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limitata agli ambiti accademici. Sembra assurdo ma fino alla soglia del 2000
l’interesse a riformare il sistema delle procedure concorsuali non viene
avvertito in ambito politico.
In quegli anni il mutato contesto normativo europeo di riferimento e
l’evoluzione delle altre legislazioni europee hanno fatto si che il Governo
Amato presenti alle Camere il D.D.L. n. 7458 recante delega al Governo per
la riforma delle procedure relative alle imprese in crisi. Il Disegno di legge
non viene però approvato.
Il governo successivo eredita l’impegno di cambiare la legge fallimentare e il
20 dicembre 2001 si insedia la Commissione presieduta da Sandro
Trevisanato.
Nel marzo 2002 viene presentato al Senato un disegno di legge per le
modifiche urgenti alla legge fallimentare, definito “miniriforma”.
La Commissione Trevisanato, al termine dei suoi lavori, non trovando una
soluzione condivisa, presenta nel 2003 due disegni di legge, uno di
maggioranza e uno di minoranza, per la delega al governo della riforma
organica.
Volgendo al termine della legislatura il governo decide di abbandonare i
progetti di riforma radicale della legge fallimentare (i due testi presentati
dalla Commissione Trevisanato, che prevedono anche le procedure
anticipatorie della crisi di impresa), per ripiegare su soluzioni più rapide di
interventi direttamente sul testo di legge del ’42.
Con il Decreto legge n. 35 del 2005, per la competitività e lo sviluppo delle
imprese, vengono apportate alcune modifiche al R.D. 267/42: sono
pressoché integralmente riformulati gli istituti della revocatoria fallimentare
e del concordato preventivo.
L’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, ha delegato al Governo l’attuazione della
riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio
decreto 16 marzo 1942, n. 267.
La delega è stata attuata nel termine di legge con l’emanazione del decreto
legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
6
Il comma 5-bis della legge n. 80 del 2005, aggiunto dall’articolo 1, comma 3,
della legge 12 luglio 2006, n. 5, dispone inoltre che: “Entro un anno dalla
data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato nell’esercizio della
delega di cui al comma 5, il Governo può adottare disposizioni correttive e
integrative, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 6 e con
la procedura di cui al medesimo comma 5”.
Conseguentemente, poiché il decreto legislativo 9 gennaio 2006 n. 5,
pubblicato su G.U. n. 12 del 16 gennaio 2006, è entrato in vigore il giorno 16
luglio 2006 (ad eccezione degli artt. 45,46,47,151,152 che sono entrati in
vigore il giorno della pubblicazione), il termine per attuare la nuova delega
“correttiva” sarebbe dovuto scadere il 16 luglio 2007, ma poiché il termine di
trenta giorni spettante al Parlamento per i dovuti pareri è scaduto dopo tale
data, il Governo ha usufruito, in virtù di quanto previsto dall’art. 1, comma 5
della citata legge n. 80 del 2005
1
, di un ulteriore termine di sessanta giorni
per esercitare la nuova delega.
Nei primi mesi di applicazione del decreto legislativo n. 5 del 2006, sono
emerse diverse criticità e problematicità della riforma, che possono essere
superate attraverso gli interventi correttivi ed integrativi previsti dal decreto
n. 169 approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 settembre 2007, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 2007 n. 241.
Al fine di pervenire ad una “riforma organica della disciplina delle procedure
concorsuali” (come recita l’art. 1, comma 5, legge n. 80 del 2005) e di
chiarire i punti più controversi dell’attuale normativa concorsuale, le
correzioni e le integrazioni non possono riguardare soltanto le disposizioni
della legge fallimentare modificate dal citato decreto legislativo, ma devono
1
“[…]I decreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati su proposta del Ministro
della giustizia e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle
attività produttive, e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione dei
pareri da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere
finanziario che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso
il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a
scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del
presente comma o successivamente, la scadenza di quest'ultimo e' prorogata di sessanta
giorni.”
7
interessare anche altre norme della legge fallimentare, comprese quelle già
modificate o introdotte dal decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 80 del 2005.
L’art. 22 del recentissimo decreto correttivo, pubblicato su G.U. n. 241 del
16 ottobre 2007, dispone che lo stesso entrerà in vigore il 1° gennaio 2008.
Le disposizioni del decreto in questione si applicheranno “ai procedimenti
per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore,
nonché alle procedure concorsuali e di concordato fallimentare aperte
successivamente alla sua entrata in vigore. Gli articoli 7, comma 6, 18,
comma 5, e 20 si applicano anche alle procedure concorsuali pendenti.
L’articolo 19 si applica alle procedure di fallimento pendenti alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, pendenti o
chiuse alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Al primo comma dell’art. 22 si stabilisce che il termine di entrata in vigore,
precedentemente fissato per il 1° settembre 2007
2
, viene prorogato al 1°
gennaio 2008, come era facilmente prevedibile leggendo il parere approvato
dalla Commissione Giustizia del Senato sull’atto del Governo n. 108 “La
Commissione giustizia, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,
esprime parere favorevole a condizione che il termine previsto per l’entrata in
vigore delle nuove disposizioni (1° settembre 2007), anche in relazione alla
complessità di talune di esse, e soprattutto considerati gli ulteriori tempi
occorrenti per l’adozione del testo definitivo, sia individuato in quello del 1°
gennaio 2008 […]”.
2. Perchè si è sentita la necessità di una riforma
L’intervento di riforma si propone di recepire le esigenze dettate dai tempi,
semplificando le procedure ed attenuando i formalismi più rigorosi.
2
Termine presente nello schema di Decreto Legislativo del 15 giugno 2007, pubblicato su
www.filodiritto.com il 18 giugno 2006.
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L’intento è quello di garantire certezza e stabilità nei rapporti giuridici, per
aumentare la competitività nel nostro sistema economico sulla scena
internazionale.
Il legislatore riformatore ha voluto spostare gli assetti previsti dal Regio
decreto del ’42, a tutela dei creditori, verso un sistema di favore per l’impresa
e gli istituti di credito. Si intendeva agevolare al massimo l’attività
imprenditoriale, anche ponendo valide alternative alla procedura
fallimentare, e tutelare l’attività creditizia bancaria quale motore primo
dell’attività d’impresa.
In questa nuova ottica il fallimento è una delle possibili soluzioni in cui si
può declinare il rischio di impresa, non è più visto come una punizione per
l’imprenditore.
Si ha una tendenziale “privatizzazione” del fallimento perché, venendo meno
l’intervento a tutto campo, di tipo pubblicistico, di difesa del ceto creditorio,
si lascia al giudice il ruolo di “arbitro” di una partita giocata direttamente tra
debitore e creditori che potranno trovare accordi con un’ampia autonomia di
tipo contrattuale. Questo viene sottolineato dalle parole di uno dei padri
della riforma che afferma “La logica della riforma è che la composizione delle
ragioni del debitore e dei creditori la debbano trovare le parti” e che “è il
curatore, è il comitato dei creditori ed è anche il debitore che giocano
liberamente la propria partita. L’arbitro fa l’arbitro, ma non è più un
giocatore, non è più una parte […]”
3
.
Questa nuova visione della procedura fallimentare è stata raggiunta anche
grazie all’importante contributo promanante dall’esperienza statunitense, la
quale ha elaborato una propria particolare legislazione federale di tipo
concorsuale facente leva su una sostanziale privatizzazione della fattispecie
3
On. M. Vietti, relazione al convegno di Rimini del 2-3 dicembre 2005, dedicato a Crisi
d’impresa e riforma delle procedure concorsuali, in www.consrag.it.
9
fallimentare (in particolare il famoso Chapter 11) che ha dato buone prove di
salvataggio e ristrutturazione di imprese in crisi.
Da sottolineare che la realtà economica italiana è profondamente diversa da
quella statunitense per cui è necessario tentare di individuare meccanismi
“interni” volti al recupero dell’impresa basandosi sulle prassi concretamente
adottate in Italia.
È importante considerare che la nostra economia è costituita principalmente
da piccole e medie imprese per le quali non vi sono le dimensioni critiche e le
possibilità di accesso al credito che consentono la ristrutturazione sul
modello del Chapter 11. Si ritiene necessario un recepimento degli strumenti
diretti a favorire l’emersione anticipata della crisi e la possibilità di
addivenire alla composizione della stessa tramite accordi con i creditori che
però tenga conto di tale diversità strutturale.
Riguardo il tema della privatizzazione della procedura, nelle proposte in
materia di decreto correttivo ed integrativo al decreto legislativo 9 gennaio
2006, l’Associazione Nazionale Magistrati si è così espressa:
“[…] va innanzitutto contrastata, come osservato da autorevoli giuristi, ordini
ed associazioni delle libere professioni, l’idea che una privatizzazione della
gestione dei conflitti in materia di insolvenza possa assumere efficacia per
tutti senza che siano strutturati adeguati mezzi istruttori idonei ad acquisire
le necessarie informazioni per un pieno e consapevole esame nel merito degli
atti, al fine di scoraggiare disparità di trattamento e comportamenti elusivi.
L’esperienza di questo primo biennio ha poi sfatato l’errata convinzione che il
principio di terzietà imponga l’arretramento del giudice nella gestione della
crisi di impresa verso un ruolo essenzialmente di controllore della regolarità
procedurale: nel nostro ordinamento la mancanza di procedure di allerta e
prevenzione lascia alla sola iniziativa dei privati l’emersione della crisi e
dell’insolvenza e allontana una sua trattazione giudiziale idonea al recupero
delle realtà ancora dinamiche”
4
.
4
Proposte in materia di decreto correttivo ed integrativo al decreto legislativo 9 gennaio
2006, n. 5, in attuazione dei principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega n.
80/2005, secondo le disposizioni di cui alla legge n. 12 luglio 2006, n. 228, dell’Associazione
Nazionale Magistrati, Roma, 24 Aprile 2007, in www.associazionemagistrati.it.