indotta a sfruttarla
irrazionalmente, alterandone le difese naturali.
La montagna, infatti, non è solo fonte di svantaggi e di disagi, ma è anche luogo
ricco di risorse, beni ambientali e culturali che attraverso una attenta opera di
valorizzazione e promozione possono concorrere ad attenuare gli squilibri di
natura sociale ed economica tra le zone montane ed il resto del territorio
nazionale.
Bisogna prendere atto delle caratteristiche peculiari dell’ambiente montano ed
intervenire con una specifica politica per la montagna, che tenga conto delle sue
<<differenze>> e ne promuova e tuteli lo sviluppo. Da qui la necessità di
interventi per la protezione e la valorizzazione delle zone montane e lo strumento
istituzionale specifico per realizzare tali obiettivi sono senza dubbio le comunità
montane, per la loro caratteristica di soggetti pubblici di programmazione socio-
economica.
4
2. EVOLUZIONE LEGISLATIVA DELLE NORME SULLA MONTAGNA
2.1 L’intervento nei territori montani dai primi del Novecento alla
ostituzione dei Consigli di Valle c
Nel disegno istituzionale della legge 3 dicembre 1971, (Nuove norme per lo per lo
sviluppo della montagna) la figura, nuova nell’ordinamento, della comunità
montana occupa una posizione di primo piano
1
. La comunità montana, come
vedremo meglio nel prosieguo, ha una importanza fondamentale come strumento
di riassetto del potere locale e di ricomposizione dell’intervento pubblico nei
territori montani.
Le comunità montane iniziano ad agire in un contesto istituzionale nel quale,
ormai da lungo tempo, operano interventi di settore; infatti, l’intervento pubblico
nei territori montani si è spesso contraddistinto per l’emanazione di provvedimenti
destinati a settori specifici ed al perseguimento di particolari finalità. È opportuno,
quindi, per comprendere meglio il processo che ha portato alla istituzione delle
comunità montane ripercorrere gli interventi pubblici che hanno preceduto la loro
costituzione.
Fra le prime leggi di inizio secolo che si occupano dei problemi attinenti alla
montagna vi è la legge 2 giugno 1910, n. 277, che dispone la creazione della
Direzione generale delle Foreste presso il Ministero dell’Agricoltura e del
Consiglio Superiore delle Acque e delle Foreste; inoltre detta norme per la
utilizzazione dei boschi di proprietà dei Comuni, degli enti pubblici ed
associazioni. Il r. d. 21 marzo 1912, n. 442 consolida il concetto di sistemazione
1
C. Desideri, Voce <<Montagna>>, in Enciclopedia del diritto, vol.XXVI, MI, 1976,
pag. 878
5
idraulico-forestale dei bacini montani e dispone l’esecuzione a cura ed a spese
dello Stato dei lavori di rimboschimento e risistemazione dei terreni in essi
compresi.
Già da queste prime norme si nota come gli interventi siano diretti a soddisfare
alcune specifiche finalità, in particolare nel campo della forestazione e della
sistemazione del suolo.
Con il r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, cosiddetta legge forestale o legge Serpieri,
vengono previste esenzioni fiscali e contributi per gli enti o privati, che si
dedicano a lavori di rimboschimento o miglioramento dei pascoli. Nel contempo
vengono affidate alla amministrazione forestale funzioni di istruzione, propaganda
ed assistenza nel settore della silvicoltura, della pastorizia e dell’agricoltura
montana.
Con la citata normativa del 1923 lo Stato tentò il riordinamento e la riforma della
legislazione in materia di boschi e territori montani. Prima di allora, infatti, non si
può parlare di una politica montana, ma tutt’al più di politica forestale, di tutela
del bosco per la sua funzione idrogeologica
2
. Nonostante i provvedimenti attuati, i
problemi della montagna, e in particolare delle popolazioni residenti, rimanevano
ancora lontani da una rapida soluzione. Nel frattempo l’aggravarsi della crisi
economica e sociale provocava la rapida espansione del fenomeno dello
spopolamento, una questione che è presente anche ai giorni nostri e che ha
rappresentato un problema costante per i territori montani.
Con il r. d. 13 febbraio 1933, n. 215, (Nuove disposizioni per la bonifica
integrale) il legislatore statale cerca di ovviare a questa situazione attraverso la
sistemazione organica della bonifica integrale ed agraria in Italia. Vengono così
introdotti i comprensori di bonifica montana, e si dispone che possono essere
formati da terreni montani caratterizzati da dissesto idrogeologico e forestale e, in
particolare, dai bacini montani delimitati ai sensi della legge forestale del 1923.
2
E. Martinengo, La Montagna in Italia, in <<Montagna Oggi>>, n. 12, 1990, pag. 15
6
Contestualmente con il decreto del 1933 si ridefiniscono le opere di bonifica di
competenza dello Stato e viene posto al centro del sistema della bonifica l’istituto
del consorzio tra proprietari, al quale è riconosciuta personalità giuridica
pubblica
3
. Al consorzio solitamente vengono date in concessione le opere di
competenza dello Stato e anche la redazione del piano generale di bonifica, che ai
sensi dell’art. 4 <<contiene il progetto di massima delle opere di competenza
statale, e delle direttive fondamentali della conseguente trasformazione
dell’agricoltura, in quanto necessarie a realizzare i fini di bonifica e a valutare i
presumibili risultati economici di altra natura>>. Emerge, quindi, da detto
articolo, la fondamentale distinzione, fra le opere di competenza statale (ora
regionale), e quelle di competenza privata per al cui realizzazione il piano deve
contenere le direttive di massima
4
. Tuttavia il meccanismo del consorzio non
raggiungerà i propri obiettivi, sia per la sconnessione fra opere dello Stato e dei
privati, sia per gli scarsi investimenti di quest’ultimi per le trasformazioni agrarie.
Con la Costituzione si afferma per al prima volta in modo esplicito (art. 44, ultimo
comma, secondo il quale <<la legge dispone provvedimenti a favore delle zone
montane>>) il principio della necessità di interventi legislativi a favore delle zone
montane, sul quale si impernierà buona parte della azione politica per la montagna
del nuovo Stato repubblicano
4
. Il primo tentativo che va nella direzione
prospettata dal dettato costituzionale è del 1952; è, infatti, di quell’anno
l’approvazione della legge n. 991 (Provvedimenti in favore dei territori montani),
che è, generalmente, considerata la prima <<legge organica>> per i territori
montani.
Essa, infatti, definisce i criteri e le procedure per la classificazione dei territori
montani, subordinando alla qualificazione così effettuata (cosiddetta montagna
3
C. Desideri, Voce <<Montagna>>, op. cit., pag. 882
4
G. Morbidelli e A Ragazzini, Comunità montane e consorzi di bonifica, in <<Riv. Dir.
Agr.>>, I, 1974, pag. 681
7
legale), l’applicabilità dei benefici previsti
5
; ed inoltre prevede interventi
aggiuntivi ai comprensori di bonifica montana. Le caratteristiche principali di tale
normativa riguardano, quindi, essenzialmente la classificazione dei territori
montani e l’individuazione dei comprensori di bonifica montana nei quali è
possibile costituire tra i proprietari dei terreni i relativi consorzi.
Detti consorzi si costituiscono per iniziativa dei proprietari dei terreni o degli enti
pubblici interessati, in mancanza si provvede d’ufficio con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministro per l’agricoltura e per le foreste d’intesa
con il Ministro dei lavori pubblici.
I consorzi provvedono alla redazione di un piano generale di bonifica montana e
alla esecuzione di opere di bonifica. Il piano contiene il progetto di massima delle
opere di competenza statale e l’indicazione delle attività di miglioramento
fondiario, con particolare attenzione alle opere di consolidamento del suolo e
regolazione delle acque; inoltre individua le opere la cui esecuzione è obbligatoria
per i privati, i quali godono in questi casi di sussidi e contributi.
Altre importanti disposizioni della legge concernono l’ampliamento del demanio
forestale e la costituzione d’ufficio delle aziende speciali e dei consorzi per la
gestione dei beni silvo-pastorali degli enti pubblici.
Si può affermare che la legge n. 991/52 consente d’affrontare per la prima volta in
modo organico, adempiendo così al dettato costituzionale del citato art. 44 Cost.,
non solo i problemi del <<territorio>>, ma anche quelli dell’<<uomo>> della
montagna
6
. Vi è, infatti, l’adozione di un meccanismo di classificazione dei
territori montani basato su criteri normativamente definiti ed indifferenziati nei
confronti delle aree geografiche ed affidato alle decisioni di un organo burocratico
(Commissione Censuaria). Con la legge n. 991 si viene a creare un’area che può
essere definita, come lo sarà in futuro, <<montagna legale>>.
5
E. Martinengo, La montagna in Italia, op. cit., pag. 15
6
E. Martinengo, La montagna in Italia, op. ult. cit., pag. 16
8
In definitiva, la legge in esame non va oltre la riproposizione di modelli
preesistenti, riproponendo il sistema della bonifica e la struttura del consorzio di
bonifica, prevista dal r. d. del 1933; vi è però un novità fondamentale, e cioè che
al contrario delle precedenti esperienze normative – aventi nella maggiore parte
dei casi per oggetto il bosco e le sistemazioni idrauliche -, la l. n. 991/52 si
presenta come una norma avente ad oggetto i territori montani, così che i
provvedimenti da essa previsti sono applicabili in presenza di particolari
situazioni che si ritiene in genere sussistono in una certa porzione del territorio
nazionale caratterizzandola in modo specifico (sotto questo profilo può dirsi
perciò legge speciale per i territori montani)
7
.
Per la prima volta, quindi, oggetto di una legge è la <<montagna>> e non un
aspetto particolare di essa; in particolare, poi la legge n. 991 dopo avere definito i
criteri e le procedure per la classificazione dei territori montani prevede una serie
di benefici ed agevolazioni alle aree così determinate.
Nel contesto dell’evoluzione legislativa delle norme sulla montagna si colloca
anche la l. 27. 12. 1953 n. 959, che ha istituito un sovracanone annuo a carico dei
concessionari idroelettrici ed a vantaggio dei Comuni compresi nei bacini
imbriferi montani, un’unità territoriale delimitata dal Ministero del Lavori
Pubblici. Per bacini imbriferi montani s’intende l’intero territorio od una parte di
questo dal quale affluisce acqua ad un dato sistema fluviale.
La disciplina dei bacini imbriferi montani trova il suo precedente giuridico
nell’art. 52 del T. U n. 1775/1933, che riconosceva ai Comuni rivieraschi di
grandi derivazioni il diritto alla riserva di una quota dell’energia prodotta. Sempre
la legge n. 959/53 prevede la possibilità di costituire consorzi tra i Comuni
compresi in tutto o in parte nei bacini imbriferi montani, il consorzio è
obbligatorio quando ne fanno richiesta non meno di tre quinti dei Comuni
interessati. Il fondo costituito con il riparto del sovracanone deve essere impiegato
<<esclusivamente>> a favore del progresso economico e sociale delle
7
C. Desideri, Voce <<Montagna>>, op. cit., pag. 885
9
popolazioni, nonché ad opere di sistemazione montana che non sono di
competenza statale>>.
.2 I Consigli di Valle 2
Il D. P.R. 10 giugno 1955, n. 987 (Decentramento di servizi del Ministero
dell’Agricoltura e delle Foreste) istituisce i Consigli di Valle o comunità montane,
consorzi a carattere permanente, formati da Comuni compresi in tutto o in parte
nel perimetro di zone predeterminate che vengono individuate dalle Commissioni
Censuarie Provinciali.
Le Commissioni Censuarie Provinciali, infatti, provvedevano a suddividere
l’intero territorio montano della Provincia in zone omogenee sotto l’aspetto
geografico, economico e sociale. Se la zona interessata comprendeva territori di
due o più Provincie la competenza spettava alla Commissione Centrale.
La costituzione dei Consigli di Valle non è obbligatoria, in quanto dipende dalla
consensuale adesione di tutti i Comuni interessati, ma diviene obbligatoria nel
caso di richiesta da parte di tre quinti dei Comuni interessati, che rappresentano
almeno la metà della superficie complessiva della zona. Questi enti, nei quali è
possibile ravvisare la radice delle comunità montane istituite con la legge n. 1102
del 1971, sono dotati di un proprio Statuto che contiene disposizioni relative agli
organi rappresentativi e le loro attribuzioni, nonché le norme amministrative di
funzionamento.
Lo scopo principale dei Consigli di Valle è il miglioramento tecnico ed
economico dei territori montani attraverso:
a) la promozione dei consorzi di prevenzione e di bonifica montana;
b) il compimento di studi per la preparazione degli interventi nella zona;
c) la gestione tecnica dei boschi e dei pascoli;
10
d) la predisposizione e il coordinamento dei programmi d’investimento dei fondi
a disposizione dei consorzi dei comuni compresi nel perimetro dei bacini
imbriferi montani.
Dove non esistono i consorzi di bonifica montana i Consigli di Valle possono
promuovere la costituzione dei consorzi di prevenzione, previsti dalla legge n. 991
del 1952, costituiti tra i proprietari interessati dei territori montani le cui
condizioni necessitano dell’intervento della attività coordinata dei singoli.
Compito dei Consigli di Valle è anche la promozione dei consorzi di bonifica
montana, previsti all’art. 16 l. n. 991/52, tra proprietari interessati nei comprensori
di bonifica montana. Il piano generale di bonifica montana, ex art. 17, poteva
essere redatto oltre che dai consorzi di proprietari, dai Comuni e da loro consorzi
ed altri enti; solo in difetto provvedeva il Ministero. Ora, spetta al Consiglio di
Valle compilare o fare compilare detti piani. Il r. d. 1923 prevedeva la facoltà di
costituire aziende speciali per la gestione tecnica dei boschi e dei pascoli dei
Comuni comunque loro appartenenti, ora, il D. P. R. 1955 affida ai Consigli di
valle la promozione di dette aziende speciali. Ulteriore funzione dei Consigli di
Valle è il coordinamento dei programmi degli investimenti dei fondi, gestiti dai
consorzi tra i Comuni compresi nei bacini imbriferi montani e beneficiari del
sovracanone a carico dei concessionari idroelettrici.
Si tratta, come si vede, di un complesso di competenze indicate in modo tassativo,
sicché la prima parte dell’art. 13, dove si parla in generale di scopi diretti a
conseguire il miglioramento tecnico ed economico dei terreni montani, assume
valore meramente programmatico rispetto alla successiva elencazione dei tipi di
intervento, e quindi dei poteri effettivi spettanti ai Consigli di Valle. In effetti, la
stessa natura giuridica di tali enti, considerati come consorzi a carattere
permanente tra Comuni, è tale da escludere la possibilità di un ampliamento dei
fini e dei mezzi dei Consigli
8
. Soprattutto, i Consigli di Valle mancano di un
8
A. Abrami, I poteri delle comunità montane nella nuova legge sulla montagna, op.
cit., pag. 664
11
potere di programmazione generale, e questo limite ha condizionato e influenza
tuttora le possibilità di un loro intervento coordinato e globale nelle zone
montane.
12