5
Introduzione
La presente tesi avrà come fine l’evidenziazione di alcuni principi, concepiti
particolarmente dall’analisi delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee,
posti a regolare il sistema dell’imposizione fiscale comunitaria. L’attenzione sarà rivolta a
specificare la portata del principio di non discriminazione e del divieto di restrizioni alle
libertà fondamentali sancite dal Trattato, con particolare riguardo all’imposizione diretta.
Per meglio comprendere l’universo giuridico di riferimento, in via preliminare rispetto allo
studio di queste tematiche, sarà necessario soffermare l’attenzione circa gli aspetti essenziali
dei tributi normati dalla Comunità, sia tramite i regolamenti e le direttive, sia mediante la
laboriosa opera di interpretazione compiuta dalla Corte di giustizia. Innanzitutto, però, è
necessario presentare le caratteristiche del principale organo giurisprudenziale comunitario.
La Corte di giustizia delle Comunità europee è l’istituzione giurisdizionale comunitaria la cui
attività si estrinseca essenzialmente riguardo
1
:
• il controllo della legittimità, in relazione ai trattati, degli atti e dei comportamenti posti
in essere dalle singole istituzioni comunitarie;
• la vigilanza sull’adempimento degli obblighi in capo agli Stati membri;
• l’interpretazione del diritto comunitario, con riferimento particolare alla compatibilità
delle giurisdizioni nazionali con i Trattati o con gli atti di diritto comunitario derivato,
su domanda dei giudici nazionali.
Essa è composta da tre organi giurisdizionali: la Corte di giustizia, il Tribunale di primo grado
e il Tribunale della funzione pubblica.
La Corte di giustizia è nominata all’art. 7 TCE come uno dei cinque organi fondamentali
mediante i quali la Comunità esegue i compiti ad essa affidati. Avente sede a Lussemburgo, è
composta da un giudice per Stato membro e da otto avvocati generali, nominati tra personalità
di primo ordine, in grado di offrire lapalissiane garanzie d’indipendenza. Essi devono inoltre
possedere i requisiti professionali indispensabili al fine di poter esercitare le massime funzioni
giurisdizionali all’interno dei loro Paesi, oppure essere noti come giuristi di indubbia
competenza. Il loro mandato ha durata di sei anni, ed è rinnovabile. All’interno dell’alveo dei
giudici ogni tre anni viene eletto il Presidente della Corte, il quale ha compiti di direzione e
coordinamento dell’attività riguardo gli aspetti amministrativi e giurisdizionali: presiede
1
Per un approfondimento si rinvia a: Pocar, F., 2004. Diritto dell’Unione e delle Comunità europee. IX edizione.
Milano: Giuffrè Editore. PP. 178-250.
6
quindi le udienze plenarie, per ogni causa nomina il giudice relatore, è competente in materia
sia di provvedimenti cautelari e d’urgenza, sia di sospensione dell’esecuzione delle sentenze.
L’avvocato generale è investito dell’onere di presentare pubblicamente conclusioni scritte,
accompagnate da spiegazioni, nelle cause svolte dinanzi alla Corte. Egli non ha il compito di
sostenere le tesi della Comunità piuttosto che dello Stato membro, o viceversa: è difensore del
diritto tout court.
Il Cancelliere, il cui mandato è rinnovabile, è nominato dalla Corte di Giustizia ogni sei anni.
Egli svolge, sotto la responsabilità del Presidente, funzioni di amministrazione e di gestione
finanziaria della Corte.
Dal 1988 è stato istituito, su decisione del Consiglio
2
, il Tribunale di primo grado delle
Comunità europee. Diversamente dalla Corte, non è previsto dall’art. 7 TCE. Il suo ruolo di
giurisdizione autonoma è stato riconosciuto formalmente solo nel 2001, all’art. 220 del
Trattato di Nizza. Avente anch’esso sede a Lussemburgo, è composto da almeno un giudice
per Stato membro, con requisiti in concreto analoghi a quelli dei componenti della Corte. Il
Tribunale, a differenza della Corte, viene assistito dall’Avvocato unicamente quando risiede
in seduta plenaria o quando la sua assistenza è richiesta dalla complessità della causa.
A titolo meramente classificatorio, fugacemente si delinea qui l’istituzione del Tribunale della
funzione pubblica la quale, come si comprenderà, non influirà in alcun modo sulla presente
trattazione. Istituita anch’essa dal Trattato di Nizza
3
, rappresenta il primo passo affinchØ
vengano costituiti, nel tempo, organi indirizzati a conoscere e disporre in primo grado a
proposito di ricorsi pertinenti talune materie specifiche. La sua competenza principale
concerne la pronuncia, in prima istanza, riferita ai contenziosi tra i dipendenti delle istituzioni
comunitarie e le istituzioni stesse. Le decisioni del Tribunale della funzione pubblica saranno
impugnabili, entro il termine di due mesi, innanzi al Tribunale di primo grado limitatamente
alle questioni di diritto.
Compito fondamentale della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado è offrire una
tutela giurisdizionale ai membri della Comunità, siano essi Stati o istituzioni o, piø
semplicemente, persone fisiche e giuridiche. L’obiettivo è disporre di uno strumento efficace
affinchØ vengano garantiti i dettami delle fonti di diritto primario e derivato.
Il ruolo del giudice comunitario assume una posizione cruciale all’interno del sistema sia per
quanto attiene la precisazione dei diritti e degli obblighi in capo a tutti i soggetti pubblici e
civili, sia con l’intento di affinare i dispositivi realizzati a difesa di quei diritti, col fine ultimo
di perfezionare meccanismi in grado di accertare correttamente l’adempimento degli obblighi.
2
Decisione del Consiglio delle Comunità europee 88/591/CECA, CEE, Euratom del 24 ottobre 1988, GU N. L
319, 25/10/1988.
3
Trattato di Nizza, artt. 220 e 225A, GU N. C 80/1, 10/03/2001.
7
Il sistema giurisdizionale comunitario si articola su due differenti piani procedurali:
• il controllo diretto, attivato da chiunque ne abbia interesse, della Corte di giustizia e/o
del Tribunale che si consuma con la pronuncia del giudice comunitario;
• il controllo indiretto della Corte mediante la procedura pregiudiziale.
Il primo riguarda, semplificando notevolmente, tutte quelle procedure attinenti il controllo
sulla legittimità di atti e di comportamenti delle istituzioni comunitarie a cui possono
conseguire l’azione di annullamento (art. 230 TCE), l’azione di responsabilità (artt. 235 e 288
TCE), l’eccezione di invalidità (art. 241 TCE) e via dicendo. Riguarda inoltre il controllo
giurisdizionale sulla corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri
che, nel caso evidenzi delle mancanze, può portare al compimento della procedura
d’infrazione.
Il secondo, particolarmente rilevante ai fini di questo studio, è costruito sul rinvio
pregiudiziale dal giudice nazionale a quello comunitario, e si conclude lasciando al giudice
nazionale l’incombenza di disposizione riguardo la causa.
L’art. 234 TCE prefigura la base d’appoggio sulla quale costruire il piano della procedura
pregiudiziale. La sua funzione primaria è fornire un’interpretazione corretta della normativa
comunitaria in modo che la sua applicazione sia uniforme all’interno delle singole
giurisdizioni nazionali. Con tale opera di interpretazione, il giudice comunitario effettua un
controllo di compatibilità riguardo le norme nazionali in rapporto alle disposizioni
comunitarie. Altra funzione del rinvio pregiudiziale è l’interpretazione del precetto
comunitario al fine di verificare la legittimità della disposizione nazionale, o di un qualsiasi
atto o prassi compiuti dall’amministrazione nazionale.
Esistono due percorsi che chiunque può seguire per far accertare l’incompatibilità della norma
nazionale, che gli reca pregiudizio, rispetto a quella comunitaria: la segnalazione del conflitto
alla Commissione europea la quale avrà poi facoltà di intraprendere o meno la procedura
d’infrazione dinanzi la Corte ex art. 226 TCE; l’invitare il giudice nazionale, competente a
giudicare la controversia, di procedere al rinvio pregiudiziale d’interpretazione ex art. 234
TCE.
L’ultima funzione riguarda il controllo giurisdizionale sulla legittimità degli stessi atti
comunitari. Il motivo risiede nel fatto che molto spesso sono le stesse amministrazioni
nazionali ad essere incaricate a dare l’esecuzione a tali atti e, conseguentemente, si possono
creare controversie dinanzi ai giudici dei vari Paesi. Controversie che possono mettere in
discussione la legittimità della norma comunitaria oppure la base giuridica sulla quale l’atto
ha trovato fondamento. Il giudice nazionale, se non è in grado di dichiarare senza indugi la
legittimità dell’atto comunitario, utilizzerà il meccanismo del rinvio pregiudiziale,
8
sospendendo così provvisoriamente l’applicazione dell’atto medesimo, per reclamare
l’opinione dell’unico organo a cui spetta l’eventuale dichiarazione di illegittimità: la Corte di
giustizia. Si noti che tale procedura di rinvio pregiudiziale di validità è catalogabile dunque
all’interno delle ipotesi di controllo diretto in precedenza solamente accennato.
L’oggetto del rinvio pregiudiziale, se riguardante problemi d’interpretazione, è esteso a tutto
il sistema giuridico comunitario (trattati, atti delle istituzioni, accordi di associazione, principi
generali dello stesso diritto comunitario). A proposito però delle questioni di verifica di
validità, oggetti del rinvio possono essere esclusivamente gli atti posti in essere dalle
istituzioni comunitarie: sono escluse però le stesse sentenze della Corte e, riassumendo, tutti
gli atti impugnabili mediante il ricorso diretto ex art. 230 TCE.
Dal punto di vista soggettivo, il rinvio pregiudiziale può essere deciso da qualunque giudice
facente parte della giurisdizione di uno Stato membro. La nozione di giurisdizione fornita
dall’art. 234 TCE non è però di grande aiuto: essa definisce cos’è la giurisdizione
comunitaria, e conseguentemente non può accogliere tutte le linee inseguite dai vari sistemi.
Elementi di discrimine quali l’origine legale dell’organo, la stabilità, l’obbligatorietà,
l’applicazione del diritto e la terzietà sono l’approccio adottato dalla Corte in circa dieci anni
di sentenze a cavallo tra gli anni ottanta e novanta
4
.
Il rinvio pregiudiziale non è un obbligo che incombe sul giudice nazionale ogni qualvolta si
pongano i problemi sopra descritti. La facoltà del rinvio spetta al giudice nazionale la cui
sentenza sia impugnabile. Essa, ovviamente, si configura nei casi in cui il responso della
Corte è vitale affinchØ possa venir giudicata la controversia. L’obbligo del rinvio, invece, si
configura nel momento in cui la questione viene posta dinanzi ad un giudice nazionale di
ultimo grado, a meno che l’oggetto del rinvio sia già stato precedentemente risolto dalla Corte
mediante una giurisprudenza chiara ed uniforme. ¨ infine logico affermare che l’organo che
ha sollevato il quesito alla Corte sarà il medesimo a cui verrà indirizzata la risposta.
Nei casi in cui l’oggetto del rinvio sia stato precedentemente definito, o quando esso sia
deducibile con certezza dalla giurisprudenza, o quando il dubbio viene considerato infondato,
la Corte può seguire una procedura semplificata ex art. 104 del regolamento di procedura:
saranno perciò esclusi i pareri dell’Avvocato generale e la trattazione orale. Tale procedura si
risolverà meramente con un’ordinanza della Corte. Negli altri casi il giudice comunitario
deciderà con sentenza.
4
Si veda per un approfondimento: Tesauro, G., 2005. Diritto Comunitario. IV edizione. Padova: CEDAM. PP.
307-312.
9
¨ bene ricordare che la decisione di intraprendere l’azione del rinvio spetta esclusivamente al
giudice, il quale può operarla anche d’ufficio
5
, cioè senza l’impulso o il consenso delle parti
oppure rettificando la formulazione da loro suggerita. In ogni caso esse potranno svolgere
osservazioni orali o scritte in sede di procedura dinanzi la Corte. Il giudice comunitario
compierà la propria decisione, infine, solamente in funzione di quanto contenuto nei quesiti
del rinvio pregiudiziale. Saranno perciò ignorati tutti quei fatti emersi nel corso della
procedura che differiscono da quelli esposti nell’ordinanza di rinvio.
Nel caso del rinvio pregiudiziale si pone il problema della tutela che i giudici nazionali
devono poter offrire ai diritti vantati dalle parti in base alle norme comunitarie, in attesa della
sentenza definitiva. Se l’ipotesi riguarda un diritto negato dall’ordinamento interno, ma
riconosciuto dalla normativa comunitaria, la giurisprudenza della Corte afferma che sussiste
l’esigenza di dare una completa ed immediata applicazione al diritto comunitario, quindi
senza dover attendere la sentenza della Corte, in forza del principio che impone una tutela
giurisdizionale piena ed effettiva. Nell’ipotesi, invece, in cui il giudice interno abbia
considerevoli dubbi riguardo la legittimità dell’atto comunitario, in via del tutto eccezionale
può sospendere l’esecuzione degli atti comunitari da esso ritenuti illegittimi, previo il rinvio
pregiudiziale alla Corte riguardo la validità dell’atto
6
. La possibilità di accordare
provvedimenti cautelari provvisori è sottoposta perciò ai casi in cui si verificano gli elementi
del fumus boni iuris, inerente le serie riserve sulla legittimità dell’atto, del periculum in mora,
e avendo riguardo dell’interesse superiore della Comunità.
La sentenza interpretativa della Corte è destinata a vincolare innanzitutto il giudice
proponente il rinvio, il quale è evidentemente obbligato ad applicare tale lettura della norma
comunitaria al caso concreto, accantonando perciò l’applicazione della norma interna se
ritenuta contrastante. L’effetto della sentenza non si limita però al solo caso che l’ha causata,
bensì deve ritenersi esteso a tutte le fattispecie in cui le norme così interpretate trovano
applicazione. La portata della sentenza è quindi enorme, ed il motivo è alquanto semplice: la
sentenza interpretativa della Corte di giustizia è pronunciata riguardo concetti di diritto.
Leggermente piø complesso è il caso della sentenza su rinvio pregiudiziale di validità. Nel
caso in cui la Corte si pronunci a favore della validità dell’atto, tale sentenza avrà
applicazione limitata riguardo quel caso specifico. Nella situazione in cui sia dichiarata
5
C.G.C.E., sentenza del 14/12/2000, causa C-446/98, Fazenda Pública, PP. 47-50. Disponibile su
<http://curia.europa.eu>.
6
C.G.C.E., sentenza del 21/03/2000, causa C-6/99, Association Greenpeace France e altri, PP. 55-57,
disponibile su <http://curia.europa.eu>. Si vedano per un ulteriore approfondimento: C.G.C.E., sentenza del
22/10/1987, causa C-314/85, Foto-Frost, PP. 11-20; C.G.C.E., sentenza del 21/02/1991, cause riunite C-143/88
e C-92/89, Zuckerfabrik Süderdithmarschen, PP. 14-21, disponibili su <http://eur-lex.europa.eu>.