8
la questione del nuovo regime IVA per la Comunità mentre per non
ostacolare il programma di abolizione delle frontiere si sono adottati
degli aggiustamenti minimi all’originario funzionamento dell’imposta
per adeguarla alla nuova realtà.
L’attuale regime IVA nell’Unione Europea è perciò per definizione
“transitorio”, esso è in vigore dal 1° gennaio 1993, ossia da quando uf-
ficialmente non esistono più le frontiere tra i Paesi membri. Il regime
transitorio ha dato luogo a non poche perplessità nel corso del suo
funzionamento e d’altra parte le stesse proposte della Commissione
(l’ultima è del 1996) riguardo al regime definitivo che entrerà in vigo-
re in un futuro più o meno prossimo ne sollevano altrettante.
Il percorso verso il regime definitivo dell’IVA è costellato di rinvii:
originariamente previsto per il 1° gennaio 1993, viene rinviato di quat-
tro anni già nel 1989, nel 1997 è posticipato di due anni, nel 1999 su-
bisce un altro rinvio a data praticamente da destinarsi. Nella seconda
metà degli anni novanta l’obiettivo della moneta unica catalizza tutta
l’attenzione mentre le questioni fiscali in genere (non solo il regime
IVA) passano in secondo piano. Si fa strada la convinzione che il re-
gime transitorio si trasformerà implicitamente in definitivo.
Ma perché tanti problemi? Eccone alcuni:
1. L’IVA rappresenta in media il 16,5%
1
del gettito complessivo degli
Stati membri. Si comprende come ogni voce di riforma che possa
1
Dati 1995. Fonte: Eurostat, Structures of the taxation in the European Union, Office for publica-
tion of the European Communities, Bruxelles, 1997.
9
in qualche modo solo far temere una variazione del gettito sia vista
con preoccupazione.
2. Il problema è stato inizialmente affrontato con una certa superficia-
lità: dato che l’IVA è stata concepita per un mercato nazionale cir-
condato da frontiere, l’adattamento alla nuova realtà dell’Unione
Europea presenta dei problemi tecnici e pratici non facilmente ri-
solvibili a meno di un radicale cambiamento dell’imposta. La solu-
zione proposta dalla Commissione invece sembra un tentativo di
mantenere il sistema precedente con le modifiche minime necessa-
rie, soprattutto per evitare spostamenti di gettito.
Scopo di questo lavoro è di riesaminare la questione dell’IVA dalle o-
rigini ai giorni nostri, esaminando i problemi che solleva il regime
transitorio e le proposte di regime definitivo della Commissione; inol-
tre si intendono fornire alcune soluzioni alternative in un contesto di
generale ripensamento dell’imposizione indiretta nell’Unione Europe-
a.
10
1. LINEAMENTI GENERALI DELL’IMPOSTA SUL VALORE
AGGIUNTO
1.1. Classificazione dell’imposta
L’IVA appartiene alla categoria delle imposte indirette.
La distinzione tra imposte dirette e indirette non è stata mai univoca
da parte degli studiosi; tradizionalmente ci si riferiva alla diversa ma-
nifestazione della capacità contributiva
1
laddove l’imposta indiretta
colpiva situazioni che facevano solo presupporre l’esistenza di una
capacità contributiva come scambi di ricchezza, atti giuridici, ecc.
mentre l’imposta diretta colpiva manifestazioni immediate della stessa
come il reddito e il patrimonio.
Una distinzione tipica è quella che considera le imposte indirette re-
gressive (colpiscono in maniera più forte chi è più povero) mentre le
imposte dirette sarebbero più eque grazie al meccanismo della pro-
gressività delle aliquote.
Tuttavia data l’enorme varietà delle imposte indirette negli stati mo-
derni, dall’IVA ai proventi sulle lotterie, non è più possibile fare una
distinzione precisa perciò si considerano imposte indirette tutte quelle
che espressamente non sono dirette.
1
Secondo il criterio della capacità contributiva l’incidenza dell’imposta è commisurata alla capaci-
tà del singolo di contribuire alle spese pubbliche, a differenza del criterio della controprestazione
dove l’imposta è in relazione ai benefici che il singolo riceve dall’azione della pubblica ammini-
strazione.
11
Le principali categorie di imposte indirette sono: imposte sullo scam-
bio di beni e servizi come l’IVA, imposte sulla fabbricazione dette
“accise” come quelle che gravano su carburanti, spiriti o tabacchi, im-
poste sugli atti giuridici come l’imposta di registro, imposte improprie
sui consumi come le tasse di proprietà automobilistiche più una serie
di altre tasse a cui non è possibile dare una classificazione.
Nell’ambito delle imposte indirette l’IVA colpisce lo scambio di beni
e servizi, in altri termini le vendite.
Una distinzione fondamentale va fatta tra le imposte sugli scambi mo-
nofase e quelle plurifase: nella tipologia monofase l’imposta si applica
agli scambi di una specifica fase del processo produttivo o distributi-
vo, nella tipologia plurifase invece l’imposta si applica a tutti gli
scambi di beni e servizi dal momento della produzione al consumatore
finale. Le imposte monofase storicamente sono tre a seconda del mo-
mento che viene colpito: imposta sulle vendite del produttore, imposta
sulle vendite del grossista, imposta sulle vendite al dettaglio. Attual-
mente nella tipologia plurifase l’imposta per eccellenza è l’IVA che
tassa tutti gli scambi sulla base del valore aggiunto; in passato erano
diffuse anche altre forme di imposizione che colpivano tutti gli scambi
sulla base del valore pieno, ossia del fatturato.
Sempre nell’ambito delle imposte sugli scambi bisogna distinguere tra
quelle generali e quelle selettive. Selettive sono quelle che discrimina-
no tra le diverse tipologie di beni e servizi concedendo un’esenzione
oppure una differente aliquota (più bassa o più elevata), generali sono
quelle che non dovrebbero fare alcuna distinzione sullo scambio di
ricchezza oggettivamente imponibile. L’IVA, come altre imposte sugli
12
scambi, è in teoria generale per poi diventare irrimediabilmente selet-
tiva nell’applicazione concreta a causa di beni e servizi o addirittura
interi settori produttivi, che si ritiene di non dover tassare o comunque
tassare in maniera diversa.
1.2. La base imponibile
L’IVA tassa il valore aggiunto che si forma nelle imprese ai diversi
stadi della produzione. Soggetti passivi, materialmente obbligati al
pagamento dell’imposta, sono le imprese.
1.2.1. Aspetto microeconomico
Da un punto di vista microeconomico il valore aggiunto di un’impresa
è semplicemente la differenza tra due flussi: vendite di beni e servizi
meno acquisti di beni intermedi. L’imposta funziona individuando
delle operazioni che danno luogo all’applicazione dell’IVA, le opera-
zioni cosiddette “imponibili” (V), ed altre che possono essere portate
in deduzione dall’aggregato oggetto dell’imposta, le operazioni cosid-
dette “detraibili” (A), la differenza dà il valore aggiunto ai fini fiscali
(VA):
AVVA −=
Nel modello teorico dell’IVA le operazioni imponibili sono tutte le
cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da un’impresa senza
alcun riguardo alla natura giuridica o economica dell’acquirente (con-
sumatore, impresa, pubblica amministrazione, ecc.). Invece la possibi-
lità di portare in deduzione dalla base imponibile gli acquisti effettuati
13
varia a seconda del modello di IVA che si adotta; si individuano così
in teoria tre categorie di IVA.
1. IVA tipo consumo.
In questo caso il soggetto passivo può portare in detrazione per in-
tero tutte le spese sostenute per l’acquisizione di beni e servizi. Ciò
significa che, ai fini dell’applicazione dell’imposta, non c’è diffe-
renza tra investimenti e input produttivi correnti. Anche se questi
vanno ad incrementare il livello delle scorte, sono comunque de-
traibili. La base imponibile di un determinato periodo d’imposta
sarà data da tutte le vendite meno tutti gli acquisti:
AVVA −=
2. IVA tipo prodotto lordo.
Questa tipologia di IVA consente solo la detrazione delle spese re-
lative al consumo, sono quindi indirettamente tassati gli investi-
menti e l’incremento delle scorte. Indicando con S∆ la variazione
delle scorte tra due periodi successivi di imposta e
C
A gli acquisti
di input correnti, la base imponibile sarà:
C
ASVVA −∆+=
3. IVA tipo reddito.
È una tipologia intermedia tra le due poiché se da un lato si con-
sente la detrazione degli acquisti correnti che vanno ad incrementa-
re le scorte dall’altro la detrazione per le spese d’investimento è
possibile nei limiti del logorio dello stock di capitale in essere (gli
ammortamenti). Indicando gli ammortamenti con amm , la base im-
14
ponibile di un periodo di imposta sarà:
ammAVVA
C
−−=
Tabella 1 Tipologie di IVA e base imponibile dei singoli operatori.
Tipi di imposta Base imponibile
IVA consumo VA=V-A
IVA prodotto lordo VA=V+ ∆ S-A
C
IVA reddito VA=V-A
C
-amm
Fonte: elaborazioni personali
1.2.2. Aspetto macroeconomico
L’aspetto macroeconomico è relativo all’aggregato su cui grava in de-
finitiva l’imposta. Aggregato che può essere ottenuto dalla sommato-
ria di tutto il valore aggiunto fiscale creato dalle imprese ai diversi
stadi del processo produttivo e distributivo. Naturalmente cambierà a
seconda della tipologia di imposta presa in considerazione.
L’IVA tipo consumo calcola la base imponibile al lordo degli ammor-
tamenti, esclude gli investimenti e la variazione delle scorte dal com-
puto del valore aggiunto; nel complesso graverà su un aggregato para-
gonabile ai consumi finali. Infatti se supponiamo che la base imponi-
bile ad uno stadio k del processo produttivo distributivo sia:
kk
c
k
AVVA −=
la sommatoria per tutti gli stadi, indicati da 1 a n, sarà:
∑∑∑
===
−=
n
k
k
n
k
k
n
k
c
k
AVVA
111
15
inoltre si può supporre che le vendite in una fase del processo produt-
tivo distributivo sono acquisti sempre deducibili
1
nella fase successi-
va, ossia
1+
=
kk
AV , si avrà:
1
1
AVVA
n
n
k
c
k
−=
∑
=
come risultato della sommatoria del valore aggiunto fiscale per tutti
gli stadi del processo produttivo distributivo supposti da 1 a n.
Il termine
n
V rappresenta le vendite effettuate all’ultimo stadio, quindi
ai consumatori, mentre il termine
1
A sono gli acquisti effettuati dal
soggetto passivo in cima alla catena, che possono essere considerati
zero. L’IVA tipo consumo grava in definitiva su di un aggregato para-
gonabile ai consumi finali.
La base imponibile dell’IVA di tipo prodotto lordo è calcolata al lordo
degli ammortamenti, includendo gli investimenti e le variazioni delle
scorte. La sommatoria di tutto il valore aggiunto fiscale ottenuto dalle
imprese dà luogo ad una grandezza che può essere considerata il Pro-
dotto Nazionale Lordo di un’economia chiusa. Indicando gli acquisti
correnti come differenza tra gli acquisti totali e gli investimenti
IC
AAA −= , il valore aggiunto di un’impresa ad uno stadio k del pro-
cesso produttivo distributivo sarà:
() ()
k
Ikkk
pl
k
AASVVA +−∆+=
mentre la sommatoria per tutti gli stadi sarà:
1
In realtà non e sempre così, sono diversi gli acquisti che pur rientrando teoricamente nelle opera-
zioni detraibili non lo sono poi per disposizioni di legge.
16
() ()
∑∑∑∑∑
=====
+−∆+=
n
k
k
I
n
k
k
n
k
k
n
k
k
n
k
pl
k
AASVVA
11111
ed il risultato, ipotizzando sempre
1+
=
kk
AV , sarà:
() ()
1
111
AASVVA
n
k
k
I
n
k
kn
n
k
pl
k
−+∆+=
∑∑∑
===
.
La differenza rispetto al tipo consumo sta nella spesa effettuata dalle
imprese per gli investimenti e l’accumulo delle scorte. In definitiva
sempre ipotizzando 0
1
=A l’IVA tipo prodotto lordo colpirà i consumi
finali, gli investimenti al lordo degli ammortamenti e la variazione
delle scorte, ossia il Prodotto Nazionale Lordo.
La base imponibile dell’IVA tipo reddito include gli investimenti ma è
al netto degli ammortamenti e delle variazioni delle scorte. La somma-
toria del valore aggiunto fiscale può essere riferibile ad una grandezza
simile al Prodotto Nazionale Netto meno le scorte. Se si indica la base
imponibile ad un singolo stadio come:
()
k
k
Ikk
rd
k
ammAAVVA −+−=
la sommatoria per tutti gli stadi sarà:
()
∑∑∑∑∑
=====
−+−=
n
k
k
n
k
k
I
n
k
k
n
k
k
n
k
rd
k
ammAAVVA
11111
ed ipotizzando sempre
1+
=
kk
AV ed 0
1
=A :
()
1
111
AammAVVA
n
k
k
n
k
k
In
n
k
rd
k
−−+=
∑∑∑
===
17
Si ottiene una grandezza che contempla le vendite ai consumatori fina-
li, gli investimenti al netto degli ammortamenti ed escluso
l’incremento delle scorte.
Tabella 2 Valore aggiunto aggregato e diverse tipologie di IVA.
Al lordo degli ammortamenti Al netto degli ammortamenti
Incluse le spese per beni d’investimento
e l’incremento delle scorte
IVA tipo prodotto lordo
IsIfCVA
pl
++=
Incluse le spese per beni d’investimento
ma escluso l’incremento delle scorte
IVA tipo reddito
ammIfCVA
rd
−+=
Escluse le spese per beni d’investimento
e l’incremento delle scorte
IVA tipo consumo
CVA
c
=
Legenda: C=consumi finali, If=investimenti fissi, Is=variazione delle scorte,
amm=ammortamenti. Fonte: elaborazioni personali.
Nel caso dell’imposta sul valore aggiunto tipo consumo non si hanno
effetti distorsivi sull’accumulazione di capitale, sia esso fisso che de-
rivante dall’incremento delle scorte, perché non è in alcun caso tassa-
to. Negli altri due casi evidentemente si.
L’IVA tipo consumo è perciò la forma più diffusa perché la tassazione
degli investimenti non è ritenuta una misura corretta di politica eco-
nomica. Tuttavia gli elementi che fanno propendere per l’utilizzo di
un’IVA di tipo consumo sono anche più prettamente pratici perché si
evita l’introduzione nel calcolo dell’imposta di elementi come gli
ammortamenti, che si basano del tutto su congetture, e le variazioni
delle scorte che si prestano a facili manipolazioni. L’IVA tipo consu-
mo invece si basa esclusivamente su vendite ed acquisti che presup-
18
pongono un rapporto con i terzi e quindi un elemento maggiormente
oggettivo di controllo come i contratti di compravendita.
1.3. L’implementazione del tributo
Esistono in teoria due modalità tecniche di implementare il tributo: il
metodo del credito d’imposta ed il metodo della sottrazione. Dal punto
di vista del gettito che se ne trae sono equivalenti perché gravano en-
trambi sullo stesso aggregato: il consumo finale; tuttavia se sono
uguali in teoria, gli aspetti pratici e amministrativi hanno favorito la
diffusione quasi esclusiva del metodo del credito.
L’Unione Europea adotta un’imposta basata sul metodo del credito
1
.
1.3.1. Il metodo del credito d’imposta
Il metodo del credito IVA funziona tassando tutte le vendite di beni o
servizi delle imprese attraverso un aumento percentuale (in base
all’aliquota in vigore) del prezzo di vendita. In questo modo
l’acquirente paga, oltre al prezzo netto, una maggiorazione rappresen-
tata dall’imposta; tale imposta sarà riscossa dall’impresa venditrice
che diventa però contemporaneamente debitrice verso l’erario per lo
stesso importo, in modo simile a ciò che accade ai sostituti d’imposta
2
.
1
In Giappone esiste un’imposta sul valore aggiunto che applica il metodo della sottrazione. Il suo
funzionamento tuttavia è particolarmente atipico rispetto al modello teorico del tributo che non si
dovrebbe nemmeno parlare di IVA ma di un’imposta che presenta delle analogie con l’IVA. Fonte:
G. Metcalf, Value added taxation, a tax whose time has come?, «Journal of Economic Perspec-
tives», vol. 9, n. 1, 1995.
2
Sostituto d’imposta è colui che in forza di disposizioni di legge è tenuto al pagamento
dell’imposta in luogo di altri per fatti o situazioni a questi riferibili, rimanendo obbligato ad eserci-
tare la rivalsa. Sebbene il meccanismo presenti delle similitudini il soggetto IVA non può essere
considerato un sostituto perché non esegue il pagamento dell’imposta per conto di altri ma è esso
stesso l’obbligato in via principale.
19
All’impresa acquirente viene concesso un credito verso l’erario per
l’intero ammontare dell’IVA pagata (se metodo consumo).
Così se un’impresa vende un prodotto a 100 ad un altro soggetto pas-
sivo, e l’aliquota in vigore è il 10%, il prezzo di vendita sarà
100+10%=110 dove 100 vanno all’impresa come ricavo e 10 matura-
no come debito verso l’erario. L’impresa che acquista paga un prezzo
di 110 ma il costo effettivo è 100 in quanto matura contestualmente un
credito verso l’erario per 10.
Nel complesso un soggetto passivo presenterà due distinti flussi: uno a
debito per l’IVA incassata da altri sulle proprie vendite e uno a credito
per l’IVA pagata ad altri sugli acquisti. Dalla differenza tra i due flussi
risulterà l’imposta dovuta quando l’IVA a debito eccede quella a cre-
dito, oppure il diritto ad un rimborso se la differenza presenta segno
negativo.
IVA DOVUTA = IVA A DEBITO – IVA A CREDITO
Chi non è soggetto passivo, consumatori ma anche pubblica ammini-
strazione nella veste di consumatore finale di alcuni beni e servizi, non
ha alcun diritto al credito per l’imposta pagata e quindi ne sopporta
per intero il carico. D’altra parte gli stessi soggetti non devono appli-
care l’imposta nell’eventualità di una vendita o di una prestazione di
servizi
1
.
Un esempio molto semplificato di un ciclo produttivo di
un’automobile al netto di IVA è illustrato nella tabella 3, mentre nella
1
Si stabilisce in genere un limite oltre il quale la cessione di beni o la prestazione di servizi “occa-
(continua nella pagina successiva)
20
tabella 4 sono riportati i flussi IVA relativi alle imprese prese in con-
siderazione.
Si suppone che all’inizio della catena produttiva ci sia una miniera che
non sostiene altri costi se non la manodopera e che l’aliquota sia unica
del 10%; la miniera vende all’acciaieria le materie prime per 300 più
l’IVA al 10% per un prezzo di 330, la miniera a questo punto ha un
debito verso l’erario per 30, come si può vedere dalla tabella 4.
L’acciaieria acquista le materie prime, le trasforma e rivende l’acciaio
all’impresa che produce macchinari per 200+IVA nonché all’impresa
automobilistica per 400+IVA. L’IVA a debito per l’acciaieria è di
20+40=60 mentre l’IVA a credito è di 30; l’IVA dovuta sarà di 60-
30=30.
L’impresa che produce macchinari acquista acciaio per 200+IVA e ri-
vende macchinari per 700+IVA. Nel complesso l’IVA a debito sarà di
70, quella a credito 20, il saldo dovuto di 70-20=50.
L’impresa automobilistica infine acquista acciaio per 400+IVA e
macchinari, che rappresentano un investimento, per 700+IVA matu-
rando un credito verso l’erario di 40+70=110. Vende automobili per
un importo complessivo di 1.500+IVA con imposta a debito pari a
150; ne consegue un debito verso l’erario pari a 150-110=40.
Alla fine subentrano i consumatori (nella tabella non sono indicati)
che acquistano le automobili per complessive 1.500+IVA 10%=1.650
e non hanno alcun diritto alla detrazione.
sionale” costituisce attività di impresa e fa sorgere gli obblighi IVA.
21
Il gettito complessivamente ottenuto dall’erario è di
30+30+50+40=150 (si veda la tabella 4) che è esattamente il 10% di
1.500. L’imposta pur essendo applicata a tutti gli stadi della produzio-
ne e distribuzione colpisce un aggregato identico ai consumi finali.
Tabella 3 Ciclo produttivo semplificato di un’automobile e relativa IVA, metodo del credito
d’imposta, aliquota unica 10%.
CICLO PRODUTTIVO DI UN’AUTOMOBILE
Miniera Acciaieria Macchinari
Impresa au-
to
Consumato-
re
Netto IVA Netto IVA Netto IVA Netto IVA
Prezzo al
consumo
Vendite 300 30 600 60 700 70 1.500 150
Input pro-
duttivi cor-
renti
0 0 300 30 200 20 400 40
Investimenti 0 0 0 0 0 0 700 70
VA 300 300 500 400
1.650
Fonte: elaborazioni personali
Tabella 4 Ciclo IVA relativo alle transazioni della tabella 3
CICLO IVA (METODO DEL CREDITO) ALIQUOTA 10%
Miniera Acciaieria Macchinari Impresa au-
to
Totale
IVA a debi-
to
30 60 70 150 310
IVA a cre-
dito
0 30 20 110 160
IVA dovuta 30 30 50 40 150
Fonte: elaborazioni personali
Il metodo del credito ha precise conseguenze in termini di adempi-
menti contabili da parte dei soggetti passivi.