sanzionare l’inferiorità della donna; la strega rappresenta l’opposto della Vergine Maria, unica
donna posta accanto a Dio come mediatrice, insieme a Cristo, dei destini umani.
La strega è così il simbolo opposto alla castità della Vergine per i suoi correnti rapporti sessuali col
diavolo, dandosi a lui e procreando i suoi figli: ”della donna si serve il serpente simbolo di
impudicizia per corrompere il primo uomo; se il primo evento della storia dei cieli è il gesto ribelle
di Lucifero contro Dio, il secondo evento sulla terra è la tentazione di Eva, mediatrice tra il
demonio e l’uomo”. Le donne, più deboli degli uomini, erano tentate di usare la stregoneria come
strumento di protezione e di vendetta: “la strega, creatura in carne o ossa, scappa rifiutando Dio e si
rifugia nelle braccia di Satana a cui chiede aiuto”. Esse sono più portate alla superstizione “qualsiasi
malizia è piccola di fronte alla malizia della donna; non c’è peggior veleno di quello dei serpenti,
non c’è peggior ira di quello della donna. Sarà più piacevole stare con un leone o un drago che
abitare con una donna cattiva”. Sono più credule e poiché il diavolo cerca soprattutto di corrompere
la fede, le aggredisce di preferenza poiché chi ha facile fiducia è di cuore ancora più leggero e cadrà
in basso. Sono più carnali dell’uomo, per questo intrattengono rapporti con il diavolo, sono
imperfette e meno intelligenti: “tu non sai che la donna è una chimera, ma devi sapere che questo
mostro ha in sé tre forme: si adorna con un volto insigne di leone odoroso, si macchia di un ventre
di capra e si arma di una virulenta coda di vipera. E questo vuol dire che l’aspetto della donna è
bello, il suo contatto è fetido, la sua compagnia mortifera”.
Con le arti magiche possono impedire la potenza generativa attraverso l’ostruzione del vaso
seminale o la repressione del membro in erezione, possono uccidere nell’utero i concepiti,
provocare l’aborto o offrire al diavolo i bambini appena nati e rubati alle loro madri, possono
modificare la mente degli uomini spingendoli all’amore o all’odio o trasformarli in bestie. E così
tante altre infamie che superano tutti i peccati di altri infedeli sia sotto il rispetto della colpa che
della pena. Le ragioni per cui le streghe erano più che altro donne anziane sono dovute al fatto che i
sospetti sul loro conto erano alimentati per anni e quindi i processi avvenivano quando ormai l’età
era piuttosto avanzata, perché l’anziana era più disposta a confessare liberamente di aver compiuto
attività diaboliche a causa della propria senilità e soprattutto perché le persone anziane erano
fisicamente meno potenti di quelle giovani e più propense a ricorrere alla stregoneria come mezzo
di protezione. Lo stereotipo della strega vecchia e ripugnante non è però incompatibile con l’idea
della strega spinta dal desiderio sessuale: “benchè vecchia e rugosa, miagola come una gatta in
amore e vuole uno stallone, un campione; smania che vuole sposarsi ancora e si fidanza a un
giovanotto”. Sotto l’immagine della megera sessualmente attiva si nasconde la paura maschile nei
confronti della donna esperta e indipendente, emerge una visione dell’umanità maschile
essenzialmente vittima e la visione di un’umanità femminile colpevole.
Le donne che si sottomettevano al demonio non solo erano vecchie ma appartenevano per la
maggior parte agli strati più bassi della società , vivevano al limite della sussistenza; per questo le
persone più povere erano più propense a fare patti col diavolo per migliorare le loro condizioni
economiche. Ribelli a Dio, venivano sospettate di cospirare contro l’ordine politico, sociale e
morale. Processandole, quindi si eliminavano dalla società devianti e ribelli e soprattutto si rendeva
la comunità più omogenea e armonica.
1.1.8 : Il commercio col diavolo
Era opinione diffusa che le streghe intrattenessero rapporti sessuali col demonio, anzi tale unione
venne ritenuta uno degli elementi più importanti del culto diabolico.
Il diavolo aveva una posizione di superiorità poiché essendo egli il grande ingannatore rendeva le
streghe sue vittime e pertanto il patto col demonio non solo attribuiva alla strega il potere di
eseguire malefici ma la iniziava anche al suo servizio.
L’accordo, una specie di contratto formale col diavolo che permetteva di essere discepoli di un
nuovo signore, seguaci di una fede e di compiere pratiche magiche, si concludeva con una
cerimonia formale dopo l’apparizione di Satana che adescava le streghe con la promessa di una
ricompensa materiale o una gratificazione sessuale. La strega rendeva omaggio inginocchiandosi
davanti a lui o baciandogli il sedere e, in segno di sottomissione, il diavolo le imprimeva un
marchio in un posto nascosto sul corpo. Alla fine le impartiva precise istruzioni su come operare
artefici, dandole pozioni, unguenti e simboli necessari per la sua attività.
Il patto demoniaco divenne “ la base per la definizione giuridica del crimine di stregoneria” poiché
per mezzo di questo accordo si concedeva al diavolo qualcosa che era dovuta solo a Dio: la strega
quindi era un’eretica per il suo atto di adorazione e per la perdita della fede e dell’integrità spirituale
1.1.9: Il Sabba
La prima origine del sabba si fa risalire agli antichi baccanali: Bacco, Sabasio o Sabba sono le
possibili varianti di nomi a cui il tempo ha uniformato significati circoscritti a pochissimi luoghi in
cui streghe e stregoni vanno e vengono, si accoppiano, onorano il diavolo, si abbandonano a riti
orrendi e soprattutto mangiano carne di teneri bambini. “il sabba è come le feste delle Baccanti,
libere e fantasiose manifestazioni erotiche”. Già nel 1239 il banchetto di alcuni Ctari a Milano
venne inteso come una riunione di tipo sabbatico e questa è una riprova che già alla metà del sec.
XIII si considerava possibile come realmente accaduto in una sola notte lo spostamento fisico di un
essere umano dalla Champagne attraverso le Alpi fino a Milano.
Gli imputati di tale processo, confessando sotto tortura, avevano indicato il più lontano possibile
dalla loro residenza il luogo della riunione alla quale avevano partecipato per non denunciare che
tra i partecipanti vi fossero persone del loro ambiente e da loro conosciute, che sarebbero state così
state consegnate nelle mani dell’Inquisizione. Gli inquisitori non ebbero nulla da obbiettare a questa
confessione poiché per i teologi del tempo lo spostamento fisico era considerato un fatto dimostrato.
Conseguenza implicita del sabba era infatti che le streghe potessero volare; era una ulteriore
conferma delle loro capacità di partecipare alle riunioni notturne e segrete in luoghi remoti, senza
che fosse notata la loro assenza da casa. Dato che il diavolo possedeva poteri di locomozione era
ovvia conseguenza che potesse trasportare gente attraverso l’aria.
Gli inquisitori erano certi che il rito dell’osceno bacio col diavolo da parte delle streghe, che ne
avevano accettato la sudditanza, era il segno evidente una prova sicura del rapporto tra uomo e
demone e quindi del collegamento tra stregoneria ed eresia. “Streghe e stregoni si radunavano di
notte generalmente in luoghi solitari, nei campi o sui monti; talvolta arrivano dopo essersi spalmato
il corpo di unguenti a cavallo di bastoni o di manici di scopa; talvolta invece in groppa ad animali o
trasformati essi stessi in animali. Coloro che venivano ai raduni per la prima volta dovevano
rinunciare alla fede cristiana, profanare i sacramenti e prestare omaggio al diavolo, presente in
forma umana o in forma animale. Seguivano banchetti, danze, orge sessuali. Prima di tornare alle
proprie case streghe e stregoni ricevevano unguenti malefici, confezionati con grasso di bambino o
altri ingredienti”. I luoghi dei sabba erano lontani dai centri abitati, attraversati da corsi d’acqua
spesso vicini a ruderi antichi o a templi pagani. Le ore più propizie erano quelle della notte, essendo
le tenebre l’elemento del maligno. Nel mezzo della riunione, seduto su un trono nero, capeggiava
Satana: la strega appena giunta rendeva omaggio e, dopo il bacio, iniziava la cerimonia sabbatica.
Seguiva il rendiconto dei delitti commessi dopo l’ultimo sabba, la riconferma della propria
apostasia, la descrizione delle malvagità compiute e la promessa di compierne altre più gravi.
Il rito della messa nera era poi il momento culminante del sabba: qui si profanava il mistero
cristiano, fino ad offendere, deridere Cristo e sfidarlo a rivelare la sua presenza.
Il sabba si concludeva con una manifestazione di potenza: le streghe si riunivano in cerchio per
rovinare, attraverso pratiche e formule, i raccolti con la grandine, la pioggia o l’invasione di bruchi,
locuste e topi. La formazione di un’organizzazione segreta anticristiana fu presumibilmente una
forma di difesa dalla persecuzione ecclesiastica contro gli eretici superstiti e i maghi, uniti insieme,
o per sottrarsi dalle minacce inquisitoriali o per reagire alla crisi e alla miseria che affliggeva la
società europea del 300.
1.2.4: La confessione
E’ difficile stabilire se effettivamente le streghe all’inizio dell’età moderna praticassero la
stregoneria poiché gli strumenti della loro presunta arte raramente furono portati in giudizio ed
essendo la maggior parte analfabete non ci si poteva aspettare che possedessero libri di magia nera.
La prova della loro colpevolezza consisteva nella confessione e nelle deposizioni dei vicini che le
accusavano di qualche maleficio: Le confessioni spesso venivano estorte con tortura e le
deposizioni erano dettate da motivi di ostilità.
Tali elementi di prova sono sospetti perché si riferiscono frequentemente al compimento di imprese
impossibili, che se non invalidano la confessione, ne mettono in discussione la verità e richiedono
ulteriori riscontri mai prodotti nei processi. In nessun caso i vicini di casa di una strega
testimoniarono di aver assistito a un atto di adorazione collettiva e nessun osservatore sostenne per
iscritto di avervi assistito. Il fatto poi che le confessioni fossero estorte con la tortura o sotto
minaccia di questa le rende, ai nostri occhi, manifestamente inefficaci: infatti era possibile che
l’oggetto di tali deposizioni fosse ciò che il torturatore voleva sentirsi dire e non ciò che l’accusato
aveva realmente commesso. Esiste un nesso stretto tra tortura e confessioni poiché l’accusa di
adorare il diavolo nei processi di stregoneria non veniva mai formulata prima di giungere alla fase
in cui si applicava la tortura: quindi si può dire, in un certo senso, che la tortura creò la stregoneria.
Anche le confessioni volontarie non furono veramente spontanee poiché spesso venivano rese
nell’intervallo tra una tortura e un’altra oppure vi erano streghe che preferivano confessare ed essere
giudiziate piuttosto che sopportare le agonie della tortura. Infine anche se confessavano, senza
essere state psicologicamente costrette, v’è il dubbio che esse potevano benissimo raccontare
attività sognate; sogni causati dai condizionamenti della tradizione culturale o dall’influenza di
qualche droga.
Il più antico schema di interrogatorio risale al 1270 “Formae et modus interrogandi augures et
idolatras” che contiene indicazioni sulle domande da rivolgere alle streghe e sulle indagini che gli
inquisitori dovevano svolgere per giungere alla colpevolezza del soggetto in questione.
Un interrogatorio suggestivo che serviva per non sollecitare racconti, ma per modificarli nel senso
voluto: erano necessarie strategie e sotterfugi per poter trovare accuse e per rendere reali racconti
illusori. La streghe che confessavano spontaneamente convinsero uomini prudenti e ragionevoli
della realtà di quanto le accusate ammettevano: dal momento che queste mostravano di crederci,
non ci si stupisce che anche i giudici ritenessero autentici quei racconti. Ciò che per la strega era
realtà soggettiva per l’inquisitore diventò così realtà oggettiva.
Durante lo svolgimento dei processi un notaio metteva per iscritto ciò che veniva detto
nell’interrogatorio e spesso interveniva un medico per decidere quale tortura fosse più idonea per la
confessione, a seconda delle condizioni fisiche e dell’età. Sotto tortura queste donne dicevano tutto
quello che il giudice voleva sentir dire, non solo confessavano le loro non colpe, ma spesso
accusavano altre persone di aver avuto contatti con loro durante il fantomatico convegno notturno.
Le streghe venivano interrogate dopo aver giurato sui quattro vangeli, nel luogo in cui abitavano o
nel luogo d’origine, su tutto quello che avevano sentito dire e se negavano o dicevano di non aver
sentito mai parlare di stregoneria questo creava un maggior sospetto di colpevolezza. Se negavano
tutto il giudice doveva prendere in considerazione tre elementi: la cattiva reputazione, gli indizi di
fatto e le deposizioni dei testimoni. Anche senza il primo elemento il giudice poteva stabilire che
l’imputata era manifestamente nell’eresia delle streghe e senza una confessione veniva sottoposta a
pena, che però non era quella capitale poiché per questa era proprio necessaria una dichiarazione
spontanea. Una dichiarazione spontanea si aveva spesso perchè il diavolo abbandonava le sue
protette che non avevano aderito a lui col cuore, mentre le altre, le più fedeli, venivano difese con
tutte le forze tanto da farle sopportare qualsiasi dolore pur di non confessare.
Il giudice deve indurre la strega a confessare liberamente altrimenti verrà legata alla corda e solo in
cambio di una dichiarazione le verrà promessa in salvo la vita (anche se per alcuni tale promessa
valeva per un tempo limitato e quindi poi era possibile bruciarla). Se nonostante le minacce,
persisteva nel silenzio, veniva torturata e la sua ammissione sotto tortura doveva essere ripetuta in
modo che non si potesse dire che fosse avvenuta solo in forza di torture.
Se la donna insisteva nel non voler confessare, allora venivano ascoltati i complici che, portati nella
cella della strega e rimasti con lei tutta la notte a parlare, la inducevano a ricordare tutti i sortilegi
commessi in modo che uno scrivano, nascosto alla vista della donna, trascrivesse tutto e producesse
in giudizio lo scritto come prova della realtà dell’accusa di stregoneria sl posto della confessione
personale e volontaria dell’imputata.
Un altro modo per indurla a confessare era quello di condurre l’imputata in un castello sotto
custodia di un castellano che fingeva di partire mentre alcuni servi, andando dalla strega, le
promettevano la libertà in cambio di informazioni su certi esperimenti.
1.2.5: Le procedure
La grande caccia alle streghe in Europa fu essenzialmente un’operazione giudiziaria poichè tutto il
processo di scoperta e di eliminazione delle streghe si svolgeva in ambito giudiziario.
Prima del 200 per i tribunali era difficile perseguire crimini occulti secondo un sistema accusatorio
dove l’azione penale poteva essere iniziata da un soggetto privato che avviava il processo davanti al
giudice. Se l’accusato ammetteva la sua colpa o il privato riusciva a dimostrarla, il giudice lo
condannava; in caso di dubbio, il tribunale chiedeva a Dio un segno della colpevolezza o
dell’innocenza dell’imputato.
La forma più comune era l’ordalia, prova a cui l’imputato doveva sottoporsi per acquistare la
libertà: si doveva impugnare un ferro rovente e, tenuta la mano fasciata per alcuni giorni, si doveva
mostrare che Dio aveva miracolosamente guarito la ferita oppure si immergeva il corpo
dell’imputato in acqua fredda e sole se non affondava si dimostrava la sua innocenza. Come
alternativa all’ordalia, si chiedeva all’accusato di battersi a duello con la parte lesa e la sua vittoria
veniva interpretata come segno di innocenza.
Tale procedimento in uso nel medioevo, non si basava sulla razionalità poiché l’accertamento della
colpevolezza o dell’innocenza non si conduceva attraverso un’indagine razionale delle circostanze
del caso concreto, ma attraverso il ricorso dell’intervento divino nelle faccende umane. Per di più,
ogni processo richiedeva un accusatore disposto a rischiare un contro processo secondo le regole del
Taglione e questo sistema rendeva particolarmente difficile il perseguimento del crimine.
A partire dal 200 i tribunali abbandonarono il sistema di procedura penale del primo medioevo,
adottando tecniche nuove e più efficaci. Si utilizzo il sistema inquisitorio che non escludeva però la
proposizione dell’azione penale di un privato accusatore.
I magistrati potevano citare un criminale sulla base di informazioni che avevano ottenuto, spesso
sulla bes di sole voci; essi investigavano sul crimine e determinavano se il soggetto era colpevole o
meno, interrogavano l’imputato e i testimoni, documentandone per iscritto le deposizioni,
valutavano i fatti accertati sulla base di rigorose norme per poi emettere una sentenza: si aveva così
un processo pubblico e razionalizzato. Le streghe potevano essere rinviate a giudizio ex officio o
accusate dalle loro vittime senza che fosse responsabilità per l’accusatore. Per giungere alla
sentenza erano necessarie prove di colpevolezza decisiva come la confessione o la deposizione di
almeno due testimoni di aver assistito al misfatto.
La tortura fu disciplinata attraverso norme che al riducessero al minimo per evitare sofferenze a
persone innocenti e falsificazioni di confessioni: una tortura utilizzata solo in casi di fondata
presunzione di colpevolezza per accertare fatti processuali, ammonendo solo la persona sospetta
sulla possibilità di farvi ricorso. Al giudice era impedito porre domande che inducessero l’imputato
a dare risposte che l’interrogante si attendeva.
Se i tribunali avessero rispettato le norme che regolavano la tortura e il metodo per l’indagine
criminale, non ci sarebbero stati tutti quegli errori giudiziari che si sono avuti.
La caccia alle streghe si originò, tuttavia, proprio perché quelle regole furono svuotate di valore e il
sistema giudiziario fu fortemente violato.
Le garanzie contro la ripetizione della tortura furono completamente violate “….io non ti torturerò
per una, due, tre nemmeno per otto giorni, nemmeno per poche settimane, ma per sei mesi o un
anno, per tutta la vita finchè non confesserai: e se non confessi ti torturerò a morte e dopo sarai
bruciata….”, e le norme per prevenire false confessioni furono gradualmente modificate o
abbandonate: gli interrogatori che suggestionavano gli imputati divennero di ordinaria
amministrazione nei processi di stregoneria.
Anche quando la prova di colpevolezza di una persona era insufficiente secondo la legge, i giudici
applicavano la tortura nel presupposto che l’imputata fosse colpevole e, quindi, dicesse la verità
solo se torturata o minacciata: un uso della tortura per confermare i sospetti, dare corpo alle fantasie
degli inquisitori e acquisire nomi dei complici per dar luogo alla caccia di dozzine, centinaia di
persone. Ci troviamo di fronte a un giudice che può abbandonare l’ordinario metodo prescritto dalle
leggi circa l’ordine giudiziale, gli indizi per l’inquisizione, la cattura e la tortura: tutto è possibile
quando si ha davanti un delitto di stregoneria, persino impedire all’imputato di difendersi e di
dimostrare la sua innocenza. Il giudice, pur di condannare, può, non dire il falso, ma nascondere una
parte della verità con espressioni equivoche e tanto peggio per il reo se non si accorge del tranello.
Il Malleus Maleficarum contiene una precisa descrizione del processo, indicando che questo può
variare a seconda delle situazioni: davanti al giudice un soggetto può accusare del crimine di eresia
fornendo prove, denunciando senza prove, oppure il giudice procede d’ufficio e non su istanza di
parte. Nel caso ci siano testimoni, le loro deposizioni devono essere trascritte fedelmente da un
pubblico ufficiale o da uomini idonei, dopo aver giurato sui Vangeli o sulla croce. E’ necessario
sapere il numero, le condizioni dei testimoni e le loro accuse devono essere concordi sul fatto della
stregoneria. Il giudice potrà riascoltarli più volte per constatare se le loro visioni sono state
modificate a distanza di tempo o per far precisare alcuni fatti troppo confusi o poco approfonditi.
Non sono ammessi a testimoniare nemici mortali, però il giudice non deve essere facile nel credere
che i testimoni siano nemici mortali, poiché le streghe risultano odiose a tutti e deve verificare la
realtà delle loro affermazioni.
Il giudice deve rendere il più breve possibile e limitare la dilazione della lite, respingendo eccezioni,
gli appelli, frenando le discussioni di avvocati e procuratori: nelle cause riguardanti la fede si può
procedere in modo spedito semplice e sommario, anche se tale procedimento porta ad imprigionare
la persona denunciata per un certo periodo, poiché se dopo qualche anno “depresso dallo squallore
del carcere, questa confessa i suoi crimini, il giudice non avrà agito ingiustamente, ma secondo
giustizia”. Se la strega ha però negato tutto, sorge il dubbio della validità dell’arresto: per alcuni è
giusto incarcerarla negandole la libertà dietro cauzione dei garanti, per altri è possibile la libertà
mentre per altri ancora non esiste una regola infallibile, spettando così al giudice il compito di
stabilire la gravità della causa in base alle tre disposizioni basilari: la cattiva reputazione del
soggetto, le deposizione dei testimoni e la coincidenza degli indizi di fatto.
Alla strega che si dichiara innocente viene assegnato un avvocato difensore, informato dei singoli
capitoli d’accusa, tranne dei nomi dei testimoni per evitare che la strega ne venga a conoscenza e li
maledica; se l’avvocato ritiene che la causa sia giusta l’assume, altrimenti, se è ingiusta, può
rifiutarla. L’avvocato deve osservare tre condizioni essenziali: La modestia per non esporre con
insolenza, la verità, affinchè non menta prestando ragioni o prove false e la moderazione in modo
che chieda una ricompensa adeguata e non sproporzionata.
La strega verrà rasata in ogni parte del corpo perché il marchio impresso dal diavolo potrebbe
celarsi dovunque, non solo nei vestiti, ma anche attraverso la consegna di amuleti o sul corpo stesso
per mezzo di timbri diabolici.
Motivo d’accusa è l’assenza di lacrime assoluta durante la tortura, poichè solo chi è veramente
innocente può versarle, mentre la strega “emetterà solo flebili voci e cercherà di bagnare le guance
e gli occhi di saliva come se piangesse”. Alla fine il giudice non può pronunciare una sentenza per
semplice arbitrio di sospetto poiché esso deve essere violento, cioè forte e grave per portare a una
condanna. La strega dopo la sentenza deve abiurare la “depravazione eretica” e se in seguito
dovesse ricadere nello stesso reato verrà affidata al braccio secolare dell’estremo supplizio.
L’abiura permette alla strega di purificarsi, di negare la sua vita precedente per “rinascere a nuova
vita e a nuova fede”. Se al contrario non abiura viene portata in una grande piazza dove è stato
costruito un rogo sul quale verrà arsa viva, davanti agli occhi di tutti. Altra volte viene prima
decapitata e poi bruciata. Infine vengono seppellite le sue ceneri in un luogo non consacrato e
sterile.
Possiamo quindi dire che la causa della persecuzione è l’istituzionalizzazione della punizione delle
streghe e le leggi e i trattati contro di loro forniscono la cornice ideale per le accuse e i processi,
rafforzando le credenze.
2.1.5. La realtà del sabba smentita
Il tema centrale della storia della stregoneria è quello dell’incontro col demonio: del sabba e del
viaggio che le streghe compiono per raggiungere in una sola notte il luogo dell’incontro.
I due temi, l’incontro e il viaggio, si saldano tra loro: la realtà dell’uno si basa sulla realtà dell’altro.
Il sabba ha luogo in un luogo lontanissimo dalla residenza abituale di queste: Tartarotti si chiede
come sia possibile che una donna possa essersi recata da un luogo qualsiasi dell’Europa fino a
Gerusalemme partendo la sera e tornando la mattina dopo “con tanta velocità che né uccello né
saetta, ed appena la mente umana, vi possa arrivare”.
I sostenitori della realtà del volo affermano che è il diavolo che imprime al loro trasporto una
velocità elevatissima; se fosse vero, le streghe, deboli esseri umani, resterebbero schiacciate
dall’aria senza respiro; se, invece, fosse la stessa aria la causa del volo, essa si muoverebbe mentre
le streghe rimarrebbero ferme. Ma un turbine così veloce e violento, capace di trasportare gruppi di
donne, dovrebbe causare danni evidenti alla natura e agli altri uomini, mentre così non avviene; anzi
tutto resta tranquillo né si avvertono soffi di vento nelle notti delle riunioni.
Tartarotti nega il volo notturno, utilizzando argomenti usati nel “Dialogo sopra i massimi sistemi”
da Galileo per sostenere il movimento della terra, e ricorre al metodo galileiano fondato su sensate
esperienze e certe dimostrazioni.
Ma se la scienza e l’esperienza si oppongono al volo delle streghe al sabba, le stesse si oppongono
anche all’ipotesi che il diavolo abbia il potere di muovere i corpi solidi:, se satana è spirito, per la
sua analogia con l’anima, può muovere solo liquidi e non solidi, scrive Tartarotti, sottolineando la
sua incapacità nel trasporto di esseri umani poiché “muove ciò che già di per sé ha movimento”.
Si dice che passano per luoghi molto stretti per il loro corpo e che possono trasformarsi in animali
per compiere con più sicurezza i loro desideri a danno degli uomini, ma questa è una credenza
infondata, se è vero che perfino il demonio non può distruggere la naturale estensione dei corpi.
Tartarotti si chiede poi, perché mai, una volta catturate, non vengano salvate dal demonio, di cui
sono fedeli seguaci: per l’autore è facile ammettere che se il volo è pura fantasia, anche tutto ciò che
ne consegue è pura illusione, tanto più che se il demonio non può fare ciò che Dio non vuole,
“perché allora Iddio dovrebbe permettere certe nefandezze?”. Per i sostenitori del diavolo, invece, le
ragioni per cui Satana non salva le sue adepte sono molteplici: Tartarotti ricorda le tesi di Paolo
Grimaldi che nel “De sotilegiis” sostiene che le streghe non sono liberate perché, riacquistando la
libertà, potrebbero pentirsi di averlo seguito e abbandonarlo; il diavolo peraltro non le aiuta perché i
ministri della giustizia vedendosi di fronte Satana con tutti i suoi poteri, potrebbero decidere di
diventare stregoni, e Dio non vuole che ciò accada.
Al Tartarotti non sembra strano che certe donne immaginino di compiere azioni terribili poiché la
situazione reale in cui vivono le induce a tali fantasie “la composizione tra la radice reale del
contenuto del sogno e la radice reale del contenuto della fantasia delle streghe, porta Tartarotti a
risalire all’ambiente sociale dal quale esce la strega”. Si tratta di donne appartenenti alla classe
contadina dove miseria e cattiva nutrizione le rendono deboli e propense alle fantasticherie e alle
allucinazioni; vivono in zone geografiche dove le tradizioni hanno dominato per secoli,
trasformandosi in superstizione. Il diavolo diventa l’unica via di salvezza di fronte ad un modo
misero e brutale in cui vivono.
Tartarotti avendo scelto il mondo della nuova scienza senza però respingere il mondo magico-
animistico a base della teologia cattolica, non può che affermare l’esistenza del demonio, che pur
non avendo gli ampi poteri che gli erano stati attribuiti nel passato, nonostante tutto mantiene una
certa influenza, diventando così la ragione del fanatismo delle streghe; egli, però, afferma che un
effetto può essere causato benissimo da più motivi naturali, limitando sempre più lo spazio della
causa soprannaturale. Il congresso è quindi immaginazione, cioè pura creazione della fantasia o
illusione causata dal demonio che eccita le menti con spezie afrodisiache: il diavolo può intervenire
causando il fanatismo delle streghe, anche se ciò può avvenire pure a causa delle sole forze fisiche,
poiché la stessa fantasia nasconde delle incognite. Esso è immaginario e chimerico così come lo
sono le polveri e le sostanze usate da queste donne per compiere i loro artifizi. "“Quanto è facile
supporre questo male e danno altrettanto difficile il provarli e l’accertarli con quella sicurezza di
prove che nelle materie criminali e nelle sentenze di morte si richiede”.
Il congresso notturno è quindi l’unica e principale sorgente di tutti i danni e la superstizione e la
vera nemica del culto di Dio.
2.1.6. Il processo alle streghe
Nell’ultima parte del suo lavoro più importante “Congresso delle Lammie”, il Tartarotti affronta il
problema della tortura e della sua incompatibilità con la ricerca della verità e della giustizia,
attaccando duramente il tratto di Del Rio “Disquisitiones Magicarum Quaestionum” che espone e
sostiene i metodi da usare nei processi contro le streghe. Per il Del Rio il giudice può abbandonare
l’ordinario metodo prescritto dalle leggi per la procedura penale, gli indizi per l’inquisizione, la
cattura e la tortura. L’accusata di stregoneria non può difendersi dimostrando la sua innocenza: anzi,
anche senza la presenza di indizi di colpevolezza, può essere rasata al fine di cercare la prova, il
marchio della sua sudditanza al diavolo e può anche essere condannata al rogo.
Tartarotti ritiene la credenza nel congresso notturno causa delle stragi di migliaia di donne torturate
e decapitate o arse sotto l’accusa di stregoneria: e tutto sulla base di semplici sospetti spesso nati da
superstizione, calunnie e chiacchiere, che tuttavia condizionano i magistrati.
Secondo il racconto di Padre Spee nella “Cautio Criminalis” la magistratura incomincia
coll’accogliere la traccia di rumor malignus et spurius, non suffragato da prove. Essa considera il
comportamento di tutta la vita di una persona accusata e se questa risulta proba, vuol dire che la
strega si è servita di questa apparenza per coprire le sue pratiche maligne. Se invece è riconosciuta
come malvagia, se ne ricava una prova certa di colpevolezza.
Chiusa in carcere viene poi torturata e se mostra timore è colpevole; se non lo dimostra è tuttavia
colpevole poiché per tradizione le streghe sono indifferenti e imperturbabili.
Non difesa da nessuno, spogliata e rasata, viene infine invitata a dire la verità sotto tortura lieve, in
modo che se dovesse confessare si può dire che infondo non è stata torturata o costretta: sarebbe
cioè un’auto-accusa, una confessione. Ma sarebbe altrettanto colpevole se dovesse confessare dopo
una seconda, terza o quarta tortura sempre più pesante e dolorosa. Se poi durante una di queste
volge gli occhi intorno, questo è segno che cerca di vedere il suo infernale amante; se li fissa in un
punto stabile è perché egli è già presente; se sviene è per l’aiuto che il diavolo le offre, perché
permette di dormire durante i tormenti. La sua eventuale morte sotto tortura è provocata sempre dal
demonio che l’ha uccisa per risparmiarle il rogo. Infine se persiste nel non voler confessare, vuol
dire che usa l’artifizio del silenzio ed è sempre e comunque condannata al rogo.
Tutti questi metodi provocano innumerevoli carneficine di innocenti e indicano “a quale livello di
barberie e di ingiustizie possono essere condotti i giudici dalla chimera del congresso notturno. La
superstizione che aveva invaso l’opinione pubblica però non giustifica da sola l’operato di quei
giudici, ma grande responsabilità hanno anche gli autori sui testi dei quali i giudici rendono
giustizia”. Tartarotti vuole smantellare la credenza nel congresso notturno delle streghe, in modo
che tale opinione sparisca completamente anche nel volgo e “dalla mente dell’uomo prenda
perpetuo esilio”: si può per tal via consentire un grande progresso civile utile allo stato.
A tal fine i giudici si devono impegnare nella ricerca della verità non ammettendo cose contrarie
alla ragione e non alterano i mezzi per scoprire i delinquenti ed evitare di condannare per errore
degli innocenti.