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pressioni esercitate dalla crescente concorrenza nel mercato del credito e
quelle provenienti dalle autorit di vigilanza.
Per quanto concerne le opportunit , tre assumono particolare rilevanza: lo
sviluppo delle operazioni di titolarizzazione degli attivi bancari, la crescita e la
diffusione di un mercato secondario dei prestiti bancari (loan sales) e la
nascita degli strumenti derivati per la gestione del rischio di credito (credit
derivatives). Questi tre elementi hanno consentito la trasformazione di attivit
illiquide in attivit negoziabili e hanno reso poss ibile la separazione del rischio
di credito dallo strumento giuridico che lo rappresenta e da cui trae origine,
trasformandolo in una commodity facilmente trasferibile. Se le opportunit di
gestione del rischio di credito sopra menzionate dovessero proseguire la loro
crescita e diffusione, si arriverebbe a una situazione in cui la singola banca
potrebbe, conservando il proprio portafoglio di clienti, costruire il proprio
portafoglio di esposizioni creditizie, in termini di composizione geografica e
settoriale, in modo del tutto indipendente dalla composizione geografica e
settoriale del proprio portafoglio clienti.
Gli istituti bancari stanno mutando la propria conformazione, divenendo
sempre piø gestori di portafogli del risparmiatore, erogatori di servizi
finanziari all impresa, beneficiari di commissioni. Questo fenomeno Ł
riconducibile, come gi sottolineato, anche alla cr escente concorrenza
registratasi all interno dei circuiti creditizi delle banche dei mercati finanziari
di tutto il mondo, che ha prodotto come conseguenza una riduzione dei
margini di interesse connessi all attivit tradizio nale di raccolta di depositi e di
concessione di prestiti. Ne Ł seguito un processo di disintermediazione, che ha
visto da un lato i risparmiatori sostituire i depositi bancari con investimenti in
attivit caratterizzate da un minor grado di liquid it e da un maggior
rendimento (principalmente quote di fondi comuni di investimento) e,
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dall altro, parte delle imprese affidate ricorrere direttamente al mercato dei
capitali. Questo processo, anzichØ ridimensionare l importanza del rischio di
credito per le banche, ne ha resa ancora piø importante una corretta
misurazione e gestione. I motivi alla base di tale accresciuta importanza sono
due: dal lato dell attivit d impiego, il processo di disintermediazione ha
principalmente riguardato le imprese di maggiori dimensioni, dotate della
capacit , in termini di merito creditizio, di rivol gersi direttamente al mercato
dei capitali: ne Ł seguito in numerosi casi un deterioramento della qualit del
portafoglio impieghi delle banche. Sul fronte della raccolta, invece, la perdita
di una quota delle passivit a basso costo, lungi d allo spingere le banche verso
una maggiore selettivit nell attivit d impiego, Ł stata generalmente
affrontata mediante politiche aggressive di crescita dimensionale rivolte al
finanziamento della clientela marginale in termini di merito creditizio,
disposta a pagare tassi di interesse piø elevati.
In sintesi, nonostante il recente sviluppo di attivit diverse dalla tradizionale
intermediazione creditizia, la possibile insolvenza delle proprie controparti
deve ancora ritenersi la principale potenziale fonte di rischio per un impresa
bancaria, come dimostrato da numerosi episodi di crisi bancarie registrati
nell ultimo decennio nei maggiori paesi sviluppati.
Il terzo e ultimo elemento che ha spinto verso una crescente attenzione nei
confronti di una corretta misurazione del rischio di credito Ł rappresentato
dall evoluzione che ha caratterizzato la politica di vigilanza nei principali
paesi economicamente sviluppati. Numerose autorit di vigilanza nazionali
hanno infatti insistito affinchØ venisse introdotto nell ambito della gestione
bancaria un efficiente processo di allocazione del capitale, basato su un
adeguato sistema di risk management, che ha spinto numerose banche a
sviluppare modelli piø sofisticati per la misurazione del rischio di credito e la
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conseguente valutazione dell assorbimento patrimoniale connesso a questa
tipologia di rischio.
Per quanto concerne il nostro Paese, lo sviluppo di adeguati sistemi di
misurazione e gestione del rischio di credito Ł reso ancor piø fondamentale dal
peso particolarmente rilevante che il rischio di credito assume all interno del
complesso dei rischi del sistema bancario. Un altro fattore specifico del nostro
Paese riguarda la situazione di relativa concentrazione geografico-settoriale
dei portafogli delle banche. In Italia esiste infatti un numero elevato di banche
di dimensioni limitate, caratterizzate da una rete di sportelli geograficamente
concentrata in una o poche province, che ci fa comprendere come il
portafoglio impieghi di molte banche sia caratterizzato da un elevata
concentrazione geografica e settoriale. Tale situazione potrebbe costituire un
terreno estremamente fertile per la diffusione degli strumenti derivati, quale
mezzo per una diversificazione del proprio portafoglio impieghi. Infine,
l importanza di una corretta misurazione e gestione del rischio di credito per le
banche italiane deriva dalle maggiori opportunit g estionali, in particolare in
termini di operativit nel medio lungo termine e ne ll assunzione di
partecipazioni, che le innovazioni normative introdotte in seguito al
recepimento delle direttive comunitarie hanno aperto alle stesse banche e che
non sembra siano ancora state colte pienamente.
Definizione del rischio di credito
Con il termine rischio di credito si intende la possibilit che una variazione
inattesa del merito creditizio di una controparte, nei confronti della quale
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esiste un esposizione, generi una corrispondente variazione inattesa del valore
di mercato della posizione creditoria.
Il rischio di credito non Ł confinato alla sola possibilit dell insolvenza di
una controparte: anche il semplice deterioramento del merito creditizio di
quest ultima deve considerarsi una manifestazione del rischio di credito.
Questo perchØ il valore attuale dei flussi di un ativit finanziaria Ł
teoricamente determinato utilizzando un tasso di sconto che, oltre al tasso risk
free per la scadenza corrispondente, incorpora un premio al rischio che riflette
la probabilit di insolvenza della controparte. Un deterioramento del merito
creditizio di quest ultima, innalzando tale probabilit , conduce
automaticamente a un corrispondente incremento di tale premio e dunque a
una riduzione del valore di mercato dell attivit . In generale, la diminuzione
del valore di mercato di un attivit finanziaria co nseguente a un
deterioramento del merito creditizio dell emittente di tale attivit risulta tanto
maggiore quanto maggiore Ł la variazione dello spread creditizio richiesto dal
mercato e quanto maggiore Ł la vita residua dell attivit . Sintetizzando, il
rischio di credito connesso pu essere suddiviso in due componenti: il rischio
di insolvenza e il rischio di spread. Il primo rappresenta il rischio di perdita
conseguente all insolvenza del debitore; il rischio di spread rappresenta,
invece, il rischio di una perdita conseguente al semplice deterioramento del
merito creditizio di quest ultimo, cui seguirebbe un innalzamento dello spread
richiesto dal mercato.
Seguendo questa logica, il rischio di credito deve essere misurato e gestito
facendo riferimento a una distribuzione, discreta o continua, nella quale
l evento insolvenza rappresenta unicamente l evento estremo, preceduto da
diversi livelli di probabilit che questo evento es tremo possa in futuro
manifestarsi. Numerose banche italiane ancora basano il proprio processo
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decisionale di affidamento su una distribuzione binomiale ( insolvenza o
non insolvenza ), considerando le controparti affi dabili tutte uguali tra loro e
non fallibili nel periodo di tempo corrispondente alla scadenza
dell affidamento.
Un secondo concetto implicito nella definizione di partenza riguarda il fatto
che, affinchØ si possa realmente parlare di rischio, occorre che la variazione
del merito creditizio della controparte sia inattesa. Le prospettive di
evoluzione delle condizioni economico-finanziarie dell affidato saranno state
adeguatamente considerate in sede di determinazione della probabilit di
insolvenza, giudicata compatibile con un puntuale pagamento dei flussi di
interesse e con il rimborso del capitale. Se questo Ł il caso, la reale
componente di rischio Ł rappresentata dalla possibilit che le valutazioni
effettuate si manifestino a posteriori errate, ossia si verifichi un deterioramento
della controparte che non era stato previsto dall istituzione finanziaria
creditrice. In questo senso, il concetto di rischio viene propriamente confinato
alla possibilit di eventi che, seppure stimabili, risultano inattesi. Nella realt ,
fino ai primi anni Novanta il problema della misurazione del rischio di credito
era stato tradizionalmente identificato con il problema della stima della
probabilit di insolvenza, o alternativamente, del tasso atteso di insolvenza.
Un terzo punto su cui occorre soffermarsi riguarda il grado di estensione del
concetto di esposizione creditizia. In questo caso Ł sufficiente osservare il fatto
che il rischio di credito, lungi dall essere limitato agli impieghi in titoli o in
prestiti in bilancio, si estende anche alle posizioni fuori bilancio, come quelle
rappresentate dagli strumenti derivati negoziati in mercati over the counter e
dal regolamento delle transazioni nazionali e internazionali in titoli, in valute o
in strumenti finanziari derivati. E inoltre opportuno segnalare che all interno
della categoria del rischio di credito rientrano anche i rischi di variazione dei
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prezzi dei titoli obbligazionari, che l autorit di vigilanza classifica come
rischio specifico all interno dei rischi di mercato. Se infatti le variazioni dei
prezzi dei titoli sono la conseguenza di fattori specifici degli emittenti di tali
strumenti di debito, ossia di un deterioramento del merito creditizio di tali
emittenti, Ł evidente che il rischio di tali variazioni dovrebbe essere
classificato come rischio di credito.
Infine, la definizione inizialmente richiamata esplicita, come conseguenza
della potenziale variazione del merito creditizio di una controparte, una
variazione del valore di mercato di una posizione creditoria. Due sono i
problemi che emergono in modo immediato da questa definizione.
Innanzitutto, la maggioranza delle posizioni creditorie di un istituzione
finanziaria sono posizioni che rispondono a una logica di tipo contabile piø
che a una logica di valori di mercato. Una corretta misurazione del rischio di
credito, cos come una corretta rappresentazione degli effetti di tale categoria
di rischio, richiederebbe invece che a valutazioni di tipo contabile si
sostituissero valutazioni basate sul verosimile valore economico che un
mercato secondario attribuirebbe a tali posizioni. La maggioranza delle
posizioni creditorie assunte da un istituzione finanziaria sono inoltre
corrispondenti ad attivit illiquide, per le quali non esistono ancora mercati
secondari sviluppati. Un valore di mercato pu dunq ue essere esclusivamente
stimato sulla base di un appropriato modello interno che consenta di cogliere,
mediante valutazioni soggettive, le variazioni del valore economico degli asset
in bilancio. Le modifiche apportate dalle direttive europee alla normativa di
bilancio delle banche si muovono esattamente in questa direzione, richiedendo
che il valore di bilancio dei crediti venga opportunamente rettificato per
l importo delle perdite attese.