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1.1.1 I quattro aspetti della Corporate Governance che richiedono attenzione
La Global Financial Crisis (GFC) iniziata nel 2007 negli Stati Uniti, e poi diffusasi in quasi
tutti i paesi del Mondo, ha rivelato gravi carenze nel governo societario. E’ del tutto
evidente che le norme esistenti non hanno fornito i controlli adeguati e i necessari
contrappesi di cui le aziende avevano bisogno per coltivare delle sane pratiche
commerciali.
Nel 2008, l'OCSE ha lanciato un ambizioso piano d'azione per sviluppare una serie di
raccomandazioni in grado di realizzare dei miglioramenti nei settori prioritari. Per questo
motivo, nel 2009 è stato realizzato il report “Corporate Governance and the Financial
Crisis: Key Findings and Main Messages”.
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La relazione dello Steering Group affronta le quattro aree della corporate governance che,
secondo l’Oecd, sono strettamente collegate alla nascita della crisi:
1. La retribuzione degli amministratori e il sistema degli incentivi;
2. Le procedure e gli standard per il Risk Management;
3. La performance dei CdA;
4. l'esercizio dei diritti da parte degli azionisti.
Le raccomandazioni contenute nel report riguardavano anche l'attuazione e il
miglioramento di norme già concordate.
Per quanto riguarda il sistema di remunerazione, si ritiene che i manager abbiano avuto
troppa influenza nello stabilire le condizioni e i livelli delle loro retribuzioni sulla base
delle performance. In molti casi, il collegamento tra prestazione e retribuzione è stato
molto debole o molto difficile da individuare.
I sistemi di remunerazione degli amministratori sono stati troppo complicati e poco
trasparenti. Inoltre, tendevano ad essere asimmetrici, con una limitata possibilità di veder
diminuire le retribuzioni e i benefit in caso di peggioramento delle performance aziendali.
La conseguenza è stata una eccessiva assunzione del rischio per l’impresa da parte del
management di più alto livello.
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Fonte: OECD “Corporate governance and the financial crisis”
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Un altro aspetto che ha contribuito enormemente ad incendiare la crisi finanziaria è stato
quello del Risk Management. C’è stata una incapacità diffusa, da parte dei CdA delle
imprese, di gestire il rischio in modo efficace.
In molti casi, il rischio non è stato gestito su base aziendale e non era conforme alla
strategia perseguita dall’impresa. E’ da sottolineare il fatto che tanti amministratori
ignoravano l’entità del rischio che la società stava affrontando.
Sia le società finanziarie, che non finanziarie, dovevano essere gestite tenendo conto dei
rischi operativi, quelli strategici e quelli di mercato. Tuttavia, per le società finanziarie, la
volatilità del rischio tende ad essere maggiore il che richiede degli sforzi ulteriori per la
gestione dei rischi.
Per le banche, infatti, esisteva anche il rischio di liquidità e il rischio sistemico, i quali, con
tutta evidenza delle vicende fallimentari che si sono susseguite, non sono stati
adeguatamente tenuti sotto controllo.
Secondo il report, inoltre, gli insuccessi relativi alla corporate governance sono da
attribuire alle limitate capacità dei membri del CdA, costruiti da amministratori con poche
capacità e poca indipendenza.
Infine, è mancata l’effettiva partecipazione degli azionisti nelle decisioni fondamentali per
l’impresa. Gli interessi del management e degli azionisti sono rimasti allineati per tutto il
periodo di crescita dei mercati finanziari; ma quando è iniziata la crisi, gli azionisti non
sono stati tempestivi nell’esercitare i loro diritti sulle questioni chiave come remunerazione
degli amministratori, composizione del CdA e assunzione dei rischi per l’impresa.
1.2 Sistemi di Common Law e di Civil Law a confronto
Il Common Law è il sistema giuridico che si è sviluppato in Inghilterra dopo la conquista
normanna (1066). I conquistatori riconobbero la validità del corpo di consuetudini locali
che disciplinavano i rapporti di famiglia, la proprietà, i contratti e che i giudici
continuarono ad applicare per secoli, anche nelle colonie.
Oggi non si può certo dire che la Common Law sia un corpo di regole consuetudinarie; è
invece un corpo di regole giurisprudenziali formatosi attraverso il consolidamento e
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l’evoluzione dei “precedenti giudiziari”, ossia delle autorevoli pronunce dei giudici, che gli
altri giudici sono tenuti a rispettare.
Nei paesi di Common Law, dunque, la regolamentazione è principalmente ascrivibile ad
un’ampia casistica giurisprudenziale e si avvale del principio generale dello Stare decisis,
vale a dire, sul carattere vincolante del precedente giudiziario.
Oltretutto, nel diritto moderno, la Common Law è affiancata, nel Regno Unito come negli
Stati Uniti e negli altri paesi che seguono questa tradizione giuridica, da un’ingente
produzione legislativa.
Negli Stati Uniti lo Stare decisis è considerato dai giudici non tanto come una regola
giuridica da seguire in ogni caso, ma come principio di policy, dettato cioè da motivi di
giustizia e di convenienza
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.
Pertanto, qualora si presentino ragioni sostanziali atte a giustificare una soluzione diversa
per i casi successivi, il precedente, sebbene teoricamente applicabile, può essere distinto,
modificato, o addirittura eliminato.
Tale potere dei giudici è espressione del fatto che nei Paesi della Common Law, lo sviluppo
organico e moderno del diritto è affidato non già alla dottrina (come nei Paesi della Civil
Law) ma alla responsabilità dei giudici e della giurisprudenza.
Di conseguenza, il modo di ragionare del giudice angloamericano diverge da quello
adottato nei Paesi della Civil Law; ricorrendo al metodo induttivo, egli prende in
considerazione i singoli precedenti che gli vengono sottoposti dagli avvocati delle parti in
causa, traendone le soluzioni per risolvere singoli casi concreti.
Nell’interpretazione della legge l’intervento del legislatore è fortemente limitato: qualora si
discosti dal Common Law, la legge scritta (statute law) viene ad assumere un carattere del
tutto eccezionale, e deve pertanto essere interpretata in modo restrittivo.
A differenza di quanto accade nei Paesi della Civil Law, la legge scritta ricopre quindi un
ruolo secondario nel sistema delle fonti.
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Fonte: TRECCANI “Enciclopedia italiana”
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Il c.d. Civil Law è la tradizione giuridica che costituisce la base della maggior parte degli
ordinamenti del mondo, soprattutto nell'Europa continentale, ma anche in Quebec
(Canada), Louisiana (USA), Giappone, America Latina, Cina, e nella maggior parte delle
ex – colonie europee.
Il Civil Law, è il modello di ordinamento giuridico sviluppatosi nell’Europa continentale a
partire dal diritto romano – giustinianeo. Si fonda essenzialmente su un ruolo importante
dell’università e su un sistema di codici.
Il movimento della codificazione che diede origine al moderno sistema di Civil Law, sorse
nella seconda metà del XVII secolo e rispondeva a precise esigenze di ordine sistematico.
In particolare, esso tendeva a porre un argine all’obiettivo stato di incertezza in cui versava
il diritto che si contraddistingueva per l’arbitrio giudiziale e l’abuso dell’interpretazione
dei giuristi.
Nel sistema di Civil Law, che come detto è il modello dominante a livello mondiale, i
giudici, applicando la legge, pronunciano sentenze che una volta passate in giudicato,
fanno stato fra le parti, ossia le sentenze determinano un accertamento e definizione della
lite vincolante per i soggetti in causa, ma con efficacia limitata sia dal punto soggettivo che
oggettivo.
Soggettivamente, perché la sentenza non vale nei confronti di chi sia restato estraneo al
processo ed oggettivamente perché la sentenza definisce solo quella determinata lite e non
altre.
Il Civil Law rappresenta quindi il modello del diritto generale ed astratto, precostituito
all’insorgere del conflitto dove il giudice applica la legge.
Il sistema di Civil Law si differenzia quindi dal quello di Common Law principalmente per
il diverso modo di creare norme generali ed astratte: attraverso le leggi, che prevedono
ipotesi prefigurate in astratto (Civil Law), mediante le sentenze dei giudici e partendo da
casi concreti (Common Law).
Nel mondo di Civil Law, quindi, il diritto scritto è la fondamentale fonte di produzione di
norme; i giudici fondano – e devono motivare – le proprie decisioni sulle norme di diritto
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scritto, ragionando in termini di principi generali, ed utilizzando il ragionamento per
analogia per colmare eventuali "lacune" delle regole.
Per contro, nel Common Law, la principale fonte di diritto sono i "casi" (cioè le decisioni
del giudice sul singolo caso), mentre le leggi scritte sono viste come "incursioni" esterne
nel Common Law (quando non si limitano a riprodurne le regole) e quindi interpretate
molto restrittivamente e, salvo espressa volontà di deroga, sempre in conformità alle norme
del Common Law di fonte giudiziale.
Figura 2: Sistemi giuridici nel Mondo - Common Law (rosso) & Civil Law (blu)
Altri elementi caratterizzanti il sistema di Common Law riguardano inoltre la formazione
del giurista e la selezione dei giudici. Per quanto riguarda i primi, va segnalata la
formazione eminentemente pratica degli stessi nel regime di Common Law, in
contrapposizione alla formazione universitaria del giurista continentale.
Per quanto riguarda i secondi, la selezione degli stessi nel sistema di Common Law avviene
fra i migliori avvocati superiori (barrister), al contrario di quanto avviene nel modello di
Civil Law, dove prevale la selezione burocratica dei giudici.
Il maggior vantaggio degli ordinamenti continentali di Civil Law è rappresentato dalla
creazione parlamentare del diritto. Le norme scritte sono quindi garanzia di maggiore
certezza e democraticità, facilitando nel contempo la conoscenza delle regole da parte dei
cittadini.
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Conseguenza fondamentale è che il giudice non può decidere il caso secondo la propria
sensibilità, ma è vincolato alla legge.
Le regole generali possono tuttavia talvolta rivelarsi poco adeguate ai casi concreti, e qui
gli ordinamenti continentali mostrano un limite, perché la modificabilità delle norme e, più
in generale, il recepimento normativo di nuovi fenomeni, accadono più lentamente che
negli ordinamenti di Common Law, essendo indispensabile la procedura parlamentare.
Non senza considerare che, essendo il frutto di scelte politiche, determinate norme possono
essere espressione di una sensibilità politica temporanea e volatile.
Gli ordinamenti di Common Law, per contro, predominanti sulle sponde dell’Atlantico, si
reggono sul predominio del cosiddetto case law, che consente al giudice di adattare più
facilmente le regole al singolo caso.
Il vincolo di precedenti decisioni può comunque essere superato se il fatto si presenta con
connotati specifici tali da meritare l’applicazione di una norma diversa. Ne deriva che il
giudice può anche recepire con maggiore rapidità nuove esigenze economiche e sociali.
Data la mole dei “precedenti”, il sistema di Common Law è tuttavia di più difficile
consultazione per gli operatori, costretti ad affannose ricerche senza la certezza di aver
esaurito tutto il panorama normativo applicabile.
A causa del peso del precedente, inoltre, a volte occorre molto tempo prima che una regola
sbagliata venga emendata o eliminata. Non senza considerare che la prevalenza delle prove
orali e la formazione sostanzialmente processuale delle norme, offrono una minore
certezza del diritto.
Nonostante possa sembrare netta, la distinzione tra questi sistemi giuridici sembra tuttavia
oggi attenere più a livello di filosofia del diritto e di accademia.
Nella pratica, infatti, si assiste a una crescente contaminazione tra la cultura giuridica dei
Paesi anglosassoni e di quelli dell’Europa continentale, che partendo da posizioni
sostanzialmente diverse, raggiungono nella pratica applicazione gli stessi risultati.
Più in particolare, nei sistemi di Civil Law si assiste a una progressiva accentuazione della
tendenza a riconoscere un certo grado di vincolatività ai precedenti giudiziari, soprattutto
alle pronunce delle giurisdizioni superiori.