2
Un altro motivo di incertezza, riguarda la profonda confusione che esiste tra il
concetto di “qualità” e quello di “sicurezza” degli alimenti che, come sarà
illustrato a breve, sono facilmente confondibili ma costituiscono due nozioni ben
distinte tra loro.
A far da cornice ad un contesto già di per sé complesso, vanno poi ricordate le
accese polemiche scaturite dal verificarsi, negli ultimi anni, di alcuni scandali
alimentari quali la crisi della “mucca pazza” (BSE) o il “pollo alla diossina”, che
hanno fatto aumentare in maniera considerevole il livello di attenzione nei
confronti delle problematiche inerenti la qualità e la sicurezza dei prodotti
agroalimentari, in un settore che, proprio da questo punto di vista, sta vivendo il
suo momento di maggiore evoluzione.
Questa situazione di profonda incertezza, anche normativa, ha alimentato negli
anni un acceso dibattito che vede contrapposti associazioni di consumatori,
sindacati agricoli e rappresentanti del mondo produttivo agroalimentare.
Uno dei punti più controversi è costituito dalle tematiche che investono le
produzioni che fanno ricorso agli Organismi Geneticamente Modificati (OGM),
con particolare attenzione alle implicazioni riguardanti la salute dell’uomo e la
tutela dell’ambiente ed alla possibilità di applicare o meno criteri qualitativi ai
prodotti Geneticamente Modificati (GM).
Inoltre, la volontà di offrire ai consumatori sempre maggiori rassicurazioni e
garanzie sull’effettiva qualità di ciò che acquistano, al fine di dissipare o quanto
meno mitigare i dubbi generati da questo complesso stato di cose, le aziende
produttrici del settore agroalimentare ricorrono sempre più spesso alla leva della
Certificazione sia di processo sia di prodotto.
Infatti, sembra essere questo l’unico strumento valido a disposizione delle
imprese per sostenere la propria posizione sul mercato ed accrescere
contemporaneamente la fiducia dei propri consumatori.
3
Da quanto già detto risulta evidente come le questioni relative alla qualità nel
settore agroalimemtare costituiscano un terreno di discussione molto delicato,
anche perché caratterizzato da una “posta in gioco” molto alta: la salute umana.
Questi temi sono molto sentiti sia a livello comunitario sia a livello mondiale e
coinvolgono molteplici aspetti che meriterebbero di essere approfonditi
singolarmente con maggiore dettaglio.
Risulta quindi arduo il tentativo di sintetizzare un argomento così complesso e
controverso.
Per questo motivo, l’analisi delle questioni relative alla qualità in agricoltura
verterà principalmente sull’individuazione degli aspetti principali della tematica,
allo scopo di offrire una visione completa, che porti ad una comprensione globale
del problema e che sia la base per eventuali approfondimenti in merito.
La trattazione delle tematiche introdotte verrà sviluppata nei successivi quattro
capitoli, seguendo una progressione logica che parte dall’individuazione puntuale
dell’oggetto di studio (i prodotti agroalimentari), passando attraverso
l’individuazione degli aspetti normativi (Ambito Cogente, Regolamentato e
Volontario) e concludendo con l’analisi delle motivazioni esistenti alla base del
dibattimento.
In dettaglio, nel primo capitolo (Il significato della qualità nel settore
agroalimentare), di carattere introduttivo, viene approfondito il significato di
“qualità”, distinguendolo dal concetto di “sicurezza” spesso fonte di confusione.
Si procede quindi alla rassegna delle singole tipologie di prodotto che
costituiscono l’oggetto della trattazione (prodotti Tipici Tradizionali, prodotti
Biologici e prodotti Geneticamente Modificati) e della rilevanza economica degli
stessi all’interno del settore.
Particolare rilievo sarà assegnato alle argomentazioni relative ai prodotti
contenenti o derivanti da Organismi Geneticamente Modificati (limiti di
tolleranza, rischi, pregi e difetti), al fine di consentire al lettore una migliore
4
comprensione delle ragioni di fondo dell’acceso dibattito che riguarda quest’area
produttiva.
Nel secondo capitolo (Gli ambiti di intervento per garantire la qualità dei
prodotti agroalimentari) vengono esaminati i tre principali livelli di intervento
normativo finalizzati alla tutela ed al riconoscimento della qualità nelle
produzioni agroalimentari (Ambito Cogente, Ambito Regolamentato e Ambito
Volontario), dandone una descrizione analitica, volta alla comprensione del
contenuto delle singole aree di intervento ed alle modalità di applicazione delle
stesse. In particolare, la parte finale del capitolo (quella dedicata all’Ambito
Volontario) sarà volta all’esposizione della complessa tematica della
Certificazione volontaria di processo e di prodotto ed all’illustrazione delle
norme tecniche internazionali ISO e delle loro più recenti innovazioni.
Il terzo capitolo (L’estensione dei controlli sulla qualità: la rintracciabilità)
riguarda uno degli argomenti di maggiore rilievo degli ultimi tempi nel settore
agroalimentare, cioè la possibilità di tracciare la storia del prodotto, estendendo
quindi il controllo sulla filiera produttiva a tutte le fasi della lavorazione (dalla
materia prima al prodotto finito).
Nel quarto ed ultimo capitolo (Il dibattito sulla qualità e gli OGM: posizioni a
confronto), vengono presi in considerazione i fattori che sono alla base
dell’acceso dibattito nato intorno alla possibilità di applicare o meno criteri
qualitativi anche alle produzioni geneticamente modificate, nonché
all’opportunità dei limiti già previsti dalla legge in materia di contaminazione
accidentale da OGM.
Al fine di esporre al meglio le diverse opinioni a riguardo, saranno prese in
considerazione le posizioni assunte dai due maggiori sindacati agricoli italiani
(Confagricoltura e Coldiretti) in contrapposizione tra loro e quella più neutra di
un Organismo di Certificazione, il CSQA, avente esperienza pluriennale nel
settore agroalimentare.
5
CAPITOLO PRIMO
IL SIGNIFICATO DELLA QUALITA’ NEL SETTORE
AGROALIMENTARE
6
I.1. Qualità e sicurezza
Nell’ultimo decennio l’attenzione nei confronti delle tematiche della qualità e
della sicurezza in campo agroalimentare ha assunto proporzioni sempre
maggiori, dando vita ad un acceso dibattito che a volte si è tradotto in regole e
prassi che investono diversi ambiti di attività, come sarà meglio illustrato nei
capitoli seguenti.
Inoltre la serie di scandali alimentari che si è verificata negli ultimi anni (BSE,
diossina, …) ha portato ad un progressivo indebolimento della fiducia dimostrata
dai consumatori che ora chiedono una sempre maggiore garanzia ed un rinnovato
e serio impegno da parte dei produttori a garantire la sicurezza e la qualità degli
alimenti.
Il riconoscimento del “valore della qualità” nel complesso mondo dei mercati
agroalimentari risulta ancora più difficoltoso se si pensa alla profonda confusione
che regna in ambito legislativo dove, nonostante gli sforzi degli ultimi anni,
risulta non esserci ancora un orientamento chiaro ed univoco che permetta di
dissipare ogni dubbio manifestato sia dai produttori che dai consumatori.
Infatti, sembra necessario prevedere una normativa specifica (armonizzata e
coordinata con le normative già esistenti, sia a livello nazionale che comunitario)
ed opportune deroghe per le produzioni di qualità, al fine di garantire la sicurezza
dei prodotti ma, al tempo stesso, di tutelare la specificità dei metodi produttivi
tradizionali.
Questo sarà possibile solo attraverso l’individuazione di criteri di controllo
coerenti con tali processi di produzione, che dovranno essere stabiliti ad hoc e
che in alcun modo possono essere equiparati a quelli attualmente applicati a
processi produttivi di tipo industriale, aventi peculiarità diverse tali da non porre
al centro dell’attenzione le tematiche della sicurezza e della salvaguardia
dell’ambiente e della salute dell’uomo.
7
Un primo passo in tal senso è stato compiuto dalla Commissione Europea che nel
1999 ha adottato il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare
1
al fine di
promuovere un alto livello di sicurezza degli alimenti, migliorando le norme di
qualità e rafforzando i sistemi di controllo su tutta la catena alimentare secondo i
principi “della Tracciabilità della filiera” (controlli “dalla fattoria alla tavola”) e
“dell’autocontrollo” (dove il produttore è direttamente responsabile di quanto
esce dal suo stabilimento), anche attraverso l’istituzione di un’Autorità
alimentare europea autonoma.
In uno scenario così complesso risulta difficile assegnare una precisa
connotazione alla qualità stessa ed è ancora più difficile tracciare un confine
netto tra il concetto di qualità e quello di sicurezza, spesso oggetto di confusione.
“Si può dire infatti che è di qualità un prodotto con determinate caratteristiche
intrinseche, o con riconosciuti valori nutrizionali, una produzione biologica o
ancora un prodotto igienicamente sicuro e controllato o infine un prodotto tipico
tradizionale di cui siano noti i luoghi di provenienza, il sistema di produzione e
trasformazione e le caratteristiche organolettiche, come necessaria derivazione
dell’ambiente di produzione (come ad esempio prodotti DOP, IGP, …)”
2
.
In generale, comunque, si può parlare di “Sicurezza” con riferimento ad un
processo di ricerca della stessa su base generalizzata, che deve riguardare la
totalità degli alimenti e dei soggetti coinvolti, in forma obbligatoria; mentre si
può parlare di “Qualità” con riferimento ai comportamenti volontari adottati dai
singoli produttori, opportunamente incentivati, e che portano alla certificazione
dei processi e dei prodotti.
1
I Libri Bianchi sono documenti pubblicati dalla Commissione Europea che contengono proposte
organiche per azioni comunitarie in campi specifici. Spesso si riallacciano ai Libri Verdi il cui obiettivo è
di lanciare un processo di consultazione a livello europeo.
2
Dott.ssa Lorenza Panunzi, Napoleon Magazine
8
I.2. L’oggetto dell’analisi
Prima di proseguire la trattazione dei diversi aspetti che investono questa
complessa realtà, è necessario individuare in maniera analitica qual’è l’oggetto
cui si fa riferimento quando si parla di qualità delle produzioni agroalimentari,
cioè quali tipologie di prodotti possono “o potrebbero” (le posizioni sono
divergenti)
3
essere sottoposti a criteri di qualità soprattutto con riferimento
all’ambito volontario di cui si dirà in seguito.
È possibile in linea generale identificare tre aree di prodotto interessate dalle
norme in materia di qualità e sicurezza dei prodotti agroalimentari:
a. Prodotti tipici e tradizionali
b. Prodotti biologici
c. Prodotti geneticamente modificati
Le tre fattispecie presentano caratteristiche profondamente diverse sia da un
punto di vista sostanziale che legislativo.
In via preliminare è comunque possibile distinguerle in funzione del diverso
grado di contaminazione da Organismi Geneticamente Modificati (OGM) che li
caratterizza (nullo nel caso delle produzioni biologiche; massimo nel caso dei
prodotti geneticamente modificati).
Per quanto riguarda i prodotti tipici tradizionali, va detto che la legge individua
delle soglie minime di contaminazione, al di sotto delle quali è possibile
etichettare il prodotto come non contenente OGM.
Tali soglie, in vigore dal 1998, sono state recentemente modificate dal
Parlamento Europeo a seguito dell’approvazione, nel Luglio 2003, delle nuove
regole sugli organismi transgenici e dell’etichetta sui prodotti che li contengono.
3
Il dibattito verte principalmente sull’applicabilità dei criteri di qualità a quei prodotti contenenti OGM in
misura superiore alle soglie previste dalla legge e vede contrapposti i due principali sindacati agricoli
presenti sul territorio italiano: CONFAGRICOLTURA e COLDIRETTI (vedi Cap. IV).
9
I.3. Prodotti tipici e tradizionali
Le produzioni tipiche e tradizionali rappresentano, secondo una visione unanime,
la risorsa più importante del mercato agroalimentare, soprattutto per quelle
imprese di piccole o piccolissime dimensioni che, per sopravvivere alla
concorrenza, puntano sulla qualità, garantita da strutture e metodiche improntate
ad un sistema tradizionale di produzione.
Questa esigenza è particolarmente sentita in un paese come l’Italia, caratterizzato
da una forte presenza di imprese agricole di dimensioni ridotte, prevalentemente
a carattere familiare.
Spesso si tratta di produzioni con aree di consumo delimitate, ma che, tuttavia,
rappresentano una fonte importante di reddito familiare e nazionale, oltre che la
garanzia di un prezioso quanto delicato rapporto economico con il territorio.
In quest’ottica, diventa rilevante non solo l’importanza data ai contenuti
qualitativi ed organolettici del prodotto, ma anche la stretta connessione con i
valori culturali tipici del territorio (storia, tradizioni, usi e costumi, …).
Prima di proseguire nell’analisi, è però necessario definire, in maniera rigorosa,
cosa si intende quando si parla di tipico e di tradizionale.
I.3.1. La tipicità
Applicare il concetto della tipicità ad un prodotto industriale, non comporta
particolari problemi, essendo questo dotato di caratteristiche di riproducibilità e
replicabilità, intese come l’attitudine del bene ad essere ricreato sulla base di
schemi definiti e costanti nel tempo.
Tuttavia quando si trasferisce tale discorso ad un prodotto agroalimentare, il
problema diviene molto più complesso.
Il motivo risiede nella definizione che viene data di tipico.