strumento che potesse ovviare a tale mancanza, gettando le basi per uno
studio di marketing, relativo a tali prodotti virtuali, più approfondito.
Così, nei mesi successivi, preparai un questionario, che troviamo in
appendice, volto a tale obiettivo, studiando la stesura dello stesso e il
campionamento da effettuarsi nella zona da investigare.
La Tesi qui di seguito è il risultato di tale proposito e vuole essere
uno strumento per permettere alla banca C. R. Asti di perseguire gli altri
tre punti menzionati nella definizione della funzione del marketing sopra
citata.
Il Lavoro è così costruito;
Nella prima parte si presenta la situazione bancaria sia a livello di
contesto internazionale, sia nazionale; si esaminano, infatti, le evoluzioni
del sistema dovute ad una serie di cause, tra cui l'Unione europea, cioè la
caduta delle barriere che permette una maggior concorrenza,
l'introduzione dell'euro eccetera. In questa prima parte, si parlerà quindi
della multicanalità raggiunta nella distribuzione, introducendo il discorso
dei nuovi servizi interattivi che il mondo bancario propone.
Nel secondo capitolo, se va ad esaminare nel particolare le
caratteristiche dei vari prodotti interattivi quali l'Internet banking, il Phone
banking e il Corporate banking, con un occhio rivolto alle nuove evoluzioni
in atto grazie al continuo progresso della tecnologia in questi campi.
La seconda parte è invece quella dedicata al caso della Cassa di
Risparmio di Asti; nel primo capitolo di tale sezione viene presentata la
banca, il mercato in cui compete, nonché si esamina la struttura di
distribuzione e dell'organizzazione interna.
Nel penultimo capitolo presento la mia indagine campionaria; però,
prima di fare ciò, all'interno il capitolo, si fa una panoramica della
situazione del parco prodotti virtuali esistente all'epoca della ricerca.
Si arriva così all'ultimo capitolo, fulcro di tutto il mio lavoro, dove si
passano in rassegna sia i passi compiuti nel campionamento della
popolazione di universo, sia i punti cardine nella stesura del questionario;
al termine di questo capitolo vengono esposti, naturalmente, i risultati
ottenuti dalla risposta del mio campione.
Vorrei qui porgere i miei ringraziamenti, prima di tutti verso colui che
ha reso possibile il mio stage e di conseguenza la stesura di questo
lavoro, il Sig. Enrico Avidano, nonché i colleghi che mi hanno aiutato e
“sopportato” in questo lavoro, Alessandra Duretto, Enzo La Montagna,
Loredana Trevisan, Beppe Giarrizzo, Carmela Schillaci, Luca Opessio,
Chiara Viarengo e il collaboratore esterno Elis Aceto. Non posso
dimenticare inoltre gli stagisti che hanno condiviso con me i tre mesi di
lavoro, Federica Raviola, Elisa Mercuri e Silvia Scanavino.
Un cenno particolare va alla mia relatrice la Prof.ssa A.C. Pellicelli ed
al mio correlatore il Prof. Luigi Bollani.
Non posso dimenticare, infine, di ricordare tutti coloro che hanno
partecipato al mio impegno, compresi gli intervistati che hanno contribuito
in modo sostanziale e con spirito di collaborazione alla riuscita della mia
indagine.
Paolo Gamba
1
PARTE I
Capitolo I
Un nuovo modo di fare intermediazione
Il sistema bancario italiano per molti decenni è vissuto in una
sorta di relativa tranquillità nell’area della competizione tra i diversi
istituti. In quest’ambito la tipologia di servizi offerti non ha subito
evoluzioni profonde e lo stesso è da dirsi per la maniera di offrire gli
stessi al pubblico.
Da alcuni anni il settore bancario e finanziario è sottoposto ad
intensi processi di revisione delle condizioni costitutive del business i
cui principali driver del cambiamento sono: la globalizzazione dei
mercati, la deregolamentazione di mercati tradizionalmente protetti,
le mutate e crescenti attese della clientela, le nuove opportunità
della telematica e dell’information technology.
L’industria bancaria nel corso dell’ultimo ventennio ha
modificato molte delle sue caratteristiche tradizionali ed è stata
colpita da numerose crisi, perché sottoposta ad una dose massiccia
di concorrenza a seguito della liberalizzazione dei mercati finanziari
nazionali ed internazionali, dell’accelerazione dell’innovazione
finanziaria e dell’impatto via via più penetrante della tecnologia
dell’informazione.
2
La spinta al cambiamento è partita dagli Stati Uniti, con la
deregulation a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, che ha
marcatamente cambiato la struttura del sistema creditizio; in seguito
il processo di trasformazione si è esteso all’Europa, a cominciare
dalla Gran Bretagna. L’Italia (come spesso accade) è stata fra gli
ultimi paesi ad essere interessata da una profonda revisione del
proprio sistema creditizio, in cui l’inizio della nuova età è stato
sancito dal Testo Unico sull’attività bancaria, entrato in vigore il 1°
gennaio 1994.
Per le banche si tratta quindi di prendere coscienza
dell’evoluzione in atto sul mercato e di interpretare con chiarezza i
segnali che provengono dall’ambiente circostante, in modo da
rivedere le proprie strategie competitive e promuovere una radicale
trasformazione della struttura organizzativa nel modo più
consapevole.
Le necessità di cambiamento sono state forti all'interno del
sistema bancario italiano, ma i tempi di risposta non sempre sono
stati coerenti con tali nuove necessità.
Fino a non molto tempo fa, le prestazioni delle banche italiane
sono state caratterizzate dalla forte dipendenza da un unico
segmento d’attività; quello dell'intermediazione creditizia che, tra
l'altro, era esercitato in situazione di limitata concorrenzialità. La
situazione, a ben vedere, era, infatti, caratterizzata da forti barriere
all'ingresso del mercato creditizio di altri operatori, sia bancari
internazionali sia operatori non bancari, oltre che da una domanda
non ancora matura tale da spingere verso una significativa
innovazione del sistema.
3
Alcuni anni fa, alcune di queste condizioni sono venute meno
generando la necessità e l'opportunità di rivedere alcune scelte
strategiche precedenti.
Una prima componente da valutare è stata senza dubbio
l'evoluzione della normativa in materia bancaria; questa ha portato al
mutuo riconoscimento delle aziende bancarie e della loro attività in
tutti i paesi aderenti all'Unione Europea e, in più, ad una sempre
maggiore coerenza tra gli impianti normativi dei vari sistemi
nazionali
1
. L'obiettivo è stato fin dall'inizio quello di favorire una
maggiore liberalizzazione dell'operatività e dei comportamenti delle
banche, sia in termini geografici, che in termini funzionali. Lasciate
libere dal legislatore, le banche quindi hanno potuto compiere nuove
scelte strategiche, arricchendo l'attività bancaria di nuove soluzioni
operative e distributive. Si sono trovate, infatti, nella condizione di
esercitare, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria,
secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o
strumentali.
2
Quella contemporanea è un’economia della globalizzazione,
che supera i confini e annienta le distanze, e della virtualizzazione,
che oltrepassa i vincoli e reinvesta i criteri di realtà. Le innovazioni e
gli sviluppi nelle scienze del calcolo e delle telecomunicazioni
annientano i vincoli preesistenti, cancellano le distanze e spingono
irreversibilmente verso un mondo senza frontiere, dominato
dall’economia globale e dai mercati internazionali. Anche la finanza
internazionale si sviluppa in stretta simbiosi con le reti e le tecnologie
digitali permettendo la creazione di nuove tipologie di prodotti e
1
Direttiva CEE n°646 15/12/1989
2
D.Lgs. n°385 1/09/1993 – Art.10 co.3
4
modalità distributive, facilmente accessibili da una clientela
potenzialmente mondiale.
Al cadere delle barriere normative e, come conseguenza, della
scomparsa delle distanze geografiche, le banche e le altre istituzioni
finanziarie innovano i loro prodotti e servizi, nel perseguimento
aggressivo delle nuove opportunità offerte dalla globalizzazione dei
mercati. I mercati finanziari nazionali non sono più sistemi chiusi e
protetti dalla competizione esterna, hanno perso le loro connotazioni
di tipicità per divenire parte di un unico mercato finanziario mondiale,
sottoposto alle stesse “regole del gioco”.
Nella nuova realtà di globalizzazione dei mercati diviene
sempre più rischioso procedere da soli. Si assiste con sempre
maggiore frequenza ad alleanze strategiche distributive tra banche e
imprese d’informatica e telecomunicazione, o tra banche e catene di
rivenditori finanziari, che mirano al rafforzamento dei canali di
distribuzione, ma anche all’individuazione di nuovi prodotti e nuovi
modi di produzione. Le alleanze strategiche produttive talvolta
sostituiscono le acquisizioni ostili e la crescita interna, utilizzate in
passato nelle aree in cui volumi ed efficienza sono fondamentali,
implicando minori investimenti e limitati rischi. Ma queste alleanze
sono relazioni complesse che pongono nuovi vincoli
all’organizzazione della banca. La multiculturalità dell’ambiente
competitivo richiede, inoltre, alle banche la capacità di comprendere
come le esigenze della clientela ed i rapporti interpersonali possano
variare al variare delle culture.
La globalizzazione dei mercati impone di risolvere il dilemma
legato alla necessità per le banche di divenire transnazionali,
raggiungendo proattivamente economie di scala, di scopo e di
apprendimento a livello mondiale (thinking global), ma conservando
5
al contempo quella reattività, flessibilità e sensibilità specifiche
legate al territorio locale presidiato (playing local).
Si deve naturalmente sottolineare che non è stata solo la
mutata situazione legislativa a favorire le strategie competitive
innovative, ma molto fatto l'evoluzione del contesto economico
finanziario nonché monetario di riferimento. Si nota, dati alla mano
3
,
che la redditività bancaria è stata caratterizzata da un andamento
decrescente fino a giungere al 1998 anno in cui si è avuta una forte
ripresa. La causa principale di questo calo registratosi a partire dagli
ultimi anni '80 è certamente la difficoltà nel far leva su un incremento
di volumi intermediati. Si vedrà, allora, come la ripresa del 98 sarà
da addebitarsi alla diversificazione avvenuta nel settore, grazie alla
gestione del risparmio, di merchant e investment banking.
Non solo: l'altra componente determinante è stata una nuova e
maggiore attenzione al fronte dei costi. Fino a qualche tempo fa, non
era sembrato questo il principale aspetto lungo il quale far passare la
politica di recupero e di miglioramento dei risultati.
Un ultimo, ma non meno importante, aspetto da valutare
nell’analisi del cambiamento avvenuto è l'introduzione di un'unica
valuta europea, eliminando una serie di rischi dell'attività bancaria e
abbattendo, di fatto, le barriere economiche e che ostacolavano una
maggiore mobilità delle banche e del loro capitale di rischio; le
barriere, dunque, già rimosse in parte da un nuovo assetto
normativo vengono definitivamente smantellate dall'Euro,
contribuendo a ridurre la segmentazione geografica e consentendo
3
Fonte: Relazione annuale Banca d’Italia – Appendice Statistica, vari anni – cfr. “Internet
Banking - Tecnologia, Organizzazione e Valutazioni Economiche"a cura di Bracchi, Francalanci,
Giorgino
6
ad un incontro tra domanda e offerta di prodotti e servizi finanziari su
scala europea.
L’esasperazione dei processi concorrenziali, che deriva
dall’introduzione dell’Euro, porta ad una struttura di mercato
caratterizzata da
4
:
• convergenza dei prezzi;
• pressione verso la distribuzione di prodotti standardizzati a
basso costo;
• spinta alla rottura del modello di produzione congiunta di più
servizi e di integrazione verticale;
• vantaggio competitivo concentrato nel controllo della relazione
di clientela e nella competitività di costo.
A questo punto, decisivo è l'apporto dato dalla tecnologia
applicata al sistema bancario. I motivi per i quali è stato opportuno
ricorrere alle tecnologie informatiche possono essere riassunti in tre
diversi aspetti: aumento dei rischi, esigenze di controllo sia dei costi
che d’efficienza, necessità di fronteggiare la concorrenza.
I rischi derivanti dai prestiti e dalle fluttuazioni valutarie nonché
da difformità informative, vengono tenuti sotto controllo con il
contributo delle tecnologie. I costi elevati sono imputabili a tutte
quelle operazioni manuali, alle unità organizzative mal gestite, al
personale in eccesso, contrastabile solo appunto con un maggior
apporto tecnologico; hanno consentito così un miglioramento dei
servizi offerti alla clientela, in quanto gli operatori che prima si
4
Fonte: “Nuovi scenari e nuove strategie per le banche italiane ed europee” - Sella
7
occupavano di questi aspetti possono ora fornire un valore aggiunto
direttamente ai clienti.
È chiaro quindi che, da un lato, sembra primario ed essenziale
un recupero sul fronte dei costi e dell'efficienza, ma, al tempo
stesso, risulta necessario allargare il portafogli prodotti e servizi per
incontrare una clientela sempre più differenziata nelle sue
componenti.
La crescente competizione e l’introduzione dell’Euro
rappresentano due formidabili spinte alla concentrazione delle
banche europee, spesso piccole e poco redditizie. Recentemente
un’ondata d’aggregazioni ha cominciato a caratterizzare anche il
mercato italiano, configurando un quadro in gran movimento; ciò
nonostante solo pochi gruppi bancari raggiungono dimensioni e
offrono la gamma d’attività richieste ad una banca universale a livello
europeo.
Esistono molti fattori che spingono le banche al
consolidamento; ne citiamo alcuni tra i più ricorrenti.
• Le economie di scala.
• La tecnologia: uno dei fattori che determinano le economie di
scala in banca è l’impatto delle nuove tecnologie per il
trattamento delle informazioni, il processing, il trading, la
distribuzione. Le nuove tecnologie sono costose da acquistare
e il vantaggio d’essere grande è che l’utilizzo economico della
nuova tecnologia spesso è realizzabile solo se tali costi fissi
sono distribuiti su un volume elevato d’attività.
8
• La competizione: la pressione alla competizione, da
qualunque parte provenga, è uno dei principali fattori che
spingono ad aumentare la dimensione.
• La redditività: in molti paesi la competizione ha ridotto la
redditività e il ritorno sul capitale o sull’attivo investito. Gli
azionisti spesso considerano le fusioni e le acquisizioni come
via per accrescere la redditività, questo perché è sicuramente
più facile tagliare i costi per due banche che combinano le
rispettive attività (ad esempio attraverso l’eliminazione di filiali
o il licenziamento del personale eccedente) rispetto a quanto
può essere fatto da una banca che opera indipendentemente.
Sembra esserci una correlazione tra il grado di concentrazione
dell’industria bancaria e il livello di redditività;
• La diversificazione: in molti casi, le banche cercano di
realizzare una fusione o un’acquisizione per aumentare il
livello di diversificazione dei business, evitando quindi di
perseguire lo stesso obiettivo per via interna. La strada
dell’acquisizione ha dei vantaggi di “crescita organica”: le
economie di scopo sono realizzabili immediatamente; ci sono
meno costi d’apprendimento; il business acquistato ha, di
solito, già successo.
• Minori costi fissi: è uno dei principali motivi che spinge alle
fusioni ed acquisizioni (l’area di back-office è spesso citata
come quella che acquisisce maggiore efficienza in seguito alle
fusioni).
• La massa critica: in alcuni mercati può essere essenziale per
motivi competitivi.
9
Se guardiamo alle strategie di comportamento degli istituti di
credito europei, scopriamo che ci sono dei limiti alle economie di
scala e di scopo realizzabili tramite le strategie di consolidamento;
limiti che portano a contenere l’aumento dimensionale entro una
certa soglia e inducono a concentrare l’attività su quel segmento in
cui si ha maggiore capacità competitiva. L’esperienza europea degli
ultimi anni conferma questa tendenza, evidenziando come le
decisioni di fusione ed acquisizione abbiano tutte seguito la strategia
del rafforzamento, in quello che veniva considerato il “core business”
dell’acquirente.
Il mercato bancario europeo è caratterizzato da una struttura
frammentata in molti paesi, con un gran numero di banche di piccole
dimensioni e un evidente eccesso di capacità in termini di numero di
banche e infrastrutture di base (principalmente la rete di filiali).
Il processo di ristrutturazione del sistema bancario europeo,
iniziato nei primi anni ’90 e tuttora in corso, ha portato ad una
contrazione del numero (dall’inizio degli anni ’90 le banche operanti
nell’Unione sono diminuite di circa un terzo) e ad un aumento delle
dimensioni medie delle banche e del grado di concentrazione,
ovvero della quota di mercato controllato dalle maggiori aziende;
l’occupazione si è ridotta quasi ovunque e ancor più si è contratta la
quota del costo del lavoro sul margine d’intermediazione. Tra il 1990
e il 1999 il numero di banche italiane si è ridotto del 24%, da 1156 a
879 unità. Dove il processo di liberalizzazione è iniziato da più
tempo, si registrano decrementi più consistenti: in Spagna, Francia e
10
Germania il numero di banche si è contratto rispettivamente del 43,
del 40 e del 28% tra il 1990 e il 1998.
5
L’esigenza della “multicanalità”
Ad oggi la funzione distributiva delle banche rappresenta
sempre più "l'anello debole della catena del valore"
6
; l'esigenza di
recuperare efficienza, oltre a redditività e competitività, deve
pertanto condurre allo sviluppo di nuove soluzioni distributive. Ciò
significa che le banche necessitano della costruzione di un nuovo
sistema distributivo, e dall'altro lato la loro clientela richiede sempre
più servizi e prodotti che devono essere innovativi oltre che
comodamente accessibili. È indubbio che il punto cardine sia nella
tecnologia, la quale, presenta una delle soluzioni ormai
imprescindibili per l'implementazione di strategie multicanale.
Questo risponde ad un disegno più ampio di segmentazione della
clientela e di soddisfacimento delle esigenze di quest'ultima,
attraverso pacchetti di servizio prodotti coerenti con le diversità dei
target da raggiungere. La multicanalità può costituire un’arma di
vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, ma è
importante, affinché si evitino fenomeni di cannibalizzazione fra i
canali, che venga definito, in precedenza, un disegno strategico
unitario, in cui ad ogni canale distributivo viene affidato un ruolo
preciso.
5
Fonte: “Innovazione tecnologica nei sistemi finanziari e attività di supervisione delle banche
centrali” - Finocchiaro
6
Omarini
11
Emerge così la figura di banca virtuale, figura che genera una
soluzione assolutamente radicale rispetto alla banca tradizionale;
questo modello determina un'eliminazione delle filiali e delle
procedure operative estremamente standardizzate, con una
comunicazione effettuata attraverso strumenti tecnologici informatici
e telematici. Abbiamo così un risparmio di risorse e un abbattimento
dei costi per incontrare meglio le esigenze dei clienti nella fruizione
dei servizi e nella loro accessibilità.
D'altronde, in base ad un’indagine ABI, risulta che il 25% dei
clienti ha cambiato o è disposto a cambiare banca se la nuova offre
prodotti e servizi migliori e tecnologicamente innovativi, il 28% delle
persone si accontenta di accedere ai servizi bancari nel normale
orario d’apertura delle filiali, mentre il 45% dei clienti desidera poter
compiere operazioni bancarie in ore serali; infine 24% vorrebbe
ottenere servizi anche il sabato.
Il canale alternativo deve dare modo al canale tradizionale di
scrollarsi di dosso gli oneri derivanti dalle operazioni più facilmente
standardizzate, e cioè quelle d’interrogazione del conto, quelle
d’esecuzione di pagamenti e incassi, quelle d’intermediazione di
titoli.
In termini di risparmio di risorse umane l'effetto del canale
virtuale è certamente dirompente; il vantaggio economico che ciò
crea deve essere capitalizzato attraverso una razionalizzazione degli
altri canali di distribuzione. Su questi ultimi, infatti, le banche
dovranno far transitare i servizi più complessi e a maggior valore
aggiunto sia per la clientela sia per la banca stessa.
Da porre l’accento, però, sul possibile rovescio della medaglia, i
rischi che il canale virtuale genera in un mercato dove la capacità di
12
confronto tra le diverse offerte presenti è facilmente attuabile; i
clienti, infatti, sono in grado, con poco dispendio di tempo e risorse,
di conoscere le diverse offerte provenienti da altri soggetti bancari, in
modo tale da notare i punti di debolezza del nostro servizio.
Il cliente bancario è divenuto sempre più esigente ed accorto,
ed ha reso la customer satisfaction uno degli obiettivi prioritari delle
banche. Decisiva sarà allora la gestione strategica della clientela, da
non confondere con il concetto di "segmentazione". Apriamo un
inciso: in questo caso non si tratta di suddividere i clienti in relazione
alle loro esigenze o ai loro bisogni, si tratta di suddividere sulla base
della loro posizione nei confronti dell'azienda e, quindi, di definire il
tipo d’atteggiamento o di rapporto adatto per mantenere e migliorare
le relazioni intraprese con esso.
Tutte le imprese hanno chiaro il concetto di come sia
importante avere una "buona clientela", tuttavia, spesso questo
concetto rimane allo stato latente; una "buona clientela" non è
necessariamente sinonimo di "clientela soddisfatta", se un'impresa
giunge a definire buona la sua clientela, a maggior ragione è
necessario operare affinché questa buona clientela sia anche una
clientela soddisfatta. Un "buon cliente" è stato definito come il cliente
che compra, paga, ricompra. Quindi, il buon cliente ricompra: è un
cliente fedele, ci assicura nel tempo la stabilità dei volumi di
produzione dei servizi, ci consente lo sviluppo.
Tornando sulla multicanalità, in base all'analisi di statistiche
relative ai siti di e-commerce, mettendo in relazione i visitatori entrati
nel sito che scelgono e depositano prodotti nel loro carrello virtuale,
e quanti effettuano effettivamente l'acquisto concludendo
positivamente la transazione, riscontriamo un valore che a volte è
inferiore al 30%.