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CAPITOLO 1
L’INTELLIGENZA NUMERICA
Che cosa si intende per “intelligenza numerica”?
Le attuali ricerche dicono che si tratti di una funzione della nostra intelligenza che ci permette di
intelligere il mondo in termini di numeri e quantità.
(1)
Questa funzione è davvero precoce nello sviluppo: sembra addirittura antecedente alla comparsa
del linguaggio, se pensiamo, ad esempio, al subitizing e alle aspettative aritmetiche. L’intelligere
il mondo in termini di numeri e quantità ha a che fare con la percezione, mentre il nome che
diamo ad una determinata quantità o i simboli che usiamo per scrivere i numeri hanno a che
vedere con gli aspetti mediati dalla cultura di appartenenza.
Lucangeli et al. affermano, infatti, che se il contare, inteso come acquisizione parole-numero, è
indubbiamente un’abilità appresa che dipende dal linguaggio, si può certamente avere il concetto
di numero e possedere il significato della quantità, senza conoscere il simbolismo delle cifre
(Lucangeli, Iannitti, & Vettore, Lo sviluppo dell'intelligenza numerica, 2007, p. 7)
Oggi gli studi di ricerca ci dimostrano che questa capacità è innata e sembra essere presente fin
dalla nascita di ogni essere. A questo proposito, si sono formulate diverse teorie di sviluppo della
conoscenza numerica e del calcolo e le prospettive piagetiane
(2)
rappresentano i primi modelli di
riferimento teorico. Successivamente sono state svolte ulteriori ricerche che hanno in parte
dimostrato delle debolezze dei modelli di Piaget.
I primi esperimenti riguardanti l’intelligenza numerica sono stati effettuati e pubblicati negli anni
Ottanta e dimostravano che i neonati riuscivano a riconoscere il numero degli oggetti con un
(1)
D. Lucangeli, A. Iannitti, M. Vettore, Lo sviluppo dell’intelligenza numerica, Roma, Carocci, 2007, pagg. 14-17
(2)
D. Lucangeli, P. E. Tressoldi, Lo sviluppo della conoscenza numerica: alle origini del “capire i numeri”, Giornale
italiano di psicologia, Fascicolo 4, 2002; D. Giofrè, I. C. Mammarella, D. Lucangeli, L’apprendimento della geometria
in bambini da 4 a 6 anni, Difficoltà in matematica, Vol.5, n.2, 2009, pagg. 21-38
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semplice sguardo, processo che poi verrà chiamato “subitizing” (Lucangeli, Iannitti, & Vettore,
Lo sviluppo dell'intelligenza numerica, 2007).
In sintesi, da questi esperimenti, che verranno descritti successivamente, sono emerse due
conclusioni:
1. I bambini in età prescolare possiedono la capacità di rappresentazione della numerosità, a
differenza di quanto sosteneva Piaget;
2. I numeri e il calcolo fanno parte di un dominio cognitivo complesso (una base), mentre la
risoluzione di problemi non è altro che l’applicazione di questo dominio.
1.1 Teorie di sviluppo dell’intelligenza numerica
Esiste un rapporto tra la conoscenza numerica e le competenze cognitive.
Per comprendere meglio questo rapporto, è necessario citare Piaget e i suoi studi
(3)
. L’ipotesi di
Piaget stabilisce che l’evoluzione della competenza numerica dipenda strettamente dalle strutture
dell’intelligenza generale. In particolare, secondo la tesi di Piaget, il concetto di numerosità e
l’apprendimento del sistema numerico dipendono unicamente dallo sviluppo delle abilità
intellettive generali. Egli riconduce tutto al ragionamento logico ed astratto, il quale non emerge
prima dei 6/7 anni. A questa età, infatti, si sviluppano le capacità del pensiero operatorio. Queste
capacità sono la conservazione di quantità, la classificazione e la seriazione (Lucangeli, Iannitti,
& Vettore, Lo sviluppo dell'intelligenza numerica, 2007, p. 9-13).
A questo proposito, Piaget scrive
(4)
:
Il numero è in realtà il prodotto di alcune operazioni precedenti, e suppone di
conseguenza la costruzione preliminare di queste. Un numero intero è infatti un insieme
di unità uguali fra loro, quindi una classe, le cui sottoclassi sono rese equivalenti
(3)
J. Piaget, A. Szeminska, La genesi del numero nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1968; J. Piaget, Six études de
psychologie, Genève, Gonthier, 1964
(4)
J. Piaget, Six études de psychologie, Genève, Gonthier, 1964, pag. 61
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sopprimendo le qualità; ma è contemporaneamente una sequenza ordinata; quindi una
seriazione di relazioni d’ordine.
Le strutture che fanno capo alla conoscenza numerica si evolvono nel momento in cui abbiamo il
passaggio dell’intelligenza dal pensiero irreversibile e preoperatorio al pensiero reversibile e
delle operazioni logiche.
Il target è quindi la padronanza delle operazioni logiche e spazio-temporali. Le prime permettono
di coordinare i dati in vario modo seguendo nessi logici diversi, ovvero “senza tener conto delle
condizioni spaziali o temporali entro cui possono trovarsi i dati stessi” (Lucangeli & Tressoldi,
2002, p. 703) ed è proprio grazie a queste che i bambini possono utilizzare le nozioni di classe,
serie e numero. Le seconde consentono di coordinare i dati in ordine temporale, spaziale e
spazio-temporale. Ciò significa che permettono ai bambini di riconoscere i rapporti spaziali di
ordine topologico e metrico, come la distanza, la lunghezza, il volume e l’area; inoltre
garantiscono il riconoscimento di quantità fisiche, quali la quantità, la durata, il peso e la velocità
(Lucangeli & Tressoldi, 2002, p. 703).
Piaget si soffermò molto sullo studio della conservazione di quantità che è “la capacità di astrarsi
da indizi superficiali, quali la forma o la densità dello spazio occupato dagli oggetti di più
insiemi per stabilire relazioni di confronto di tipo quantitativo” (Piaget, 1964), perché la ritiene
una condizione necessaria per l’apprendimento matematico. Tramite un esperimento del 1964,
Piaget ne spiega l’evoluzione e arriva a sostenere che il bambino attraversi tre stadi di sviluppo
(Lucangeli, Iannitti, & Vettore, 2007, p. 9-13):
1. Primo stadio: a 4-5 anni, la valutazione della quantità è fortemente influenzata da indizi
percettivi;
2. Secondo stadio: a 6 anni, la conservazione si impone in maniera progressiva, ma ancora è
presente l’illusione percettiva;
3. Terzo stadio: a 7 anni, la coordinazione logica è raffinata e vi è la consapevolezza della
conservazione di quantità.
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Piaget asserisce che i bambini sono in grado di utilizzare i numeri pur non avendo la
comprensione del significato. Ciò vuol dire che il saper produrre la sequenza verbale numerica
non presuppone il saper contare inteso come valutare una quantità attribuendo i numeri, in ordine
progressivo, agli elementi che la compongono. Questa capacità si ottiene solo quando si giunge
al padroneggiamento delle operazioni logiche di classificazione e seriazione. In sintesi, l’abilità
di conteggio prima del passaggio al livello di pensiero concreto reversibile sarebbe solo
apparente, ovvero un’attività priva di significato, in quanto i bambini ancora non si rendono
conto che ogni parola-numero corrisponde una determinata quantità. La conta sarebbe solo
un’imitazione del modello adulto (Lucangeli & Tressoldi, 2002, p. 703).
Sono state svolte diverse ricerche negli anni Ottanta che hanno smentito l’ipotesi piagetiana che
sosteneva la tarda acquisizione dei concetti numerici. Sono state riscontrate debolezze in
particolar modo nella scansione degli stadi di sviluppo delle abilità numeriche.
(5)
Lucangeli et al.
(Lucangeli, Iannitti, & Vettore, 2007, p. 13) sostengono l’ipotesi attuale che una
rappresentazione della numerosità sia presente fin dalla nascita, ma influenzata da indizi
percettivi prima dei 6 anni.
Il ricercatore che ha dato una svolta allo studio e all’approfondimento dello sviluppo della
conoscenza numerica è Robbie Case.
(6)
Egli, infatti, ha costruito un modello psicologico il quale
ha come idea di base che “il senso del numero dei bambini dipenda dalla presenza di potenti
schemi organizzatori denominati strutture concettuali centrali che costituiscono reti di concetti e
relazioni che sottostanno alla maggior parte dei compiti che i bambini devono padroneggiare”
(Lucangeli & Tressoldi, 2002, p. 704).
Questo significa che il senso del numero si sviluppa nel momento in cui due schemi primitivi si
consolidano:
(5)
Lucangeli & Tressoldi, 2002; in questo articolo si fa riferimento ai seguenti studi: McGarrigle e Donaldson, 1975;
Markman e Sibert, 1976; Mehler e Bever, 1978; Siegal, 1991; Vianello e Marin, 1997
(6)
R. Case, Y. Okamoto, The role of central conceptual structures in the development of children’s thought,
Monographs of the Society dor-Research in Child Development, 61 (1-2), v-265, 1996; R. Case, Un modello
psicologico dello sviluppo del senso del numero, Età Evolutiva, 65, 5-9, 2000
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1. Schema primitivo verbale: è digitale e sequenziale, permette al bambino di svolgere le
prime operazioni di conteggio verbale;
2. Schema primitivo spaziale: è analogico, consente l’individuazione di situazioni di
numerosità relative e di operatività concreta.
Grazie alla creazione di questo nuovo schema, si forma una linea del conteggio nella mente del
bambino su cui egli si sposta in avanti, se applica il + (più), o indietro, se applica il – (meno). In
un secondo momento, il bambino impara a rappresentare le proprietà numeriche (a distinguere
quindi tra unità, decine e centinaia) e a comprendere le relazioni all’interno del sistema numerico
(Lucangeli & Tressoldi, 2002, p. 704-707).
Ulteriori ricerche hanno voluto approfondire lo studio dello sviluppo della capacità di
riconoscere le quantità.
A questo proposito, è necessario citare lo studio dei due psicologi americani Antell e Keating del
1983
(7)
: utilizzando la tecnica dell’abituazione-disabituazione, tramite la presentazione di
cartoncini con disegnati dei pallini neri a bambini da 1 a 12 giorni di vita, hanno dimostrato che
essi siano in grado di discriminare serie di elementi che differenziano per numerosità. Nei
cartoncini erano presenti punti neri posti a distanza variabile, a cui i bambini si abituavano dopo
un certo numero di visualizzazioni. A questo punto veniva presentato il cartoncino con tre punti
neri e i bambini notavano il cambiamento, difatti osservavano più a lungo il nuovo stimolo
(Lucangeli, Iannitti, & Vettore, 2007, p. 18-19).
(7)
S. Antell, D.P. Keating, Perception of numerical invariance in neonates, Child Development, 7, 54, 1983,
pagg. 695-710
Figura 1: Esperimento di Antell e Keating
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La tecnica dell’abituazione-disabituazione è basata sul fatto che i bambini guardano più a lungo
gli stimoli nuovi. Osservare a lungo uno stimolo causa abituazione, ovvero perdita di interesse.
Mentre guardare una cosa nuova attira l’attenzione e induce un nuovo interesse, ovvero causa
disabituazione.
Starkey e colleghi
(8)
, sostenitori della tesi innatista dell’intelligenza numerica, hanno effettuato
un nuovo esperimento, mettendo in luce come i bambini dai 6 agli 8 mesi, siano sensibili alla
numerosità. Invece dei pallini neri, hanno utilizzato figure di oggetti, quindi presentavano ogni
volta cartoncini con due fotografie nuove e diverse. Il cartoncino disabituante conteneva tre
figure ed è stato osservato che i bambini prestavano maggiormente attenzione al cartoncino con
tre oggetti. Ciò significa che i bambini non guardano più a lungo a causa della semplice novità
(fotografia nuova), perché tutti i cartoncini utilizzati nell’esperimento erano nuovi, bensì sono
attratti dalla diversa numerosità. L’abilità di discriminare tra i due insiemi si mantiene anche
quando si procede per sottrazione, mostrando prima tre elementi e poi due. E non è finita qua,
infatti i neonati possiedono l’abilità di discriminare tra piccole quantità, da 1 a 3, in particolari
circostanze anche più di 3. Non discriminano solo oggetti, ma anche altri stimoli, ad esempio gli
stimoli uditivi (sempre il team di Starkey ha effettuato lo stesso esperimento, integrando i colpi
di tamburo) (Butterworth B. , 1999, p. 115-119).
I bambini riescono persino a discriminare insiemi di azioni, come dimostrato dalla psicologa
statunitense Karen Wynn nel 1995
(9)
. La ricercatrice ha sottoposto ad un esperimento bambini di
6 mesi, abituandoli ad una marionetta mentre faceva due salti e poi disabituandoli facendole fare
tre salti: i tempi di osservazione si allungavano.
Butterworth, a tal proposito, scrive (Butterworth B. , 1999, p. 117):
Il bambino nasce con la capacità di formarsi una rappresentazione della numerosità di
un insieme di oggetti e, considerato che il suo comportamento cambia quando cambia il
numero di oggetti, può anche capire se un nuovo insieme abbia la stessa numerosità del
(8)
P. Starkey, E. S. Spelke, R. Gelman, Numerical Abstraction by Human Infants, Cognition, 36, 1990, pagg. 97-128
(9)
K. Wynn, The origins of numerical knowledge, Mathematical Cognition, 1, 1995, pagg. 35-60