4
I prelievi biologici coattivi
INTRODUZIONE
L’articolo 13 della Costituzione così recita ai suoi primi due commi: “La libertà
personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione
o perquisizione personale, ne’ qualsiasi altra restrizione della libertà personale,
se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti
dalla legge….”
All’esplicita volontà dei Padri Costituenti, fino a poco tempo fa, corrispondeva
una normativa di legge ordinaria incompatibile; infatti, il legislatore ordinario
non aveva contemplato espressamente un aspetto procedimentale tanto delicato,
quale quello relativo ai prelievi biologici dalla persona dell’imputato (o
dell’indagato) o da quella di terzi comunque coinvolti nell’accertamento penale.
Tale atto rientra, infatti, tra quelli tipicamente idonei a incidere (in maniera più o
meno invasiva) nella sfera personale di detti soggetti, al fine dell’espletamento di
perizie implicanti prelievo di materiale biologico di vario genere (sangue, capelli
o formazioni pilifere) diretto a consentire di eseguire, su disposizione
dell’autorità giudiziaria, ricerche ed analisi utili a fini investigativi. Queste
attività risultano quanto mai importanti nell’ambito delle investigazioni, sia
inerenti all’identità personale, sia intese a collegare, attraverso una serie di
comparazioni, tracce correlate ad un reato con il materiale biologico prelevato da
un individuo.
La disciplina generale di riferimento si rinveniva ex art. 224 c.p.p. rubricato
“Provvedimenti del giudice”; tale articolo, al comma 2, consentiva a tale
magistrato di adottare “tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per
l’esecuzione delle operazioni peritali”, così, di fatto, si sanciva l’esistenza di un
potere arbitrario quanto a casi e modi di esplicazione. Risultava dunque icto oculi
l’incompatibilità tra questa situazione e la riserva assoluta di legge sancita
dall’art.13, comma 2, Cost. .
Decisivo, per l’impulso a rivedere siffatto assetto normativo, fu l’intervento della
Corte costituzionale; quest’ultima, dopo averlo ritenuto legittimo in svariate
5
I prelievi biologici coattivi
occasioni , successivamente, nel 1996, si pronunciò con la sentenza n. 238,
censurando la stessa disposizione proprio nella parte in cui consentiva al giudice,
nel corso delle operazioni peritali, di disporre misure comunque incidenti sulla
libertà personale dell’indagato, dell’imputato o di terzi, senza che vi fosse
un’espressa previsione di “casi” e “modi” da parte della legge.
In particolare, attraverso detta pronuncia, la Corte ne disattese una sua precedente
risalente a dieci anni prima (la sentenza n. 54 del 1986) sollevata in un processo
riguardante un reato di alterazione di stato (art. 567, comma 2, c.p.); in
particolare, un soggetto indiziato di falsità in un riconoscimento di paternità
naturale effettuato nel confronti di minore. Nel corso della corrispondente
istruttoria, il giudice aveva disposto una perizia medico-legale, al fine di
accertare la veridicità o meno del riconoscimento, mediante l’esame del gruppo
sanguigno dell’imputato, della madre naturale e del minore stesso. Il primo,
tuttavia, rifiutava di sottoporsi al prelievo ematico, sollevando censure di
incostituzionalità; in particolare si osservava come il sistema processuale allora
vigente non ponesse di fatto limite alcuno ai poteri dispositivi e coattivi del
giudice penale nella scelta dei mezzi di indagine e nell’uso della coazione fisica
per eseguirli in caso di mancato consenso dell’interessato; tale sistema appariva
al giudice a quo contrastante con i commi 2 e 4 dell’art. 13 Cost.; rispettivamente
per l’eventualità in cui la perizia coinvolgesse anche terzi estranei
all’imputazione; e per il non essere imposta dall’ordinamento alcuna motivazione
al provvedimento giudiziale; e, per la “inequivocabile violenza fisica” che su
persona sottoposta a restrizioni di libertà si sarebbe configurata se si fosse
preceduto al prelievo nonostante il dissenso dell’interessato. Il giudice delle
leggi, tuttavia, non accolse la tesi del rimettente, giudicando infondate entrambe
le questioni e giustificandone il rigetto alla luce di un’interpretazione sistematica
dei principi costituzionali; da questi sarebbero risultati implicitamente i limiti che
il giudice avrebbe incontrato nell’esercizio dei suoi poteri coercitivi: da un lato,
infatti, non avrebbe potuto il giudice disporre mezzi istruttori che mettessero in
pericolo la vita o l’incolumità o risultassero lesivi della dignità della persona o
6
I prelievi biologici coattivi
invasivi dell’intimo della sua psiche, perché sarebbero stati in contrasto con la
tutela dei diritti fondamentali di cui all’art. 2 Cost.; dall’altro, lo stesso
magistrato non avrebbe potuto, mediante i mezzi istruttori, mettere in pericolo la
salute del periziando perché avrebbe violato l’art. 32 Cost. . La Corte confermò
poi la piena compatibilità del sistema con le riserve di legge e di giurisdizione
poste dall’art 13 comma 2, adducendo: “le ragioni relative alla giustizia penale, e
all’accertamento della verità che la concerne, rientrano sicuramente fra i casi
previsti dalla legge”; e aggiungendo: “la perizia medico-legale è altrettanto
certamente uno dei modi legittimi mediante i quali è lecito al giudice, previa
congrua motivazione, attuare una qualsiasi restrizione della libertà personale”. Lo
stesso giudice specificò inoltre, in riferimento al caso concreto, che i valori
fondamentali della persona (dignità, psiche, incolumità fisica, salute) non
sarebbero stati comunque messi in pericolo nell’evenienza de qua, essendo il
prelievo ematico “ormai di ordinaria amministrazione nella pratica medica”
1
.
Venne infine disattesa la censura di illegittimità sollevata in relazione al comma
4 dell’art. 13 Cost.; questa disposizione – secondo la Corte – si riferisce alle
violenze illecite, e non certo alle “minime prestazioni personali imposte
all’imputato o a terzi da un normale e legittimo mezzo istruttorio”.
Attraverso questa sentenza, dunque, i giudici costituzionali confermarono
l’ammissibilità del prelievo ematico coattivo, quale atto sì restrittivo della libertà
personale e incidente sul corpo della persona, determinante la sua temporanea
indisponibilità, ma non lesivo dell’integrità fisica.
Venne però osservato come la sentenza in esame presentasse alcuni punti di
debolezza; questi furono individuati, in particolare, nel riferimento operato ai
1
La Consulta ricorda, inoltre, come, sul punto, si fosse già indirettamente pronunciata quando –
con la sent. 22 marzo 1962 n. 30 – aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 4 della legge di
pubblica sicurezza, nella parte in cui consentiva alla polizia di effettuare rilievi segnaletici
comportanti restrizioni della libertà personale, in quanto non meramente esterni al corpo
dell’interessato (tra cui, proprio, prelievi ematici); l’incostituzionalità era data proprio dal fatto
che, essendo l’atto disposto dalla polizia, venivano a mancare al cittadino le garanzie
giurisdizionali ex art. 13 Cost.
7
I prelievi biologici coattivi
limiti costituzionali impliciti ricavabili ex artt. 2 e 32 Cost
2
.; in considerazione di
tali punti è stato spiegato il mutato orientamento della Corte costituzionale in
tema di prelievi biologici coattivi, avvenuto dopo dieci anni, con la sentenza n.
238 del 1996; la quale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 224 comma 2,
seconda proposizione cit.
Si è trattato, analogamente al caso riguardato dalla sentenza n. 54, dell’ipotesi di
rifiuto dell’imputato di sottoporsi a perizia comportante un prelievo ematico
coattivo
3
; tale occasione, ha dato al giudice rimettente lo spunto per contestare la
legittimità costituzionale della disposizione codicistica, in riferimento agli artt. 3
e 13 comma 2 Cost., rispettivamente: a causa della assoluta genericità del
disposto che consentiva al giudice di emettere “tutti gli altri provvedimenti che si
fossero resi necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali”, così
indifferenziando, sul piano soggettivo, le persone sottoponibili a operazioni
peritali invasive della sfera personale; e, per il non aver posto il codice limiti o
condizioni ai poteri giudiziali dispositivi e coattivi necessari per procedere ai
prelievi ematici nonostante la volontà contraria dell’interessato; la libertà
personale – si adduceva – è infatti sottoposta ex art. 13 Cost., a riserva di legge,
che ne deve stabilire i casi e i modi, il che implica, perciò, la necessaria
tipizzazione normativa delle forme di limitazione. Il giudice a quo poi, mise in
evidenza come il disposto dell’art. 224 comma 2 fosse in palese contrasto con il
sistema del nuovo codice di rito, che cura in modo dettagliato il tema della libertà
personale dell’indagato, prevedendo una serie di restrizioni dei poteri della
polizia giudiziaria, del pubblico ministero e dello stesso giudice, graduando
2
Rileva, in particolare, dette debolezze, VIGONI, Corte costituzionale, prelievo ematico
coattivo e test del DNA, in Riv.It.Dir.Proc.Pen., 1996, 04, 1022.
3
Il caso di specie riguardava la notoria vicenda di una statua raffigurante la Madonna, sul cui
volto furono rinvenute delle “lacrime” di sangue; il giudice, nel corso del procedimento penale,
aveva ordinato lo svolgimento di una perizia medico-legale per il prelievo ematico nei confronti
del proprietario della statua (indagato) e di altre persone appartenenti al suo nucleo familiare, al
fine di accertarne la compatibilità genetica con il materiale ematico presente sulla statua, che si
sospettava appartenere a taluno di detti soggetti; detto indagato, tuttavia, rifiutò di sottoporsi
all’accertamento, contestando, altresì, il potere del giudice di imporre coattivamente il prelievo.
8
I prelievi biologici coattivi
l’entità delle misure coercitive in relazione alla situazione concreta, e,
riservandole alle sole fattispecie di una certa gravità.
La Corte condivise le censure del rimettente e, pertanto, dichiarò la questione
fondata. Osservò infatti, che il prelievo ematico coattivo implica una restrizione
della libertà personale, realizzandone una invasione, cui si aggiunge anche quella
della sfera corporale della persona (pur senza normalmente comprometterne
l’integrità fisica, la salute psico-fisica, né la dignità in quanto “pratica medica di
ordinaria amministrazione”; nello stesso senso si era pronunciata la sent. 54 del
1986) ; dalla quale sottrae, per fini probatori, “una parte che è sì pressoché
insignificante, ma non di certo nulla”. Di conseguenza, il giudice delle leggi
inquadrò la fattispecie in oggetto tra quelle in cui opera la garanzia della riserva
assoluta di legge ex art. 13 comma 2 Cost., in modo da implicare, perciò, la
tipizzazione dei casi e dei modi di limitazione della libertà personale: non
bastava a tal fine – secondo la Corte – il mero rinvio operato dalla legge alla
discrezionalità del giudice, ma era necessaria un’apposita “previsione normativa
idonea ad ancorare a criteri obiettivamente riconoscibili la restrizione della
libertà personale”. La Corte smontò, dunque, le motivazioni su cui si era basata
la sua precedente pronuncia, anche in considerazione del rafforzamento che il
valore della libertà personale aveva già all’epoca assunto con il nuovo codice di
rito, ispirato al favor libertatis
4
; alla luce di tale nuovo contesto normativo,
4
A tal proposito la Consulta richiama la disciplina settoriale (di cui agli artt. 186 e 187 del
codice della strada, c.d.s.) dell’accertamento (sulla persona del conducente in apparente stato di
ebbrezza alcolica o di assunzione di sostanze stupefacenti) della concentrazione di alcol
nell’aria alveolare espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo, in ambo i
casi, la possibilità del rifiuto dell’accertamento – che non è coercibile, bensì obbligatorio –
comminando al conducente non collaborativo solo una sanzione pecuniaria. La Corte, del resto,
si era già espressa con la sent. n. 194 del 1996 rigettando la censura di incostituzionalità di tale
norma rispetto all’art 13 comma 2 Cost., dal momento che la “dettagliata normativa di tale
accertamento non consentiva neppure di ipotizzare la violazione della riserva di legge”,
risultando, a tal proposito, irrilevante – dunque legittimo – il riconoscimento all’agente di
polizia della facoltà di accompagnamento del conducente: la libertà personale non subisce in tal
caso restrizioni. Secondo autorevole dottrina, tuttavia, il richiamo che la Corte fa alla disciplina
del codice della strada non sarebbe del tutto pertinente né applicabile al caso affrontato nella
sent. n. 238 a causa della eterogeneità delle due situazioni; poiché, infatti, al fine di applicare la
contravvenzione di cui al citato c.d.s. è necessario accertare la sussistenza dello stato di
ebbrezza del conducente, l’eventuale rifiuto di quest’ultimo nel sottoporsi all’alcol test implica
9
I prelievi biologici coattivi
quindi, appariva tanto più grave la scarna formulazione dell’ art. 224
5
. Pertanto,
la Corte censurò la assoluta genericità di formulazione della disposizione de qua,
relativamente alla tipologia dei provvedimenti emanabili dal giudice (non si
distingueva tra quelli che incidono sulla libertà personale da quelli che non vi
incidono) e in mancanza di ogni specificazione dei casi e modi in cui la libertà
personale doveva considerarsi limitabile; ne conseguì l’impossibilità di adottare
detti provvedimenti, nei confronti dell’imputato (o dell’indagato) nonchè dei
terzi comunque coinvolti nel procedimento, fino a quando il legislatore non fosse
intervenuto secondo le indicazioni fornite dai giudici costituzionali, chiaramente
orientative nel senso di assicurare un giusto bilanciamento tra due principi
confliggenti, ma entrambi fondamentali: da un lato, la tutela della libertà
personale, dall’altro, l’esigenza di acquisire la prova nel procedimento per
l’accertamento e la repressione dei reati.
Fu tuttavia evidenziato
6
sin da subito l’effetto determinato dalla sentenza n. 238
del 1996: un vuoto normativo incolmabile in via interpretativa, in assenza di
precise disposizioni legislative; per le quali – come oggi sappiamo – si dovette
attendere il 2005 per un primo, inadeguato, intervento attuato con l. n. 155 di tale
anno, di conversione del d.l. 144, e recante “Misure urgenti per il contrasto al
terrorismo internazionale” e, solo nel 2009, si ebbe un più adeguato intervento,
mediante l. n. 85 (a proposito del quale la presente trattazione si svilupperà),
conseguente all’adesione dell’Italia al Trattato di Prum, relativo alla
cooperazione transfrontaliera per il contrasto al terrorismo, alla criminalità
transfrontaliera e alla migrazione illegale. Prima di detti provvedimenti
inequivocabilmente un’ammissione di responsabilità da parte dello stesso, perciò la previsione
di prelievi biologici coattivi sarebbe risultata del tutto superflua. Così ritiene G.P. DOLSO,
Libertà personale e prelievi ematici coattivi, in Giur. Cost, 1996, pp. 3222-3228.
5
Si osserva, tuttavia, in dottrina, come non sia tanto (e solo) il codice di rito ad accentuare il
favor libertatis, quanto, piuttosto, alcune pronunce costituzionali, le quali hanno ampliato la
nozione di libertà personale: non si tratta più solo della classica “libertà dagli arresti”, ma si
configura come attributo fondamentale della persona, considerata nella sua dimensione corporea
e psichica, come fondamento generale di ogni altro diritto. Cfr. A. SANTOSUOSSO, G.
GENNARI, Il prelievo coattivo di campioni biologici e i terzi in Dir.pen.proc 3/2007, p.395.
6
Cfr. V. BARBATO, G. LAGO, V. MANZARI, Come ovviare al vuoto sui prelievi coattivi
creato dalla sentenza n. 238 del 1996, in Dir.pen.proc. 3/1997, p. 361.
10
I prelievi biologici coattivi
normativi, la maggiore perplessità della dottrina dipendeva dal fatto che – a causa
del “taglio” apportato dalla Corte all’art. 224 comma 2 – si era venuto a creare un
serio ostacolo alla possibilità di individuare l’autore di un reato, anche grave, e di
assicurare una prova certa di colpevolezza o di innocenza; con conseguenti
negative ripercussioni sulla causa della giustizia, nonché sull’equilibrio di poteri
tra accusa e difesa, ora sbilanciati in favore della seconda. Si osservava, proprio
circa tale ultimo aspetto, che il vuoto normativo lasciato dalla sentenza,
comportando l’assoluto divieto per il giudice di disporre (qualunque tipo di)
prelievi contro la volontà dell’indagato (o imputato), permetteva a questi (anche
nei casi di reati più gravi) di poter escludere completamente l’uso di accertamenti
tecnici dall’enorme potenzialità, quali lo studio dei polimorfismi del DNA
7
;
nell’indagine, invece, spesso rappresenta il fulcro dell’impianto accusatorio,
consentendo di acquisire elementi univocamente e in modo scientificamente
certo riferibili a singoli soggetti; a partire da vari reperti aventi come punto di
comunanza la derivazione fisica dal soggetto stesso
8
. Dal punto di vista
scientifico, infatti, ogni individuo presenta un assetto di DNA cromosomico
ereditato per metà dal padre e per metà dalla madre, con regioni variabili
riassortite in maniera casuale; perciò, utilizzando un adeguato numero di
marcatori, le probabilità di incontrare due profili identici può ridursi
sensibilmente, permettendo una identificazione che si avvicina sempre più alla
7
E’ stato evidenziato nell’opera citata sub nota precedente, come a causa della dichiarazione di
incostituzionalità del comma secondo dell’art. 224, nella parte in cui “consentiva al giudice –
nell’ambito delle operazioni peritali – di disporre misure comunque incidenti sulla libertà
personale… al di fuori di quelle specificamente previste nei casi e nei modi, dalla legge”,
fossero divenuti impraticabili, oltre al prelievo ematico, anche altri accertamenti tecnici, di
natura coattiva, potenzialmente sussumibili nell’art. 224 c.p.p.; tra tali accertamenti rilevano, in
particolare, quelli consistenti nel prelievo – di fatto non invasivo – di saliva, capelli o
formazioni pilifere, per estrarne il DNA, cioè l’ “impronta genetica” che permette
l’identificazione di un individuo in modo pressoché scientificamente certo.
8
In difetto di una disciplina legislativa all’uopo dettata per colmare le lacune lasciate dalla
sentenza n. 238, i poteri di intervento degli organi inquirenti risultavano fortemente limitati,
potendo, allo stato, giungere all’analisi del DNA in due soli modi: tramite il ricorso ad
espedienti attraverso i quali acquisire comunque il materiale biologico dell’interessato (si pensi
alla pratica abituale degli investigatori consistente nell’offrire al soggetto una bevanda, sì da
poter analizzare la saliva lasciata sul bicchiere), oppure attraverso il consenso del soggetto a
sottoporsi al prelievo. Cfr. v. N. MAZZACUVA, G. PAPPALARDO, Osservazioni in tema di
prelievo ematico coattivo, in Ind.pen. , 1999 pp. 485-494.
11
I prelievi biologici coattivi
certezza. Invece, il DNA mitocondriale, ereditato in via matrilineare, pur non
offrendo la medesima sicurezza di quello cromosomico, fornisce forti indicazioni
di attribuzione e certezza di esclusione, in base a reperti – quali lo stelo di un
capello – non altrimenti utilizzabili a fini probatori. Ai fini dell’identificazione è
però necessario operare un confronto tra il materiale biologico prelevato
dall’individuo e altro materiale o reperto biologico di varia derivazione, diretto
ad accertare se sussiste una coincidenza tra il profilo estratto dal primo e quello
estratto dal secondo; e, in caso affermativo, a desumerne la derivazione comune
dallo stesso individuo (imputato, indagato, terzo, vittima del reato). La scienza,
nel campo dell’identificazione personale – come si vedrà – ha fatto, negli ultimi
anni, passi da gigante, evolvendo notevolmente in termini di strumenti e tecniche
di effettuazione dei tests comparativi; e, di conseguenza, incrementando la
certezza dei risultati, pur basati su modeste quantità di materiale; e, dall’impiego,
come oggetto del raffronto, di campioni biologici non raccolti attraverso prelievi
ematici, bensì, sempre più spesso, acquisiti dall’individuo con modalità
obiettivamente meno invasive della sua sfera corporale. Di conseguenza, è oggi
possibile meglio conciliare il rispetto dei diritti di libertà della persona, con i
poteri coercitivi e dispositivi dell’autorità nell’ambito del procedimento, con
evidente beneficio per la causa della giustizia.
In adesione al Trattato di Prum (stipulato il 27 maggio 2005 con Belgio,
Germania, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria), relativo al
potenziamento della cooperazione transfrontaliera diretta a contrastare il
terrorismo e la criminalità, il Parlamento italiano – sicuramente incentivato anche
dall’evoluzione tecnico-scientifica – ha emanato la Legge 30 giugno 2009 n. 85,
disciplinando così il tema dei prelievi biologici nei suoi vari aspetti; in tale modo,
è stato colmato il vuoto normativo che la sentenza n. 238 aveva lasciato dietro di
sé, conformemente alle indicazioni fornite nella stessa decisione oltre un
decennio prima.
12
I prelievi biologici coattivi
In tal modo, i citati auspici dottrinali di riforma si sono finalmente realizzati,
allineando la nostra legislazione a quelle di altri Stati (europei e americani), che
già da tempo disponevano di una normativa in materia.
La presente trattazione affronterà il tema dei prelievi biologici coattivi nel
procedimento penale, analizzando il modo in cui il legislatore lo ha recentemente
disciplinato: dalla compatibilità tra i contrapposti valori costituzionali in gioco
(libertà costituzionali ed esigenze probatorie) agli aspetti soggettivi (coloro che
sono suscettibili di prelievo coattivo) e procedimentali delle operazioni di
prelievo, conservazione, cancellazione e impiego probatorio dei dati genetici
coattivamente acquisiti. La disamina, peraltro, non potrà prescindere da uno
sguardo alle (antecedenti), più indicative, discipline in tema di altri Stati (con
riferimento particolare a USA, Gran Bretagna, Francia e Germania), data l’utilità
del raffronto comparatistico.
13
I prelievi biologici coattivi
CAPITOLO PRIMO
PRELIEVI COATTIVI E PRINCIPI COSTITUZIONALI
1.1 Premessa
Come anticipato, la sentenza n. 238 del 1996 aveva determinato una lacuna
normativa non trascurabile, dati i suoi effetti sul piano probatorio
9
e
procedimentale. Perciò, la stessa Corte costituzionale aveva indicato al
legislatore la via da percorrere per colmare il vuoto al più presto; quello cioè di
dettare una normativa che tipizzasse i “casi” e “modi” in cui il giudice potesse
disporre un prelievo biologico coattivo incidente nella sfera personale
dell’interessato, in modo che risultasse rispettata l’esigenza di tassatività delle
ipotesi di restrizione della libertà, derivante dall’art. 13 Cost
10
. A questa
necessità, costantemente il legislatore deve far fronte, nel momento della
9
M. RUOTOLO, Il prelievo ematico tra esigenza probatoria di accertamento del reato e
garanzia costituzionale della libertà personale. Note a margine di un mancato bilanciamento
tra valori, in Giur. Cost. 1996, p. 2155, osserva che l’impossibilità di eseguire coattivamente il
prelievo (ematico) ne riduceva fortemente l’importanza, vanificando in parte i contributi che
l’immunoematologia forense (IEF) fosse in grado di fornire per la soluzione dei problemi
medico-legali, tra cui – in seguito ai continui progressi scientifici – la possibilità di svolgere
efficaci analisi anche nel caso di un DNA parzialmente degradato, grazie all’amplificazione
enzimatica delle sequenze specifiche mediante la tecnica della polymerase chain reaction
(PCR).
10
E’ stata aspramente criticata, ad opera della dottrina successiva alla sentenza, tale scelta del
giudice delle leggi, consistente nell’aver invitato il legislatore a provvedere in materia,
soddisfacendo i requisiti imposti dall’art. 13 Cost, anziché procedere essa stessa ad enucleare un
principio vincolante rivolto pro futuro al Parlamento, ma immediatamente applicabile dal
giudice, e riconducibile all’esigenza di accertamento della verità nel procedimento penale, nel
rispetto dei diritti fondamentali; in tal modo si sarebbe evitata la formazione della conseguente
lacuna, che aveva privato il giudice di uno strumento probatorio essenziale, quale il prelievo
ematico coattivo. Tale dottrina rileva, inoltre, come il giudizio di costituzionalità sia la sede
idonea per l’individuazione, non solo, dei principi supremi, ma anche del contenuto assiologico
dei diritti inviolabili, nonché per la compatibilità con questi di tutta la normazione applicabile
nell’ambito dell’ordinamento. Cfr. M. RUOTOLO, Il prelievo ematico cit. p.2152.
14
I prelievi biologici coattivi
produzione normativa, data la compresenza di plurimi interessi, contrapposti e
confliggenti, ma egualmente meritevoli di tutela, da comporre; onde occorre
evitare il sacrificio integrale di uno a vantaggio degli altri. L’operazione,
sommariamente descritta, prende il nome di bilanciamento di interessi o valori,
aventi tutti rilevanza costituzionale, essendo i medesimi riconosciuti nella Carta
fondamentale. Il legislatore processuale penalistico, nell’ambito dei prelievi
coattivi, è stato chiamato ad equilibrare una serie di interessi, o, per meglio dire,
di valori costituzionali, fondamentali e non sacrificabili nella loro totalità, nella
loro “ineliminabile ragion d’essere”
11
: da un lato l’interesse collettivo, pubblico,
all’accertamento e alla repressione dei reati, e perciò alla non dispersione della
prova
12
penale; dall’altro, quello primario individuale della libertà personale (art.
13 Cost.), che rischia più di tutti gli altri indebite compressioni (essendo il
prelievo effettuato sul corpo della persona). La presente analisi, perciò, non può
non partire proprio dalla libertà personale, da considerare nelle sue varie forme; e
dovrà poi proseguire con la disamina degli altri valori prevalentemente coinvolti:
il diritto inviolabile di difesa (art. 24 comma 2 Cost.), visto alla luce dei canoni
del giusto processo; la riservatezza (intesa quale valore ricomprendente il diritto
di mantenere la propria vita privata e familiare indenne da aggressioni arbitrarie,
nonché quello di contenere la rivelazione e l’uso pubblico di dati, notizie e
informazioni attinenti alla propria persona
13
) e – seppure il punto sia molto
discusso – la salute (art. 32 Cost.)
1.2 Libertà personale ex art. 13 Cost.: una nuova lettura
Come accennato, una delle ragioni con cui la Corte costituzionale ha spiegato il
revirement operato con la sentenza n. 238, è stata la maggior ispirazione per il
11
F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella Giurisprudenza costituzionale, Torino 1995, 94.
12
Si ricordino, a tal proposito, le chiare parole della sent. 238, secondo la quale l’esigenza di
acquisizione della prova del reato costituisce un valore primario, su cui si fonda ogni
ordinamento ispirato al principio di legalità.
13
FELICIONI, Considerazioni sul prelievo di materiale biologico dall’imputato, tratto da
NEUBERGHER, La prova scientifica nel processo penale, 2007, p. 385.
15
I prelievi biologici coattivi
favor libertatis
14
che connota l’attuale codice di rito. Tale decisione fu salutata,
all’epoca, positivamente, in quanto considerata espressione di un filone
giurisprudenziale volto a salvaguardare la libertà della persona in modo
particolarmente intenso
15
. Tale libertà rappresenta, infatti, il primo dei valori
costituzionalmente tutelati che viene in gioco in tema di prelievo biologico; la
quale operazione anzi – a detta dei giudici delle leggi – “travalica la libertà
personale”, fino a invadere la sfera corporale della persona; dalla quale sottrae, a
fini di acquisizione probatoria, “una parte che è, sì, pressoché insignificante, ma
non certo nulla”, “pur senza di norma comprometterne l’integrità fisica o la
salute (anche psichica), né la sua dignità…”. Alla sentenza citata, pertanto, viene
riconosciuto il pregio di aver rivisto in senso estensivo la tradizionale
16
connotazione della libertà personale di cui all’art. 13 Cost.: non già mera libertà
dagli arresti (= assenza di coercizione fisica), ma attributo fondamentale della
persona considerata nella sua dimensione corporea e psichica, valore supremo e
nucleo essenziale dell’individuo; alla stessa stregua del diritto alla vita e
all’integrità fisica, con cui costituisce la matrice prima
17
di ogni altro diritto della
persona nei confronti di chicchessia
18
.
14
Questa motivazione, tuttavia, non è andata esente da critiche, a tal proposito v. DOLSO cit.
15
DOLSO cit. richiama a tal proposito G. FRIGO, La Consulta “salva” la libertà personale: il
legislatore intervenga subito e senza ambiguità, in Guida al diritto 1996, n. 30, 65 ss che
ricorda le sentenze nn. 71, 131, 155 e 223 tutte del 1996; analoghe considerazioni fa anche R.E.
KOSTORIS in commento alla sent. 238, in Dir . Pen. Proc. n. 9, 1996, 1093 ss. Quest’ ultimo
Autore osserva come il nuovo orientamento fosse molto più attento alle garanzie e meno legato
alla logica finalistica, atta a far prevalere sempre e comunque l’esigenza di accertamento della
verità.
16
In tal senso, dottrina più risalente è rappresentata da G. D’AMATO, Commentario della
Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna, 1977, 4.
17
La natura prioritaria del diritto alla libertà personale sarebbe confermata dalla collocazione
che la stessa occupa all’interno della Costituzione (l’art. 13 si trova, infatti, in esordio al titolo
dedicato ai “rapporti civili”), nonché dalla esplicita qualificazione di diritto “inviolabile”. Si
veda a tal proposito FILIPPI, L’arresto in flagranza nell’evoluzione normativa, Milano, 1990,
p. 42.
18
Cfr. v. A. SANTOSUOSSO, G. GENNARI, Il prelievo coattivo di campioni biologici e i
terzi, in Dir. Pen. Proc. 3/2007, p. 395, in cui si sottolinea come la sentenza n. 238 non fosse un
caso di ripensamento isolato, ma si andava, piuttosto, ad aggiungere ad altre pronunce, tutte
segno della valorizzazione della libertà personale, tra cui la precedente sent. n. 471 del 1990
che, in materia civile (relativamente ad un accertamento tecnico preventivo), dava alla libertà in